martedì 16 giugno 2015

Tra il 29-30 e il 53-54

1929-30

La Serie A si apre nel segno dell’Inter, sotto il regime fascista divenuta Ambrosiana, che conquisterà il primo campionato a girone unico del calcio italiano. La Juventus si segnala però immediatamente come una delle più agguerrite avversarie della squadra nerazzurra e poggia le basi per il magico Quinquennio. La squadra è guidata dall’oriundo Orsi che porta la Juventus in testa alla classifica dopo le prime cinque giornate con 9 punti. Sembrerebbe l’inizio di una inarrestabile fuga che tocca il suo massimo alla tredicesima giornata quando i bianconeri conquistano tre punti di vantaggio sulla squadra milanese. La lotta tra Juventus e Ambrosiana vive costantemente sul filo di lana e alla fine del girone di andata bianconeri e nerazzurri sono distaccati di soli due punti, 24 contro 26. Il girone di ritorno sembra iniziare in maniera promettente per la Juve che però, nonostante la presenza del nuovo oriundo Cesarini, si fa scavalcare dall’Ambrosiana che festeggerà la conquista dello scudetto a Milano proprio contro i bianconeri alla penultima giornata.

Il primo campionato di Serie A partì il 6 ottobre 1929. Fu l'Ambrosiana Inter a vincere il girone d'andata, mentre nel girone di ritorno l'ultima ad arrendersi fu il Genova che disponeva all'epoca di un formidabile attacco guidato da Banchero e Levratto. Gli scontri diretti furono decisivi per l'assegnazione del titolo. Nella gara di andata il portiere rossoblu De Prà lasciò il campo dopo 15 minuti di gioco per infortunio e, non essendo possibili le sostituzioni, il Genova continuò la partita con Moruzzi in porta. Nello gara di ritorno giocata a Milano, a tre giornate dal termine, la partita venne compromessa dal crollo di una tribuna del campo di Via Goldoni che causò molti feriti : i tifosi assistettero assiepati a bordo campo senza alcuna separazione dal terreno di gioco. Sul 3-3, a cinque minuti dal termine della partita, venne assegnato un calcio di rigore per il Genova, ma il rigorista Levratto, minacciato dai tifosi nerazzurri raggruppati ai lati e dietro la porta milanese, si tirò indietro. Lo tirò al suo posto Banchero, che sbagliò.

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 Ambrosiana
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 Genova 1893
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63
39
 Juventus
45
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 Torino
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16
7
11
52
31

1930-31

Il 2° Campionato di Serie A iniziò il 28 settembre 1930. La partenza spedita della Juventus, 8 vittorie consecutive, definì subito le gerarchie. Dal gruppo delle inseguitrici emerse la Roma, che il 21 dicembre si portò a un solo punto dalla Juventus, che riuscì comunque a chiudere a +4 sui giallorossi e sul Napoli il girone d'andata. L'8 marzo, battendo nettamente la Pro Vercelli, la Juventus sembrò aver piazzato lo scatto decisivo sulle inseguitrici. In realtà, la settimana dopo la squadra bianconera fu travolta a Testaccio dalla Roma, che tentò dunque per ultima un inseguimento. I Torinesi seppero comunque mantenersi in vantaggio fino alla fine e il 21 giugno, in un ideale passaggio di consegne, batterono l'Ambrosiana e si laurearono Campioni d'Italia a cinque anni dall'ultimo titolo.

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 Juventus
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 Roma
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 Bologna
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21
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 Genova 1893
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58
47
 Ambrosiana
38
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15
8
11
60
45

1931-32

Grazie al rafforzamento della linea mediana la Juventus nella stagione 1931-32 poté cucire il secondo scudetto consecutivo sul petto. La squadra di Carcano patì l'assenza iniziale di Monti, giunto in Italia fuori forma, e per buona parte del torneo dovette inseguire il Bologna, che si ritrovò solo in vetta alla terza giornata, dopo il pesante 5-1 che ridimensionò le ambizioni della Lazio. Cinque vittorie consecutive rilanciarono la Juventus, che si fece però imporre il pari dal Bologna nello scontro diretto del 6 dicembre che propiziò la conseguente fuga dei rossoblu, vincitori del titolo d'inverno il 24 gennaio 1932 con tre punti di vantaggio. Le due rivali fecero il vuoto alle loro spalle. Nel girone di ritorno un calo di forma condusse il Bologna a subire le prime sconfitte del campionato e il 17 aprile, battendo la Triestina, la Juventus sorpassò i rossoblu sconfitti in casa. Vincendo in rimonta lo scontro diretto del 1º maggio, la Juventus allungò, ottenendo lo slancio che la condusse verso il titolo. Il 29 maggio i bianconeri sconfissero il Brescia e ottennero la matematica certezza dello scudetto.

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 Juventus
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 Bologna
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 Roma
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53
42
 Fiorentina
39
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16
7
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54
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 Milan
39
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15
9
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57
40
Ambrosiana
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11
67
52

1932-33
La partenza non fu felice per la Juventus, che cadde al debutto ad Alessandria e inciampò ancora sul campo del Napoli due settimane dopo. Piazzando però nove vittorie consecutive, i bianconeri si imposero sulle avversarie, arrivando al 18 dicembre con tre punti di vantaggio sul Napoli, che nel mese precedente aveva tentato la prima fuga. Sul finire del girone d'andata la Juventus fu avvicinata da Ambrosiana e Bologna, coi petroniani che chiusero a due punti dalla capolista. Nel girone di ritorno il cammino della Juventus verso il suo terzo scudetto consecutivo non conobbe soste : una nuova striscia di cinque vittorie di fila aveva ormai staccato la squadra torinese dal Bologna, penalizzato anche da un grave infortunio che lo privò di Occhiuzzi. Ad occupare la seconda posizione fu così l'Ambrosiana, già in netto ritardo sui bianconeri : dal 21 maggio, i punti che dividevano prima e seconda classificate erano sei. Il 16 giugno la Juventus batté per 3-0 il Milan e conquistò matematicamente il terzo titolo consecutivo; alle fine vantò un distacco di otto punti dai nerazzurri milanesi. Sul trono dei cannonieri, peraltro, si piazzò il giovanissimo attaccante Juventino Felice Borel, con 29 reti e una considerevole media di 1,035 gol a partita.

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 Juventus
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 Ambrosiana
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19
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53
 Bologna
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 Napoli
42
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 Roma
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35
 Fiorentina
39
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16
7
11
48
38

1933-34
L' Ambrosiana partì lanciata, debuttando con un temibile 9-0 al Casale e agguantando la vetta solitaria alla quarta giornata. La Juventus iniziò dunque rincorrendo i nerazzurri, ma cadde il 12 novembre, nello scontro diretto, ed entrò a far parte di un folto gruppo di inseguitrici che, oltre al solito Bologna, annoverava anche la Triestina  e la Pro Vercelli di Piola. Chiuso il girone d'andata con tre punti di vantaggio sulla Juventus, l'Ambrosiana procedette con passo spedito anche nelle prime battute del ritorno. Il 28 gennaio, però, i milanesi caddero a Napoli, di fronte ai vivaci azzurri di Garbutt, che dopo una partenza a singhiozzo stavano scalando la classifica. Il 4 marzo l'Ambrosiana scivolò nuovamente, in casa, per mano del Livorno e la Juventus, che intanto espugnando Trieste aveva colto il dodicesimo risultato utile consecutivo, si portò a -1 dalla capolista. Nell'acceso finale la Juventus superò indenne lo scontro diretto del 1º aprile ed operò il sorpasso due settimane dopo, domando il Brescia e approfittando della sconfitta dell'Ambrosiana a Firenze : con sette vittorie in altrettante gare, i bianconeri si assicurarono il quarto titolo consecutivo. L'attacco bianconero si confermò il migliore e il diciannovenne Borel II, che mise a segno 31 reti, si laureò per il secondo anno consecutivo miglior marcatore. Nella Nazionale italiana che poche settimane dopo vinse il Mondiale, la maggior parte dei titolari era di provenienza juventina, e anche l'allenatore Carcano fu richiesto da Pozzo come suo collaboratore durante la rassegna.

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 Juventus
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 Ambrosiana
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24
 Napoli
46
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 Bologna
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53
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 Roma
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16
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56
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1934-35
Il campionato partì il 30 settembre, per la prima volta a sedici squadre. Già una settimana dopo, la Juventus era sola in testa, ma gli uomini di Carcano, nelle settimane successive, furono affiancati e superati da un'inattesa rivale, la Fiorentina. La squadra viola viaggiò spedita verso il titolo platonico di campione d'inverno, vinto il 3 febbraio, giorno in cui uscì indenne dallo scontro diretto e mantenne due punti di vantaggio sulla Juventus, che pativa non solamente il logorio dei suoi giocatori, ma anche gli allontanamenti forzati di alcuni protagonisti. Il 3 marzo la Fiorentina cadde inaspettatamente sul campo di una disperata Pro Vercelli, e vide avvicinarsi pericolosamente la Juventus, poco prolifica ma concreta, e l'Ambrosiana. Le tre squadre iniziarono una lotta serrata, in cui si susseguivano sorpassi e occasioni di fuga mancate fino alla penultima giornata, quando la Fiorentina perse ad Alessandria e lasciò campo libero alle due rivali : il 2 giugno, in un ultimo turno vibrante, la Juventus espugnò proprio Firenze a pochi minuti dalla fine, grazie ad una rete di Ferrari, mentre l'Ambrosiana fu sconfitta dalla Lazio, con un risultato (4-2) ed un esito identici a quelli che si sarebbero verificati 67 anni dopo, nel 2001-2002. Fu il quinto scudetto di fila per i bianconeri.

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 Juventus
44
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18
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 Ambrosiana
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 Fiorentina
39
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 Roma
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7
9
63
38

Da LA STAMPA - Martedì 4 Giugno 1935 - Anno XIII
JUVENTUS La squadra di tutti i trionfi e di tutte le vittorie 
Di Vittorio Pozzo

Non è più un fatto nuovo che la Juventus vinca un Campionato. Fu un fatto nuovo di zecca nel 1905, quando interruppe la serie di vittorie del Genoa e del Milan, puntò fuori il capo in atteggiamento timido e dimesso, ed ottenuta l'affermazione si affrettò a rintanarsi. Lo fu ancora ventuno anni dopo, nel 1926, quando mise d'accordo i due fieri antagonisti del momento, Genoa e Bologna, sfondò la cintura monopolistica che essi tenevano in fatto di onori, e si impose. Dal 1931 non lo è più. Che da allora, la nostra grande manifestazione calcistica più non conosce se non un vincitore. Un record : Cinque vittorie consecutive. Non le ha mai ottenute nessuno. Il limite massimo raggiunto dalle società rivali tocca il numero tre. Genoa : anni 1898, 1899, 1900. Genoa ancora, anni 1902,1903,1904. Pro Vercelli, anni 1911, 1912, 1913. E come totale assoluto, una squadra sola supera la Juventus: il Genoa con le sue nove vittorie. La Juventus viene quest’ anno ad affiancarsi alla Pro Vercelli con sette successi. Se si dovesse fare una classifica dei campioni, dalla prima edizione del campionato ad oggi si avrebbe quindi questa graduatoria: Genoa 9, Pro Vercelli e Juventus 7, Milan e Internazionale - Amsbrosiana 3, Bologna 2, Casale e Torino 1. Il fatto nuovo sta nel modo in cui venne ottenuta la vittoria quest'anno. Vittoria che ha del miracoloso, dell'incredibile per coloro che conoscono le vere e reali condizioni in cui si è venuta a trovare la squadra bianconera. Condizioni disagevoli all'inizio, che non han fatto altro che aggravarsi e complicarsi di mano in mano che si andava avanti. Fin dal primo passo si trattò di dare un successore ad uno dei più saldi pilastri tecnici e morali della squadra: il portiere, quarantasette volte « nazionale » Combi. Il sostituto fu attinto dalle riserve. Contemporaneamente si trattò di rimpiazzare Sernagiotto: effettivamente la sostituzione non avvenne, per l'occupazione del posto si provvide con mezzi di fortuna per quasi tutta la stagione. E per ultimo, sempre come questione iniziale, si dovette affrontare quella dei « limiti » d'età che due terzini del calibro di Rosetta e di Caligaris pareva avessero decisamente raggiunto. Uno dei due rimpiazzanti, Santagostino, proveniente dalle riserve, fu messo subito fuori combattimento per grave ferita al ginocchio. A dar sangue nuovo alla linea dei terzini rimase il solo Foni, e questi si portò egregiamente. Caligaris si ferì a sua volta sul più buono, e si dovette richiamare allora Rosetta, che già veniva da molti considerato come uomo finito.

Una stagione di guai
Poi vennero i guai inattesi, quelli di campionato e di squadra nazionale. La stagione è appena aperta, che Monti riporta a Londra in maglia azzurra la frattura di un piede. Si cura, riprende, e si rompe nuovamente l'arto. Totale: quasi quattro mesi di assenza dai campi dì giuoco. Altro incontro internazionale, contro l'Ungheria a Milano: Bertolini ne esce con una costola rotta ed un mese e mezzo di inabilità al servizio. Nuova prova della Nazionale, contro la Francia a Roma, e l'unico mediano bianconero ancora valido si becca una contusione che lo ferma per un mesetto. All'attacco, Cesarini, tartassato da ferite ed infortuni di ogni tipo non riprende che tardi a giuocare, e la sua presenza in squadra non diventa regolare che verso la fine della stagione. Ferrari torna da Palermo ferito ad una gamba. Impiega due mesi a rimettersi a posto. Poi Borel va soldato ed il cambiamento di vita lo scombussola completamente: va a rotoli come grado di forma. Ed infine, proprio al momento critico del campionato, ecco Orsi che parte per l'Argentina: Orsi, il trascinatore e l'animatore dell'avanguardia. Non lo si sostituisce. Non si può. Ciò, senza parlare degli infortuni minori, tipo strappo muscolare a Varglien II, per esempio, che dalla gara di Milano ancora non ha potuto riprendere a giuocare. Acciacchi, amarezze, contrattempi di ogni tipo. A chi la osserva da vicino, la squadra bianconera fa l'effetto di un invalido che si trascini più che di un atleta che lotti. (Inoltre fu allontanato il leggendario Carcano probabilmente per aver fatto delle allusioni sulla probabile omosessualità di Monti o perchè lui stesso lo era in un'epoca di "macismo" propagandistico e alla fine ci fu persino la tragedia di Edoardo Agnelli, il lungimirante presidente decapitato dall'elica di un idrovolante nel porto di Genova, il nome più tragico fra quelli della Famiglia - NDA). Sul finir della stagione giuoca male. Il giuoco costruttivo è in essa quasi scomparso: l'attacco arranca e fa quel che può, non si impone più. Eppur, nel bel mezzo del grigiore salta fuori di tanto in tanto una giornata che lascia di stucco per la sua limpidezza, per il linguaggio che la squadra torna a parlare. Come memore del passato, essa sfodera risorse che portano il giuoco ad un livello di praticità a cui l'avversario non può giungere. Ne resta come soggiogato, l'avversario. Sono le giornate che salvano la situazione e portano avanti la squadra in classifica.
                                                                   
La giornata decisiva
Una di queste giornate, fu proprio quella decisiva, l'ultima del programma. Essa resterà memoranda nella storia dei bianconeri e del calcio italiano in genere. La Juventus aveva a che fare con un avversario più fresco, più giovane, più veloce, più brioso. Tentò l'avventura dell'attacco per una ventina di minuti, e poi capì che giuocar da pari a pari non poteva, nelle condizioni in cui si trovava. Si chiuse allora in sè, e lasciò che l'avversario si sbizzarisse. Smobilitò la già evanescente prima linea, ed attese che si chiarisse l'orizzonte, attese gli eventi. Sa attendere la squadra anziana ed esperta, senza nessuna di quelle impazienze e di quei nervosismi che scoprono il fianco all'oppositore. La difesa juventina non si scoprì mai. Constava dei quattro quinti della compagine, questa difesa. A turno vi lavoravano per cinque minuti Borel, Ferrari, Cesarini, un po' tutti. Non si scoprì mai, nemmeno in quella prima, mezz'ora della ripresa, in cui l'offensiva della Fiorentina infuriò come una tempesta. A scoprirsi, a disunirsi fu invece proprio la Fiorentina, quando comprese che tutta la sua aggressività non approdava a nulla. I viola, come in un gesto di dispetto, mollarono allora per brevi istanti la preda. Fu allora che si vide ergersi la figura della Juventus. La si vide moralmente dall'atteggiamento materiale degli uomini. Non diede tempo al tempo, non tergiversò. Come se quel momento di rilassamento, come se quella crisi di nervi dell'avversario la avesse attesa da lungo tempo, ne approfittò. Diede respiro al suo giuoco e tentò la stoccata. Prima la prova generale Diena - Gabetto con improvvisa comparsa di Ferrari tra gli avanti, (palo clamoroso - NDA) poi la botta decisiva eseguita sulla falsariga della prova. Ferrari aveva capito che piombando in area di rigore in quel dato modo ed in quella data posizione, coglieva di sorpresa la difesa toscana. E fece quello che doveva fare. Segnò il punto che diede alla squadra il diritto di conservare lo scudetto di campione. Può essere che della vecchia squadra juventina questo sia uno degli ultimi guizzi di energia — che la squadra è vecchia e non può continuare a funzionare in eterno —, ma come guizzo, valse un campionato e mostrò cosa sia la classe. Non la si definisce la classe, la si vede. La si vede, tra altro, dal modo in cui fa fare con facilità ad un uomo quello che un altro con ogni sforzo non può fare. Quando si seppe, a Firenze, che l'Ambrosiana aveva perso per quattro a due contro la Lazio, il primo movimento fu di incredulità. Quattro palloni in rete, l'Ambrosiana non li aveva mai presi in campionato. Quattro palloni sono molti per una difesa come quella. La condotta di squadra, la condotta di gara non dovrebbero permettere un simile crollo in un incontro decisivo.

La vittoria più bella
L'Ambrosiana dev'essere stata tradita da quello stesso nervosismo, da quello stesso momento di incertezza di cui rimase vittima la stagione scorsa, quando ebbe il titolo di campione a portata di mano. Allora nel contegno generale delle ultime gare, ora nella condotta dell'ultima gara. Invece di serbarsi calma, di dominarsi, di chiudersi in sè quando sente odor di vittoria, la squadra si sconnette, si innervosisce, si spappola. Non forma più un tutto compatto, unito, consistente, calmo, come è necessario, come è indispensabile proprio nel momenti decisivi. E l'Ambrosiana era quest'anno la unità meglio attrezzata di tutte in fatto di tecnica. Al cospetto della Juventus ammaccata ed acciaccata, era un gladiatore in piena possanza. E' tale il contrasto che è spiegabilissimo come il risultato finale assuma per i neroazzurri il sapore di uno smacco, di una beffa quasi. La Juventus, società dai dirigenti sagaci, dall'ambiente organizzato, dai giuocatori di classe, ha vinto con una squadra che è al suo tramonto, forse il suo più bel campionato. Bello perchè è l'intelligenza che lo illumina. La calma, l'accortezza, il freddo calcolo, la precisione sfoderate dal più che trentatreenne Rosetta a Firenze, sono l'indice della forza della squadra, la base prima dei suoi successi. E' difficile, terribilmente difficile vincere un campionato in Italia. Di questa competizione noi siamo riusciti a fare una fornace ardente. Una fornace che è una meravigliosa fucina di energie fisiche e morali, ma in cui il cammino da battere non si riesce a discernerlo se non si posseggono qualità di eccezione. Una compagine mediocre, il campionato italiano non lo vincerà mai. Queste doti di eccezione, gli uomini che compongono la vecchia squadra della Juventus le possedevano, le han possedute finora nella misura necessaria. Passeranno degli anni prima che questi uomini, che tante soddisfazioni han contribuito a dare all'Italia calcistica, vengano dimenticati.


1935-36
Il campionato iniziò il 22 settembre del 1935 e sancì la fine del dominio juventino portando al tanto ambito scudetto il Bologna del presidente Renato Dall'Ara. Alla fine  i distacchi tra una squadra e l'altra risultarono essere però minimi: non cedette del tutto la Juventus, arrivata al quinto scudetto di fila senza più il suo allenatore Carcano, senza più due giocatori come Ferrari e Cesarini (il primo ceduto all'Ambrosiana e il secondo tornato in Argentina) e sconvolta all'inizio del torneo dall'improvvisa morte del presidente Edoardo Agnelli, ucciso il 15 luglio 1935 dall'elica di un idrovolante a Genova. Il Bologna partì alla grande. Dalla prima alla tredicesima giornata i petroniani sembrarono non avere rivali e vennero raggiunti solo il 5 gennaio 1936, in occasione della prima sconfitta (in casa contro il Bari), in vetta dalle due squadre di Torino. Il 2 febbraio la Juventus fu campione d'inverno nonostante le innumerevoli defezioni e il rinnovamento dell'organico, mentre all'inizio di marzo fu il sorprendente Torino, che l'anno prima si era salvato all'ultima giornata, a dividere la vetta con gli emiliani. Mancavano ormai poche giornate al termine quando, il 22 marzo, i granata ottennero il primato solitario, battendo l'Alessandria quando la Juve perse a Trieste e il Bologna rimase bloccato sullo 0-0 dalla Sampierdarenese. Intanto salivano le quotazioni della Roma di Fulvio Bernardini che si staccò dal gruppo delle inseguitrici : il 10 maggio, ultima giornata, il Bologna batté la Triestina e poté festeggiare lo scudetto, rendendo inutili le vittorie della Roma a Palermo e del Torino sul Bari. L'equilibrio fu però incredibile: le prime cinque classificate ebbero tutte dai 40 ai 35 punti. La tragica scomparsa del Presidente Edoardo Agnelli sembra presagire la fine dei sogni sportivi bianconeri. Dopo Orsi, tornato in Argentina, anche Renato Cesarini lascia la Juventus; la panchina viene affidata al fedelissimo Virginio Rosetta che diventa allenatore, capitano e giocatore della squadra. Il Campionato comincia bene con sette risultati utili che fanno sperare in un proseguimento della cavalcata in cima alla classifica, ma al contrario degli anni passati il Bologna questa volta sembra avere una marcia in più, come dimostra lo scontro diretto vinto dai felsinei per 2-1 alla ventesima giornata. Alla fine la Juve chiuderà con un onorevole quinto posto.

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 Bologna
40
30
15
10
5
39
21
 Roma
39
30
16
7
7
32
20
 Torino
38
30
16
6
8
49
33
 Ambrosiana
36
30
14
8
8
61
34
Juventus
35
30
13
9
8
46
33
 Triestina
32
30
10
12
8
46
39


1936-37

Il Bologna si portò subito nelle prime posizioni, inseguito nelle prime settimane dal Torino, che aveva lasciato invariata l'ossatura dell'anno precedente; le prime inseguitrici furono la debuttante Lucchese e la Roma. Nel mese di novembre emerse poi con prepotenza la Lazio di Piola, che affiancò i petroniani ed intraprese con loro un inedito duello. Il 10 gennaio, ultima d'andata, il Bologna cadde sul campo del Milan e lasciò il platonico titolo d'inverno alla Lazio, che ottenne contro il Bari la quinta vittoria consecutiva e il primato solitario. Con l'inizio del girone di ritorno un Bologna in progressione riuscì a sorpassare i biancocelesti, uscendo indenne dallo scontro diretto del 7 febbraio e mantenendo un'andatura regolare nelle settimane successive che le permise di mantenere la giusta distanza dalle incostanti inseguitrici, alle quali era riuscito ad aggiungersi il Milan. Il 2 maggio, quando mancavano ancora due giornate alla fine del torneo, la squadra rossoblù batté la Triestina e vinse il suo secondo scudetto consecutivo.

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 Bologna
42
30
15
12
3
45
26
 Lazio
39
30
17
5
8
56
42
 Torino
38
30
13
12
5
50
25
 Milan
36
30
13
10
7
39
29
 Juventus
35
30
12
11
7
53
31
 Genova 1893
33
30
11
11
8
51
36

1937-38
In questa stagione fu la ritrovata Juventus a partire spedita. I bianconeri, sospinti da una difesa arcigna sostenuta dai terzini Foni e Rava, guadagnarono inizialmente la vetta. L'Ambrosiana alla decima giornata riuscì però ad ottenere il primo posto solitario. Il 9 gennaio, giorno dell'ultima di andata, dopo un roboante 9-2 sul Bari, i nerazzurri si portarono a +4 sulle inseguitrici, ovvero Juventus, Bologna e il Genova. Furono proprio i genoani a portarsi a un punto dall'Ambrosiana il 30 gennaio, quando i nerazzurri inciamparono in casa al cospetto della Triestina : i rossoblù persero però un'occasione preziosa per il sorpasso il 20 febbraio, quando caddero nel derby, e lasciarono il ruolo d'inseguitrice alla Juventus. I bianconeri agganciarono la capolista, la sconfissero nello scontro diretto del 13 marzo e allungarono, ma non riuscirono nella fuga, sprecando varie occasioni e subendo, alla penultima giornata, il controsorpasso. In un'ultima giornata vibrante, con cinque squadre (Ambrosiana, Juventus, Genova, Bologna, e Milan) ancora matematicamente in lizza per il titolo, l'Ambrosiana espugnò Bari nel finale e vinse il suo quarto titolo dopo otto anni di attesa.

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GG
VI
PA
SC
GF
GS
 Ambrosiana
41
30
16
9
5
57
28
 Juventus
39
30
14
11
5
43
22
 Milan
38
30
13
12
5
43
27
 Genova 1893
38
30
15
8
7
50
35
 Bologna
37
30
14
9
7
46
34


La Coppa Italia 1937-1938 è stata la quarta edizione del secondo torneo calcistico italiano. È l'anno della prima doppia finale, con andata e ritorno, e della prima vittoria della Juventus nella competizione. Il trofeo giunge nella bacheca bianconera dopo un torneo che aveva trovato le sue sorprese negli exploit del Pontedera e, soprattutto, della S.I.A.I. di Sesto Calende, entrambe provenienti dalla Serie C: i toscani, nei sedicesimi, si erano arresi solamente dopo i tempi supplementari alla Roma, mentre i lombardi si erano spinti addirittura fino agli ottavi, dove erano stati estromessi dal Torino. Proprio i granata, che fino alle semifinali non incontrarono compagini di Serie A (nei quarti eliminarono l'ultima squadra di B ad arrendersi, il Brescia), approdarono in finale contro la Juventus, che aveva superato nell'ordine L'Aquila, Alessandria, Atalanta e, nelle semifinali (caratterizzate da un doppio scontro Milano-Torino), l'Ambrosiana che, tre giorni dopo, avrebbe vinto lo scudetto.


Il Campionato 1937-1938 di Serie A per la Juve si potrebbe quasi definire la stagione del miracolo, i «monumenti» bianconeri se ne sono andati quasi tutti, resta sempre incredibilmente sulla breccia Luisito Monti, restano a far da puntello i due fratelli Varglien, mentre appaiono e scompaiono nelle retrovie i due fratelli Borel. Eppure questa squadra per forza di cose ringiovanita e rinnovata senza spendere grossi capitali riesce a produrre l'acuto di un campionato di vertice davvero inatteso. I tifosi salutano quasi increduli tre successi consecutivi iniziali; il pareggio nel derby con un Torino che sta riprendendo decisamente quota non frena la Juve, che procede  imbattuta e in testa alla classifica fino all'ottava giornata. Il miracolo bianconero di questa stagione di transizione non si completa per colpa di tre giornate balorde, per colpa di tre sconfitte consecutive subite con l'identico punteggio dalla nona all'undicesima, tre 2-1; saranno i punti che mancheranno alla fine, quando la Juve dovrà cedere per due sole lunghezze lo scudetto all'Ambrosiana. Eppure la giovane squadra bianconera sa riprendersi da quella breve ma violenta crisi, passo su passo pur segnando con parsimonia avvicina di nuovo il vertice; un sonante successo sulla Fiorentina a febbraio, 5 gol in una volta sola per quell'attacco avaro permette di riagguantare i nerazzurri, due domeniche dopo lo scontro diretto in una città esultante permette di staccarli di due punti. È la ventiquattresima giornata, la Juve sullo slancio resiste in testa con una lunghezza sino a due giornate dalla fine, fino a quando fa il dono di Pasqua facendosi battere dalla Liguria, squadra di bassa classifica a Torino. Una di quelle partite segnate, bianconeri sempre avanti che assediano l’area avversaria ma traditi in contropiede: l'Ambrosiana passa in testa, il sogno sfuma in extremis.

Alcune gare della stagione :

JUVENTUS - ATALANTA 6-0 (2-0)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 06.01.1938 - Coppa Italia – Quarti di Finale
RETI: 9’ Borel II (J); 26’ Borel II (J); 66’ Borel II (J); 68’ Defilippis (J); 71’ Defilippis (J); 87’ Borel I (J)

JUVENTUS - ATALANTA 5-0 (2-0)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 23.01.1938 - 17ª Giornata
RETI: 7’ Defilippis (J); 44’ Borel II rig. (J); 62’ Varglien II (J); 68’ Varglien II (J); 79’ Varglien II (J)
CLASSIFICA: Ambrosiana Inter p. 26; Genova 1893, Juventus p. 23; Roma p. 22; Bologna

JUVENTUS - FIORENTINA 5-2 (5-0)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 27.02.1938 - 22ª Giornata
RETI: 5’ Varglien II (J); 7’ Defilippis (J); 16’ Tomasi (J); 18’ Bellini (J); 33’ Gabetto (J); 62’ Viani II (F); 82’ Viani II (F)
CRONACA: La Juventus ha disposto come ha voluto d’una Fiorentina tarda e senza idee in tutto il primo tempo. Per dimostrare come in campo esistesse una sola squadra capace di fornire del gioco basterà precisare come il primo pallone bianco-nero sia entrato in rete dopo soli cinque minuti. In ventuno minuti i bianco-neri avevano aggiustato il conto con una cinquina. Con tale esordio è naturale che l’impegno dei torinesi sia andato gradatamente scemando. Non che essi abbiano del tutto smesso di giocare, chè, anzi, hanno ancora cercato di dare seri fastidi alla difesa avversaria, ma lo slancio non era più quello iniziale. […]La Juventus, riprendendo a giocare al completo, ha fatto capire di non essere lontana dal momento nel quale potrà raggiungere la sua più alta efficacia.  Particolarmente hanno mostrato di poter ancora migliorare i due interni: Varglien II e Tomasi. Superiore ad ogni elogio la mediana e la coppia dei terzini. Veloci ed intraprendenti, il centro Gabetto e le due ali. […] – da La Gazzetta dello Sport del 28.02.1938
CLASSIFICA: Ambrosiana Inter, Juventus p. 31; Genova 1893, Milano p. 29; Triestina p. 28; Bologna, Roma p. 27

JUVENTUS - INTER 2-1 (1-1)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 13.03.1938 - 24ª Giornata
RETI: 14’ Bellini (J); 24’ Ferrari (I); 65’ Gabetto (J)
CLASSIFICA: Juventus p. 34; Ambrosiana Inter, Genova 1893 p. 32; Milano p. 31; Bologna, Triestina p. 30

JUVENTUS - ROMA 0-0
Torino, Stadio Benito Mussolini, 27.03.1938 - 26ª Giornata
CLASSIFICA: Juventus p. 37; Ambrosiana Inter, Genova 1893 p. 34; Bologna, Milano, Triestina p. 33

JUVENTUS - LIGURIA 0-1 (0-1)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 17.04.1938 - 29ª Giornata
CLASSIFICA: Ambrosiana Inter p. 39; Juventus p. 38; Bologna, Genova 1893, Milano p. 37

JUVENTUS – AMBROSIANA INTER 2-0 (1-0)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 21.04.1938 - Coppa Italia - Semifinale
RETI: 36’ Tomasi (J); 86’ Foni rig. (J)

TORINO - JUVENTUS 1-3 (1-1)
Torino, Stadio Filadelfia, 01.05.1938 - Coppa Italia – Finale - Andata
RETI: 24’ Bellini (J); 35’ D’Odorico (T); 72’ Bellini (J); 86’ Defilippis (J)

JUVENTUS – TORINO 2-1 (2-1)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 08.05.1938 - Coppa Italia – Finale - Ritorno
RETI: 20’ Baldi III (T); 28’ Gabetto (J); 38’ Gabetto (J)

JUVENTUS – HUNGARIA 6-1 (4-0)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 03.07.1938 - Coppa Europa Centrale – Ottavi di Finale - Ritorno
RETI: 2’ Buscaglia rig. (J), 26’ Buscaglia (J); 38’ Busidoni (J); 41’ Defilippis (J); 64’ Kardos (H); 73’ Bellini (J); 86’ Gabetto (J)

JUVENTUS – KLADNO 4-2 (2-2)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 10.07.1938 - Coppa Europa Centrale – Quarti di Finale - Andata
RETI: 5’ Busidoni (J); 24’ Kloz (K); 30’ Seidl (K); 40’ Tomasi (J); 85’ Monti (J); 86’ Defilippis (J)

JUVENTUS – FERENCVAROS 3-2 (2-1)
Torino, Stadio Benito Mussolini, 24.07.1938 - Coppa Europa Centrale – Semifinale - Andata
RETI: 30’ Defilippis (J); 35’ Buscaglia (J); 44’ Sarosi I (F); 60’ Tomasi (J); 63’ Sarosi I (F)

FERENCVAROS - JUVENTUS 2-0 (0-0)
Budapest (Ungheria), 31.07.1938 - Coppa Europa Centrale – Semifinale - Ritorno
RETI: 76’ Sarosi I (F); 85’ Sarosi III (F)

1942-43
A vivacizzare sin dalle prime battute il torneo, che iniziò il 4 ottobre 1942, fu il Livorno. La squadra amaranto, salvatasi in extremis l'anno precedente, aveva costruito la sua ossatura in estate, con elementi provenienti soprattutto dalla Serie B, e si era affidata a Ivo Fiorentini, fautore del Metodo e già valorizzatore di talenti all'Atalanta. Partiti spediti, i toscani si scrollarono presto di dosso una Roma destinata ad un rapido declino, ed allungarono: il 22 novembre, espugnata l'Arena Civica, vantavano cinque punti sul Torino secondo, inaspettatamente partito con due sconfitte. Nel mese di dicembre il Torino approfittò di alcuni passi falsi del Livorno e lo affiancò in vetta, ma l'incostanza nei risultati spinse Novo ad esonerare l'allenatore Kuttik, poco adatto ad inquadrare la squadra secondo le nuove logiche del Sistema, e a chiamare il più eclettico Janni. Il 10 gennaio, al termine del girone d'andata, le due squadre erano appaiate. Aveva preso il via un duello destinato a durare fino al termine; solo la Juventus e l'Ambrosiana (in vetta il 7 febbraio) tentarono d'inserirsi. Sul fondo si erano già staccate, intanto, il debuttante Vicenza e il Venezia, orfano dei suoi leader passati al Torino. Nel mese di febbraio il Livorno mantenne saldamente la vetta, arrivando a +4 su Torino ed Ambrosiana a sette giornate dal termine. Con lo stop del 21 marzo in casa della Juventus, gli amaranto furono avvicinati dal Torino e la lotta, con l'Ambrosiana ormai in disarmo, fu serrata. Fu un moto d'orgoglio della Roma, il 7 aprile, a costare il primato ai labronici; il Torino si presentò a Bari il 25 aprile con un punto di vantaggio sugli amaranto e con un ruolino di sei vittorie consecutive alle spalle. Strappata la vittoria sui pugliesi a pochi minuti dalla fine, il Torino infranse le speranze del Livorno ed intascò il secondo scudetto della sua storia, quindici anni dopo il primo. In quella stagione la squadra granata vincerà anche la Coppa Italia, centrando il primo double nella storia del calcio italiano. Nel finale di campionato, le squadre ormai fuori dal discorso scudetto declinarono bruscamente andando incontro a pesanti sconfitte, che costarono ai giocatori multe e richiami, contro compagini più bisognose di punti. Le retrocessioni furono solamente virtuali, visto che vennero annullate alla ripresa del girone unico, nel 1946.  La Juventus sconfisse il Livorno 3-0 sia all'andata sia al ritorno, permettendo al Torino di conquistare il titolo, nonostante Novo le avesse  soffiato Loik e Mazzola ormai a un passo dall'indossare la casacca bianconera della Juventus Cisitalia di Dusio.

PU
GG
VI
PA
SC
GF
GS
 Torino
44
30
20
4
6
68
31
 Livorno
43
30
18
7
5
52
34
 Juventus Cisitalia
37
30
16
5
9
75
55
Ambrosiana
34
30
15
4
11
53
38
 Genova 1893
33
30
14
5
11
59
53


1943-44
Dopo la conclusione dell’ultimo campionato di Serie A e i bombardamenti che divisero l’Italia in due, nel nord del nostro Paese si riuscì ugualmente a organizzare un campionato, denominato appunto “Campionato di Guerra”. Con 10 partecipanti e 34 partite in tutto, alcune compagini, tra cui proprio la Juventus, dovettero adottare un nome nuovo: i bianconeri divennero Juventus Cisitalia, mentre il Torino si rifugiò nel marchio Fiat divenendo appunto Torino Fiat. Anche alcuni calciatori si ritrovarono a giocare in squadre diverse da quelle in cui avevano militato fino a prima della Guerra, come nel caso del centravanti laziale Piola che, tornato al nord per riunirsi alla famiglia, si ritrovò a giocare nel Torino (segnando 31 gol), per poi sbarcare proprio alla Juve una volta terminati i combattimenti. Il Campionato che si disputò fu del tutto anomalo (e infatti non riconosciuto dalla Lega): dopo un girone eliminatorio piuttosto in sordina, i bianconeri si batterono con orgoglio contro i cugini granata nel girone semifinale, portandogli via tre punti su quattro, per poi venire eliminata dalla finale per un punto. La partita conclusiva vide in lotta i Vigili del Fuoco di La Spezia, il Torino e il Venezia, con la vittoria dei primi. Fra la fine del 1944 e la primavera del 1945 l’attività calcistica cessa del tutto, non prima però di un paio di derby tra Juventus e Torino che videro in una delle due occasioni i tifosi spararsi addosso.

Pos.
Squadra
Pt
G
V
N
P
GF
GS
1.
(A) Torino FIAT
34
18
16
2
0
78
19
2.
(A) Juventus Cisitalia
27
18
12
3
3
44
25
3.
(C) Biellese
24
18
12
0
6
44
32
4.
(B) Liguria
23
18
10
3
5
40
25
5.
(A) Genova 1893
20
18
9
2
7
34
31
6.
(B) Novara
17
18
8
1
9
28
33
7.
(C) Asti
13
18
5
3
10
21
36
8.
(C) Casale
10
18
4
2
12
20
37
9.
(B) Alessandria
10
18
4
2
12
13
46
10.
(C) Cuneo
2
18
1
0
17
8
46

Tra parentesi il girone di provenienza

Gruppo A (Piemonte e Lombardia)

1.
Torino FIAT
8
2.
Juventus Cisitalia
7
3.
Ambrosiana-Inter
6
4.
Varese
3


Nel girone a 3 finale sarà lo Spezia ad avere la meglio sul Torino.

Trofeo  FIAT 1945

Nel 1945 viene organizzato un campionato cittadino, detto Trofeo Fiat, indetto dal Gruppo Sportivo Fiat con la partecipazione di cinque squadre, Juventus Cisitalia, Fiat Torino, Filiale Italia, Lancia e Ispettorato del lavoro.  
La Juventus Cisitalia e il Torino Fiat avevano inoltre rinforzato due squadre succursali, il Torino la Filiale Italia, con il prestito di alcuni giocatori,  Bodoira, Griffanti, Ferrini, Baldi, Ossola; la Juventus rinforzò la Lancia, con il prestito di Foni, Bo, Varglien II, Raccise, Lushta, e Conti.  La quinta squadra era formata da giocatori di serie inferiore, si chiamava Ispettorato del Lavoro,o Paladino. 
Il regolamento del torneo per equilibrare i valori stabiliva che ogni squadra non poteva schierare più di sette giocatori di serie A; nel Torino Fiat erano presenti Agnisetti, Piacentini, Di Gennaro, Castelli, Ellena, Grezar, Capello, Loik, Gabetto, Mazzola, Barbero, nella Juventus Cisitalia Mosca, Fusero, Rava, Genti, Depetrini, Parola, Capaccioli, Sentimenti IV, Borel I, Borel II, Colombi, Spadavecchia, Doghera, Sentimenti III, mentre l`Ispettorato del Lavoro schierava, Goffi, Arezzi, Grosso, Guaraldo, Barera, Vaschetto, Rabitti. 
Il Torneo iniziò il 17 febbraio 1945. 

La vittoria matematica è della Juventus ma il trofeo non venne assegnato perché le ultime gare non furono disputate. Si trovano i risultati in vari articoli del giornale La Stampa (consultabile online l’archivio storico) di quei giorni, non sono un mistero quelli di quasi tutte le gare, al contrario di ciò che si trova scritto in alcuni archivi (ufficiali e non ufficiali) statistici di varie società calcistiche, in primis di quella granata, che non ama mostrare sconfitte negli anni d'oro e accusa noi di contarci più scudetti di quelli reali, ma conteggia tra i suoi quello del 1926-27 revocato per giusta causa.

N.B.: La Coppa Marchi non era valevole per il campionato cittadino come tanti invece credono. Pio Marchi era un giocatore e dirigente della Juventus perito durante i bombardamenti del marzo 1945, uno dei due leggendari fratelli bianconeri, simboli della signorilità juventina.

Classifica Campionato Cittadino 1945 Torneo FIAT pro sinistrati

GG
PU
VI
PA
SC
RF
RS
1
Juventus Cisitalia
8
12
6
0
2
23
14
2
Torino Fiat
6
7
3
1
2
19
16
3
Dopolavoro FIAT Filiale Italia
7
7
3
1
3
17
21
4
Dopolavoro Lancia
7
4
2
0
5
15
16
5
Paladino (I. del L.)
5
3
1
0
4
11
18

A Torino si svolge un torneo a livello cittadino con il Torino Fiat, la Juventus Cisitalia, due squadre diretta emanazione delle prime – la Filiale Italia (o Fiat Filiali) e la Lancia – e una squadra più modesta denominata a seconda delle fonti Ispettorato del Lavoro o Paladino. (Durante il periodo della R.S.I. i giovani con obblighi militari ebbero la possibilità di evitare l’arruolamento nell’esercito repubblicano optando per l’arruolamento nei Battaglioni del Lavoro dell’I.M.L., conosciuta anche come Organizzazione Paladino dal nome del Generale Francesco Paladino che ne era il comandante). Per rendere il Torneo più interessante fu stabilito che ogni squadra poteva allineare un massimo di sette giocatori della Divisione Nazionale. Il Torino Fiat mantiene nella sua rosa, tra gli altri, il mediano Grezar e il trio Loik, Gabetto e Mazzola. Vengono invece imprestati alla Filiale Italia gli altri titolari tra i quali il portiere Bodoira. La Juventus Cisitalia schiera il portiere Sentimenti III, Depetrini e Carlo Parola in mediana, Sentimenti IV e il terzino Rava mentre entrano nella rosa della Lancia Foni, Varglien I e l’albanese Lustha. Le partite si disputano tutte nell’allora Stadio Mussolini, il futuro Comunale poichè il Motovelodromo, sede del Torino Calcio, è stato distrutto dai bombardamenti alleati. Le bombe provocano qualche rinvio ma non fermano il torneo che raccoglie pubblico nonostante le difficoltà del momento. Come prevedibile la lotta per le posizioni di vertice è tra Torino Fiat e Juventus Cisitalia che terminano il girone d’andata a pari punti dopo la vittoria dei bianconeri per 5-2 sui granata, presto vendicati dai cugini della Filiale Italia che si impongono per 2-0 sulla Juventus. Passò alla storia il derby del giorno di Pasqua, domenica 1 aprile 1945, nel corso del quale si doveva assegnare la Coppa Pio Marchi (gara non valevole per il torneo cittadino) giocatore della Juventus perito sotto le bombe alleate. Dopo un primo tempo concluso sul risultato di parità per 1-1 con reti di Valentino Mazzola e Sentimenti III, la Juventus Cisitalia segnò ancora, ma la partita si fece nervosa e iniziarono scontri e risse tra i giocatori in campo che coinvolsero praticamente tutti. Si sparò quel giorno allo Stadio, dagli spalti echeggiarono raffiche che volevano calmare gli animi, ma li accesero ancora di più. Sparavano i fascisti, sparavano i tedeschi, l’agiografia della Resistenza racconta che spararono anche partigiani presenti allo stadio. Solo dopo mezz’ora l’ordine fu ripristinato e la partita fu chiusa con un quarto d’ora d’anticipo e la vittoria della Juventus Cisitalia. Il torneo continuò e le ultime partite si svolsero il 21 e 22 aprile, quattro giorni dopo l’inizio dell’insurrezione popolare di Torino: la Juventus Cisitalia si impose per 4-2 sulla Filiale Fiat, mentre domenica 22 aprile la Lancia superò Paladino 7-1.

Paladino-Juventus Cisitalia
2-3
Juventus Cisitalia-Lancia
4-2
Fiat Filiali-Juventus Cisitalia
2-0
Juventus Cisitalia-Torino Fiat
5-2
Juventus Cisitalia-Paladino
3-1
Lancia-Juventus Cisitalia
2-1
Juventus Cisitalia-Fiat Filiali
4-2
Torino Fiat-Juventus Cisitalia
1-3
Lancia-Torino Fiat
2-4
Torino Fiat-Fiat Filiale
5-1
Torino Fiat-Lancia
3-1
Fiat Filiali- Torino Fiat
4-4
Lancia-Paladino
7-1
Paladino-Fiat Filiali
5-1
Filiali Fiat-Paladino
4-2
Filiali Fiat-Lancia
3-1

pg
rf
rs
Pt
V
X
S
Juventus Cisitalia
8
23
14
12
6
0
2
Torino Fiat
6
19
16
7
3
1
2
Ispettorato del Lavoro Paladino
5
11
18
2
1
0
4
Lancia
7
15
16
4
2
0
5
Filiale Fiat/Fiat Italia
7
17
21
7
3
1
3

Mancano :
Paladino - Torino Fiat
Paladino - Lancia
Torino Fiat - Paladino
Lancia-Filiale Fiat

Comunque inutili ai fini della classifica.

1945-46
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale l'Italia si ritrovò in macerie e spezzata in due. Gli accaniti combattimenti lungo la Linea Gotica dell'inverno 1945 avevano gravemente compromesso le linee di comunicazione sugli Appennini, rendendo assai difficoltosi gli spostamenti fra la Pianura padana e la Penisola italiana. In queste condizioni, la Federazione decise di far ripartire il campionato di calcio con una formula particolare. Invero, la stessa FIGC che per motivi contingenti non poteva ritornare al girone unico dell'anteguerra, dovette creare due distinti organismi che furono eletti in due diverse assemblee: una diretta da Ottorino Barassi a Roma il 10 luglio, e una presieduta da Giovanni Mauro a Novara il 31 luglio. Nel Nord del paese fu costituita la Lega Nazionale Alta Italia che avrebbe gestito il campionato dell'Alta Italia che si poneva in continuità con quello prebellico di Serie A, essendovi ammesse tutte le società che avrebbero avuto titolo a partecipare alla massima serie della soppressa stagione 1943-44. Una citazione a parte va però fatta per la Sampierdarenese e l'Andrea Doria, che tornavano a disputare separatamente la massima serie dopo la forzata fusione del 1927 voluta dai fascisti: appena conclusa la guerra e caduto il regime, una speciale Commissione voluta dalla FIGC prese a riesaminare tutte le imposizioni volute nei vent'anni della dittatura, ed individuò un'ingiustizia nella nascita dell'allora Dominante, poi Liguria, poiché si trattò null'altro che della soppressione della quotata Andrea Doria a tutto vantaggio di una Sampierdarenese il cui unico privilegio era quello di rappresentare la località dove si era formato il secondo Fascio più antico d'Italia dopo quello di Milano. Fu così che la Federazione accolse il reclamo degli ormai invecchiati ex dirigenti della Doria – alcuni dei quali nel corso degli Anni Trenta avevano tentato di ricostruire, senza molto successo, la società in Serie C – riammettendoli d'ufficio nella massima serie, come peraltro fece per i residui soci del Liguria, che ripresero il nome di Sampierdarenese. Nel Meridione la situazione era ancora più complessa, non essendoci ivi sufficienti società – solo quattro più il Bari formalmente retrocesso – aventi titolo alla disputa della massima serie. La soluzione fu trovata costituendo la Lega Nazionale Centro-Sud che gestì il campionato Misto di Serie A e B del Centro-Sud fra le squadre di Serie A e quelle di Serie B : accettarono l'invito l'Anconitana, il Napoli, il Palermo, il Pescara, la Salernitana e il Siena, per un totale di undici formazioni, un numero dispari poiché il ritiro del Pisa per mancanza di fondi ed indisponibilità dello stadio bombardato, e la soppressione della M.A.T.E.R. Roma, lasciarono il torneo zoppo. Alla conclusione dei due raggruppamenti, solo le prime quattro classificate di ogni campionato si sarebbero qualificate al girone finale nazionale che avrebbe determinato la vincitrice dello scudetto, con una formula che ricordava un poco quella dei campionati precedenti il 1926. Per questo complesso meccanismo il campionato 1945-46, pur comparendo regolarmente negli albi d'oro, non è assimilato a quelli di Serie A e non compare nelle relative statistiche. Il campionato Alta Italia fu vinto dal Torino, che nel finale di stagione riuscì a superare in classifica l'Inter battendolo nello scontro diretto. La terza posizione fu ottenuta dalla Juventus mentre quarto risultò il Milan, che si qualificò al girone finale battendo allo spareggio il Brescia con cui si trovava a pari punti. Il campionato misto del Centro-Sud venne vinto a sorpresa da due squadre di Serie B, il Napoli e il Bari, le quali ottennero, oltre che l'accesso al girone finale, anche la promozione in Serie A. Superarono il turno anche la Roma e la Pro Livorno (coi toscani che già nell'ultimo campionato nazionale avevano sfiorato lo scudetto). Le più blasonate Fiorentina e Lazio, invece, non riuscirono a qualificarsi. Il girone finale si giocò tra aprile e luglio: alla fine a vincere lo scudetto fu il Torino che, giunto all'ultima giornata primo a pari merito con la Juve, approfittò del passo falso dei bianconeri che pareggiarono a Napoli mentre i Granata, travolgendo il Pro Livorno, li staccarono in classifica.

PU
GG
VI
PA
SC
GF
GS
 Torino
22
14
11
0
3
43
14
Juventus
21
14
9
3
2
31
8
Milan
16
14
7
2
5
25
16
Inter
14
14
6
2
6
20
16
Napoli (B)
13
14
5
3
6
19
27
Roma
11
14
4
3
7
16
22
 Pro Livorno
10
14
4
2
8
13
35
 Bari (B)
5
14
1
3
10
6
35

La Juventus nel Campionato 1945/1946 rinuncio' volontariamente alla possibilita' di giocarsi il titolo in uno spareggio. Scrive Caminiti in Juventus 70: eppure la Juventus avrebbe potuto vincere anche a Napoli e si sarebbe giocato uno spareggio tra Torino e Juventus. Quelli napoletani erano pronti ad accettare un premio partita dalla Juventus. La Juventus rifiuto'. Era il primo Campionato del dopoguerra e fu giocato con 2 gironi, alta Italia e centro-sud. Furono ben quattro i derbies nel campionato con un bilancio di perfetta parita': 2 vittorie per parte. All'ultima giornata il Torino che giocava in casa contro la Pro Livorno vinse 9-1. Era in testa alla classifica con 2 punti in più dei bianconeri che dovevano giocare a Napoli. Prima di questa partita, un noto nazionale, allora del Napoli e amico di vari giocatori juventini, si presento' all'albergo che ospitava la Juve a Sorrento, e dopo aver descritta la precaria situazione economica sua e dei suoi compagni offri' la vittoria per una cifra assai modesta anche per quei tempi: 200.000 lire. I dirigenti accompagnatori della Juventus, d'accordo con allenatore e giocatori, rifiutarono e l'incontro termino' 1-1 sancendo la vittoria del Torino.

Parafrasando Enrico Craveri : Vincere non sempre è possibile, giocare con lealtà si. E' il nostro stile.

1946-47
Il campionato iniziò il 22 settembre 1946. Il favorito Torino impiegò alcune settimane ad ingranare, e pareggiò le prime tre partite casalinghe con Triestina, Sampdoria e Juventus. Peraltro fu proprio la situazione dei giuliani a sconvolgere l'equilibrio del torneo; per ragioni di sicurezza, gli Alleati che governavano Trieste vietarono per lungo tempo l'utilizzo dello stadio di Valmaura, e ciò costrinse la squadra a disputare la maggior parte del girone d'andata in trasferta o sul campo neutro di Udine. Dopo dieci giornate si ritrovarono appaiate al primo posto Juventus e Bologna, poi gli emiliani si bloccarono, persero tre gare di fila e videro i bianconeri allungare: il 2 febbraio 1947 furono campioni d'inverno davanti al Torino e al sorprendente Modena che, come il Livorno di qualche anno prima, era riuscito nell'impresa di ottenere ottimi risultati con giocatori provenienti dalle serie minori schierati dall'allenatore Mazzoni secondo la logica del vecchio Metodo. Sul fondo, languiva la Triestina, mentre l'Alessandria del ritrovato Rava riscattava una partenza negativa ed inguaiava la più quotata Inter, i cui nuovi acquisti fallirono clamorosamente. Fu proprio l'Alessandria a frenare la corsa della Juventus, il 23 febbraio; il Torino scattò in testa, vinse quattro gare consecutive, incluso il derby del 16 marzo, ed allungò, inseguita a distanza dal regolare Modena e dal Milan. Nel mese di maggio il Torino consolidò il primato e lo scudetto diventò matematico già a tre giornate dalla fine, con il pareggio di Bari; alla fine, i punti di vantaggio su Juventus e Modena, che occuparono le piazze d'onore furono rispettivamente 10 e 12. Se furono degni di nota i campionati di Vicenza e Bari, l'Inter riuscì ad emergere dalle ultime posizioni alla distanza, lasciando le altre squadre a lottare per una salvezza incerta fino all'ultimo secondo; la Fiorentina ebbe la meglio sul Brescia e sul Venezia, ormai distante dalle glorie di pochi anni prima. La caduta in B fu risparmiata alla derelitta Triestina, ripescata d'ufficio in luglio per motivi patriottici, «in considerazione del valore morale e simbolico che la squadra di Trieste ha per tutti gli sportivi italiani». Il ripescaggio della squadra giuliana portò dunque ad un ulteriore allargamento della Serie A, che fu formata da 21 squadre per il solo campionato 1947-1948.

PU
GG
VI
PA
SC
GF
GS
 Torino
63
38
28
7
3
104
35
 Juventus
53
38
22
9
7
83
38
 Modena
51
38
21
9
8
45
24
 Milan
50
38
19
12
7
75
52
 Bologna
39
38
15
9
14
42
41
 Vicenza
39
38
16
7
15
53
57

1949 - 1950
Dopo la tragedia di Superga il presidente  Novo tentò di ricostruire la squadra dal nulla. In parte ci riuscì, ottenendo un sesto posto nel campionato 1949-1950, ma con il tempo il Torino, colpito dalle perdite, lasciò spazio ad altre squadre, in particolare le milanesi e la Juventus, che monopolizzeranno i primi tre posti della classifica per cinque stagioni consecutive. Lo scudetto, nel 1950, rimase a Torino e tornò nella bacheca della Juventus. I bianconeri resistettero all'attacco del trio svedese Gre-No-Li, che portò il Milan a quota 118 gol, e tornarono allo scudetto dopo 15 anni, guidando la classifica per tutto il campionato, che partì l'11 settembre 1949 e vide la Juve balzare subito in testa: all'undicesima giornata, il 13 novembre, aveva già collezionato cinque punti di vantaggio sul Padova secondo e, un mese dopo, i punti sulla nuova seconda classificata, il Milan, erano diventati sei. Con tre settimane d'anticipo, la Juve fu campione d'inverno. Il girone di ritorno iniziò con qualche difficoltà per i bianconeri, ma il Milan non fu capace di approfittarne appieno; riuscì comunque ad arrivare allo scontro diretto di Torino, il 5 febbraio, a tre punti di distanza dai bianconeri. La netta vittoria (7-1) li avvicinò pericolosamente alla vetta. Fu in questo momento, però, che la Juventus seppe piazzare lo scatto decisivo: vincendo otto partite di fila e surclassando il Padova, il 23 aprile, vinse il meritato scudetto. Si salvarono con fatica il Novara e la Roma, accusata di essere stata favorita dai direttori di gara: le polemiche che ne conseguirono portarono a una vera e propria rivoluzione all'interno della classe arbitrale, ma nessun particolare provvedimento disciplinare fu preso nei confronti dei giallorossi.

PU
GG
VI
PA
SC
GF
GS
Juventus
62
38
28
6
4
100
43
Milan
57
38
27
3
8
118
45
Inter
49
38
21
7
10
99
60
Lazio
46
38
18
10
10
67
43

Dagli anni Venti fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, Torino era divisa in due classi ben distinte, i più ricchi che abitavano alla Crocetta in centro e alla collina e i poveri che risiedevano a Porta Palazzo Borgo San Paolo e a Borgo Milano. Ognuna di queste categorie aveva un modo diverso di parlare il dialetto. Nei quartieri popolari le persone anziane erano chiamate i göb, la madre o la nonna erano le göba per quel modo di camminare, curve sotto il peso della fatica e dell’età. Dopo aver vinto cinque campionati consecutivi, prima del secondo conflitto mondiale, la Juventus venne chiamata «La signora del calcio italiano». Ecco perché la Juve, da parte dei tifosi del Torino, non era una elegante e giovane dama, ma una vecchina malferma: una göba. Così per anni quando nel derby il Toro segnava un gol ai cugini bianconeri (i rigadin per la maglia a strisce) tutti i tifosi granata cantilenando «Göba», alzavano lentamente le braccia al cielo per portarle alla testa. Sembravano tanti musulmani in preghiera. La cosa che faceva imbestialire il tifoso juventino era l’assenza di grida e di insulti, ma solo questo coro lento, devastante, che li umiliava profondamente. Superga cambiò le cose radicalmente. Ora era la Juve più forte del Toro e quando arrivava il momento del derby e le squadre entravano in campo, ai tifosi del Toro che gridavano «Göba göba», rispondevano quelli juventini che ripetevano, a mo di risposta provocatoria, «Göba göba». In questo modo spiazzandoli inesorabilmente. Soprattutto, quando la squadra bianconera segnava un gol ai granata, i «rigadin», dopo aver esultato, iniziavano proprio quella cantilena che, per anni, era stata la spina insultante nel loro fianco: «Göba göba». Non solo con le stesse parola ma con la medesima ritualità gestuale. Così dagli anni Cinquanta, quando la Juve vinse il suo primo campionato del dopoguerra, quella che per anni era stata l’arma più perfida del popolo granata divenne invece il simbolo e l’inno della squadra bianconera.

Il primo campionato del dopo - Superga comincia sempre nel segno della Torino calcistica, ma questa volta sponda Juventus che torna i vertici in un torneo in cui gli equilibri tornano a mischiarsi e dove i bianconeri con Milan e Internazionale daranno il via a una lotta che si protrarrà fino ai giorni nostri. Alla Juve di Boniperti e Hansen, con in panchina l’inglese Carver, i rossoneri rispondono col trio delle meraviglie Gren, Nordhal e Liedholm e sarà proprio il Milan l’avversario più ostico per la Juventus che dopo un inizio strepitoso con 15 vittorie e 2 pareggi nelle prime 17 partite (la meno festosa è sicuramente quella del 6 Novembre contro un Torino che faticosamente si sta ricostruendo dopo la tragedia di Superga), risente di una battuta d’arresto nel girone di ritorno con gli avversari che alla quarta giornata si portano a un solo punto dal vertice. Una partita drammatica che vede prima la Juventus portarsi in vantaggio con Hansen per poi crollare sotto ben sette gol dei milanisti. Nel frattempo, l’Internazionale scala posizioni fino a diventare la terza forza del campionato, ma alla fine cadrà comunque in casa per 2-4 grazie alla doppietta di Hansen e ai gol di Praest e Muccinelli. Il campionato si chiude nel segno di Boniperti che con una tripletta suggella contro la Sampdoria la conquista di un meritatissimo titolo. Uno degli assoluti leader della squadra è senz’altro il difensore Carlo Parola, grazie al quale la figura dell’allora centromediano metodista si trasforma in libero moderno.

1950 - 1951
La negativa prestazione della Nazionale Italiana ai Mondiali brasiliani causò una perdita di fiducia nei confronti dei calciatori nostrani. Le grandi squadre guardarono così all'estero, in particolare alla Scandinavia. La Juventus campione in carica fece acquisti in Danimarca, mentre il Milan puntò tutto sul trio svedese Gre-No-Li e l'Inter si affidò a Lennart Skoglund. Anche il Genoa e la Roma inserirono nelle loro rose calciatori svedesi, ma con risultati differenti. Iniziato il 10 settembre, il torneo si rivelò subito combattuto: il Milan andò in testa, ma dovette lottare con Inter e Juventus, che più volte raggiunsero e sorpassarono i rossoneri. Furono in particolare i nerazzurri a dare del filo da torcere ai rivali cittadini: il 26 novembre il Milan perse in casa contro il Bologna e l'Inter, vincendo a Firenze, volò a più tre, iniziando il cammino verso il titolo di campione d'inverno che arrivò il 14 gennaio 1951. Quando i nerazzurri ottennero tre pareggi e una sconfitta nelle prime giornate del girone di ritorno, il Milan ne approfittò e superò i rivali, aumentando i punti di vantaggio sul secondo posto a tre il 18 febbraio. Il Milan andò in fuga e mantenne una regolarità di rendimento che gli permise di aumentare, a poche giornate dal termine, il vantaggio a 5 punti. Pur rimanendo sconfitta nelle ultime due gare, la squadra rossonera festeggiò il 10 giugno uno scudetto che mancava nella sua bacheca da 44 anni: l'ultimo titolo risaliva al 1907. Il capocannoniere fu Gunnar Nordahl, con 34 reti all'attivo. Retrocessero il Genoa e, per la prima volta e a soli nove anni dal primo scudetto, la Roma, coinvolta nella vicenda dei presunti favori arbitrali che l'anno prima le avrebbero garantito la salvezza: era stato il Bari, retrocesso al termine del campionato 1949-50 a sollevare un caso che portò a licenziamenti e deferimenti all'interno del mondo arbitrale, ma a nessun particolare provvedimento contro i giallorossi. Convincenti, infine, le prestazioni delle neopromosse Udinese, all'esordio nella moderna A dopo aver perso la massima serie nel 1926, e Napoli, nonché del Novara del trentasettenne Piola, autore di 19 reti.

PU
GG
VI
PA
SC
GF
GS
 Milan
60
38
26
8
4
107
39
 Inter
59
38
27
5
6
107
43
 Juventus
54
38
23
8
7
103
44
 Lazio
46
38
18
10
10
64
50

Dopo la conquista dell’ottavo scudetto della sua storia, la Juventus affronta un nuovo campionato conscia della crescita delle avversarie, in primis Internazionale e Milan, che diventano le vere protagoniste di questa stagione. I nerazzurri sono guidati dal trio Lorenzi, Skoglund e Nyers, mentre per i rossoneri sono ancora sugli scudi i tre svedesi Gren, Nordhal e Liedholm. Alla Juventus non bastano né i gol di Boniperti, goleador inarrestabile, nè l’arrivo dall’Atalanta del secondo Hansen, Karl, che si laurea capocannoniere dei bianconeri con 23 reti, una in più del compagno d’attacco, così le milanesi si aggiudicano i primi due posti della classifica, staccando la Juventus di 5 lunghezze i nerazzurri e di 6 punti i rossoneri. Una lotta scandita dagli attacchi delle tre squadre che segnano 103 gol (la Juventus) e 107 gol (Internazionale e Milan).

Prima edizione della Coppa del Mondo per club
Quando si vuole rievocare episodi nei quali il gioco del calcio ha sconfinato nell’avventura non si può dimenticare quanto è successo alla Juventus nel luglio del 1951, in Brasile. In quell’anno, fu organizzato un torneo che, in sostanza, era la prima edizione del Mondiale per club, solo il meccanismo era diverso, in quanto tutte le gare dovevano essere giocate nel breve spazio dì quindici giorni da otto squadre suddivise in due gironi. Nel girone A (i cui incontri furono disputati a Säo Paolo) c’erano il Palmeiras, L’Olympique di Nizza, la Stella Rossa di Belgrado e la Juventus. Nel girone B (i cui incontri furono giocati a Rio De Janeiro) l’Austria di Vienna, lo Sporting di Lisbona, il Vasco De Gama ed il Nacional di Montevideo. Il Campionato Italiano si era chiuso con la vittoria del Milan, che aveva totalizzato 60 punti contro i 59 dell’Inter ed i 54 della Juventus. Poiché i rossoneri rifiutarono l’invito del torneo in Brasile e i neroazzurri fecero altrettanto, fu richiesta la partecipazione al sodalizio bianconero e la squadra, allora allenata da Jesse Carver, partì, a fine giugno, alla volta del Brasile. Per dovere di cronaca, è giusto sapere che i membri della federazione espressero, in quell’occasione, giudizi forse non troppo lusinghieri all’indirizzo del club bianconero, mostrandosi preoccupati per un’eventuale brutta figura che la squadra torinese avrebbe potuto andare incontro, considerato che, in quel torneo, figuravano molti dei migliori giocatori del calcio internazionale. Il torneo iniziò favorevolmente per la Juventus, che aveva portato in Brasile i seguenti giocatori: Viola, Bertuccelli, Manente, Mari, Parola, Piccinini, Muccinelli, Karl Hansen, Boniperti, John Hansen, Præst, Cavalli, Boniforti, Ferrario, Bizzotto, Scaramuzzi e Vivolo. Nella prima partita, i bianconeri batterono la Stella Rossa per 3-2. Segnarono per prima gli jugoslavi con Tomasevich, poi Boniperti realizzò sia la rete del pareggio sia quella del vantaggio; con il risultato di 2-1, si chiuse il primo tempo. Al 17’ della ripresa, Mitici rimise in equilibrio le sorti della gara che si era fatta piuttosto rude e cattiva. Karl Hansen, a metà ripresa, calciò a lato un rigore; cinque minuti più tardi, la mezzala danese si fece perdonare l’errore e, sfruttando abilmente un passaggio di Muccinelli, realizzò la rete della vittoria. Anche la seconda partita, contro l’Olympique di Nizza, si chiuse a favore dei bianconeri con l’identico risultato di 3-2, dopo un’altalena di reti simile a quella della gara con la Stella Rossa. Fu John Hansen ad aprire la serie dei goal, ma dopo pochi minuti Courteaux pareggiò per il Nizza. Prima del riposo ancora un goal della Juventus, autore Præst, che finalizzò nel migliore dei modi un passaggio di Vivolo, splendido sostituto dell’infortunato Boniperti. A metà della ripresa arrivò il secondo goal dei francesi, realizzato ancora da Courteaux, su allungo di Caré. L’incontro si decise a dieci minuti dalla fine, quando Muccinelli risolse una furiosa mischia accesasi nell’area transalpina, mettendo il pallone alle spalle del portiere Germain. Da notare che, nelle file dell’Olympique, militavano giocatori molto importanti, come Bonifaci, Bengtsson E Hjalmarsson. Il Palmeiras, invece, sconfisse il Nizza per 3-1 e la Stella Rossa per 2-1. Vivissima era, pertanto, l’attesa per l’incontro tra la Juventus ed i brasiliani, beniamini del pubblico locale; la speranza era di una finale tra il Palmeiras ed il Vasco De Gama, l’altra squadra brasiliana che, dopo aver seccamente battuto l’Austria di Vienna per 5-1 (quattro reti dell’indimenticabile Friaca ed una di Tesaurinha), aveva brillantemente vinto il girone B. Enorme fu la delusione dei tifosi carioca, perché la Juventus, con una partita fantastica, umiliò il Palmeiras con un secco 4-0; reti di Præst, Karl Hansen su rigore e Boniperti due volte. I bianconeri, grazie alla vittoria nel loro girone, avrebbero incontrato, come prescriveva il regolamento, la squadra seconda classificata del girone B, l’Austria di Vienna; il Palmeiras, terminato al secondo posto dopo la Juventus, se la sarebbe vista con il Vasco De Gama, trionfatore del girone B. Il dramma accadde nella prima gara di semifinale tra la Juventus e l’Austria, disputata a Säo Paolo. E che si sia trattato di un episodio davvero burrascoso, lo dimostra il fatto che due giocatori juventini, il portiere Viola e l’ala destra Muccinelli, finirono, addirittura, per essere arrestati e tradotti in prigione, dove rimasero per circa cinque ore, prima di essere rimessi in libertà. La Juventus scese in campo nella solita formazione tipo, con l’unica variante di Vivolo interno sinistro al posto di John Hansen, il quale si era infortunato ad una caviglia nel precedente incontro con il Palmeiras. Questo lo schieramento bianconero: Viola; Bertuccelli E Manente; Mari, Parola E Piccinini; Muccinelli, Karl Hansen, Boniperti, Vivolo e Præst. L’Austria presentava, a quei tempi, un autentico squadrone, forte dei vari Ocwirk, Stojaspal, Schleger ed i fratelli Melchior ii (terzino) e Melchior i (ala destra). A dirigere la partita fu chiamato il brasiliano Malcher e fu, indubbiamente, un errore piuttosto grave, anche perché i tifosi brasiliani, dopo la cocente sconfitta patita dal Palmeiras, erano tutti schierati con i bianchi dell’Austria. Per circa mezzora la Juventus attaccò in forze, ma la difesa austriaca respinse ogni assalto. Poi, al 30’, l’Austria mise a segno la prima rete con la mezzala Kominek; sette minuti dopo, la Juventus pareggiò con Muccinelli, su ottimo passaggio di Boniperti. Palla al centro, veloce discesa di Stojaspal che superò Manente e saettò un pallone imparabile nell’angolo basso; nulla da fare per Viola. Nella ripresa Carver ordinò a Karl Hansen di occuparsi di Ocwirk ed, immediatamente, gli austriaci videro inaridirsi la sorgente del loro gioco. Al 5’, uno splendido goal di Præst portò il risultato sul 2-2 e fu ancora l’entusiasmante ala sinistra danese, in giornata di vena eccezionale, a realizzare il terzo goal bianconero. Questo accadde esattamente al 26’ della ripresa e, per i restanti diciannove minuti, la difesa juventina riuscì a controllare agevolmente le azioni offensive degli austriaci. A trenta secondi dalla fine ci fu il clamoroso colpo di scena. Manente intercettò, con un intervento acrobatico, un pallone alto e, di piede, lo passò indietro al portiere Viola. Nell’istante in cui Viola si apprestò a rinviare verso il centro del campo, si udì il fischio dell’arbitro ed i bianconeri levarono le braccia in alto in segno di giubilo, per la vittoria conquistata. Ma l’arbitro non fischiò la fine dell’incontro, bensì un calcio di rigore a favore dell’Austria, fra lo stupore e lo sgomento dei giocatori juventini. Il signor Malcher sostenne che Manente aveva fermato il pallone con una mano ed, inutilmente, il terzino tentò di proclamarsi innocente. Viola si precipitò incontro al direttore di gara e protestò vivacemente. L’arbitro fu attorniato dai bianconeri ed in quel momento un certo numero di persone entrò sul rettangolo di gioco; erano di poliziotti in borghese, ma i giocatori juventini non li riconobbero e, scambiandoli per tifosi, reagirono. Violentissimi scontri avvennero tra poliziotti, giocatori bianconeri (anche quelli che si trovavano in panchina, come Ferrario, Boniforti, Scaramuzzi) ed un gruppo di tifosi. Finalmente, ritornò la calma, ma mentre Stojaspal si apprestava a battere il rigore, alle spalle di Viola tifosi e poliziotti brasiliani inscenarono un’indecorosa gazzarra. Nell’istante in cui il portiere juventino si volse indietro per rispondere ad uno dei mille insulti, l’attaccante austriaco saettò in rete e l’arbitro fischiò la fine della partita. Ancora una volta, si riaccesero le mischie e volarono pugni a dritta ed a manca. Alcuni agenti di polizia, che in precedenza erano stati insultati, circondarono Viola e Muccinelli, fecero loro indossare la tuta, li caricarono su un furgone e li trasportarono in prigione; l’accusa fu di violenza e resistenza alla forza pubblica. I due giocatori ricordarono, per lungo tempo e con vero terrore, le ore trascorse nel carcere di Säo Paolo; dapprima in una grossa cella insieme ad ubriachi e prostitute, poi da soli in un’altra camera le cui piastrelle di ceramica bianca erano tutte chiazzate di sangue. Viola e Muccinelli erano in preda ad autentica paura; pensarono di dover subire l’ira di qualche poliziotto esagitato, l’immediato futuro si presentava a tinte fosche. Inutilmente, intanto, il console italiano a Säo Paolo e l’accompagnatore della squadra, il commendatore Giovanni Rotta, fecero pressioni sulle autorità brasiliane per ottenere la revoca della denuncia ed il rilascio dei due atleti; poi, dopo cinque lunghe ore, i due furono rimessi in libertà. Tre giorni più tardi Viola e Muccinelli erano in campo per la seconda partita con l’Austria e questa volta, nell’immenso catino del Maracanà, a Rio De Janeiro, i bianconeri imposero i diritti della loro classe superiore, vincendo la gara per 3-1 e convincendo anche i più raffinati competenti del calcio brasiliano, della grande efficienza degli atleti in maglia bianconera. Meraviglioso artefice di quel successo fu Muccinelli, che realizzò la prima e la terza rete della juventus, propiziando anche la seconda segnatura con un perfetto passaggio a Boniperti. Solo allo scadere del tempo gli austriaci salvarono l’onore con Melchior. Il torneo dei campioni terminò con le due gare finali, tra la Juventus ed il Palmeiras. Nella prima, i bianconeri furono sconfitti per 0-1; realizzò la rete decisiva l’ala sinistra Rodriguez. Nella seconda partita il risultato fu di 2-2; due volte la Juventus si portò in vantaggio e due volte venne raggiunta. Segnò Præst e pareggiò Rodriguez, segnò Boniperti e pareggiò Liminha. La grande avventura brasiliana della Juventus terminò in questo modo. Se si tiene conto dell’arbitraggio davvero parziale con il quale i carioca del Palmeiras vennero sfacciatamente favoriti nelle due ultime partite, non è esagerato affermare che la Juventus, sul piano morale, fu la vera trionfatrice di quella prima burrascosa edizione del Mondiale per club.

1951 - 1952
Il campionato iniziò il 9 settembre 1951. La matricola Como si ritrovò sola in testa alla terza giornata; tuttavia, la Juventus e il Milan campione uscente recuperarono presto. I rossoneri, il 4 novembre, approfittarono della sconfitta dei piemontesi, rimontati dalla Sampdoria, per andare in testa: vennero raggiunti un mese dopo, quando persero 5-2 contro i biancorossi del Padova, e superati in occasione della sconfitta di Bergamo, due giorni prima di Natale. Il 27 gennaio 1952 la Juve fu campione d'inverno con 4 punti di vantaggio sul Milan e la ritrovata Inter. Il girone di ritorno vide protagonisti i bianconeri: gli juventini mantennero le squadre di Milano a diversi punti di distacco. Il 4 maggio batterono per 3-1 il Milan e andarono a più sette: il 1º giugno lo scudetto fu al sicuro con 3 giornate d'anticipo. Alla prima di ritorno, il 3 febbraio 1952, l'arbitro Bruno Tassini, che dirigeva Legnano-Bologna, vinta dai rossoblu con un rigore a pochi minuti dalla fine, fu aggredito alla stazione centrale di Milano da sette tifosi lilla che gli ruppero alcuni denti. La squadra lombarda subì una pesante squalifica del campo e, già ultima dopo il girone d'andata, vide compromesso il suo campionato. Dopo una stagione dietro Internazionale e Milan, la Juventus conquista il nono scudetto nel segno del nuovo allenatore Giorgio Sarosi, famoso nazionale ungherese ingaggiato direttamente dall’Avv. Agnelli per riportare i bianconeri al vertice del campionato italiano. E il nuovo mister porta perfettamente a compimento la sua missione, puntellando la formazione dell’anno passato con pochi ma importantissimi innesti. Alla fine sarà ancora una volta lotta a tre con le milanesi, ma questa volta lo scudetto torna a Torino, dopo uno strepitoso inizio di campionato (sette vittorie consecutive) e un primo posto finale staccando il Milan di sette lunghezze e l’Internazionale di ben 11. Ancora una volta è l’attacco il fiore all’occhiello della formazione bianconera con 98 reti all’attivo, di cui 30 firmate da John Hansen capocannoniere. Il miglior attacco del campionato corrisponde anche alla migliore difesa che incassa soltanto 34 gol (16 in casa e 18 in trasferta). Il nono scudetto consentì ai bianconeri di raggiungere il Genoa, che fino ad allora era la squadra più titolata d’Italia.

PU
GG
VI
PA
SC
GF
GS
Juventus
60
38
26
8
4
98
34
Milan
53
38
20
13
5
87
41
Inter
49
38
21
7
10
86
49
Fiorentina
43
38
17
9
12
52
38
Lazio
43
38
15
13
10
60
49

Nel giugno 1952 la Juventus partecipò a Parigi alla quarta edizione della Coppa Latina di calcio, la prima e l’unica cui prese parte. Dopo aver perso 4-2 in semifinale con il Barcellona poi vincitrice del torneo per la seconda volta, batte 3-2 lo Sporting nella finale per il terzo posto.

JUVENTUS – MILAN 3-1 (2-0)
Torino, Stadio Comunale, 04.05.1952 - 32ª Giornata
4’ Vivolo (J); 18’ Boniperti (J); 65’ Praest (J); 89’ Gren (M)
Inchiniamoci – quante volte non abbiamo dovuto farlo? – alla Juventus, signora del campionato, a questa grande squadra nel cui gioco si riabilita il nostro prestigio. Essa ha potuto oggi vivere il suo trionfo, che si è attribuito, contrariamente al solito, scagliandosi in fretta alla prima battuta, con slancio quasi furente, e tuttavia con spietata lucidità, con freddezza diabolica di schemi. Ha, dunque, confermato la Juventus, di possedere la miglior tecnica italiana, di valere qualsiasi squadra continentale (e colleghi stranieri non hanno esitato a riconoscerlo) di applicare il WM come nemmeno gli inglesi sanno più fare, con tanta inventiva, tanta fantasia di mosse e combinazioni d’attacco. […] La superiorità della Juventus è stata in talune circostanze così evidente da rasentare l’irrisione. Segnate due reti i virtuosi del suo attacco correvano soltanto per smarcarsi: controllata la palla avevano il tempo di camminare, non dico di correre, e attendere che il compagno a sua volta si smarcasse scattando per il meglio in zona vuota. Tra l’estrema difesa (piuttosto compatta, applicando la disposizione a zone), e gli uomimi di punta, il fenomenale J. Hansen, cui una gamba malconcia – fin dalla metà del primo tempo – non ha impedito i formidabili rilanci in diagonale, a tagliare letteralmente il campo da un settore all’altro. John ha avuto fasi così brillanti da stordire Annovazzi, faticosamente votato a controllarne le mosse. Dal canto suo, Karl ha sgobbato col solito impegno imponendosi però con prodezze stilisticamente veramente egregie. Boniperti, lui ha giocato con la grazia di sempre, talora uscendo un tantino dal vivo della lotta, più pronto in ogni caso a servire che a concludere. Chi tutta via ha grandeggiato in campo è stato Praest. Egli ha avuto spunti da fuori classe, e vi si è sperduto Silvestri. Quanto a Vivolo, sovente ci ha ricordato Borel giovane, così sottile e pur plastico, intelligente, deciso, felicissimo nei dribblings e negli smarcamenti, temibile nel tiro. Lui e Praest, un tandem demoniaco e fatale per Silvestri e Tognon, che pure non sono pivelli. Così smarrito il Milan, non conta definire tecnicamente l’incontro né varrebbe la constatazione che, in alcuni momenti, il ritmo stesso del gioco è apparso moscio. Ciò ha contribuito a render più perentorie le azioni dela Juventus, raccolta in difesa e pronta, una volta ripreso fiato, a lanciarsi temibile in avanti. Certo, la sua superiorità è stata così netta da far pensare che se avesse giocato col mordente iniziale, avrebbe forse potuto ricambiare al Milan la clamorosa scoppola subita due anni or sono (7-1!). Magnifiche ad ogni modo sono state le trame decisive, a altre che non si risolsero d’un soffio, o per disperati interventi dei difensori milanisti o per puro caso, o per scarso (e non voluto) mordente dei goleadors juventini. Questa partita, che praticamente consacra la Juventus campione d’Italia, era altresì importante agli occhi dei critici per l’imminente “big-match” di Firenze (Italia-Inghilerra, n.d.a.). Non so quali saranno le conclusione di Beretta. […] – da La Gazzetta dello Sport del 05.05.1952

1952 - 1953
La stagione per la Juventus iniziò contro il Palermo allo Stadio La Favorita, che finì col risultato di 1 a 1. La prima partita a Torino fu una sconfitta per 1 a 2 contro il Bologna. Alla terza giornata arrivò la vittoria in casa dell'Atalanta per 1 a 5. Dopo questa partita cominciò una striscia di 8 vittorie consecutive che si interruppe con il pareggio contro la SPAL. Dopo aver perso contro la Triestina alla ventunesima giornata, la Juventus travolse la Fiorentina e successivamente batté le due squadre di Milano, ma perse contro la Roma neopromossa. Il campionato si concluse con un pareggio contro il Napoli per 1 a 1, che classificò la Juventus seconda dietro all'Inter. Erano 13 anni che l'Inter non vinceva uno scudetto: ai tempi si chiamava ancora Ambrosiana e dopo la guerra non era mai riuscita a raggiungere il titolo. Fu la tattica del catenaccio, poco spettacolare ma efficace, introdotta dall'allenatore Alfredo Foni, a migliorare in maniera decisiva le prestazioni della difesa, 19 reti subite nei primi 31 incontri, guidata dal portiere romagnolo Giorgio Ghezzi. L'inizio del campionato, il primo a diciotto squadre dai tempi della riforma del 1933-34, venne fissato per il 14 settembre 1952. Il primo scatto fu della neopromossa Roma, ritornata in Serie A dopo un anno di B: alla quarta giornata batté il Milan e fu sola in testa. Venne raggiunta e superata dall'Inter nei primi giorni di novembre, poi perse quota e lasciò spazio a quella che fu la principale inseguitrice, la Juventus campione uscente, la cui andatura si fece però incostante: il 4 gennaio 1953 perse lo scontro diretto a Milano e fu distanziata dall'Inter e superata anche dal Milan; il 18 febbraio i nerazzurri furono campioni d'inverno, con 6 punti in più dei rossoneri. L'Inter continuò la sua marcia pressoché indisturbata: tra la ventiduesima e la ventisettesima giornata raccolse solo 3 punti, ma nessuno ne approfittò in modo concreto e, battendo per 3-0 il Palermo, i nerazzurri vinsero lo scudetto con tre giornate d'anticipo, il 3 maggio. La squadra lombarda perse le ultime tre partite, e concluse il campionato con due punti di vantaggio sulla Juventus dei nove scudetti. Il nuovo allenatore dei nerazzurri fece della difesa interista la meno battuta del campionato (soltanto 24 reti subite) lasciando all’attacco il compito di segnare col contagocce (a fine stagione l’Inter segnerà quasi 30 gol in meno della Juventus seconda). Il campionato dei bianconeri sarà altalenante, con otto vittorie consecutive tra le terza e l’undicesima giornata, ma anche con battute d’arresto, alcune del tutto impreviste. Ci sarà un clamoroso e storico 8-0 alla Fiorentina e la vittoria con la stessa Internazionale, però del tutto inutile visto che nerazzurri si erano già laureati campioni.

PU
GG
VI
PA
SC
GF
GS
Inter
47
34
19
9
6
46
24
Juventus
45
34
18
9
7
73
40
Milan
43
34
17
9
8
64
34
Napoli
41
34
15
11
8
53
43


1953-1954
L'Inter si confermò campione, optando per un cambio di tattica e dunque per la rinuncia al Catenaccio, efficace ma anche soggetto a critiche dagli amanti dell'agonismo: questa volta la squadra nerazzurra risultò avere l'attacco più prolifico del campionato. La prima giornata si giocò il 13 settembre 1953. Proprio l'Inter fu la prima a staccarsi dal gruppo: fino a dicembre mantenne la vetta, seguita dalla Juventus e dalla Fiorentina del neo-acquisto Gunnar Gren, sorpresa del campionato. Con piemontesi e toscani, l'Inter divise il podio il 17 gennaio: i campioni d'inverno furono così tre. L'inizio del girone di ritorno vide i viola andare da soli in testa il 21 febbraio, allorché vinsero a Palermo, mentre l'Inter frenò in casa per mano del Legnano. Tuttavia, a dieci giornate dal termine il trio si ricompattò. L'Inter perse nel derby, poi si riprese e inseguì le rivali; alla ventinovesima, la Fiorentina perse contro il Milan e abbandonò la lotta per il titolo. Inter e Juve marciarono alla pari fino a quando, a due giornate dal termine, i bianconeri caddero in casa dell'Atalanta a causa di un errore arbitrale [1] : l'Inter ottenne un pareggio contro il Palermo che valse la vetta solitaria e, con le ultime due vittorie su Torino e Triestina, lo scudetto. La lotta per la salvezza si decise all'ultima giornata, quando quattro squadre si ritrovarono in parità a condividere l'ultimo posto. Alla fine retrocesse per la terza e ultima volta in Serie B il Legnano, che anche in questa occasione non riuscì a far durare più di un anno la permanenza in Serie A. Ai lilla non bastò il pareggio ottenuto a Novara; alle altre tre squadre coinvolte, SPAL, Palermo e Udinese, toccarono gli spareggi, che sancirono il ritorno in B, dopo sei anni, dei siciliani. Il titolo di capocannoniere fu ancora una volta di Gunnar Nordahl, con 23 reti.

[1] : JUVENTUS – NAPOLI 3-2 (2-2)
Torino, Stadio Comunale, 30.05.1954 - 34ª Giornata
RETI: 8’ Ricagni (J); 18’ Jeppson (N); 30’ Boniperti (J); 36’ Jeppson (N); 75’ Hansen J. (J)
JUVENTUS: Viola, Bertuccelli, Manente; Corradi, Ferrario, Gimona; Muccinelli, Ricagni, Boniperti; J. Hansen, Praest. – All. Olivieri.
NAPOLI: Bugatti, Comaschi, Vinyei; Castelli, Gramaglia, Granata; Vitali, Ciccarelli, Jeppson; Amadei, Pesaola. – All. Monzeglio.
ARBITRO: Piemonte di Monfalcone
CRONACA: La Juventus, evidentemente, ci teneva a giocare l’ultima carta a sua disposizione per mantenere la speranza di approfittare di un passo falso dell’Inter. Senza contare che la posizione di seconda per un solo punto di distacco (anzi di una sola rete, quella che nell’ambiente juventino passerà alla storia come la rete fantomatica di Bergamo *) è già tale da appagare il legittimo amor proprio di una squadra. [...] Una bella battaglia, insomma, e una partita animata se non tecnicamente perfetta. [...] – da La Gazzetta dello Sport  del 31.05.1954

* : ATALANTA - JUVENTUS 3-2 (2-0)
Bergamo, Stadio Comunale, 16.05.1954 - 32ª Giornata
RETI: 14’ Rasmussen (A); 39’ Bassetto (A); 49’ Brugola (A); 63’ Hansen J. (J); 78’ Boniperti (J)
ATALANTA: Albani, Rota, Corsini; Angeleri, Bernasconi, Villa; Brugola, Annovazzi, Rasmussen; Bassetto, Cadè II. – All. Tentorio.
JUVENTUS: Viola, Bertuccelli, Manente; Parola, Ferrario, Gimona; Muccinelli, Ricagni, Bonipeti; J. Hansen, Praest. – All. Olivieri.
ARBITRO: Massai di Pisa
CLASSIFICA: Internazionale p. 47; Juventus p. 46; Fiorentina p. 42;

PU
GG
VI
PA
SC
GF
GS
Inter
51
34
20
11
3
67
32
Juventus
50
34
20
10
4
58
34
Milan
44
34
17
10
7
66
39
Fiorentina
44
34
15
14
5
45
27


Il ciclo Sarosi sembrò chiudersi col secondo posto della stagione precedente, così alla Juventus sbarcò Aldo Olivieri, l’allenatore che in due anni aveva portato l’Udinese dalla serie C alla serie A. La sua cura sembrò immediatamente fare effetto: la nuova Juventus e l' Internazionale diedero infatti vita a uno dei campionati più combattuti degli ultimi anni, con l’ausilio ancora una volta del Milan e quest’anno anche della Fiorentina che arriverà terza a pari punti coi rossoneri. Il girone d’andata è un’autentica lotta punto a punto, con Juventus, Fiorentina e Inter che arrivano a pari punti e il Milan appena indietro, mentre quello di ritorno presenta la sorpresa viola che va in testa fino a otto giornate dalla fine. A questo punto, però c’è il crollo e la Fiorentina non riuscirà più a vincere una partita, al contrario di Juventus e Internazionale che, nonostante la batosta che i nerazzurri danno ai bianconeri, combattono fino all’ultima giornata, scavalcandosi a vicenda partita dopo partita. Lo scudetto si decide a tre giornate dalla fine, quando la Juventus incappa in una inaspettata e immeritata sconfitta a Bergamo (e anziché 2 punti ne portò a casa 0) , mentre l’Inter pareggia a Palermo. Anche per la retrocessione in Serie B la lotta è senza tregua, con lo spareggio finale tra Palermo, Spal e Udinese che vede retrocedere i siciliani.


Fino al 1954 la Juventus aveva conquistato 9 Campionati e 2 Coppa Italia, inoltre era stata campione d'Italia anche nel 1908 e nel 1909 ma il presidente Vercellese Bozino fece cadere nel dimenticatoio questi 2 successi, ed era arrivata prima nel 1906 e prima nel 1924 nel girone principale ma fu beffata dal comportamento anti sportivo del Genoa nel 1° caso ed estromessa dalla finale nord contro il Bologna nel 2° sempre a causa del Genoa e del suo peso politico che fece decadere il consiglio della FIGC per mano della Lega Nord, organizzazione non ufficiale. Da notare che la finale Nord valeva il titolo, perché la finalissima contro la vincitrice del torneo meridionale era una formalità, infatti l' Inter nel 1920 fu dichiarata campione d'Italia prima della finalissima contro il Livorno vinta poi di un soffio e con tanta fortuna 3-2. Diverso il discorso quando fu la Juventus ad approdare alla finalissima, nel 1926, che fece sua massacrando di reti la malcapitata avversaria. La Juventus fu beffata anche nel girone finale nel 1920 da decisioni assurde e sempre dopo una gara contro il Genoa e ha perso diversi titoli per pochi punti e a volte a causa di gravi sviste arbitrali. Altre volte è capitato che per eccesso di zelo, come l'atto di rifiutare i rigori dubbi caro ai pionieri bianconeri, si è lasciata l'occasione d'oro per non tradire lo stile e la volontà dei padri fondatori. Nel 1903 e nel 1904 i bianconeri persero la finale contro il Genoa, nel 1° caso super agevolato dalla dispensa di turni eliminatori mentre la Juventus aveva affrontato un intero torneo, nel 2° invece dalla buona sorte del vento che prese a soffiare nel secondo tempo forte e in direzione della porta Juventina, segnando un gol direttamente dalla propria metà campo. Stessa buona sorte che aiutò i liguri nelle primissime finali del campionato, soprattutto nel 1899, quando gli avversari subirono reti in fuorigioco e con palla non entrata. Odio il Genoa ? no, nemmeno l'Inter, la nostra nemica peggiore e che ci ha danneggiato come nessun altro. Semplicemente sottolineo che chi ci chiama ladri e dice che rubiamo da sempre, non conosce nulla e parla per sentito dire o dopo qualche partita in cui qualche svista è a nostro vantaggio dimentica gli innumerevoli torti che abbiamo subito e urla di rabbia vedendo solo ciò che gli conviene. Come fanno i Chiambretti, Taormina, La Russa, Zeman, Bonolis, Vecchioni, Beccantini, Pulvirenti, Liguori, Elio, Giordano, e altri mediocri vari. Loro si che rubano davvero lo stipendio alla faccia di chi perde il lavoro dopo una vita di sacrifici. 

Juventus 1953-54, seconda ad una sola lunghezza dall'Internazionale, ma a causa di sviste arbitrali nette, mancano ai bianconeri almeno 1 punto contro l'Atalanta (3-2 , gol fantasma bergamasco del 2-0 convalidato ma la palla era fuori dalla linea completamente e 3-0 segnato con netto fallo sui difensori bianconeri) in una gara in cui Boniperti segnò un gol da favola e su un campo simile a quello di Perugia nel 2000 in cui perdemmo lo Scudetto all'ultima giornata e 1 contro il Milan (1-0, rete rossonera in FG) con la Juve che nonostante fosse priva di tutti gli avanti titolari sfiorò ugualmente il gol a più riprese. L'Inter nel pareggio con il Legnano (2-2, mentre l'1-1 dell'andata ha visto il L fallire un rigore) e quello con la Roma (1-1, ma ebbero il coraggio di lamentarsi per presunto FG sulla rete della R) e nella vittoria 3- 2 sul Bologna usufruì di sviste a favore , oltre che l'autorete bolognese e il rigore per fallo di "pugno" plateale sono molto sospetti come avvenimenti, oggi si aprirebbero inchieste immediatamente. Nel pareggio 2-2 con la Spal i padroni di casa segnano la rete del 3-2 dopo aver rimontato l'Inter, ma viene annullata per FG, sempre per FG la Spal viene fermata 2 volte ma è forte il dubbio che non ci fossero. In Triestina - Inter 0-0 manca un rigore netto alla Triestina (certo andava comunque realizzato). In Palermo - Inter 2-2 altra rete comica concessa ai neroblu, con un difensore palermitano che impedisce l'intervento del proprio portiere e l'Inter passa in vantaggio. Nel corso della Domenica Sportiva del 1954 furono trasmesse per la prima volta le immagini di una partita : Inter - Palermo. Curiosità su Brighenti : "Avevo segnato quattro gol in un Sampdoria-Inter e tre in un Sampdoria-Fiorentina quando giocavo nella squadra genovese. Ebbene nei filmati Rai non c’è più traccia di questi gol, i filmati di quelle partite ci sono, ma le mie reti sono scomparse. Li ho cercati anche in epoca successiva con l’aiuto di Franco Zuccalà. Niente. Evidemente in Rai ci dovevano essere tifosi di Inter e Fiorentina che li hanno tagliati. E per vedere quei gol mi sono accontentato della Settimana Incom". Ovviamente nei loro siti i bauscia possono scrivere che la Juve ha avuto 1500 rigori inventati, che ha segnato di mano, di culo ecc e quello che gli pare. Io mi fido solo di me stesso perché nelle ricerche sono intransigente. Loro nel 98 nella gara di andata non riportano nulla, solo ciò che conviene, mentre in quella di ritorno fanno le signorine violate. Vigliacchi.

Quale giocatore è stato squalificato per 2 giornate per una simulazione e ha saltato così la sfida con il Milan ? Krasic, della Juventus (2010-1011)
Quale giocatore è stato l'unico a subire la prova TV dopo che già il direttore di gara aveva preso provvedimenti disciplinari nei suoi confronti ? Ibrahimovic, della Juventus (2004-2005). I giorni di squalifica sono tali da fargli saltare lo scontro decisivo con il Milan.
Il 20 aprile 2005 al Delle Alpi va in scena Juventus - Inter e Ibrahimovic viene provocato e maltrattato per tutta la gara da Cordoba al quale infine rifila un colpo proibito e viene squalificato per tre giornate. Senza di lui la Juventus gioca a Roma contro la Lazio e vince 1-0 con una rete straordinaria di Nedved nel finale, in casa 2-1 contro il Bologna e infine proprio nella gara che vale lo scudetto, giorno 8 maggio 2005 a San Siro : magia di Alex e David al rientro all'ennesimo infortunio segna il gol della vittoria, quello che nessuna sentenza di giudici anti Juve potrà mai cancellare.
Agli anti Juve : ascoltate le intercettazioni pre e post Milan - Juventus, poi ditemi se è davvero la Juventus il male del calcio o non si tratta piuttosto delle meneghine.


Per non dimenticare :
"La senatrice Maria Burani Procaccini propone un’interrogazione al ministro dello sport Melandri. Avanza pesanti dubbi sul processo a Calciopoli e punta l’indice sul subcommissario della Figc, Paolo Nicoletti.
“Scudetto 2005-2006 ai nerazzurri? Sarebbe uno scandalo visto che il vice commissario della Figc lavora per la famiglia Moratti”.
Paolo è il figlio dell’avvocato Francesco Nicoletti, originario di Dipignano, in provincia di Cosenza, trasferitosi negli Anni Sessanta a Milano per divenire stretto collaboratore e legale di fiducia di Angelo Moratti. Nicoletti, dunque, è legato da rapporti professionali con la Saras della famiglia Moratti.

E di Collina testimonial dell'Opel quando era sponsor del Milan che dire ?


A chi accusa la Juve di essere stata aiutata dal regime fascista e di altre idiozie :
Non sapete che la Signora aveva tra i dirigenti personalità che si opponevano al regime ed era la sola squadra a non portare il fascio al braccio finchè Craveri fu al timone della società? E che solo dopo la tragica morte di E. Agnelli e la cacciata di Enrico e soci, la Juventus la finì di opporsi fieramente ad esso ? E poi chiamarsi Internazionale non significa essere tolleranti : l'Inter fu creata da coloro i quali, all'interno del Milan, volevano fare i furbi. Capisco che le storielle fiabesche sulle origini, romanzate ed edulcorate, facciano piacere, ma la realtà è che non c'è stato un solo fottutissimo anno, uno e dico uno, che l'Inter non sia stata agevolata, persino quando ha fatto pietà. I suoi giocatori abbandonavano i compagni in inferiorità numerica infischiandosene della sportività, e tra questi vi era il celebre Cevenini, il più famoso dei fratelli. A causa delle leggi razziali e dell'italianizzazione, la Juve perse un dei più grandi attaccanti della storia, Hirzer, la cui media realizzativa è ancora ineguagliata, un rapporto tra gare giocate e gol realizzati impressionante. In guerra perirono molti eroi bianconeri, partiti spesso come volontari. Nella seconda GM poi capitò persino che la FIAT salvasse il Torino, lasciando la Juve in balia degli eventi : fu Dusio a intervenire in suo soccorso, legando la squadra alla Cisitalia. La squadra dei padroni la Juventus ? Solo gli ingenui e gli arroganti pseudo intellettuali possono sostenere queste stronzate,
Fate bene a non credere nello sport : si cerca solo di distruggere la Juve per giustificare i fallimenti altrui.
Stagione 1980-81 (Turone !!!) : alla sesta di andata c’è il derby. Succede di tutto ed inizia il tiro al bersaglio contro la Juventus. che va in vantaggio con un goal di Causio, ma al 60’ il Toro pareggia con un goal di Graziani, viziato da un evidente fallo su Zoff: proteste accese, alcuni juventini, in primis Bettega, ingaggiano un duello rusticano con l’arbitro Agnolin, che i bianconeri accuseranno di varie intemperanze (dai “vaffa” al dito medio esibito in risposta alle proteste juventine fino alla frase che Agnolin rivolge ai giocatori juventini “vi faccio un c… così”, accompagnata dal classico gesto con le mani). Ma sarà il referto dell’arbitro che farà testo; perduto il derby (saltati i nervi, “Ciccio” Graziani farà anche il secondo goal), la Juventus si ritrova con quattro squalificati: Bettega e Gentile per due giornate, Furino e Tardelli per una. Parte la grancassa mediatica della trasmissione di Biscardi, tutta per Agnolin che diventa un eroe, il modello dell’arbitro senza macchia e senza paura, molti anni prima di Collina; nessuno eccepirà quando, vari anni dopo, l’ex-fischietto di Bassano del Grappa diventerà un dirigente della Roma. Sempre Bettega senza prove verrà squalificato grazie ad una giustizia ad orologeria prima dello scontro diretto.

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