martedì 1 luglio 2014

Stagioni 82-83 e 83-84

1982-1983
Juventus seconda in Campionato e in Coppa Campioni, vince la settima Coppa Italia
L'11 luglio 1982 l’Italia aveva conquistato il suo terzo Mondiale zeppa come al solito di giocatori Juventini, quindi era probabile che ci sarebbe stata stanchezza e forse anche meno fame da parte dei bianconeri, appagamento direbbe qualcuno (sbagliando)  cosa che invece non è nel nostro DNA. Il mercato fu reso più frizzante dalla possibilità di ingaggiare un secondo calciatore straniero, evento che peraltro costrinse le società a muoversi già nei primi mesi del 1982; protagonista fu la Juventus, che scelse Platini e Boniek, dirottando Brady alla ritrovata Sampdoria. Gli ambiziosi liguri si rinforzarono acquistando anche i giovani Mancini e Vierchowod: quest'ultimo fu girato in prestito alla Roma. I giallorossi si limitarono a pochi acquisti (Prohaska, Maldera), mentre la Fiorentina, desiderosa di riscatto, completò la rosa con Sala, Pin e Passarella. L'Inter del neo-allenatore Marchesi concentrò i suoi sforzi su Collovati, Juary e Müller. Movimenti di rilievo anche in provincia; l'Udinese, in particolare, blindò la difesa con il difensore brasiliano Edinho e compose l'inedita coppia d'attacco Virdis-Pulici; il neopromosso Verona si assicurò Dirceu e vari giocatori di categoria (Spinosi e Fanna tra gli altri).Il campionato iniziò il 12 settembre 1982. Le favorite presto annasparono: l'attacco della Fiorentina, già fuori dall'Europa e dalla Coppa Italia, si bloccò, e il mercato di riparazione si arenò a causa di una lunga ed infruttuosa trattativa per portare Giordano a Firenze; la Juventus pagò l'insufficiente rendimento in trasferta ed i nuovi acquisti dell'Inter delusero le attese. Ad approfittane fu la Roma, assieme alle tre vivaci neopromosse; la Sampdoria, prima dopo tre partite, andò declinando, così come il Pisa. A resistere fu il quadrato Verona, che inanellò una lunga serie di risultati utili consecutivi e, il 7 novembre, agganciò i giallorossi al primo posto. Il pareggio interno con il Cagliari della settimana seguente bloccò i veneti, che riuscirono comunque ad incalzare una Roma in velleità di fuga per tutto il mese di dicembre, concludendo infine il girone d'andata al secondo posto: il 9 gennaio un solo punto divideva la capolista dai sorprendenti gialloblù, particolarmente abili nel contropiede.Con l'inizio del girone di ritorno gli scaligeri incapparono in quattro pareggi consecutivi (da segnalare la 19ª giornata, quando sette partite su otto terminarono con la divisione della posta); la pesante sconfitta patita ad Avellino il 20 febbraio pose fine alla corsa scudetto del Verona, destinato comunque ad uno storica qualificazione alle coppe europee. La Roma, che aveva aumentato il divario grazie al cinico gioco di Liedholm, poté affrontare con una certa sicurezza il recupero di Juventus ed Inter; neppure il rovescio patito all'Olimpico il 6 marzo contro i bianconeri compromise il sicuro e regolare cammino dei giallorossi. Il 27 marzo la Juventus perse il derby su rimonta e il 3-3 contro l'Inter del 1º maggio non fu omologato dalla giustizia sportiva, che diede partita vinta agli ospiti poiché Marini fu colpito da una pietra nei pressi del Comunale quando era nel pulmann ( !!!!!! ) un’ora e mezza prima che cominciasse la partita. Proprio i nerazzurri furono protagonisti di un caso spinoso che alimentò polemiche nel finale di campionato, coi sospetti di combine per Genoa-Inter; nessun provvedimento fu poi deciso a riguardo.La Roma poté vincere matematicamente il suo secondo scudetto l'8 maggio, grazie al decisivo punto strappato al Genoa; a quarantuno anni dal primo titolo, i giallorossi s'imposero nel campionato successivo ai Mondiali di Spagna 1982. Protagonisti del successo furono il presidente Dino Viola, che aveva preso le redini della società dopo la fallimentare stagione 1978-1979, l'allenatore Liedholm, al suo secondo successo personale, ed un gruppo di giocatori fondamentali come il campione del Mondo Conti, il goleador Pruzzo e, soprattutto, il brasiliano Paulo Roberto Falcão, tanto amato dai tifosi da meritarsi l'appellattivo di "ottavo Re di Roma". D'altra parte Michel Platini, alla prima apparizione in Serie A, ottenne il titolo di capocannoniere con 16 reti all'attivo.Nel corso del campionato si ritrovò sorprendentemente a lottare per la salvezza il Napoli, ultimo al giro di boa; provvidenziale, per la sorte dei partenopei fu il ritorno, sulla panchina azzurra, di Pesaola. Staccato sul fondo il Catanzaro, drasticamente calato alla distanza, il Napoli approfittò dei pessimi gironi di ritorno di Cesena e Cagliari per portarsi in salvo. A decretare la caduta dei sardi fu la sconfitta nello scontro diretto contro l'Ascoli dell'ultima giornata: per la prima ed unica volta nella storia dei campionati a sedici squadre non furono sufficienti 26 punti per evitare la Serie B. La Juve chiuse al secondo posto,a 4 punti dalla Roma.

Coppa Italia 1982-1983
Primo turno Girone 6

Squadra
Pt
1. Juventus
8
2. Milan
7
3. Catania
6
4. Pescara
4
5. Padova
3
6. Genoa
2

Ottavi di finale
Juventus-Bari 1-0
Bari-Juventus 1-1

Quarti di finale
Juventus-Roma 3-0
Roma-Juventus 0-2

Semifinali
Juventus-Inter 2-1
Inter-Juventus 0-0

Finale
Verona-Juventus 2-0
Juventus –Verona 3-0 dts

Coppa dei Campioni 1982-1983

Sedicesimi : Hvidovre IF-Juventus  1-4  3-3

Ottavi : Standard Liegi-Juventus  1-1  0-2

Quarti : Aston Villa-Juventus  1-2  1-3

Semifinali : Juventus-Widzew Lodz  2-0  2-2

Finale : Amburgo-Juventus 1-0

QUANDO L'AMBURGO SCONFISSE LA JUVE, "QUALCUNO" DIEDE UNA MEDAGLIA A MAGATH E FONDÒ UN CLUB IN SUO ONORE
(colui che oggi dice di aver sempre tifato per le "italiane" in Europa).

Caso scommesse Genoa-Inter del 1983, dove Bagni segnò il 2-3 dell’Inter a 5 minuti dalla fine e fece saltare la combine facendo perdere milioni di lire ai compagni di squadra:
Il 27 marzo 1983, allo stadio Luigi Ferraris di Genova è in programma Genoa-Inter, partita valevole per la 25° giornata di campionato. Entrambe le squadre sono sull’orlo della crisi: i rossoblu hanno bisogno di un risultato positivo per tenere le distanze dalla zona retrocessione, i nerazzurri vengono da una serie infelice di sei partite in cui hanno raccolto solo cinque punti. Un magro bottino che può pregiudicare la qualificazione alla Coppa Uefa. La partita è piuttosto combattuta e il primo tempo si chiude con l’Inter in vantaggio grazie ad un gol di Altobelli. Dopo tre minuti dall’inizio della ripresa pareggia Briaschi, al 53’ Bini riporta avanti l’Inter poi, a un quarto d’ora dal termine, il Genoa raggiunge nuovamente il pareggio con Iachini. Da quel punto in poi la gara si spegne, con le due squadre evidentemente soddisfatte del punteggio di parità.
Ma all’87’ un’inzuccata di Salvatore Bagni sigla il gol della vittoria interista. Ci sarebbe molto da esultare per un successo in trasferta (che mancava dal novembre dell’anno precedente) ma, invece, in campo scende il gelo: stranamente nessun calciatore interista corre ad abbracciare Bagni che esulta praticamente da solo. Incredibile ma vero, l’unico ad applaudirlo è il centravanti del Genoa, Fiorini. A fine partita corre la voce che negli spogliatoi siano volate parole grosse e si sia accesa una rissa tra Bagni e qualche suo compagno di squadra. Qualcuno pensa ad una combine tra le due squadre, rovinata dall’inaspettato gol del 2-3.
I fatti destano la curiosità di due giornalisti del quotidiano milanese Il Giorno, Claudio Pea e Paolo Ziliani , che in serata ascoltano le confidenze di un ristoratore di Milano riguardo ad un presunto accordo sulla partita. Un pareggio “accomodato” che avrebbe portato, oltre ai punti in classifica, anche denaro sonante nelle casse degli scommettitori clandestini, sicuri di piazzare la puntata vincente. I dubbi aumentano quando il giorno seguente i giornali riportano le insolite dichiarazioni del post-partita. Giorgio Vitali, direttore sportivo del Genoa sbraita: «I dirigenti dell’Inter devono sapere che merde sono i loro giocatori sul piano umano! Non si fanno queste cose a cinque minuti dalla fine!». Pasquale Iachini, centrocampista genoano, invece sibila: «Evidentemente qualcuno non è stato avvisato…». La materia è arroventata e qualcuno comincia a parlare di combine. Immancabile il valzer delle smentite messo in piedi dai personaggi coinvolti. Vitali, ospite de “Il processo del lunedì” inscena una difesa d’emergenza: «Ho sbagliato ad inveire, ero nervoso e deluso. Ce l’ho con l’Inter per ragioni personali. Dopo la melina, quell’affondo mi è sembrato un tradimento. Ma a pensarci bene avrei dovuto prendermela con i nostri giocatori e non con i loro». Iachini, autore di uno dei gol del match, afferma che la sua rabbia era indirizzata solo verso i suoi compagni di squadra: «Siamo stati dei fessi: quando abbiamo visto la melina dell’Inter abbiamo pensato che i nerazzurri fossero appagati del pareggio, e il pareggio stava bene anche a noi, così ci siamo rilassati. Questo è stato il nostro sbaglio».
Qualcuno poi riferisce una frase detta da Vitali («non sono stati ai patti») nelle vicinanze dell’arbitro della gara, Pairetto, che però nel suo referto riporta alcuna irregolarità. Anche il rapporto di Luigi Cacozza, inviato dell’Ufficio Inchieste a Marassi, non presenta riferimenti a strani comportamenti di calciatori o dirigenti.
Il 30 marzo si muove la Federcalcio: il capo ufficio inchieste De Biase delega le indagini al suo collaboratore Aldo Ferrari Ciboldi, il quale interroga Vitali, Iachini, il presidente genoano Fossati, l’allenatore Gigi Simoni e il centravanti Fiorini. Ferrari Ciboldi si dice soddisfatto delle deposizioni e dichiara di avere «l’impressione che sulla vicenda sia stato montato un polverone immenso». Pea e Ziliani non sono convinti e tornano al locale meneghino ove hanno originariamente appreso del possibile giro di scommesse legato a Genoa-Inter. Il proprietario del locale, anch’egli scommettitore, si dice stupito delle smentite perché, a detta sua, era già qualche mese che le partite dell’Inter erano considerate “sicure”. Talmente sicure che scommettevano anche i calciatori. Fonte personale e intermediario del ristoratore sarebbe un misterioso personaggio vicino ai calciatori interisti, “accompagnatore” della moglie di uno di essi. Questi si sarebbe occupato di raccogliere le puntate dei giocatori e di tenerli informati sugli sviluppi della situazione. I due giornalisti vorrebbero scrivere un articolo al riguardo ma il capo redattore de Il Giorno nega loro il permesso, in attesa che ulteriori elementi possano sostenere l’accusa. Il 3 aprile una clamorosa notizia cambia inaspettatamente gli scenari: si scopre che l’inviato federale Cacozza ha lasciato lo stadio alla fine del primo tempo. Per questo motivo, nel suo rapporto non ha potuto scrivere dei mancati abbracci a Bagni e della rissa negli spogliatoi. Motivato da questi nuovi fatti il 9 aprile il Giorno pubblica finalmente l’articolo dove per la prima volta si parla apertamente di una possibile combine: Lo spogliatoio dell’Inter diventa una bolgia. Tra i giocatori volano insulti e volano pugni (ce lo conferma uno degli interisti presenti: “Anzi, succede di peggio”, confessa); e a farne le spese sono soprattutto Bagni e Bini, autori del terzo e secondo gol. E allora? Forse non sbagliava Iachini, nel dire ai giornalisti che “qualcuno non era stato avvisato”. […] In un noto ristorante di Milano, abitualmente frequentato da giocatori interisti, rimbalzano da giorni voci curiose. Una è questa: l’incontrollato sfogo di Vitali al “Marassi” avrebbe una sua spiegazione. Anni or sono, pochi comunque (il campionato delle scommesse?) con Vitali d.s. del Napoli, l’Inter vinse una partita da pareggiare. “Nonostante – è il racconto – gli sforzi compiuti nel finale per arrivare al pareggio. Ma si sbagliava anche a due metri dalla porta: la palla proprio non volle saperne di entrare in rete”. Vitali, insomma, sarebbe già stato scottato una volta dall’Inter; fregato una seconda, dopo Genoa-Inter, avrebbe finito col perdere la testa lanciando le pesanti accuse, poi goffamente ritrattate. […] Ci si domanda: perché questa solenne arrabbiatura dopo una gara vinta, addirittura fuori casa? È proprio un gran brutto pasticciaccio. Perché alle parole (come ha fatto Vitali) si possono anche attribuire significati diversi: ma ai cazzotti? Di norma, non ci si pesta certo per una vittoria fuori casa che rimette la squadra in corsa per la Coppa Uefa. Ma manca ancora un elemento per dare la spinta decisiva alla storia: la confessione di un calciatore che abbia assistito da vicino a quanto accaduto negli spogliatoi. Pea e Ziliani pensano a Juary, attaccante brasiliano dell’Inter, a quanto pare discriminato dal gruppo per via del colore della sua pelle. I due ottengono l’intervista che esce sul Giorno il 12 aprile. Juary conferma di sentirsi emarginato e di essere stato testimone di una strana concitazione nel dopo gara: «a fine partita nello spogliatoio di Genova è successo un casino, un casino così grosso che a un certo punto ho preferito andarmene». Sulla scorta della nuova rivelazione Ferrari Ciboldi convoca il 19 aprile Juary e alcuni giocatori dell’Inter, ma gli interrogatori registrano solo smentite. L’ispettore, a quel punto, chiama privatamente i due giornalisti e racconta loro del muro di gomma che si è trovato di fronte: tutti i calciatori, interrogati riguardo alla mancata esultanza dopo il gol di Bagni, hanno risposto di non aver gioito «per rispetto del pubblico di Genova». Ma l’ispettore fa notare che i calciatori che se ne sono rimasti immobili alla rete del 3-2 sono gli stessi che dopo quelle di Altobelli e Bini si sono prodotti in grandi festeggiamenti. Addirittura alcuni interisti, come Beccalossi, si sono mostrati risentiti alla marcatura di Bagni al punto da avvicinarglisi e guardarlo con fare minaccioso. Il 22 aprile Ferrari Ciboldi incontra nuovamente Pea e Ziliani per riferire loro che l’Ufficio Inchieste della Figc non è tanto convinto di proseguire gli approfondimenti del caso. L’ispettore teme che il Palazzo abbia deciso di insabbiare il caso Genoa-Inter come successo anni addietro per Fiorentina-Pescara . In ballo ci sarebbe anche la cessione della società Inter da Fraizzoli a Pellegrini che uno scandalo di queste proporzioni potrebbe far saltare. Nel frattempo si apprende che la Procura di Genova, nella persona del giudice Fucigna, ha già avviato un’ inchiesta su nuovi casi di Calcioscommesse. I nomi di Iachini e del capitano genoano Onofri sono stati trovati in un’agendina sequestrata a Guglielmo Boero, rampollo di una famiglia altolocata del capoluogo genovese, sospettato di essere uno dei promotori del nuovo giro di puntate clandestine. Fucigna, in un colloquio con Pea e Ziliani, informa di aver raggiunto la certezza riguardo a una puntata da 20 milioni da parte di un tesserato genoano, ma aggiunge che i legali del Grifone, Biondi e Tonani, e quelli dell’Inter, Prisco e Servello, gli stanno rendendo la vita difficile. Inoltre, alcune persone gli hanno riferito le parole che il giovane attaccante del Genoa, Mario Somma, ha detto la sera dopo la partita in un ristorante di Genova: quando, sul 2-2, il tecnico rossoblu Gigi Simoni manda in campo il giovane attaccante Simonetta un giocatore dell’Inter si avvicina alla panchina e chiede a Simoni: «il ragazzino è informato?». Il 10 maggio vengono emessi i deferimenti della giustizia sportiva: Iachini (illecito per aver compiuto atti diretti ad alterare lo svolgimento della partita); Vitali (omissione di denuncia agli organi federali); Juary (per aver ritrattato in sede di interrogatorio le dichiarazioni rilasciate al Giorno); Genoa e Inter (responsabilità oggettiva verso i loro tesserati).
Pea e Ziliani dichiarano a Ferrari Ciboldi di essere disponibili a presentarsi come testimoni al processo fuorché nel periodo tra la fine di maggio e i primi giorni di giugno, in quanto impegnati rispettivamente agli Europei di Basket e al Giro d’Italia di ciclismo. De Biase, che inaspettatamente sostituisce Ciboldi come pubblico ministero, indice il processo per il 2 giugno. L’avvocato del Genoa Carlo Biondi, figlio dell’onorevole Alfredo Biondi, che ha accompagnato Mario Somma a deporre da Fucigna e ne ha ascoltato il colloquio, chiede al capo Ufficio istruzione del tribunale di Genova, Castellano, di stralciare dall’inchiesta sul Totonero il caso Genoa-Inter. La richiesta viene accordata e il fascicolo viene girato ad un altro magistrato. Il 2 giugno prende finalmente il via il processo sportivo. Il dibattimento si svolge incredibilmente a porte chiuse, cioè senza la presenza della stampa e del pubblico. Alla fine dei dibattimenti, De Biase sollecita l’assoluzione per tutte le parti in causa salvo che per Vitali, per il quale chiede 6 mesi di inibizione a causa delle frasi ingiuriose rivolte agli interisti. Ziliani e Pea fanno sapere di poter presentarsi il 5 giugno ma il giorno dopo arrivano già le sentenze. Il processo è finito: Genoa e Inter assolte per “insufficienza di prove”. Il Cagliari, retrocesso a fine stagione con un solo punto di distacco dal Genoa, sente puzza di bruciato e presenta ricorso, ma il 28 luglio la Caf conferma il verdetto di assoluzione. Pea e Ziliani che sono andati a Roma per deporre non vengono nemmeno ascoltati e le loro testimonianze definite “inutili”. I due, il giorno seguente pubblicano su Il Giorno un rabbioso articolo dal titolo «Il grande insabbiatore in azione anche alla Caf», di cui riportiamo il passaggio fondamentale: Mai creduto che ci avrebbero davvero ascoltati, sia chiaro: già alla Disciplinare avevano aspettato che uno di noi fosse in Francia agli Europei di basket e l’altro sulle Dolomiti al Giro d’Italia (e li avevamo avvertiti per tempo!) per rovesciare rimorchi di sabbia sul caso Genoa-Inter e seppellire gli scheletri a tempo di record. E allora, chi interrompendo le ferie, chi lasciando i raduni del calcio, avevamo deciso di essere qui a Roma, alla Caf, affinché qualche buontempone non dicesse - come l’altra volta – che avevamo gettato il sasso e ritratto la mano; e realizzato uno scoopino solo per farci della pubblicità. Il processo sportivo si è definitivamente chiuso ma rimane in piedi l’inchiesta della magistratura ordinaria sul Totonero. Il 19 ottobre alla Procura di Genova viene interrogato Luigi Puricelli, uno strano personaggio amico di alcuni giocatori dell’Inter e vicino agli ambienti di Milanello. Questi, il giorno prima di Genoa-Inter avrebbe telefonato dal ritiro nerazzurro di Santa Margherita ad un ristoratore di Milano (lo stesso che aveva parlato con Pea e Ziliani), dicendogli che era previsto un pareggio. Puricelli non nega la telefonata ma ne smentisce i contenuti.
Tutto sembra arenarsi fino a quando, un mese più tardi, la Guardia di Finanza perquisisce il suo appartamento di Rho, città nei pressi di Milano. Vengono ritrovate tre valigette piene di documenti, tra i quali un blocco di fotocopie e matrici di assegni emessi in pagamento di scommesse su Genoa-Inter. Puricelli dichiara poi a Il Giorno di aver ricevuto minacce e di essere a conoscenza dell’interessamento alla vicenda di un importante uomo politico, il quale sarebbe intenzionato a far a sospendere i procedimenti giudiziari fino al 1 gennaio del nuovo anno, momento in cui scatterebbe la prescrizione della giustizia sportiva.
L’inchiesta della magistratura ordinaria, nonostante i nuovi clamorosi sviluppi, incredibilmente rallenta fino a raggiungere lo stallo. Sarà chiusa solo nel 1989 con la definitiva archiviazione. In un’intervista Ziliani rivelerà poi due retroscena sulla vicenda (La Stampa, 14 marzo 2005):
È stato decisivo l’intervento di Biondi nell'affare Genoa-Inter? Fu proprio il ministro Biondi a fermare il lavoro del giudice Fucigna, dopo l'interrogatorio di Somma del Genoa e alla vigilia dell'interrogatorio dei giocatori dell'Inter, chiedendo al capo della Procura di Genova, Castellano, e ottenendo che l'inchiesta sulle scommesse di Genoa-Inter venisse affidata ad altro giudice che tutelasse maggiormente i diritti della difesa. Un timore che il giudice Fucigna ci aveva apertamente manifestato qualche giorno prima, quando ci disse che Prisco da Milano e Biondi a Genova stavano facendo di tutto per mettergli i bastoni nelle ruote.
Che fine ha fatto Ferrari Ciboldi? Ferrari Ciboldi, dopo la conclusione del processo sportivo, venne fatto fuori senza riguardi dall'ufficio indagini e messo a riposo. Pagò la colpa di avere indagato seriamente sul caso e di aver avuto un atteggiamento colpevolista verso Genoa e Inter. Lo andai a trovare a distanza di anni a Soresina: il trattamento ricevuto dopo una vita da collaboratore dell'ufficio inchieste lo aveva fatto cadere in una fortissima depressione. La Federcalcio gli negò anche la tessera per andare a vedere le partite: così, la domenica Ferrari Ciboldi andava a vedere Cremonese o Brescia, ma solo per l’amicizia con i presidenti di questi due club, che gli aprivano volentieri le porte della loro tribuna.
Tratto da ju29ro.com

NELL’ESTATE DEL 1983 LA JUVENTUS VENNE INVITATA A PARTECIPARE AL MUNDIALITO PER CLUB E SE LO AGGIUDICÒ :

Milan-Juventus 2-2
Juventus-Penarol 0-0
Inter-Juventus 0-1
Juventus-Flamengo 2-1


Data
Incontro
Ris
12/09/1982
Sampdoria - Juventus
1 - 0

19/09/1982
Juventus - Cesena
2 - 0

26/09/1982
Verona - Juventus
2 - 1

03/10/1982
Juventus - Napoli
3 - 0

10/10/1982
Fiorentina - Juventus
0 - 1

17/10/1982
Udinese - Juventus
0 - 0

24/10/1982
Juventus - Roma
2 - 1

31/10/1982
Avellino - Juventus
1 - 1

07/11/1982
Juventus - Pisa
3 - 2

21/11/1982
Juventus - Torino
1 - 0

28/11/1982
Ascoli - Juventus
2 - 0

12/12/1982
Juventus - Catanzaro
3 - 1

19/12/1982
Inter - Juventus
0 - 0

02/01/1983
Juventus - Cagliari
1 - 1

09/01/1983
Genoa - Juventus
1 - 0

16/01/1983
Juventus - Sampdoria
1 - 1

23/01/1983
Cesena - Juventus
2 - 2

30/01/1983
Juventus - Verona
0 - 0

06/02/1983
Napoli - Juventus
0 - 0

20/02/1983
Juventus - Fiorentina
3 - 0

27/02/1983
Juventus - Udinese
4 - 0

06/03/1983
Roma - Juventus
1 - 2

13/03/1983
Juventus - Avellino
4 - 1

20/03/1983
Pisa - Juventus
0 - 0

27/03/1983
Torino - Juventus
3 - 2

10/04/1983
Juventus - Ascoli
5 - 0

24/04/1983
Catanzaro - Juventus
1 - 2

01/05/1983
Juventus - Inter
0 - 2
3-3 sul campo
08/05/1983
Cagliari - Juventus
1 - 2

15/05/1983
Juventus - Genoa
4 - 2


Coppa Italia 1982/83

Girone Eliminatorio 6

18/08/1982
Catania - Juventus
1 - 1

22/08/1982
Juventus - Pescara
2 - 1

29/08/1982
Genoa - Juventus
3 - 4

01/09/1982
Juventus - Milan
2 - 1

05/09/1982
Padova - Juventus
1 - 1


Ottavi di Finale

09/02/1983
Juventus - Bari
1 - 0

23/02/1983
Bari - Juventus
1 - 1


Quarti di Finale

01/06/1983
Juventus - Roma
3 - 0

04/06/1983
Roma - Juventus
0 - 2


Semifinali

11/06/1983
Juventus - Inter
2 - 1

15/06/1983
Inter - Juventus
0 - 0


Finale

19/06/1983
Verona - Juventus
2 - 0

22/06/1983
Juventus - Verona
3 - 0

Coppa dei Campioni 1982/83

Sedicesimi di Finale

15/09/1982
Hvidovre IF (DAN) - Juventus
1 - 4

29/09/1982
Juventus - Hvidovre IF (DAN)
3 - 3


Ottavi di Finale

20/10/1982
Standard Liegi (BEL) - Juventus
1 - 1

03/11/1982
Juventus - Standard Liegi (BEL)
2 - 0


Quarti di Finale

02/03/1983
Aston Villa (ING) - Juventus
1 - 2

16/03/1983
Juventus - Aston Villa (ING)
3 - 1


Semifinali

06/04/1983
Juventus - Widzew Lodz (POL)
2 - 0

20/04/1983
Widzew Lodz (POL) - Juventus
2 - 2


Finale

25/05/1983
Juventus - Amburgo SV (GER)
0 - 1



Squadra
Pt
Totale
Casa
Fuori
G
V
N
P
GF
GS
G
V
N
P
GF
GS
G
V
N
P
GF
GS
Roma
43
30
16
11
3
47
24
15
13
1
1
29
9
15
3
10
2
18
15
Juventus
39
30
15
9
6
49
26
15
11
3
1
36
11
15
4
6
5
13
15
Inter
38
30
12
14
4
40
23
15
6
6
3
22
12
15
6
8
1
18
11
Verona
35
30
11
13
6
37
31
15
6
7
2
21
14
15
5
6
4
16
17


Roma battuta 4 volte su 4 gare nella stagione del suo tricolore : 2-1 Andata e Ritorno in Campionato e 3-0 e 2-0 in Coppa Italia.

1983-1984
Scudetto e Coppa delle Coppe
Il campionato 1983-84 venne vinto dalla Juventus, che in estate aveva perso due colonne come Zoff e Bettega, ma che nel corso del torneo ritrovò tutta la potenza dei Campioni del Mondo del 1982 e dell'attacco formato da Boniek e da un Platini in odor di Pallone d'Oro; per il ruolo di portiere fu scelto l'ex-numero uno dell'Avellino Stefano Tacconi. Intanto, sognava il Triveneto; il Verona, dopo il sorprendente quarto posto della stagione precedente, puntò sul giovane juventino Galderisi mentre l'ambiziosa Udinese fece il colpaccio, ingaggiando l'asso brasiliano Zico. I gol, rispetto alle stagioni precedenti, aumentarono notevolmente (nel giro di due anni i gol complessivi passarono dai 474 del campionato 1981-82 ai 573 di questo torneo), e lo si notò subito, l'11 settembre, con 33 gol nelle prime 8 partite: l'inizio fu assai convulso, la Juve iniziò alla grande, battendo per 7-0 l'Ascoli, ma cominciò bene anche l'Udinese, che stravinse a Genova e una settimana dopo si ritrovò in testa, mentre partirono con il piede sbagliato il neopromosso Milan e l'Inter, ultima con un solo punto dopo le prime quattro giornate. Dopo un tentativo di fuga della Juventus, balzò in testa la Roma campione uscente, mentre si accalcavano le inseguitrici.  A fine novembre guidavano la classifica Juventus e Verona, la settimana dopo i bianconeri pareggiarono contro la Roma e si ritrovano in testa a +1 davanti ad un gruppone formato da Roma, Verona, Torino, Fiorentina e Sampdoria. Fu in questo frangente che la Signora diede il via alla fuga, vincendo il titolo di campione d'inverno l'8 gennaio, con due punti di vantaggio sui cugini granata. Al non irresistibile inizio del girone di ritorno del Torino, la Juventus rispose allungando il passo. La Fiorentina tentò un inseguimento, ma, causa l'infortunio in febbraio (frattura di tibia e perone in uno scontro con il difensore della Sampdoria, Luca Pellegrini) del suo capitano, Giancarlo Antognoni, non fu più in grado di esprimere gli stessi livelli di gioco fino allora dimostrati, quindi l'attenzione si focalizzò sulla Roma, che il 18 marzo approfittò dello stop della capolista a Verona per portarsi a due punti di distacco (la settimana dopo diventano tre). Il 15 aprile, lo scontro diretto dell'Olimpico terminò però con uno 0-0 che trasformò le ultime quattro partite in una passerella per la Juventus: il 6 maggio, pareggiando 1-1 contro l'Avellino, i bianconeri si laurearono Campioni d'Italia per la ventunesima volta, con un turno d'anticipo, con quattro lunghezze di vantaggio sui romani. Platini, segnando 20 reti, si laureo' capocannoniere per il secondo anno consecutivo, secondo Zico con 19 gol.L'ultima giornata si rivelò decisiva per stabilire l'ultimo posto in chiave-retrocessione: pareggiando con il Pisa già retrocesso la settimana precedente, la Lazio condannò alla B il Genoa. Rimase schiacciato sul fondo il Catania, che aveva vinto una sola gara nel corso delle 30 giornate e fece ritorno tra i cadetti dopo appena un anno. Fu poco vivace invece la lotta per l'Europa: da diverse stagioni infatti lo scadente livello internazionale dei club italiani aveva ridotto a soli due posti il lotto delle rappresentanti dello Stivale in Coppa UEFA, confondendo la corsa al titolo con quella per l'ingresso nella terza manifestazione continentale. Qualificatasi la Fiorentina, fu solo il postumo successo della Roma in Coppa Italia a sancire il ripescaggio in zona Uefa dell'Inter.


Classifica finale 1983-1984
Pt
G
V
N
P
GF
GS
1.
Juventus
43
30
17
9
4
57
29
2.
Roma
41
30
15
11
4
48
28
3.
Fiorentina
36
30
12
12
6
48
31
4.
Inter
35
30
12
11
7
37
23
5.
Torino
33
30
11
11
8
37
30
6.
Verona
32
30
12
8
10
43
35
7.
Sampdoria
32
30
12
8
10
36
30
8.
Milan
32
30
10
12
8
37
40
9.
Udinese
31
30
11
9
10
47
40
10.
Ascoli
29
30
9
11
10
29
35
11.
Avellino
26
30
9
8
13
33
39
12.
Napoli
26
30
7
12
11
28
38
13.
Lazio
25
30
8
9
13
35
49
14.
Genoa
25
30
6
13
11
24
36
15.
Pisa
22
30
3
16
11
20
35
16.
Catania
13
30
1
10
19
14
55


Juventus Campione d'Italia 1983-1984 e vincitrice della Coppa delle Coppe 1983-1984, qualificata in Coppa dei Campioni 1984-1985.

Coppa delle Coppe 1984
Vittoriosa nella stagione ’82-83 in Coppa Italia dopo la finale contro il Verona, la Juve partecipa la stagione successiva alla Coppa delle Coppe. Primo turno di ordinaria amministrazione: il Lechia Danzica viene sommerso di reti (7-0) al Comunale, con il centravanti Penzo a segno ben 4 volte. Senza storia il 3-2 di Danzica, firmato da Vignola, Tavola e Boniek. Molto più sofferto l’ottavo di finale contro i francesi del Paris St.Germain. In Francia finisce 2-2 tra mille emozioni, mentre il ritorno vede la Juve giocare in modo rinunciatario, per difendere lo 0-0 che garantisce comunque la qualificazione. Quarti di finale nuovamente facili, contro i finlandesi dell’Haka: la Juve però non brilla e si accontenta di un doppio 1-0, con reti di Vignola in trasferta e Tardelli a Torino. E siamo alla semifinale. Durissima.C'è il Manchester United di Robson: andata in Inghilterra e largo pareggio (1-1) che fa pensare a un ritorno facile. Illusione. I “Reds”, che pure subiscono un gol da Boniek al primo affondo, non mollano e pareggiano a una manciata di minuti dalla fine, ma ci pensa Rossi a fugare lo spettro-supplementari.  Finale, dunque. A Basilea, il 16 maggio 1984, la Juve trova il Porto. Trapattoni manda dentro: Tacconi, Gentile Cabrini; Bonini Brio Scirea; Vignola Tardelli Rossi Platini Boniek. La paura di Atene sfuma dopo pochi minuti: Vignola scaraventa dentro da posizione impossibile un suggerimento di Platini (1 a 0). Dura però poco: Sousa trova il tiro della vita, che tocca la linea dell'area e s’impenna di quel tanto che basta per superare Tacconi proteso in tuffo. 1 a 1, tutto da rifare. E qui sale in cattedra Boniek: il suo gol, al 41', è di quelli cercati con la forza dei nervi e dei muscoli, tra avversari che lo braccano in ogni modo (2 a 1). Nella ripresa il punteggio non cambia più. Trionfo e apoteosi per capitan Scirea e compagni, di giallo e blu vestiti, in un mare di bandiere bianconere. La doppietta, storica, è centrata.


Data
Incontro
Ris
11/09/1983
Juventus - Ascoli
7 - 0
18/09/1983
Pisa - Juventus
0 - 0
25/09/1983
Juventus - Napoli
2 - 0
02/10/1983
Lazio - Juventus
0 - 1
09/10/1983
Juventus - Milan
2 - 1
23/10/1983
Torino - Juventus
2 - 1
30/10/1983
Juventus - Sampdoria
1 - 2
06/11/1983
Juventus - Verona
3 - 1
20/11/1983
Catania - Juventus
0 - 2
27/11/1983
Fiorentina - Juventus
3 - 3
04/12/1983
Juventus - Roma
2 - 2
11/12/1983
Udinese - Juventus
2 - 2
18/12/1983
Juventus - Inter
2 - 0
31/12/1983
Avellino - Juventus
1 - 2
08/01/1984
Juventus - Genoa
4 - 2
15/01/1984
Ascoli - Juventus
0 - 0
22/01/1984
Juventus - Pisa
3 - 1
29/01/1984
Napoli - Juventus
1 - 1
12/02/1984
Juventus - Lazio
2 - 1
19/02/1984
Milan - Juventus
0 - 3
26/02/1984
Juventus - Torino
2 - 1
11/03/1984
Sampdoria - Juventus
1 - 1
18/03/1984
Verona - Juventus
2 - 1
25/03/1984
Juventus - Catania
2 - 0
01/04/1984
Juventus - Fiorentina
1 - 0
15/04/1984
Roma - Juventus
0 - 0
21/04/1984
Juventus - Udinese
3 - 2
29/04/1984
Inter - Juventus
1 - 2
06/05/1984
Juventus - Avellino
1 - 1
13/05/1984
Genoa - Juventus
2 - 1

Coppa Italia 1983/84

Girone Eliminatorio 2

21/08/1983
Perugia - Juventus
1 - 0

24/08/1983
Bari - Juventus
2 - 2

28/08/1983
Juventus - Catanzaro
1 - 0

31/08/1983
Juventus - Taranto
3 - 1

04/09/1983
Lazio - Juventus
1 - 1


Ottavi di Finale

08/02/1984
Juventus - Bari
1 - 2

22/02/1984
Bari - Juventus
2 - 2


Coppa delle Coppe 1983/84

Sedicesimi di Finale

14/09/1983
Juventus - Lechia Danzica (POL)
7 - 0

28/09/1983
Lechia Danzica (POL) - Juventus
2 - 3


Ottavi di Finale

19/10/1983
Paris Saint-Germain (FRA) - Juventus
2 - 2

02/11/1983
Juventus - Paris Saint-Germain (FRA)
0 - 0


Quarti di Finale

07/03/1984
Haka Valkeakosken (FIN) - Juventus
0 - 1
21/03/1984
Juventus - Haka Valkeakosken (FIN)
1 - 0


Semifinali

11/04/1984
Manchester United (ING) - Juventus
1 - 1

25/04/1984
Juventus - Manchester United (ING)
2 - 1


Finale

16/05/1984
Juventus - Porto (POR)
2 - 1


Alcune gare (in grassetto quelle particolarmente importanti : finali, scontri diretti, scontri con la inseguitrice diretta del precedente Campionato, scontro con i campioni in carica, ecc.).

STAGIONE 1982-83.
Al suo settimo anno alla guida della Juventus, Giovanni Trapattoni, d’accordo con la dirigenza, si trova a dover rivoluzionare una squadra dai consolidati equilibri che, oltre a potersi fregiare dei nazionali freschi campionati del mondo, si avvale anche dell’arrivo dei due fuoriclasse Michel Platini e Zibì Boniek. Una formazione che fino all’anno precedente faceva perno su una difesa impenetrabile, si trova così trasformata in una squadra a trazione anteriore che all’inizio della stagione incontra non poche difficoltà: le prime due trasferte si trasformano in due cocenti sconfitte (in casa della Sampdoria dell’ex Brady e a Verona dell’ex Fanna), così la Juve si trova immediatamente ad inseguire una Roma che sembra decisa a vendicare la beffa di due anni prima. E’ subito scontro diretto e l’andata a Torino è un vero e proprio spettacolo di calcio ed emozioni, con la Roma che chiude il primo tempo in vantaggio grazie a un gol di Chierico, ma che vede la rimonta bianconera nel secondo tempo grazie ai gol di Platini e Scirea. Nonostante tutto, però, a metà campionato la Juve si ritrova al quarto posto, a quattro punti dai giallorissi capolisti, causa le fatiche dei reduci dal mondiale vinto in Spagna e le partite di coppa che la Juve vuole alzare al cielo, arrivando in finale sia in quella nazionale sia in quella più prestigiosa . Nel girone di ritorno ci si aspetta la consueta rimonta a cui i bianconeri avevano abituato i tifosi, ma questa volta, anche a causa della pubalgia che tormenta Platini, la Juventus stenta e la Roma allunga. Arriva lo scontro diretto all’Olimpico e la Juve vince ancora come all’andata: Falcao porta in vantaggio i giallorossi, Platini e Brio ribaltano il risultato. La Roma sembra risentire il colpo e il distacco diminuisce a tre punti. La Juve ci crede, ma ancora una volta sarà il derby col Torino a infrangere i sogni dei bianconeri, in una partita ancora più incredibile di quelle con la Roma: la Juventus è sul 2-0 a venti minuti dalla fine, grazie ai gol di Platini e Rossi, ma nel giro di cinque minutu, dal 70’ al 75’ un black-out della difesa consente al Torino di arrivare prima al pareggio e infine di vincere il match quando ormai il risultato sembrava acquisito. I sogni di fare tris si infrangono definitivamente quando contro l’ Inter la Juve subisce una sconfitta a tavolino per un episodio avvenuto fuori dal campo ben prima che iniziasse l’incontro e che, visto tutto quello che da sempre devono sopportare i calciatori Juventini ad ogni trasferta specialmente a Napoli Roma Milano Firenze Palermo Catania Parma e persino come ultimamente a Bologna ecc.ecc. poteva essere definito trascurabile, ma la squadra lotta ancora fino a conquistare il secondo posto, a quattro punti dalla Roma, laureando Michel Platini capocannoniere. Una stagione tutto sommato positiva che rischia di trasformarsi in trionfale con la conquista della settima Coppa Italia e la finale della Coppa dei Campioni, una finale apparentemente dal destino segnato a favore dei bianconeri, ma che in quel di Atene si trasforma in un incubo senza via d’uscita: 1-0 per l’Amburgo con un gol incredibile di Magath.

GENOA - JUVENTUS 3-4
Genova, Stadio Luigi Ferraris, 29.08.1982 - Coppa Italia – Girone Eliminatorio - 3ª Giornata
RETI: 15’ Platini (J); 17’ Briaschi (G); 25’ Scirea (J); 51’ Rossi P. (J); 58’ Iachini P. rig. (G); 63’ Rossi P. (J); 73’ Russo (G)
GENOA: Martina, Romano, Testoni; Chiodini, Onofri, Gentile; Antonelli (78’ Boito), Corti, Russo (78’ Faccenda); Iachini, Briaschi - All. Simoni
JUVENTUS: Zoff, Osti, Gentile; Furino (67’ Bonini), Brio, Scirea; Boniek, Tardelli, Rossi P. (76’ Marocchino); Platini, Bettega – All. Trapattoni
ARBITRO: Menegali di Roma

JUVENTUS – NAPOLI 3-0
Torino, Stadio Comunale, 03.10.1982 - 4ª Giornata di Campionato
RETI: 17’ Rossi P. (J); 45’ Boniek (J); 51’ Boniek (J)
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Furino, Brio, Scirea; Marocchino (50’ Tardelli), Boniek, Rossi; Platini, Bonini – All. Trapattoni
NAPOLI: Castellini, Bruscolotti, Ferrario; Marino (60’ Amodio), Krol, Citterio; Vinazzani, Celestini, Diaz; Dal Fiume, Pellegrini - All. Giacomini
ARBITRO: Longhi di Roma
CLASSIFICA: Pisa, Roma, Sampdoria p. 6; Fiorentina, Inter, Torino, Udinese p. 5; Cesena, Juventus, Verona p. 4; Avellino, Napoli p. 3; Ascoli, Cagliari, Catanzaro, Genoa p. 2

FIORENTINA - JUVENTUS 0-1
Firenze, Stadio Comunale, 10.10.1982 - 5ª Giornata di Campionato
RETI: 54’ Brio (J)
FIORENTINA: Galli, Rossi (53’ Miano poi 61’ Bertoni A.), Contratto; Cuccureddu, Ferroni, Passarella; Bertoni D., Pecci, Graziani; Antognoni, Massaro- All. De Sisti
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Furino, Brio, Scirea; Marocchino (69’ Bettega), Tardelli, Rossi; Platini (65’ Prandelli), Bonini – All. Trapattoni
ARBITRO: Menegali di Roma
CLASSIFICA: Roma, Sampdoria p. 8; Pisa p. 7; Inter, Juventus, Torino, Verona p. 6; Fiorentina, Udinese p. 5; Ascoli, Cesena, Genoa p. 4; Avellino, Cagliari, Napoli p. 3; Catanzaro p. 2

JUVENTUS – ROMA 2-1
Torino, Stadio Comunale, 24.10.1982 - 7ª Giornata di Campionato
RETI: 5’ Chierico (R); 49’ Platini (J); 56’ Scirea (J)
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Furino, Brio, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi (75’ Prandelli); Platini (67’ Bonini), Boniek – All. Trapattoni
ROMA: Tancredi, Nela, Vierchowod; Di Bartolomei, Falção, Maldera III; Chierico, Prohaska, Pruzzo; Valigi, Conti B. – All. Liedholm
ARBITRO: D’Elia di Salerno
CLASSIFICA: Roma, Verona p. 10; Juventus, Torino p. 9; Inter, Pisa, Sampdoria, Udinese p. 8; Ascoli, Avellino, Fiorentina, Genoa p. 6; Cesena, Napoli p. 5; Cagliari, Catanzaro p. 4
CRONACA: Il campionato ritrova la Juve dopo aver corso il rischio di perderla forse per sempre. Il 2-1 uscito sulla ruota di Torino blocca la Roma, rilancia i bianconeri e crea una situazione di esaltante incertezza in cima alla classifica, ma non bisogna dimenticare che per 49’ la squadra di Trapattoni si è trovata nelle condizioni e nello stato d’animo di chi sente vicino il momento dell’abdicazione ad ogni speranza di scudetto. Questa in estrema sintesi è il significato di una partita che ha espresso due realtà completamente contraddittorie e che tra un tempo e l’altro ha costretto a ribaltare giudizi e, per chi le aveva già espresse, conclusioni che sembravano ormai radicate. Il fatto è che mai come ieri, al Comunale, le due squadre hanno offerto di se stesse due versioni diametralmente opposte. Nel primo tempo predominio pressoché totale della Roma, nel secondo reazione entusiasmante e vincente della Juve. E ciò a prescindere dalle occasioni da rete vere e proprie che i bianconeri sono riusciti a propiziare anche nei primi 45’.  Appena D’Elia ha fischiato il via alle ostilità, si è visto subito come i giallorossi fossero più pronti a prendere in mano le redini dell’incontro, forti di una intelaiatura di gioco che può elevarsi o deprimersi a seconda del rendimento dei singoli, ma che ha ormai una matrice sicura e non presenta problemi di sorta. Squadra che si muove compatta senza mai concedere grandi spazi agli avversari. Tutti avanti e, soprattutto, tutti indietro, anche quel Pruzzo che è diventato un autentico kamikaze per come agisce in pressing sui difensori che gli capitano a tiro. Conti e Chierico impegnano strenuamente Gentile e Cabrini riuscendo a vincere i rispettivi duelli, ma rientrano immediatamente per non perdere i contatti con il resto della squadra. Al contrario i due terzini erano prontissimi a scattare in avanti ogni volta che la palla veniva conquistata. Ed in mezzo ad orchestrare la manovra ci pensava Prohaska assecondati dal diligente Valigi e dallo stesso Di Bartolomei alle sue spalle. Schemi sapienti ormai eseguiti a memoria, ritmo amministrato a seconda delle proprie esigenze, ma che esprimeva improvvisa accelerazione in zona d’attacco. Unico neo, vistosissimo: l’”assenza” di Falcao, praticamente non rintracciabile in campo. La Juve contro simile avversario usciva, dopo i primi 45’, con le ossa rotte. Non tanto, ripetiamo, per le occasioni concrete da rete, perché dopo il gol della Roma al 5’ (invenzione di Conti per Maldera a sinistra, cross che tagliava fuori Cabrini e che Chierico amministrava benissimo infilando Zoff da pochi passi), Platini e Bettega avevano due grosse opportunità per pareggiare, quanto per le vistose crepe nella manovra e per la sensazione di totale insicurezza che straspariva in ogni sua giocata. Trapattoni, alla continua ricerca di formule nuove e più efficaci, aveva deciso di far giocare Bettega escludendo Marocchino. E ha fatto giocare Bettega nell’unica maniera in cui il giocatore può ancora rendersi utile, cioè come pilone centrale dell’attacco. La novità della giornata era semmai lo spostamento di Rossi a destra, già accennato in altre partite, ma ieri nota fissa della gara. Pablito giocava in pratica all’ala. In questo modo il tecnico sperava di concedere più respiro al centravanti e alla squadra che sta al centro. Rossi doveva aggirare l’avversario sulla fascia e mettere al centro palloni per Bettega che, tra Boniek e Platini, si spingeva sotto la porta di Tancredi. Così si evitava anche che il fuorigioco della Roma diventasse un’arma vincente. Intuizioni anche lodevoli (si sacrifica però un po’ troppo Rossi), ma che naufragavano visto che alla squadra mancava dietro l’apporto di Tardelli visibilmente menomato e di un Furino appena decente e dei due terzini sempre a disagio e soccombenti contro un Conti scatenato e un Chierico che si liberava sempre al tiro. Al solito, il baluardo era Scirea devanti al quale un Boniek, magari a volte isterico (certi suoi falli inutili lasciano interedetti) sbagliava molto ma rincorreva tutti gli avversari e giocava più sulla quantità che sulla qualità, come a Liegi. Ciò però non bastava per prendere il sopravvento sulla Roma e soprattutto per alzare il ritmo della gara al di là dei desideri dei giallorossi. Sembrava una Juve impotente e sempre più inquinata dai suoi problemi di intesa e di manovra. Quindi si chiudeva il primo tempo con prospettive nere per i bianconeri che diventavano nerissimi al 2’ della ripresa quando Prohaska falliva l’incornata a pochi metri da Zoff. Un 2-0 a quel punto avrebbe significato la fine della partita. Invece ecco uscire fuori l’antica anima della Juve. Furino suonava la carica e rientrava finalmente in gara. I due terzini trovavano il modo di evitare altri danni, tutta la squadra cambiava passo, lottava come solo lei sa fare nei momenti di pericolo e si arrivava alla doppietta che metteva k.o. la Roma. In 7’, dal 49’ al 56’, avveniva il sorpasso. Dapprima Platini deviava in scivolata in rete un diagonale di Tardelli che aveva oltrepassato Tancredi (cross di Rossi e deviazione di testa di Bettega per Tardelli appostato sulla destra) e quindi Scirea, su passaggio indietro di rara intuizione di Boniek, infilava il portiere della Roma con la perentorietà di un centravanti vero. Al punto che per un attimo avevamo creduto che il goleador fosse Rossi. Poi la vittoria juventina è stata avvalorata da un colpo di testa di Bettega che ha colpito la traversa e da un controllo della gara via via più sicuro. Trapattoni, sapendo che bisognava attestarsi su questo 2-1, ha tolto prima Platini (che non ha gradito lo “sgarbo”) mettendo in campo Bonini e poi ha sostituito il dolorante Rossi con Prandelli e non con Marocchino. La Roma ha tentato l’ultimo assalto, ma ormai la partita le era sfuggita di mano. Conti e Chierico erano spariti di scena. Falcao continuava a latitare, Valigi produceva ben poco, Pruzzo lottava come un leone ma senza alcun risultato. Rimanevano Prohaska e Vierchowod ad alimentare solo qualche speranza. Liedholm alla fine recriminerà per il gol di Platini secondo lui viziato da fuorigioco e per una spinta di Cabrini a Chierico quando l’ala ha fallito il colpo di testa. Francamente non possiamo mettere le mani sul fuoco sulla posizione regolare o meno del francese essendo stata troppo rapida l’azione. Non abbiamo visto la spinta. Secondo noi sono però ininfluenti ai fini del risultato. La Roma ha perso perché nella ripresa è calata troppo vistosamente e perché non ha mai trovato Falcao. La Juve ha vinto con merito una partita più interessante che bella, grazie alla sua reazione rabbiosa nella ripresa. Molti problemi restano irrisolti per Trapattoni, ma almeno resta intatto nella squadra uno spirito indomito e uno Scirea immenso. E’ perfino monotono ripetere sempre che il bianconero è ormai non solo un libero, ma anche uno dei migliori giocatori del mondo. – da La Gazzetta dello Sport del 25.10.1982

JUVENTUS – STANDARD LIEGI 2-0
Torino, Stadio Comunale, 03.11.1982 - Coppa dei Campioni – Ottavi di Finale - Ritorno
RETI: 14’ Rossi P. (J); 29’ Rossi P. (J)
JUVENTUS: Zoff, Bonini, Prandelli; Furino, Gentile, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi; Platini, Boniek – All. Trapattoni
STANDARD LIEGI: Preud’Homme, Onal (51’ Sciascia), Delangre; Van der Smissen, Plessers, Poel; Tahamata, Daerden, Wendt; Hann, Grundel (70’ Geurts) - All. Goethals
ARBITRO: Galler (Svizzera)

 JUVENTUS – TORINO 1-0
Torino, Stadio Comunale, 21.11.1982 - 10ª Giornata di Campionato
RETI: 35’ Platini (J)
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Prandelli; Furino, Brio, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi; Platini, Boniek (84’ Bonini) – All. Trapattoni
TORINO: Terraneo, Van de Korput, Ferri (46’ Corradini poi 71’ Bertoneri); Zaccarelli, Danova, Galbiati; Torrisi, Dossena, Selvaggi; Hernandez, Borghi - All. Bersellini
ARBITRO: Casarin di Milano
CLASSIFICA: Roma p. 15; Juventus, Verona p. 14; Inter p. 13; Sampdoria p. 12; Torino p. 11; Udinese p. 10; Avellino, Cesena, Fiorentina, Pisa p. 9; Genoa p. 8; Ascoli, Cagliari, Napoli p. 7; Catanzaro p. 6
CRONACA: Platini decide le sorti del derby, interrompe l’imbattibilità del Torino, fa felice Agnelli in tribuna, risponde  (come sempre si dovrebbe) con i fatti, sul campo, alle tante polemiche sulle sue condizioni fisiche, contribuisce in gran parte ad issare la bandiera bianconera sempre più in alto sul pennone della classifica. Il francese protagonista dell’incontro più atteso della decima giornata, ma non al punto da ergersi a mattatore assoluto, da nascondere i meriti dei compagni e la fisionomia della Juve che comincia a stagliarsi più netta anche nell’ambito del campionato. Nel primo tempo, per meglio dire nella prima mezz’ora, si è intravista la squadra che aveva incantato tutti in coppa contro lo Standard. Difesa impeccabile, Zoff spettatore, centrocampo sbrigativo con un Tardelli scatenato e attacco in piena frenesia. Fra Juve e Torino si è aperto un abisso in fatto di gioco. La cronaca ci da un fedele riscontro di questi concetti. Un palo colpito in pieno da Bettega con Terraneo tagliato fuori da ogni possibilità di intervento, lo stesso Terraneo che deve esibire tre grandi parate si conclusioni di Rossi e Tardelli, il gol di Platini, una mischia oceanica in area granata per impedire agli juventini il raddoppio, 12 calci d’angolo a due. Resta misero ed inadeguato soltanto il risultato che è di appena un gol a zero. Forse questo è il vero appunto che si può muovere alla squadra campione d’Italia per un primo tempo che ha riempito di gioia i suoi fans. Il non essere riuscita a tradurre in  moneta sonante la superiorità schiacciante espressa in campo nei confronti di un Torino che ha fatto il massimo per limitare i danni. E si sa quanto è crudele il calcio nei confronti di chi è troppo prodigo e pecca anche di un pizzico di presupponenza. Infatti nella ripresa, un leggero calo fisico dei bianconeri e la logica animosità dei granata, che non potevano certo sentirsi domi con un sol gol al passivo, hanno riaperto le sorti di una gara che sembrava non dovesse aver più storia. Niente di trascendentale da parte del Torino, né lo si poteva pretendere; i limiti della squadra di Bersellini sono quelli che sono, ma è bastato che la Juve fosse costretta a lasciare l’iniziativa agli avversari per produrre quel paio di situazioni di allarme in area juventina che potevano anche tradursi nel gol del pareggio. C’è voluto un grande Zoff su un colpo di testa che appariva vincente di Torrisi (la prima parata del portierone azzurro) e uno Zoff attento su un “maligno” diagonale di Bertoneri per evitare alla Juve una beffa che tutto sommato non meritava. Anche perché sull’altro fronte, prima Boniek e poi Platini e Bettega, hanno avuto ancora l’estro per insidiare seriamente Terraneo. Ma le occasioni da rete juventine spuntavano all’improvviso più a interrompere l’assalto torinese che a consolidare la supremazia espressa a tutto tondo nei primi 45’. E quando si arretra pian piano verso la propria area di rigore si esaltano, è vero, le virtù dei vari Gentile Brio, Scirea, ma si consente all’avversario di avere sempre nel mirino il traguardo un pareggio che ieri al Comunale appariva davvero un terno al lotto per i granata. In definitiva la Juve ha corso dei rischi che non spiegano se non con l’incapacità di essere più concereta in fase di tiro. Comunque, una vittoria limpida, che va al di là delle cifre e trova origine da un tasso di classe superiore a quello che possono esprimere oggi i pur volenterosi granta. Bersellini ha cercato di “inquinare” il centrocampo bianconero con qualche mossa tattica che, alla fine, può essere giudicata sballata solo perché la sua squadra ha perso. Ma che perdesse era nell’ordine naturale delle cose. Bettega, Tardelli, Rossi, Platini e Boniek non possono temere il confronto con Torrisi, Dossena, Selvaggi, Hernandez e Borghi. E’ tutto qui il discorso. Il tecnico granata ha cercato di confondere le idee a Trapattoni togliendo Beruatto di squadra e utilizzando Torrisi come “custode” a tutto campo di Boniek e poi cercando di adoperare Dossena, che nel gioco delle marcature doveva essere l’uomo di Prandelli, sul versante destro, come pedina in più, di raddoppio, nella zona dove già i centrocampisti juventini erano impegnati al massimo. L’idea era di effettuare scambi di ruoli continui tra Torrisi e Dossena, mentre Hernandez doveva portare a spasso Tardelli. Se Prandelli avesse seguito Dossena, si sarebbe aperto un varco sulla fascia destra nel quale il Torino poteva giungere a Zoff. Invece Trapattoni ha risposto per le rime: ha affidato Hernandez a Furino solo quando l’argentino si affacciava pericolosamente ai limiti dell’area. In tal modo ha liberato Tardelli da compiti di marcatura specifici e non ha mai mosso Prandelli dalla zona sinistra, neanche quando Dossena giocava sull’altro versante. Così sono stati chiusi ai granati tutti i corridoi e per di più Tardelli (come anche Prandelli dall’altro lato) ha giocato, specie nel primo tempo, più per l’attacco che per la difesa. Raid continui fino all’area di Terraneo (gran merito del gol di Platini va al centrocampista che è sbucato davanti al portiere granata e lo ha costretto a deviare il pallone sui piedi del francese che ha fiondato sotto la traversa)  e poi ripiegamenti tempestivi a controllare a zone i vari Zaccarelli, Dossena o Torrisi quando questi sfuggiva a Boniek. Mentre Tardelli è stato uno dei punti chiave del dispositivo tattico della Juve: Dossena ha finito per concludere poco o niente, con negative conseguenze per un attacco già leggerino e ieri per di più abbandonato tra le grinfie di una difesa juventina tornata solida e sicura come ai bei tempi. Per finire, un derby correttissimo, come se ne ricordano pochi, che il pubblico, specie quello di fede bianconera, ha dimostrato di gradire. Fosse rimasto per tutta la gara ai livelli del primo tempo, sarebbe stato superbo. Ma la Juve nella ripresa è scesa d’arcione e il Torino non ha saputo e potuto darle il cambio. – da La Gazzetta dello Sport del 22.11.1982

JUVENTUS – FIORENTINA 3-0
Torino, Stadio Comunale, 20.02.1983 - 20ª Giornata di Campionato
RETI: 19’ Bettega (J); 32’ Ferroni II aut. (J); 74’ Rossi P. (J)
JUVENTUS: Zoff, Gentile (53’ Furino), Cabrini; Bonini, Brio, Scirea (75’ Prandelli); Bettega, Tardelli, Rossi; Platini, Boniek – All. Trapattoni
FIORENTINA: Galli, Ferroni, Contratto; Cuccureddu, Pin (72’ Manzo), Passarella; Bellini, Pecci, Graziani (80’ Bertoni A.); Antognoni, Massaro - All. De Sisti
ARBITRO: D’Elia di Salerno
CLASSIFICA: Roma p. 30; Verona p. 25; Inter, Juventus p. 24; Torino, Udinese p. 22; Fiorentina p. 21; Sampdoria p. 20; Avellino, Genoa p. 19; Cagliari p. 18; Cesena, Pisa p. 17; Ascoli p. 16; Napoli p. 15; Catanzaro p. 11

JUVENTUS – UDINESE 4-0
Torino, Stadio Comunale, 27.02.1983 - 21ª Giornata di Campionato
RETI: 9’ Platini (J); 63’ Platini (J); 80’ Boniek (J); 87’ Tardelli (J)
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Bettega (71’ Marocchino), Tardelli, Rossi; Platini (64’ Prandelli), Boniek – All. Trapattoni
UDINESE: Corti, Galparoli, Tesser; Gerolin, Edinho, Cattaneo; Causio (64’ Pulici), Chiarenza (75’ Orazi), Mauro; Surjak, Virdis - All. Ferrari
ARBITRO: Pieri di Genova
CLASSIFICA: Roma p. 31; Verona p. 27; Juventus p. 26; Inter p. 25; Fiorentina, Torino p. 23; Udinese p. 22; Sampdoria p. 21; Genoa p. 20; Avellino, Cagliari p. 19; Ascoli, Cesena p. 18; Pisa p. 17; Napoli p. 16; Catanzaro p. 11

ASTON VILLA - JUVENTUS 1-2
Birmingham (Inghilterra), Villa Park, 02.03.1983 - Coppa dei Campioni – Quarti di Finale - Andata
RETI: 1’ Rossi P. (J); 53’ Cowans (A) 81’ Boniek (J)
ASTON VILLA: Spink, Williams (40’ Deacy), Gibson; Bremmer, McNaught, Mortimer; Blair, Shaw, Withe; Cowans, Morley - All. Barton
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Eschweilr (Germania Ovest)

ROMA - JUVENTUS 1-2
Roma, Stadio Olimpico, 06.03.1983 - 22ª Giornata di Campionato
RETI: 62’ Falcao (R); 83’ Platini (J); 86’ Brio (J)
ROMA: Tancredi, Nappi, Vierchowod; Righetti U., Falção, Nela; Valigi, Ancelotti, Pruzzo (58’ Iorio); Di Bartolomei, Conti B. – All. Liedholm
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi P.; Platini, Boniek (62’ Marocchino) – All. Trapattoni
ARBITRO: Barbaresco di Cormons
CLASSIFICA: Roma p. 31; Juventus p. 28; Verona p. 27; Fiorentina, Inter, Torino p. 25; Udinese p. 23; Sampdoria p. 22; Genoa p. 21; Avellino p. 20; Ascoli, Cagliari, Pisa p. 19; Cesena p. 18; Napoli p. 17; Catanzaro p. 13
CRONACA: Un colpo al cuore! Roma, lo splendido pubblico che gremiva e colorava di fantasmagorici coriandoli giallorossi l’Olimpico, Liedholm in panchina, Falcao che aveva appena segnato un gol che avresti giurato storico, i giocatori romanisti, tutti sono stati freddati da due colpi di fucile a canne mozze sparato in pieno petto da una Juve forse ancor più rapace che brava, più crudele che autoritaria. Due gol, segnati in rapida successione, nel brevissimo intervallo di 3’ in un arroventato finale di partita, hanno letteralmente strappato dalla maglia della Roma uno scudetto che la squadra giallorossa sentiva di avere ormai definitivamente conquistato. Il calcio, a volte, sa essere anche spietato ed esaltante insieme, a seconda della visuale e dei sentimenti di chi era presente ieri all’Olimpico. Ma non c’è nulla più delle crude cifre a rendere almeno l’idea di ciò che è successo tra Roma e Juve, del capovolgimento totale di una partita che in pochi istanti ha girato le spalle ad una squadra per tuffarsi tra le braccia dell’altra. Al 62’ , con il gol di Falcao, la Roma veniva a trovare con ben 7 punti di vantaggio sulla Juve, all’86’ il gol di Brio portava i bianconeri a sole tre lunghezze dai rivali. In pochi minuti erano stat annullati ben 4 punti di distacco. Da un campionato finito, si passava ad un campionato tutto da giocare.  Ma è bene descriverli questi tre gol che resteranno a lungo nella memoria della gente e che potranno anche essere decisivi per le sorti della stagione in corso. Si era al 17’ della ripresa, quando Gentile fermava fallosamente Conti a trequarti campo, mentre i giocatori discutevano e  mentre la panchina stessa della Juve era distratta perché stava predisponendo il cambio di Boniek con Marocchino, l’ala giallorossa batteva con rapidità la punizione: lunga parabola che spioveva al centro dell’area bianconera. Falcao, lasciato incustodito, saltava bene, sfiorava la palla di testa e sorprendeva Zoff (che si lanciava in tuffo con lieve ritardo). La folla dell’Olimpico esplodeva in un boato impressionante, mentre il brasiliano correva incontro ai tifosi per rispondere al loro entusiasmo. Passiamo al 38’. Nel frattempo c’era stata al 28’ una splendida azione di Ancelotti che aveva consegnato un ottimo pallone a Iorio spostato sulla destra (il giovanotto era appena entrato a sostituire Pruzzo infortunato). La punta correva verso il fondo, vanamente inseguito dai difensori  bianconeri, e invece di appoggiare il pallone indietro a Falcao, appostato vicino alla porta di Zoff, tentava il tiro diretto: la palla “pizzicava” il primo palo, oltrepassava il portiere e attraversava tutto lo specchio della porta, perdendosi lontano. Una ghiotta occasione per il 2-0. Ma ritorniamo al fatidico 38’. Falcao inseguiva Platini e lo atterrava a una decina di metri dall’area di rigore della Roma. Punizione che batteva lo specialista Platini. E che sia uno specialista nessuno può avere ora dei dubbi. Parabola perfetta con palla che scavalca la barriera e piomba dall’alto nel “sette” dell’esterrefatto Tancredi. Folla più interdetta che preoccupata. 1-1, ma va bene lo stesso. La Juve è sempre a cinque punti, si commenta sugli spalti. Arriva però 3’ dopo la doccia fredda. Gentile manda un lungo traversone in avanti, Bettega ai limiti dell’area di rigore della Roma si alza e di testa lancia in avanti Platini che è costretto a raggiungere sul fondo una palla forse troppo lunga. Dal fondo il francese pennella un magnifico pallonetto che Brio, gettandosi in avanti, schiaccia di testa in rete. Questa volta fa impressione il silenzio dell’Olimpico. Né le proteste, neppure molte sentite dei giallorossi, servono a riscaldare il gelo dell’ambiente. Si fa segno a Barbaresco che Platini sarebbe scattato in posizione di fuorigioco sul colpo di testa di Bettega. L’arbitro non sente ragioni e forse non ha torto a ritenere valida l’azione. Ecco in queste breve note di cronaca il succo di una partita folle anche se, bisogna riconoscerlo, ha prodotto un risultato che non fa una piega. A Roma si parlerà a lungo di beffa, di fatalità, di “irrazionalità” del calcio, ma sia ben chiaro che la Juve non ha rubato nulla all’Olimpico. Diciamo che ha avuto soprattutto la forza morale di rovesciare negli ultimi dieci minuti una situazione che sembrava sino all’occasione da gol di Iorio chiaramente compromessa. Non solo perché la squadra di Ledholm era giustamente in vantaggio, ma perché fino al gol di Falcao la Juve era stata totalmente stregata dalla manovra giallorossa. Liedholm aveva messo a punto un piano strategico perfetto anche se, all’annuncio delle formazioni, aveva suscitato molte perplessità. Proprio per la gara-scudetto il tecnico svedese aveva rivoluzionato lo schieramento titolare. Fuori Maldera, Prohaska (neppure portato in panchina) e Iorio. Al loro posto c’erano Nappi, Righetti e Valigi, notoriamente dei rincalzi. Nelle intenzioni di Liehdolm non c’era solo il desiderio di “rinfrescare” una squadra apparsa ultimamente affaticata, ma quello più concreto di avviluppare la Juventus in una morsa a centrocampo. Con Righetti in difesa, Di Bartolomei avrebbe fatto il libero in più, davanti allos schieramento difensivo. Valigi al posto di Iorio serviva a infittire le maglie di una squadra che puntava chiaramente a tenere bassissimo il ritmo della gara e allo 0-0. Sul fronte offensivo, la trovata era un Falcao in posizione di punta centrale, mentre Pruzzo si allargava sule fasce, l’idera era di “stanare” Brio e tenere in area di rigore l’inesperto Bonini. Un piano che per più di un’ora ha funzionato a meraviglia visto che la Juve non solo non è riuscita ad esprimere nulla in fase offensiva, ma che la partita era stata totalmente gelata. Dei portieri, solo Zoff era dovuto intervenire per deviare un tiro da lontano di Conti. I bianconeri potevano recriminare solo per un paio di falli da rigore di cui sembravano essere rimasti vittima Rossi e Platini, ma null’altro. L’attacco juventino era privo assolutamente di rifornimenti e il centrocampo non riusciva ad esprimere idee, nè la Juve nel suo insieme sapeva elevare il ritmo della partita. A conclusione di tutto era venuto anche il gol di Falcao da posizione di centravanti. Cosa si poteva pretendere di più dal tecnico svedere? A quel punto era il vero trionfatore della partita. Con il senno di poi ora qualcuno dirà che Liedholm ha snaturato la squadra. Nullad i più falso. La verità è che finchè l’incontro è filato sul piano della logica, la Roma lo ha tenuto saldamente in pugno. Quando la Juve si è decisa (un po’ come era avvenuto all’andata) a gettare alle ortiche ogni prudenza, ogni schema (visto che ormai tutto era perduto) e a mettere sul piatto della bilancia il suo smisurato orgoglio, ecco che la gara è uscita di senno ed è accaduto di tutto, anche la vittoria fino a quel punto “incredibile” per i bianconeri. Complice forse un pizzico di eccessiva sicurezza dei giallorossi, che hanno arretrato troppo le proprie linee difensive consentendo al genio di Platini di esplodere. Per assurdo ora si può dire che il gol di Falcao ha fatto più male che bene alla Roma. Se il brasiliano non segnava, la gara finiva sulla 0-0. Invevce i giallorossi hanno sperimentato cosa significa svegliare il can che dorme… - da La Gazzetta dello Sport del 07.03.1983

JUVENTUS – AVELLINO 4-1
Torino, Stadio Comunale, 13.03.1983 - 23ª Giornata di Campionato
RETI: 13’ Scirea (J); 64’ Boniek (J); 66’ Vignola (A); 70’ Platini (J); 87’ Platini (J)
JUVENTUS: Zoff, Prandelli, Cabrini; Bonini (79’ Storgato), Brio, Scirea; Marocchino, Tardelli (71’ Furino), Bettega; Platini, Boniek – All. Trapattoni
AVELLINO: Tacconi, Osti, Cascione; Schiavi, Favero, Di Somma; Vailati (61’ Bergossi), Centi, Barbadillo (77’ Skov); Vignola, Limido - All. Veneranda
ARBITRO: Ballerini di La Spezia
CLASSIFICA: Roma p. 33; Juventus p. 30; Verona p. 28; Fiorentina, Inter p. 26; Torino p. 25; Sampdoria, Udinese p. 24; Genoa p. 23; Ascoli, Avellino, Cagliari p. 20; Napoli, Pisa p. 19; Cesena p. 18; Catanzaro p. 13

JUVENTUS – ASTON VILLA 3-1
Torino, Stadio Comunale, 16.03.1983 - Coppa dei Campioni – Quarti di Finale - Ritorno
RETI: 14’ Platini (J); 26’ Tardelli (J); 68’ Platini (J); 81’ White (A)
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio (73’ Furino), Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ASTON VILLA: Spink, Williams, Gibson; Mortimer, Evans, McNaught; Bremmer, Shaw, Withe; Cowans, Walters - All. Barton
ARBITRO: Keizer (Olanda)

JUVENTUS – WIDZEW LODZ 2-0
Torino, Stadio Comunale, 06.04.1983 - Coppa dei Campioni – Semifinale - Andata
RETI: 8’ Bettega (J); 59’ Grebosz aut. (J)
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi (77’ Marocchino); Platini, Boniek – All. Trapattoni
WIDZEW LODZ: Mlynarczyk, Kaminski, Swiatek; Tlokinski, Wojcicki, Grebosz; Wraga (81’ Myslinski), Surlit, Romke; Rozborski, Smolarek - All. Zmuda
ARBITRO: Ponnet (Belgio)

JUVENTUS – ASCOLI 5-0
Torino, Stadio Comunale, 10.04.1983 - 26ª Giornata di Campionato
RETI: 7’ Bettega (J); 26’ Rossi P. rig. (J); 34’ Tardelli (J); 68’ Rossi P. (J); 72’ Platini (J)
JUVENTUS: Zoff, Prandelli, Cabrini; Bonini, Gentile (66’ Storgato), Scirea; Bettega, Tardelli (51’ Furino), Rossi; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ASCOLI: Brini, Anzivino, Boldini; Scorsa, Gasparini (61’ Carotti), Mandorlini; Novellino, De Vecchi, Pircher (46’ Monelli); Greco, Nicolini - All. Mazzone
ARBITRO: Ballerini di La Spezia
CLASSIFICA: Roma p. 37; Juventus p. 33; Inter p. 32; Verona p. 30; Fiorentina, Torino p. 29; Udinese p. 28; Sampdoria p. 27; Cagliari, Genoa p. 24; Avellino, Pisa p. 23; Ascoli, Napoli p. 22; Cesena p. 20; Catanzaro p. 13

JUVENTUS – INTER 0-2 a tavolino
Torino, Stadio Comunale, 01.05.1983 - 28ª Giornata di Campionato
JUVENTUS: Zoff, Prandelli (49’ Furino), Cabrini; Bonini, Gentile, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi (49’ Marocchino); Platini, Boniek – All. Trapattoni
INTER: Bordon, Bergomi, Baresi; Oriali, Collovari, Bini (59’ Bernazzani); Bagni, Muller, Altobelli; Beccalossi, Sabato - All. Marchesi
ARBITRO: Barbaresco di Cormons
NOTE: Vittoria a tavolino dell’Inter in seguito ad un incidente accorso a Marini (I) colpito da un mattone lanciato dagli spalti. Sul campo la partita era finita 3-3: 27’ Altobelli (I); 37’ Oriali (I); 44’ Platini (J); 55’ Muller (I); 69’ Platini (J); 77’ Bettega (J)
CLASSIFICA: Roma p. 40; Inter, Juventus p. 35; Verona p. 33; Fiorentina p. 31; Sampdoria, Torino, Udinese p. 30; Cagliari; Genoa p. 26; Avellino, Napoli p. 25; Ascoli, Pisa p. 24; Cesena p. 21; Catanzaro p. 13
NOTE: Sconfitta a tavolino (un mattone ha colpito Marini dell'Inter, sul pullman che portava i giocatori allo stadio, 90 minuti prima dell'inizio dell'incontro).
Ammonizioni Gentile (J), Prandelli (J), Bagni (I), Bergomi (I), Collovati (I)
Espulsioni Bettega R. (J) doppia ammonizione al 37' st
Note Risultato assegnato a tavolino dal giudice sportivo per gravi incidenti prima dell'incontro; l'incontro era terminato 3-3 (1-2), reti: Altobelli A. (I) al 27', Oriali (I) al 37', Platini al 44' pt; Müller H. (I) al 10', Platini al 24', Bettega al 32' st

CAGLIARI - JUVENTUS 1-2
Cagliari, Stadio Sant’Elia, 08.05.1983 - 29ª Giornata di Campionato
RETI: 42’ Piras (C); 54’ Boniek (J); 68’ Platini (J)
CAGLIARI: Malizia, Lamagni, Azzali; Restelli, Bogoni (34’ De Simone), Vavassori; Quagliozzi (71’ Rovellini), Pileggi, Poli; Marchetti, Piras - All. Giagnoni
JUVENTUS: Zoff, Bonini, Cabrini; Furino, Storgato, Scirea (64’ Prandelli); Marocchino (85’ Galderisi), Tardelli, Rossi; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Bergamo di Livorno
CLASSIFICA: Roma p. 41; Juventus p. 37; Inter p. 36; Verona p. 34; Fiorentina p. 33; Udinese p. 31; Sampdoria, Torino p. 30; Avellino, Genoa p. 27; Cagliari, Napoli, Pisa p. 26; Ascoli p. 25; Cesena p. 22; Catanzaro p. 13

JUVENTUS – GENOA 4-2
Torino, Stadio Comunale, 15.05.1983 - 30ª Giornata di Campionato
RETI: 8’ Benedetti (G); 27’ Gentile Ca. aut. (J); 30’ Platini (J); 56’ Platini (J); 64’ Briaschi (G); 86’ Cabrini (J)
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio (68’ Storgato), Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi (68’ Marocchino); Platini, Boniek – All. Trapattoni
GENOA: Martina, Faccenda, Testoni (10’ Somma); Corti, Onofri, Gentile Ca.; Benedetti, Peters, Briaschi; Iachini, Viola (57’ Fiorini) - All. Simoni
ARBITRO: Facchin di Udine
CLASSIFICA: Roma p. 43; Juventus p. 39; Inter p. 38; Verona p. 35; Fiorentina p. 34; Udinese p. 32; Sampdoria p. 31; Torino p. 30; Avellino, Napoli p. 28; Ascoli, Genoa, Pisa p. 27; Cagliari p. 26; Cesena p. 22; Catanzaro p. 13

AMBURGO - JUVENTUS 1-0
Atene (Grecia), Stadio Spiros Luis, 25.05.1983 - Coppa dei Campioni – Finale
RETI: 9’ Magath (A)
AMBURGO: Stein, Kaltz, Wehmeyer; Rolff, Jakobs, Hieronymus; Milewski, Groh, Hrubesch; Magath, Bastrup (56’ Von Heesen) - All. Happel
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Bettega, Tardelli, Rossi (56’ Marocchino); Platini, Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Rainea (Romania)
CRONACA: E’ una coppa proprio stregata per la Juve! Neppure questa volta, all’undicesimo assalto, quando tutto sembrava predisposto per celebrare il suo trionfo, la squadra bianconera ha saputo sfatare un vero e proprio sortilegio. Il grande pubblico juventino di Atene, come immaginiamo, quello invece rimasto in Italia incollato ai televisori, è stato ancora una volta tradito. Evidentemente l’ottimismo della vigilia non ha pagato. Atene non è come Madrid, anche noi credevamo che la Juve potesse farcela contro  un Amburgo che non appariva alla sua altezza. O meglio non appariva squadra capace di emulare la Juve ammirata contro lo Standard o contro l’Aston Villa. Invece dopo pochi minuti di questa amara finale, forse già prima del gol decisivo di Magath al 9’, ci siamo accorti che in campo si muoveva con grande impaccio una Juve ben diversa da quella che aveva fin qui dominato la competizione europea. L’Amburgo giocava sul ritmo e sull’accortezza tattica, il che era previsto, ma non era previsto che i bianconeri non sapessero rispondere alla grande con quella azioni travolgenti che le avevano fatto segnare gol a raffica. Platini all’inizio ha tentato di spronare una formazione che appariva lenta e slegata, ma poi, assumendo, una inutile posizione avanzata (in pratica giocava centravanti al posto di Rossi) lasciava ad altri il controllo del gioco a centrocampo. Ed è stata la fine. Boniek ha sbagliato molto, esibendosi solo in un paio di sgroppate, Bettega e Tardelli non hanno fatto reparto; Rossi è scomparso subito dalla scena ben prima di essere sostituito da Marocchino. In queste condizioni la Juventus si è consegnata ad un Amburgo sempre in palla (il campionato di Germania è ancora in corso) e attrezzato tatticamente, grazie anche al gol di vantaggio messo a segno con il suo uomo migliore, quel Magath contro il quale Trapattoni non era riuscito a creare un argune sicuro. I tedeschi sono riusciti a non far giocare la Juve, questa è la verità, usando le armi proprio delle squadre italiane (contropiede e velocità) hanno messo a soqquadro la retroguardia bianconera al punto che l’1-0 può essere considerato un vantaggio anche stretto.  Proprio non riusciamo a trovare giustificazioni per la sconfitta dei bianconeri. Né nell’operato dell’arbitro che è stato esemplare, né nelle straordinarie parate di Stein, in quanto il portiere fa pur parte dell’organico di una squadra. E ieri sera l’Amburgo si è confermata più squadra della Juve in tutto. Così, dopo una lunga parentesi inglese, la coppa ritorna in Germania. Il calcio latino rimane ancora deluso, ma lo è soprattutto la Juve, come dieci anni fa a Belgrado, un gol subito all’inizio è stata la fine, peccato! Quando le squadre entrano in campo, l’Olimpico di Atene ha due soli colori: il bianco e il nero, utilizzato in tutto i  modi. Striscioni, stendardi, perfino un pallone aerostatico viene lanciato in cielo in onore della Juve. Non abbiamo mai visto uno stadio più juventino di questo. I tedeschi sono una sparuta minoranza che si fa fatica a scorgere. Happel all’ultimo minuto decide di schierare Bastrup e non Van Heesen. Un brutto cliente per Gentile o Cabrini (in Danimarca ci segnò pure un gol). La Juve non ha problemi di formazione. Rainea si consulta con il guardalinee e da il fischio d’avvio. Il primo portiere ad essere chiamato in causa è Stein che esce su un cross di Platini lanciato da Scirea. Sono le prime scaramucce. Al 3’ sempre Platini aggira un uomo e lancia magistralmente il contropiede, sciupato però da Boniek. Sul francese, Happel la messo Rolff in guardia stretta, mentre Gentile segue Bastrup anche sull’altro versante; Kaltz e Cabrini si fronteggiano sulla fascia sinistra juventina. Al 7’ un lampo dei bianconeri. Tardelli a destra crossa basso e Bettega si butta in avanti tirando a rete splendidamente di testa. Ottima la risposta di Stein che vola a deviare in angolo. Ma al 9’ c’è la doccia fredda di un gol quasi incredibile. Magath scende verso la nostra area, sembra voglia passare, tenta e supera un paio di juventini, poi dal limite fa partire un tiro che per un attimo sembra quasi possa essere fuori, ma poi il pallone dopo una parabola arcuata e tesa scavalca Zoff e si insacca alto nell’angolo opposto. 1-0. Lo stadio ammutolisce, mentre l’Amburgo in campo si fa ora più intraprendente. Prima Milewski si presenta pericolosamente solo in area e poi fortunatamente cade, quindi Magath viene messo giù da Bonini proprio al limite dell’area bianconera. Al 14’ gran tiro basso di Kaltz ed è addirittura Boniek a salvare sulla linea il gol del 2-0. E’ un momentaccio per la Juve. Platini cerca di scuotere i compagni: al 19’ si getta in tuffo su cross di Gentile, ma Stein non si fa sorprendere dal suo colpo di testa. Al 20’ un grande sinistro di Cabrini al volo viene respinto a pugni chiusi dal portiere tedesco. La risposta dell’Amburgo provoca un tiro violento di Magath che sfiora la traversa, come fa paura una deviazione di Hrubesch un minuto dopo. Alla mezz’ora i tedeschi appaiono ancora molto più vispi degli juventini e controllano il gioco con padronanza, mentre sull’altro versante gli errori si sprecano. La Juve sembra ancora sotto choc. Al 32’ Rollf scatta su lancio di Magath e trafigge Zoff, ma Rainea per fortuna conta un fuorigioco millimetrico. Brio parte in attacco e da inizio a un furioso duello aereo con Stein. Rollf e Bonini si beccano un’ammonizione a testa nel giro di un minuto: la partita accenna a scaldarsi e Rainea fa bene ad intervenire. E infatti al 40’ una scaramuccia tra Groth e Cabrini richiede due altre ammonizioni. Proprio allo scadere del tempo una discesa di Magath mette scompiglio nelle fila bianconere. Il tedesco cade in area su intervento di Cabrini, ma Rainea decide che la mezz’ala si è tuffata. E così si va al riposo sempre sull’1-0. La Juve appare più determinata al suo rientro in campo: cinge d’assedio l’area tedesca, ma le reazioni di contropiede dell’Amburgo sono veloci e pericolose. Sullo 0-1 è comunque un rischio che si deve correre. Al 5’ un gran nel sinistro di Cabrini viene deviato in angolo da Stein che poi esce di pugno si Bettega. Al 10’ il gioco viene interrotto perchè Bastrup è rimasto a terra dopo essersi scontrato fortuitamente con un bianconero. Il tedesco esce sostituito da Von Heesen, mentre sull’altro fronte Trapattoni sostituisce Rossi con Marocchino. E’ la malinconica uscita di scena di un campione che proprio non è riuscito a cavar fuori dal suo repertorio una delle sue prestazioni memorabili. In pratica, contro l’Amburgo non si è visto mai. La Juve tenta disperati assalti contro l’Amburgo che si difende però con molta vigoria e ordine. Boniek al 20’ opera una delle sue galoppate sulla fascia sinistra ma poi viene falciato prima di entrare in area di rigore. Sono però tentativi isolati, la squadra bianconera non dimostra ancora di avere trovato il filo di quel gioco che le aveva permesso di dominare tutte le precedenti partite di Coppa. Al 27’ Marocchino si conquista un bel corner: sugli sviluppi del calcio d’angolo, Bonini allunga a Platini un bel pallone; il francese, all’uscita di Stein, cerca la soluzione aerea, ma il portiere tedesco riesce a recuperare il pallone dopo essere franato sull’avversario. I bianconeri reclamano il rigore, ma francamente non ne ravvediamo gli estremi. Rainea fa segno di continuare e la Juve vede esaurirsi un’altra possibilità. L’Amburgo appare padrone del campo: sbeffeggia il gioco degli avversari con sapienti fuorigioco e poi cerca di piazzare la botta del 2-0. Al 33’ Zoff deve sfoderare una gran bella parata per sventare un’incursione di Hrubesch che si era liberato in area. Al 38’ Magath (il migliore in campo) fallisce un gol fatto quando, giunto solo a tu per tu con Zoff, perde il pallone sulla porta ormai sguarnita. Non c’è nulla da fare, i minuti passano inesorabili. La Juve non riesce a passare, Rainea al 90’ esatto, senza recuperare nulla, fischia la fine dell’incontro. Per la Juve è l’ennesima delusione. Per i tedeschi un trionfo inaspettato. – da La Gazzetta dello Sport del 26.05.1983

JUVENTUS – ROMA 3-0
Torino, Stadio Comunale, 01.06.1983 - Coppa Italia – Quarti di Finale – Andata
RETI: 41’ Cabrini (J); 70’ Platini (J); 88’ Boniek (J)
JUVENTUS: Bodini, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea (46’ Prandelli); Marocchino (75’ Furino), Tardelli, Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ROMA: Tancredi, Nappi, Vierchowod; Richetti, Falcao, Maldera (5’ Valigi); Ancelotti, Prohaska, Pruzzo (10’ Iorio); Di Bartolomei, Conti - All. Liedholm
ARBITRO: D’Elia di Salerno

ROMA - JUVENTUS 0-2
Roma, Stadio Olimpico, 04.06.1983 - Coppa Italia – Quarti di Finale – Ritorno
RETI: 49’ Tardelli (J); 53’ Boniek (J)
ROMA: Tancredi, Nappi, Vierchowod; Righetti, Di Bartolomei, Nela; Chierico (81’ Valigi), Prohaska, Iorio (81’ Faccini); Ancelotti, Conti - All. Liedholm
JUVENTUS: Bodini, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea (54’ Prandelli); Marocchino (21’ Galderisi), Tardelli, Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Lo Bello di Siracusa

JUVENTUS – INTER 2-1
Torino, Stadio Comunale, 11.06.1983 - Coppa Italia – Seminale – Andata
RETI: 5’ Baresi G. aut. (J); 8’ Galderisi (J); 63’ Bini (I)
JUVENTUS: Bodini, Gentile (46’ Prandelli), Cabrini; Bonini, Brio (81’ Storgato), Scirea; Galderisi, Tardelli, Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
INTER: Zenga, Bergomi, Baresi G.; Marini, Ferri, Bini; Bergamaschi (53’ Juary), Muller, Altobelli; Beccalossi (46’ Bernazzani), Sabato - All. Marchesi
ARBITRO: Menegali di Roma

INTER - JUVENTUS 0-0
Milano, Stadio San Siro, 15.06.1983 - Coppa Italia – Semifinale – Ritorno
INTER: Zenga, Bergomi, Baresi G.; Marini, Ferri (80’ Bergamaschi), Bini; Bagni, Muller, Altobelli; Sabato, Juary - All. Marchesi
JUVENTUS: Bodini, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Galderisi, Tardelli, Rossi P. (58’ Furino); Platini, Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Pieri di Genova

VERONA - JUVENTUS 2-0
Verona, Stadio Marc’Antonio Bentegodi, 19.06.1983 - Coppa Italia – Finale – Andata
RETI: 44’ Penzo (V); 51’ Volpati (V)
VERONA: Garella, Oddi, Marangon; Volpati, Guidetti, Tricella; Fanna (76’ Sella), Sacchetti, Di Gennaro; Dirceu (89’ Fedele), Penzo (87’ Manueli) - All. Bagnoli
JUVENTUS: Bodini, Gentile, Prandelli (74’ Storgato); Bonini, Brio, Scirea; Galderisi, Tardelli, Rossi P.; Platini,. Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Lo Bello di Siracusa

JUVENTUS – VERONA 3-0 dts
Torino, Stadio Comunale, 22.06.1983 - Coppa Italia – Finale – Ritorno
RETI: 8’ Rossi P. (J); 81’ Platini (J); 119’ Platini (J)
JUVENTUS: Bodini, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio (75’ Storgato), Scirea; Marocchino (60’ Furino), Tardelli, Rossi P. Platini, Boniek – All. Trapattoni
VERONA: Garella, Oddi, Marangon; Volpati, Guidetti, Tricella; Fanna, Sacchetti, Di Gennaro; Dirceu, Penzo - All. Bagnoli
ARBITRO: Longhi di Roma
CRONACA: La Juve ce l’ha fatta! Proprio al termine della stagione ufficiale (mancava un minuto e mezzo alla fine di tutto) ha conquista la settima coppa Italia della sua storia e, almeno sul piano statistico, ha chiuso positivamente un’annata nella quale sembrava dovesse andare tutto storto. Non ricordiamo a memoria le altre vittorie di coppa, ma pensiamo che questa sia stata la più sofferta per i bianconeri. Dopo lo 0-2 di Verona, sembrava che per gli uomini di Trapattoni non ci fossero più soverchie speranze. Poteva riuscire a ribaltare la situazione la Juve solo a patto di trasformarsi completamente. E ieri sera ciò è avvenuto. Un’altra squadra rispetto alla gara d’andata e soprattutto un altro Platini, una volta di più determinante. Due gol decisivi e una prestazione all’altezza della sua fama. A Verona Platini non era quasi visto, ieri sera ha trascinato alla vittoria la squadra con un Cabrini che, riprendendo il posto (a Verona c’era Prandelli) ha dato ben altra spinta alla squadra e con un Paolo Rossi che almeno in questa occasione non ha deluso. Il Verona cade con l’onore della armi. Ha perso la Coppa Italia dopo 119’ minuti di lotta strenua. Al Bentegodi aveva dominato e forse aveva anche sciupato la grande occasione di mettere al tappeto la Juve quand’era rimasta in dieci e sembrava in balia dell’avversario. Ieri sera non è riuscito a fermare un avversario scatenato e, anzi, frenato dal pensiero di difendere il 2-0, ha snaturato il suo gioco.  Bianconeri subito scatenati, ma è Di Gennaro a portare il primo pericolo alla porta della Juve al 2’. Il centravanti, smarcato da Sacchetti, salta Bodini in uscita, ma finisce sul fondo e da lì non riesce più ad “inquadrare” la porta. E’ la Juve però ad andare in gol all’8’ e finalmente con Paolo Rossi che elabora e conclude. Il centravanti, infatti, con un bel pallonetto proietta a rete Marocchino, Garella esce d’anticipo sull’ala, ma non allontana il pallone che finisce a Boniek: tiro trasversale che si spegne tra le gambe di Rossi. A pochi metri dalla rete sguarnita, Pablito non fallisce. Un 1-0 importante per la Juve perché repentino. Al 16’ Platini si esibisce al limite dell’area veronese, vibra il destro al tiro, la palla ha una pericolosa deviazione, spiazza Garella, ma esce sul fondo. Al 19’ Rossi fallisce un’occasione, liberato a rete da una combinazione Platini-Boniek: ben per lui che il guardalinee lo aveva segnalato in fuorigioco. Risponde Penzo al 20’ con una punizione-bomba che Bodini devia con un gran balzo. Anche Garella al 22’ è bravo a deviare in angolo una sberla di Cabrini. La squadra gialloblu appare troppo guardinga. Non si capisce bene se preferisce amministrare il vantaggio (che però ormai si è ridotto al lumicino), oppure se non trova la chiave giusta per rovesciare il gioco nella metà campo bianconera. Volpati, Di Gennaro e Fanna non stanno ripetendo la bella prova dell’andata e Dirceu gira a vuoto, mentre Penzo è finito sotto le grinfie di un Brio che non fa complimenti. Soprattutto agli uomini di Bagnoli non riescono gli scambi in velocità. Al 40’ Garella salva la propria porta quando di piede con un bell’intuito respinge un pallone rasoterra di Boniek lanciato magistralmente a rete da Platini. Sembrava gol fatto… Anche Di Gennaro al 43’ ha una discreta palla al limite dell’area, ma il suo tiro finisce alto. La Juve riparte con furia. Prima Rossi da destra, poi Marocchino da sinistra rimettono dal fondo palloni che Boniek spreca: soprattutto nella seconda occasione, su tocco smarcante di Rossi, dopo il cross dell’ala, il polacco si fa incredibilmente stoppare il tiro. Comunque la gara è sempre strettamente in pugno ai bianconeri ben più vivi che al “Bentegodi”. Inoltre la presenza di Marocchino e Cabrini si sente e anche Rossi appare più concreto. Grosso brivido per la porta juventin al 9’: errore di Brio su cross innocuo di Fanna, Penzo in agguato costringe Scirea a deviare affannosamente, palla a Dirceu in ottima posizione. Il tiro del brasiliano è deviato di quel tanto perché non disturbi Bodini ormai tagliato fuori. Al 12’ Rossi, su tocco di Platini, si libera al tiro, ma Garella alza oltre la traversa. La Juve comunque non molla la presa e tiene sempre sotto pressione il Verona. Al 15’ Trapattoni deve fare uscire Marocchino dolorante (applausi calorosi per il suo commiato) e al suo posto mandare in campo Furino. Al 21’, dopo una fase di stanca, Platini scalda il pubblico con un guizzo e un tiro da fuori che fa venire i capelli bianchi a Garella: la palla esce lambendo il palo. Al 26’ azione di Rossi-Platini-Boniek, smarcato sulla destra il tiro del polacco è deviato in corner da Garella. Il Verona cerca di respirare con azioni di contropiede affidate a Fanna e Penzo. Ma non c’è precisione degli attaccanti gialloblu e oltretutto Bodini sembra in serata di vena. Al 30’ esce Brio, anche lui non al meglio della condizione, ed enta Storgato. Al 34’ Platini da sinistra cerca di scardinare la saracinesca veronese con un tiro maligno ad effetto che aggira tutti e va a cercare l’angolo opposto. Ma Garella è in vena di miracoli e di pugno devia con un gran balzo e soprattutto con grande intuito. Tiri a ripetizione dei bianconeri al 34’ con Volpati nella veste del pungiball provvidenziale. AL 36’ il portiere veronese nulla può contro un guizzo favoloso di Platini che si getta a scivolone su una palla lunga di Gentile filtrata (e lasciata da Rossi) fino al palo sinistro del Verona. E’ il 2-0 che porta ai supplementari.  Primo tempo supplementare: al 2’ subito una grande occasione per Platini su cross di Rossi, Il francese è solo in area, mira all’angolino opposto fintando su Garella, ma Volpati devia di quel tanto da mandare il pallone a strisciare sul palo e quindi fuori. E’ l’unica azione degna di nota di questo periodo. La partita diventa sempre più astiosa. Longhi non dimostra di saperla tenere in pugno e fioccano le ammonizioni. Le squadre cambiano campo per la seconda parte dei supplementari. Al 2’ Bodini esce su Di Gennaro lanciato a rete: blocca il pallone e rimedia una botta. Al 6’ Fanna va via sa solo, semina tre o quattro bianconeri però al momento del tiro si fa stoppare in angolo puerilmente. Brivido al 9’ per un liscio di Bonini davanti a Bodini. Penzo è in agguato ma non riesce ad intervenire. Occasione per la Juve al 12’ su attacchi di Rossi, Boniek e Platini ed conclusione di Scirea da ottima posizione. E’ Tricella a salvare proprio all’ultimo istante. A poco più di un minuto dalla fine Cabrini ruba un pallone, si getta in avanti, dal fondo crossa sotto rete, il pallone sfugge ad un nugolo di giocatori ma non a Michel Platini che come una furia in corsa insacca nella porta dell’esterrefatto Garella. E’ il trentesimo gol stagionale del francese che sigla l’unica conquista della Juve dell’anno. – da La Gazzetta dello Sport del 23.06.1983

STAGIONE 1983-84.
Dopo la terribile delusione di Atene, la Juventus comincia una nuova stagione nel segno del rinnovamento e dei grandi addii: dopo undici anni di militanza in bianconero, lascia il calcio Dino Zoff, a quarantun’anni. Con lui si ritirano anche Beppe Furino (a cui Trapattoni concede 3 presenze per permettergli di fregiarsi dell’ottavo scudetto) e Roberto Bettega e la Juve si trova a dover cercare di non farli rimpiangere: in porta arriva dall’Avellino Stefano Tacconi, accompagnato dal centrocampista Beniamino Vignola, mentre in attacco arriva Penzo. Insieme ai “vecchi” Zoff, Furino e Bettega, partono anche Marocchino e Galderisi che va in prestito al Verona. La squadra sembrerebbe dover faticare prima di amalgamarsi bene, invece fin dalla prima partita si capisce quanto forte sia la nuova Juventus ancora nelle mani del sapiente Trap: 7-0 all’Ascoli con doppiette di di Rossi, Platini e Penzo, risultato bissato al primo turno della Coppa delle Coppa ai danni del Lechia Danzica. Tutti sono avvisati, prima la Roma Campione d’Italia. E saranno proprio queste due formazioni a bissare il duello dell’anno prima, brillanti delle stelle di Platini e Falcao che segnano l’intera stagione delle rispettiva squadre. Dopo cinque giornate di campionato, Juventus ha 9 punti e la Roma 8, si lotta partita dopo partita, punto si punto. Ancora una volta il derby, però, sembra cambiare in negativo la stagione della Juve che prima perde col Torino e poi con la Sampdoria dell’ex Brady che espugna il Comunale con un calcio di rigore. La Roma fugge a tre punti, ma la Vecchia Signora non molla e riesce a rimontare lo svantaggio: lo scontro diretto a Torino, il 4 Dicembre, è ancora una  volta spettacolo puro. La Roma va in vantaggio con Bruno Conti e chiude in vantaggio il primo tempo, esattamente come un anno prima e come un anno prima nel secondo tempo la Juve reagisce e ribalta il risultato grazie a Platini e Penzo, prima che al novantesimo il bomber giallorosso Roberto Pruzzo fissi il risultato sul 2-2. Il duello continua fino a Natale, quando la Juventus allunga e va al comanda solitario senza lasciarlo più fino a fine campionato, la Roma arriva seconda staccata di due punti. La stagione si conclude il 16 Maggio 1984 con la finale di Coppa delle Coppe disputato a Basilea, dove la Juve sconfigge il Porto per 2-1 grazie ai gol di Boniek e Vignola e porta a casa uno dei trofei europei che ancora mancava nella bacheca…la corsa verso la Coppa dei Campioni è aperta.

JUVENTUS – ASCOLI 7-0
Torino, Stadio Comunale, 11.09.1983 - 1ª Giornata di Campionato
RETI: 11’ Rossi P. (J); 25’ Rossi P. (J); 34’ Penzo (J); 43’ Platini (J); 51’ Platini rig. (J); 82’ Boniek (J); 90’ Vignola (J)
JUVENTUS: Tacconi, Gentile, Cabrini; Bonini (60’ Caricola), Brio, Scirea; Penzo, Tardelli (70’ Vignola), Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ASCOLI: Corti, Mandorlini, Citterio; Trifunovic, Menichini, Bogoni; Novellino, De Vecchi, Borghi (46’ Pochesci); Nicolini, Juary - All. Mazzone
ARBITRO: Paparesta di Bari
CLASSIFICA: Avellino, Fiorentina, Juventus, Roma, Sampdoria, Udinese, Verona p. 2; Catania, Torino p. 1; Ascoli, Genoa, Inter, Lazio, Milan, Napoli, Pisa p. 0

JUVENTUS – LECHIA DANZICA 7-0
Torino, Stadio Comunale, 14.09.1983 - Coppa delle Coppe – Sedicesimi di Finale – Andata
RETI: 18’ Platini (J); 24’ Penzo (J); 26’ Platini (J); 28’ Penzo (J); 60’ Penzo (J); 67’ Penzo (J); 75’ Rossi P. (J)
JUVENTUS: Tacconi, Gentile, Cabrini (35’ Caricola); Bonini, Brio, Scirea; Penzo, Tardelli, Rossi P.; Platini (60’ Vignola), Boniek – All. Trapattoni
LECHIA DANZICA: Fajfer, Kowalski, Kulwicki; Cybulski (67’ Marchel), Salach, Wojtowicz; Kaminski, Kowalczyk, Grembocki; Polak (55’ Gorski), Kruszczynski - All. Jartrebowski
ARBITRO: Nazare (Portogallo)

JUVENTUS – INTER 2-0
Torino, Stadio Comunale, 18.12.1983 - 13ª Giornata di Campionato
RETI: 44’ Platini (J); 83’ Vignola (J)
JUVENTUS: Bodini, Prandelli, Cabrini; Bonini, Caricola, Scirea; Penzo (46’ Vignola), Tardelli (88’ Tavola), Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
INTER: Zenga, Ferri, Bergomi; Bini (65’ Pasinato), Collovati, Baresi G.; Sabato, Bagni, Altobelli; Beccalossi, Serena - All. Radice
ARBITRO: Pieri di Genova
CLASSIFICA: Juventus p. 18; Roma, Sampdoria, Torino p. 17; Verona p. 16; Fiorentina p. 15; Milan p. 14; Inter, Udinese p. 13; Ascoli p. 12; Napoli p. 11; Avellino, Genoa p. 10; Lazio, Pisa p. 9; Catania p. 7

MILAN - JUVENTUS 0-3
Milano, Stadio San Siro, 19.02.1984 - 20ª Giornata di Campionato
RETI: 13’ Platini (J); 65’ Rossi P. (J); 84’ Vignola (J)
MILAN: Piotti, Gerets, Spinosi (73’ Carotti); Tassotti, Galli F.; Baresi F.; Damiani, Battistini, Blissett; Verza, Evani  - All. Castagner
JUVENTUS: Tacconi, Gentile, Cabrini (86’ Caricola); Bonini, Brio, Scirea; Penzo (56’ Vignola), Tardelli, Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Lo Bello di Siracusa
CLASSIFICA: Juventus p. 30; Roma, Torino p. 26; Fiorentina p. 25; Udinese, Verona p. 24; Inter p. 22; Milan p. 21; Ascoli, Sampdoria p. 20; Pisa p. 16; Lazio, Napoli p. 15; Avellino p. 14; Genoa p. 13; Catania p. 9

JUVENTUS – TORINO 2-1
Torino, Stadio Comunale, 26.02.1984 - 21ª Giornata di Campionato
RETI: 55’ Selvaggi (T); 66’ Platini (J); 76’ Platini (J)
JUVENTUS: Tacconi, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Prandelli (63’ Vignola), Tardelli, Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
TORINO: Terraneo, Corradini, Beruatto; Zaccarelli, Danova, Galbiati; Schachner, Caso (81’ Comi), Selvaggi; Dossena (66’ Pileggi), Hernandez - All. Bersellini
ARBITRO: Bergamo di Livorno
CLASSIFICA: Juventus p. 32; Roma p. 27; Fiorentina, Torino, Verona p. 26; Inter, Udinese p. 24; Milan p. 22; Ascoli, Sampdoria p. 21; Pisa p. 17; Avellino, Lazio, Napoli p. 16; Genoa p. 13: Catania p. 9
CRONACA: La grande ombra di un campionissimo si staglia alta sul derby torinese, oscura il campionato, annichilisce le avversario della Juve. Quando si suol dire che Michel Platini fa la differenza non si pecca certo di enfasi o di adulazione per uno degli stranieri più ricchi di classe che siano mai giunti in Italia. Ieri il francese ha dato dimostrazione di ciò che significa possedere quella mirabile miscela di tecnica raffinata, di intuito, di orgoglio, di sapienza tattica che fanno immenso un calciatore e rendono quasi invulnerabile la squadra che lo accoglie in seno. In un derby ostico, disputato su un campo pesante e scivoloso che non favoriva certo le giocate di fino (Platini nel primo tempo ha avuto anche problemi di scarpe), in un derby che all’improvviso si era ribellato alla volontà della Juventus di ancorarlo allo 0-0, l’asso francese ha trovato l’estro per capovolgere il risultato con un uno-due fulminante, in 10’ due gol di diversa fattura, ma di inimitabile esecuzione. Erano passati appena 11’ dalla rete di Selvaggi (servito di tacco da Hernandez, il centravanti aveva lasciato di stucco Gentile e Tacconi con una bellissima staffilata su pronta giravolta), Platini era riuscito a colpire altissimo il cross di Rossi dalla sinistra e a girarlo con esemplare precisione nell’angolino basso a sinistra di Terraneo completamente tagliato fuori dal tiro. Non contento, Platini si è esibito 10’ dopo in uno dei suoi numeri per i quali è specialista acclamato: il calcio di punizione. Palla a pochi metri dalla linea dell’area di rigore granata, un po’ spostata sulla sinistra. La sua posizione preferita. Già nel primo tempo aveva eseguito dallo stesso punto uno dei suoi tiri parabolici, ma la palla aveva sorvolato la traversa. Questa volta la traiettoria è stata inesorabile per la barriera, per Galbiati piazzato sulla linea e per Terraneo. Il pallone ha scavalcato tutti, anche il libero messosi vicino al palo ed è venuta la rete del 2-1 che condanna il Torino e un po’ tutti gli inseguitori dei bianconeri e porge alla Juve su un piatto d’oro, lo scudetto ’83-’84.Oltretutto, con questa sua doppietta Platini raggiunge Zico in testa alla classifica dei cannonieri, prenotando un’accoppiata (titolo italiano e primato dei goleador) di grande prestigio. E’ ovvio che in questa vittoria entrino i meriti di quasi tutti i bianconeri e di una squadra che, al solito, ha saputo reagire come poche sanno fare all’”affronto” del gol granata. Dopo il gol di Selvaggi (non era tascorso neppure un minuto), quando Trapattoni non aveva ancora sostituito Prandelli con Vignola, Boniek aveva già colpito un palo. Ciò per dare un’idea di come la Juve si sia scagliata in avanti con un sussulto d’orgoglio che ha lasciato di sasso prima di tutti il Torino. Spinti da Tardelli (il più reattivo), Scirea, Bonini e un po’ anche da Vignola che si è subito sintonizzato con lo spirito della gara, ecco che Rossi e Platini sono riusciti a gettare scompiglio nell’area granata. Il primo allargando il gioco e superando la difesa avversaria dall’estrerno, e il secondo percuotendo al centro con mirabile prontezza. Alla fine non si può non essere d’accordo con il 2-1 che fotografa apprezzabilmente la gara. La Juve che era partita con molta prudenza (la scelta di Prandelli al posto di Vignola per sostituire Penzo la dice lunga), ha avuto il merito di piazzare le botte vincenti quando ha ravvisato l’estrema necessità. Ed era il momento difficile. Dall’Olimpico giungeva notizia di un perentorio recupero della Roma sulla Lazio e soprattutto c’era quel Torino che aveva di colpo dimezzato le distanze. La squadra di Bersellini semmai ha da rammaricarsi per l’infortunio patito da Dossena, il regista illuminato di tutta la manovra d’attacco. Un brutto fallo di Brio lo aveva menomato fin dal primo tempo. La mezzala ha cercato di rimanere in campo pur se zoppicava vistosamente, ma al secondo gol di Platini, Bersellini è stato costretto a sostituirlo con Pileggi. Difficile stabilire cosa sarebbe accaduto con un Dossena integro per 90’. Anche se è bene sottolineare che, tradito dal terreno pesante, il giocatore non aveva avuto modo di brillare eccessivamente neppure quando le sue condizioni fisiche era ottime. Il bello è che neppure Platini nell’altra cabina di regia, aveva convinto troppo per tutto il primo tempo. Gli mancava incredibilmente la precisione nell’ultimo passaggio. Un po’ le condizioni del campo, un po’ la “zona” molto chiusa del Torino a cui la Juve rispondeva con marcature ferree delle punte (in un certo senso anche di Dossena con Prandelli) sul fronte difensivo e con molti “raddoppi” a centrocampo, avevano reso arcigno e spesso confuso il gioco. Si correva molto, frequenti erano i capovolgimenti di fronte, ma il derby sul piano dello spettacolo non decollava. Tutt’altra musica logicamente al gol di Selvaggi. A quel punto la reazione d’orgoglio della Juve prima e del Torino poi (cioè dopo l’1-2) avevano la meglio sulla tattica. La gara diventava vibrante e teneva incatenati gli spettatori ai loro posti fino al fischio finale di Bergamo. La differenza fra le due squadre si è vista anche dopo la doppietta di Platini. La razione della Juve ha prodotto i suoi effetti, quella del Toro no. Vale la pena però ricordare che da una parte c’era un certo signor Platini e dall’altra mancava Dossena ormai malinconicamente rientrato negli spogliatoi? – da La Gazzetta dello Sport del 27.02.1984

JUVENTUS – UDINESE 3-2 (1-2)
Torino, Stadio Comunale, 21.04.1984 - 27ª Giornata di Campionato
RETI: 15’ Rossi P. (J); 41’ Mauro (U); 42’ Zico (U); 51’ Vignola (J); 67’ Vignola (J)
JUVENTUS: Tacconi, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Penzo, Tardelli, Rossi P. (70’ Prandelli); Platini, Boniek (46’ Vignola) – All. Trapattoni
UDINESE: Brini, Galparoli, Cattaneo; Gerolin, Edinho, Pancheri (23’ De Agostini); Causio, Miano (79’ Danelutti), Mauro; Zico, Virdis - All. Ferrari
ARBITRO: Pieri di Genova
CLASSIFICA: Juventus p. 40; Roma p. 36; Fiorentina p. 34; Inter, Torino, Verona p. 31; Udinese p. 29; Ascoli, Sampdoria p. 27; Milan p. 26; Avellino p. 24;  Napoli p. 23; Lazio p. 22; Genoa p. 21; Pisa p. 19; Catania p. 11

JUVENTUS – MANCHESTER UNITED 2-1
Torino, Stadio Comunale, 25.04.1984 - Coppa delle Coppe – Semifinale – Ritorno
RETI: 13’ Boniek (J); 70’ Whiteside (M); 90’ Rossi P. (J)
JUVENTUS: Tacconi, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Vignola, Tardelli (78’ Prandelli), Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
MANCHESTER UNITED: Bailey, Duxbury, Albiston; Wilkins, Moran, Hogg; McGrath, Moses, Stapleton (63’ Whiteside); Hughes, Graham - All. Atkinson
ARBITRO: Ponnet (Belgio)

INTER - JUVENTUS 1-2
Milano, Stadio San Siro, 29.04.1984 - 28ª Giornata di Campionato
RETI: 24’ Cabrini (J); 37’ Platini (J); 45’ Altobelli rig. (I)
INTER: Zenga, Ferri (56’ Marini); Collovati; Bini, Bagni, Baresi G.; Muller, Pasinato, Altobelli; Sabato, Serena - All. Radice
JUVENTUS: Tacconi, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Vignola, Prandelli, Rossi P. (69’ Caricola); Platini, Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Agnolin di Bassano del Grappa
CLASSIFICA: Juventus p. 42; Roma p. 38; Fiorentina p. 34; Verona p. 32; Inter, Torino, Udinese p. 31; Ascoli p. 29; Milan, Sampdoria p. 28; Avellino,  Napoli p. 24; Genoa, Lazio p. 22; Pisa p. 21; Catania p. 11

JUVENTUS – AVELLINO 1-1
Torino, Stadio Comunale, 06.05.1984 - 29ª Giornata di Campionato
RETI: 20’ Rossi P. (J); 72’ Coloba rig. (A)
JUVENTUS: Tacconi, Caricola, Cabrini; Bonini (53’ Furino), Brio, Scirea; Vignola, Prandelli, Rossi P. (79’ Penzo); Platini, Boniek – All. Trapattoni
AVELLINO: Paradisi, Osti, Vullo; Schiavi (65’ Bergossi), Favero, Biagini; Barbadillo, Tagliaferri, Diaz; Colomba, Limido (62’ Bertoneri) - All. Bianchi
ARBITRO: Paparesta di Bari
CLASSIFICA: Juventus p. 43; Roma p. 39; Fiorentina p. 35; Inter p. 33; Verona p. 32; Torino, Udinese p. 31; Milan, Sampdoria p. 30; Ascoli p. 29; Napoli p. 26;  Avellino p. 25; Lazio p. 24; Genoa p. 23; Pisa p. 21: Catania p. 12

PORTO - JUVENTUS 1-2
Basilea (Svizzera), Saint Jakob Park, 16.05.1984 - Coppa delle Coppe – Finale
RETI: 13’ Boniek (J); 29’ Sousa (P); 41’ Vignola (J)
PORTO: Ze Beto, Joao Pinto, Eduardo Luis (82’ Costa); Jaime Magalhaes (65’ Walsh), Eurico, Lima Pereira; Frasco, Sousa, Gomes; Jaime Pacheco, Vermelhinho - All. Morais
JUVENTUS: Tacconi, Gentile, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Vignola (89’ Caricola), Tardelli, Rossi P.; Platini, Boniek – All. Trapattoni
ARBITRO: Prokop (Germania Est)




Qualche cenno sull'avvento del calcio moderno

Il gioco del calcio sembra avere origini remote. Un antico gioco con la palla era praticato in Giappone verso l'XI secolo a.C. Nello stesso periodo in Cina era molto diffuso il Tsu-chiu (letteralmente: palla di cuoio calciata dal piede), che impiegava un pallone ripieno di piume e capelli femminili, bisognava infilare il pallone in un buco sostenuto da due canne di bambù, utilizzando unicamente i piedi. Un manuale militare risalente al periodo della dinastia di Han, includeva questa disciplina fra le esercitazioni di formazione fisica. Un manoscritto del 50 a.C., conservato a Monaco, attesta l'introduzione del tsu-chu in Giappone e la disputa d'incontri internazionali tra le squadre dei due Paesi. Sempre in Giappone risulta si giocasse il Kemari, più giovane di circa 500-600 anni rispetto a quello cinese, e tuttora praticato. In uno spazio relativamente piccolo, i giocatori dovevano passarsi, senza che questo toccasse terra, un involucro di cuoio al cui interno era inserita una vescica di animale gonfiata. Altre testimonianze arrivano dalla Grecia antica dove, intorno al IV secolo a.C., si affermò l'Episkyros mai però inserito tra le discipline olimpiche del tempo. Altri giochi che prevedevano l'uso della palla erano l'urania, la feninda, l'aporraxis. A Roma questo gioco si trasformò nell'Harpastum che deriva il suo nome dal termine greco arpazo, con il significato di strappare con forza, afferrare. Si utilizzava una piccola palla e due squadre si affrontavano in un campo rettangolare delimitato da linee di contorno e da una linea centrale. Lo scopo era quello di riuscire a poggiare la palla sulla linea di fondo del campo avversario. Erano permessi i passaggi sia con le mani che con i piedi ed ogni giocatore ricopriva un ruolo ben preciso. Marziale descrisse due tipi di pallone usati a quei tempi: la pila paganica (adoperata specialmente dai contadini) fatta di cuoio e piena di piume e la follis, sempre di cuoio ma con camera d'aria costituita da una vescica. Il gioco continuò ad essere popolare per circa 700-800 anni e praticato principalmente dai legionari che, combattendo in tutta Europa, ne permisero la sua diffusione. Nel Medioevo i giochi con il pallone furono soprattutto espressione dell'antagonismo tra villaggi o tra fazioni dello stesso villaggio: perse le regole dell'antichità, obbedivano da luogo a luogo a norme diverse. Verso la fine del Duecento arrivano notizie della presenza di un gioco con la palla, il Large-football dalle Isole Britanniche. Una cronaca londinese del 1175, narra i timori del popolo per la violenza con cui si giocava al pallone durante il carnevale. Un secolo dopo, per questa sua natura violenta, il gioco fu regolato o addirittura proibito. Il 13 aprile 1314 il Re Edoardo II proibisce la pratica del gioco a Londra e nei luoghi pubblici. Nel 1388, con un editto del Re Enrico V, il gioco fu messo definitivamente al bando. Proibito in Inghilterra, si era ormai diffuso nei territori vicini e soprattutto in Scozia e Francia. In Francia, nello stesso periodo, si giocava esclusivamente con i piedi e in modo assai violento la Savate. Una lettera di grazia (1374), parla della Soule come mezzo di contesa col pallone da lungo tempo praticata tra villaggi. Ma la città dove il gioco con la palla ebbe il massimo fulgore fu la Firenze medicea, dove si praticava il calcio fiorentino. Il vocabolario della Crusca, edito a Venezia nel XVIII secolo, dà del gioco del calcio questa definizione: È calcio anche nome di gioco, proprio e antico della città di Firenze, a guisa di battaglia ordinata con una palla a vento, somigliante alla sferomachia, passata dai Greci ai Latini e dai Latini a noi. Il calcio fiorentino, assai diffuso a quei tempi, dava luogo a incontri ufficiali nelle grandi ricorrenze tra i partiti dei verdi e dei bianchi, rispettivamente della riva sinistra e destra dell'Arno. Il campo di gioco era Piazza Santa Croce ed il partito che vinceva si appropriava delle insegne avversarie. Ogni partito era formato da 27 giocatori: 15, divisi in tre gruppi di 5, formavano la linea degli innanzi che aveva compiti di attacco; 5, chiamati sconciatori, formavano la seconda linea e avevano il compito d'intralciare le manovre avversarie; 4 componevano la terza linea ed erano i datori innanzi, rilanciavano cioè la palla verso gli innanzi; 3, infine, formavano l'estrema linea dei datori indietro, che impedivano agli innanzi avversari di raggiungere con la palla il fondo del campo e conquistare una caccia. Attualmente quell'antico gioco è ricordato a Firenze, ogni anno, con una fedele ricostruzione in costume. Nel XVII secolo un gioco simile al calcio fiorentino si praticava anche a Venezia eBologna, dove però era stato proibito nel 1580. Una variante del gioco del calcio 'alla fiorentina' veniva usata nel Seicento nella vicina Prato, come testimonia lo scienziato Francesco Redi in un’etimologia pubblicata da Gilles Ménages nelle sue "Origini della lingua italiana", pubblicate nel 1669: “In Prato, già Terra, oggi Città, in Toscana, non più che dieci miglia distante di Firenze, si fa il giuoco del calcio, non meno che in Firenze. Ma se nel giuoco di Firenze si usano piccoli palloncini, e si percuotono col pugno armato di solo guanto, in Prato si adoperano di que' pallon grossi, co’ quali si suol giuocare il giuoco del pallon grosso (giuoco noto in Francia) ed in questo giuoco del calcio de’ pratesi, non si dà al pallone col pugno, ma sempre col calcio: anzi rarissime son quelle volte che se gli dà col pugno; perché il pugno nudo, o armato d’un semplice guanto, non avrebbe forza sufficiente a poter battere e spigner lontano quel così grosso pallone”. In Inghilterra, riabilitato nel 1617 da Giacomo Stuart, il gioco con la palla ricominciò liberamente ad essere praticato, soprattutto dai giovani frequentanti i college e le università inglesi. Nacquero le prime regole scritte di un gioco denominato dribbling-game, antenato sia del calcio che del rugby, che vedeva affrontarsi due squadre di 11 o 22 giocatori e prevedeva sia l'uso dei piedi che delle mani. Si gioca infatti in undici perché le camerate dei college erano formate da 10 ragazzi più un sorvegliante di stanza. Ma ancora, nel 1820, sussisteva confusione tra un tipo di gioco e l'altro, le cui evidenti differenze originarono, in seguito, una separazione e la nascita della Rugby Union, nel 1846. Un primo tentativo di unificazione si ebbe con le 14 regole, quando al Trinity College di Cambridge si riunirono giocatori in rappresentanza di diversi istituti per stilare una prima bozza del regolamento del gioco del football. 

Il 24 ottobre 1857 venne fondato il primo club di football al mondo, lo Sheffield Football Club, che giocò la sua prima partita al Parkfield House, e nel 1858 furono scritte le Sheffield Rules (Regole di Sheffield). Ma è solo nel 1863, e precisamente il 26 ottobre, che il calcio ha riscontro istituzionale. A Londra, in Great Queen Street presso la Free Mason's Tavern (la taverna dei Framassoni o dei Liberi Muratori), si danno appuntamento i rappresentanti di undici club e associazioni sportive londinesi per creare la prima federazione calcistica nazionale, una struttura unitaria che prenderà il nome di Football Association. Scopo primario è codificare in maniera organica e omogenea il nuovo gioco. Il regolamento che scaturisce dall'incontro mostra però un evidente compromesso con lo sport per eccellenza nel mondo anglosassone che già allora andava sotto il nome di football: il rugby. Il 24 novembre dello stesso anno i membri della Football Association si riuniscono nuovamente e due opposte fazioni si scontrano: da un lato mr. Morley (Segretario dell'associazione), deciso ad eliminare la matrice rugbystica del nuovo gioco, dall'altro mr. Campbell (Presidente del club Blackheat), estremo difensore di quella impostazione. Sono le ragioni del segretario ad imporsi ed il successivo 8 dicembre vengono apportate sostanziali modifiche al regolamento: nessun giocatore infatti potrà correre con la palla tra le mani o caricare l'avversario. Il calcio, come oggi l'intendiamo, ha finalmente intrapreso la sua strada. A differenza degli esordi, che quasi non vedevano alcuna distinzione di ruoli tra i giocatori, con il trascorrere degli anni nascono poco a poco "specializzazioni" che porteranno ad una sommaria distinzione tra attaccanti e difensori. È questo il periodo in cui si tende ad equilibrare la sbilanciamento in avanti delle squadre e il risultato più evidente è l'arretramento di tre attaccanti: i mediani. Ma è con gli inizi del 1870 che lo schieramento in campo assume quell'impostazione ben presto diffusa in tutto il mondo costituita da un portiere, due terzini, tre mediani e cinque attaccanti. Nel 1871, intanto, vengono codificate le dimensioni del pallone, fa la sua comparsa la figura del portiere come unico giocatore al quale fosse consentito toccare la palla con le mani, e nasce la federazione scozzese. Nel 1875 è la volta di quella gallese. Solo tre anni più tardi un arbitro utilizzerà per la prima volta un fischietto per dirigere una gara. Notevoli e rapidi progressi si ebbero poi anche nei materiali usati per costruire il pallone. Tutti i giochi con la palla infatti fino al XIX secolo furono condizionati dai limiti tecnici della loro oggettistica: l'insicura elasticità delle vesciche di animali, la scarsa sensibilità delle sfere di tela riempite di turaccioli, la difficoltà di reperire sostanze espansive. La rivoluzione merceologica fu compiuta dall'avvento del caucciù, che gli inglesi trapiantarono dalle foreste sudamericane nei loro possedimenti dell'Oceano Indiano. L'invenzione della camera d'aria rese poi possibile un notevole progresso nel controllo e nella mobilità della sfera. Nel 1880 si aggiunge un'altra federazione alle tre già esistenti: quella irlandese. Sei anni dopo, nel 1886, viene fondato l'International Football Association Board (IFAB), organo costituito dalle quattro federazioni britanniche (di InghilterraScoziaIrlanda e Galles) con il compito di far rispettare le regole del gioco e se necessario, di apportarvi modifiche. Tale organo è tuttora in vigore ed è l'unico, a livello mondiale, a decidere in tema di regolamento del gioco. Sempre nel 1886 viene ufficialmente riconosciuto il professionismo sportivo: i calciatori sono cioè equiparati alle altre categorie di lavoratori e devono conseguentemente percepire un compenso per l'opera prestata. Una decisione che provoca dure reazioni da parte di alcuni ambienti che, nel 1907, daranno vita ad un'altra associazione. Nel 1890 le porte sono finalmente dotate di reti, una innovazione importante basata sul brevetto di un cittadino di Liverpool: Mister Broodie. Due anni più tardi fa la sua comparsa il calcio di rigore. In Gran Bretagna il calcio si era ormai consacrato come fenomeno sportivo e sociale, capace di coinvolgere migliaia di spettatori e affollare gli stadi. Alla finale di F.A. Cup nel 1887 erano presenti 27.000 spettatori, che sarebbero diventati 110.000 quattro anni più tardi. Alla passione degli studenti si aggiunse quella degli imprenditori. Questi ultimi rimasti estranei ai primi passi del nuovo gioco, se ne erano innamorati solo quando esso aveva completato le sue strutture formali. Contribuendo così alla costruzione degli stadi, al finanziamento dei club, alla nascita del primo mecenatismo sportivo al mondo. Al football si erano ormai avvicinati anche i ceti medi e i colletti bianchi delle manifatture e delle banche, meno entusiasta era invece rimasto il mondo delle professioni liberali, mentre quello degli intellettuali appariva abbastanza diviso, famosa al riguardo è l'invettiva del Premio Nobel Kipling contro gli entusiastici sostenitori del nuovo sport:”voi che saziate le vostre piccole anime con gli idioti fangosi del football”. Nonostante ciò il calcio era ormai in grande ascesa in tutto il regno, pronto per varcare i confini nazionali e diffondersi in tutta Europa. Nel frattempo il gioco si è diffuso un po' ovunque nel mondo in particolare nei paesi che subivano l'influenza dell'allora impero britannico. Nel 1891 nacque la Federazione calcistica della Nuova Zelanda, nel 1892 quella del Sud Africa, nel 1893 quelle di ArgentinaBelgio e Cile, nel 1895 quella Svizzera, nel 1900 quella della Germania. Il primo campionato con partite di andata e ritorno e punteggi per la classifica fu naturalmente in Inghilterra nel 1889, a cui poi seguirono Argentina 1893, Francia 1894, Belgio 1895, Olanda e Svizzera 1897. La prima partita ufficiale tra nazionali, fuori dai confini inglesi fu disputata tra la nazionale di calcio dell'Austria e la nazionale di calcio dell'Ungheria il 12 ottobre 1902 e vide la vittoria dei primi per 5-0. La FIFA acronimo di Fédération Internationale de Football Association viene fondata, senza gli Inglesi, il 21 maggio 1904 per iniziativa di Francia, Svizzera, Olanda, Belgio, Svezia, Danimarca, Spagna; nel 1905 l'affiliazione degli Inglesi. La definitiva consacrazione del gioco e della sua diffusione avvenne con le Olimpiadi di Londra del 1908. Un’ultima curiosità, il perché i terzini vengono chiamati così : negli ultimi decenni del 1800 e nei primi del 1900 lo schema usato prevalentemente era la cosiddetta Piramide di Cambridge, che consisteva in 1 portiere, 2 difensori, 3 centrocampisti e 5 attaccanti, proprio una piramide quindi; e siccome portiere e difensori erano 3, ciascuno dei 2 difensori era il terzo dei 3, un terzino appunto. La prima squadra di alto livello che applicò compiutamente il modulo della piramide fu il Blackburn Rovers, che lo utilizzò per la prima volta nel 1884 che arrivò a vincere cinque coppe d'Inghilterra tra gli anni Ottanta e Novanta del1800. Sulla scorta di questi successi la tattica della piramide conobbe ininterrotta fortuna nelle isole britanniche e, di riflesso, nel mondo intero per oltre un trentennio. Questa tattica venne messa in crisi alla radice nel 1926 dalla modifica della regola del fuorigioco (il numero di giocatori per mantenere in gioco un attaccante scese da 3 a 2). In Europa la piramide cedette rapidamente il passo di fronte al simultaneo avvento del metodo e del sistema.

Annotazione finale : non è vero quanto afferma Italo Cucci che la rovesciata nacque nel 1914 (non che sia una cosa di capitale importanza la data in questo caso, ma per essere pignoli), perché come narrò Pozzo sul settimanale "Il Calcio Illustrato" (articoli pubblicati tra il 1949 e il 1950), già agli inizi del 1900 c'era chi voleva insegnargliela avendone appreso la tecnica in Inghilterra, e lì certamente l'atleta che eseguì il numero acrobatico aveva avuto a sua volta un esempio precedente; tutto questo per dire che è sciocco mettere date a episodi del genere. L'unica cosa certa è che il giocatore che ha fatto di questo gesto atletico il proprio cavallo di battaglia è senza dubbio l'indimenticabile campione Juventino Carlo Parola, così come il tunnel non è un'invenzione del bianconero Sivori ma di un altro bianconero suo connazionale e predecessore che lo eseguiva a ripetizione : Raimundo Orsi, uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi.