Dopo una serie di annate tormentate, il campionato italiano trovò nel 1923 la
sua definitiva razionalizzazione secondo il format previsto nel Progetto
Pozzo, elaborato due anni prima. Il torneo si fondò finalmente su due soli
gironi composti dalle migliori società italiane, su un regolare meccanismo di
sali-scendi con la Seconda Divisione e una lineare serie di finali
per l'assegnazione del titolo. Per sancire la pace ritrovata, la Federazione ideò
lo scudetto, un simbolo da assegnare, alla fine della stagione, ai
Campioni d'Italia in carica. L'introduzione di tale fregio aveva anche un
secondo fine: con la simbologia ufficiale del triangolino di stoffa, che sarebbe
poi diventato per tutti i tifosi il simbolo palpabile del primato nazionale, da
quel momento in poi nessuna associazione rivale, come fu al tempo la CCI,
avrebbe potuto conferire valore a un titolo alternativo a quello federale. Un
altro evento storico caratterizzò l'estate del 1923: il 24 luglio,
infatti, Edoardo Agnelli divenne presidente della Juventus [1].
Il nuovo massimo dirigente bianconero diede subito il via ad un'intensa
campagna di rafforzamento, che avrebbe potuto dare subito frutti se non fosse
stato per l'intricata vicenda del trasferimento del difensore Virginio
Rosetta dalla Pro Vercelli ai bianconeri, considerato a torto il
primo caso di professionismo in Italia (ad esempio c’è stato molto prima fra
gli altri il caso Santamaria del Genoa). Al di là di questo incidente di
percorso, comunque, con l'ingresso della potentissima famiglia proprietaria
della FIAT nell'organigramma societario bianconero, la squadra torinese riuscì
a uscire da quella mediocrità a cui l'aveva relegata la fuga di molti soci
verso il Torino nel 1906, arrivando entro breve tempo ai vertici
del movimento calcistico nazionale. Fu l'anno di debutto in campionato per Gianpiero
Combi (cresciuto nel vivaio bianconero e, in seguito, grande protagonista
dei successi juventini e della Nazionale A negli anni a venire) e
dell'arrivo a Torino del primo allenatore della storia bianconera, Jenő
Károly (che ebbe un contratto in base al quale avrebbe percepito 2.500 lire come
anticipo, una settimana di vacanze pagate ed un premio di 10.000 lire in caso
di vittoria dello scudetto), e la mezz'ala sinistra Ferenc Hirzer,
entrambi ungheresi. Mentre la Juventus si rinforzava, la Pro Vercelli, una
delle squadre più blasonate dell'epoca, si trovava in difficoltà economiche
gettando nello scontento i suoi giocatori, che pretendevano sempre più compensi
economici. La Pro Vercelli, legata al puro dilettantismo, non usava pagare
stipendi ai giocatori. Sebbene la pratica di retribuire gli atleti fosse di
sottobanco molto diffusa, gli statuti federali ancora vietavano il
professionismo. Di fronte al malcontento dei giocatori, la dirigenza della Pro Vercelli,
rappresentata dal presidente Luigi Bozino, scrisse una lettera ad ognuno
dei suoi giocatori, invitandoli ad andarsene se non la sentivano più di giocare
con la Pro Vercelli senza essere retribuiti: due giocatori, Virginio
Rosetta e Gustavo Gay, risposero alla lettera con una lettera di
dimissioni, che venne accettata dalla società vercellese il 4 settembre. In
attesa di trovare una nuova società, i due vennero messi "fuori
rosa". Gay fu contattato dal Milan, che gli propose un lauto contratto di
giocatore. Gay si appellò quindi alla Federazione di essere iscritto nelle
liste di trasferimento in modo da permettere al Milan di acquistarlo. Per
cambiare squadra, all'epoca, bisognava però risiedere nella città di
appartenenza della squadra nuova, e Gay era residente a Vercelli da diversi
anni, per cui, non risiedendo a Milano, non poteva giocare nel Milan.
Nonostante ciò, il fatto che il presidente della Lega Nord era Ulisse
Baruffini, dirigente del Milan e dunque in conflitto di interessi, oltre al
fatto che un certificato dell'azienda Richard Ginori attestava che Gay era
dipendente della suddetta azienda e risiedeva a Milano già da due anni, fece sì
che la Lega Nord approvò il passaggio di Gay al Milan.
Il 23 e il 30 settembre la Juventus giocò due amichevoli con la Pro
Vercelli, dapprima a Vercelli e poi a Torino: notando che la Pro non schierò in
campo Gay e Rosetta, il dirigente bianconero Piero Monateri chiese spiegazioni
alla Pro Vercelli e la società vercellese rispose che i due erano fuori rosa e
che erano liberi di trasferirsi in un'altra squadra. Saputolo, la Juventus
promise un lauto ingaggio a Rosetta per convincerlo a vestire la maglia
bianconera: la Juventus, comunque prima di ottenere il via libera al
trasferimento di Rosetta, decise di aspettare gli sviluppi del Caso Gay. Il 24
ottobre 1923 la Lega Nord diede il permesso a Gay di poter cambiare squadra e
dunque passare al Milan, suscitando lo sdegno del presidente della Pro Vercelli
Bozino che si lamentò dello "scippo" del giocatore (del quale,
incoerentemente, aveva tuttavia accettato le dimissioni) anche sulle pagine
della Gazzetta dello Sport. Nel frattempo, era cominciato il campionato e
la Juventus, dopo un inizio stentato, recuperò terreno finendo al vertice della
classifica in coabitazione con il Genoa. I bianconeri, per rinforzarsi
ulteriormente, fecero pressioni sulla Lega Nord affinché approvasse la messa in
lista di trasferimento di Rosetta in modo da permettere alla Juventus di
tesserarlo: finché Rosetta non fosse stato messo in lista di trasferimento,
infatti, l'ex giocatore della Pro Vercelli non poteva vestire i colori della
Juventus. I genoani erano partiti forte in campionato rifilando sei reti al Casale,
ma alla sesta giornata incapparono, complice l'infortunio di Edoardo Catto nel
primo tempo, nella prima sconfitta dopo trentatré giornate consecutive
d'imbattibilità, record che sarebbe rimasto inviolato per 69 anni. I grifoni si
ripresero subito, ma fu la Juventus a dar loro filo da torcere: i
bianconeri s'imposero nello scontro diretto del 2 dicembre, a Torino,
portandosi ad un solo punto di distacco. Il 7 novembre 1923 Rosetta chiese alla
Lega Nord di essere messo in lista di trasferimento essendosi dimesso dalla Pro
Vercelli ed avendo intenzione di trasferirsi dalla Juventus, ma il presidente
della Lega Nord rimandò ogni decisione al Consiglio di Lega del 1 dicembre.
Rosetta, allora, sporse reclamo alla FIGC, che il 24 novembre 1923 lo
accolse, stabilendo che tutti i giocatori le cui dimissioni erano state
accettate dalla società di appartenenza erano inseriti automaticamente nelle
liste di trasferimento e dunque Rosetta poteva essere tesserato per la
Juventus. I bianconeri, forti della deliberazione della FIGC in contrasto con
la decisione della Lega Nord, schierarono in campo Rosetta per la prima volta
il 25 novembre contro il Modena, vincendo sul campo; il Modena, tuttavia,
sporse reclamo alla Lega Nord per la posizione irregolare di Rosetta e la Lega
lo accolse, dando vinta la partita al Modena per 2-0 a tavolino. La Juventus
replicò sporgendo reclamo alla Presidenza Federale e schierando Rosetta anche
nelle due partite successive, ovvero lo scontro diretto contro il Genoa e la
partita contro il Padova, vinti entrambi sul campo. Sia i genoani che i
patavini, tuttavia, sporsero reclamo per la posizione irregolare di Rosetta e
la Lega Nord diede loro ragione, assegnando loro la vittoria per 2-0 a
tavolino.
Il vicepresidente bianconero Craveri sporse quindi reclamo alla FIGC per le
diverse sconfitte a tavolino subite, ritenendo che, avendo la FIGC stabilito
che Rosetta poteva giocare in maglia bianconera, ed essendo la FIGC un organo
superiore alla Lega Nord, la posizione del giocatore era regolare e dunque le
sconfitte a tavolino erano ingiuste. Il consiglio federale, radunatosi il 15
dicembre, diede ragione alla Juventus restituendole i tre successi nelle
partite contro Modena, Genoa e Padova, che la Lega Nord aveva trasformato in
sconfitte a tavolino, ed invitando la Lega Nord a rispettare le decisioni della
Federazione senza fare di testa propria. A questo punto, essendoci due diverse
classifiche, una della FIGC (in cui la Juventus aveva sei punti in più) e una
della Lega Nord, Ulisse Baruffini, presidente della Lega Nord, rassegnò le
dimissioni, che vennero però respinte dalla Lega, la quale decise di radunare
un'assemblea il 6 gennaio 1924 sul Caso Rosetta. La FIGC rispose dichiarando
decaduto, il 30 dicembre 1923, l'intero consiglio direttivo della Lega Nord e
annullando l'assemblea del 6 gennaio, sostituendola con un'altra da tenersi a
Torino il 6 febbraio. Nel frattempo Rosetta scese in campo anche contro la
Virtus di Bologna, partita vinta dai bianconeri per 3-0: i bolognesi, tuttavia,
non sporsero reclamo, come non lo fecero gli avversari delle partite successive
in cui Rosetta scese in campo per la Juventus.
Nel frattempo il 6 gennaio l'assemblea della Lega si tenne comunque,
malgrado il divieto della FIGC: alle proteste della Juventus che sostenevano
che tale assemblea fosse illegittima, i dirigenti della Lega ribadirono che la
FIGC non aveva diritto di dichiarare decaduto il consiglio direttivo della Lega
Nord, essendo esso eletto dalle società e non dalla FIGC e che comunque,
essendosi stabilita l'assemblea prima del divieto della FIGC di tenerla, essa
poteva svolgersi tranquillamente. L'assemblea respinse le dimissioni del
Consiglio della Lega Nord e ribadì la posizione irregolare di Rosetta e cercò
di scavalcare l'opposizione della FIGC rivolgendosi al CONI, rappresentato
da Aldo Finzi, che diede ragione alla Lega Nord. Il 9 febbraio 1924
si tenne l'assemblea generale, nella quale la Lega Nord, con l'appoggio del
CONI, ottenne la vittoria sulla FIGC: il consiglio federale venne sfiduciato e
costretto a dimettersi. La FIGC finì per essere commissariata venendo messa sotto
il controllo di un direttorio formato da sette membri: Felice Tonetti, Roberto
Gera, Luigi Bianchetti, Paride Nicolato, Enrico Bassani, Duilio Ripardelli e Edoardo
Pasteur. Nella prima riunione del suddetto Direttorio, tenutasi il 17 febbraio,
si stabilì che Rosetta era da considerare tuttora un giocatore della Pro
Vercelli finché essa non l'avesse messo regolarmente nella lista di
trasferimento, per cui egli, essendogli stata revocata la tessera di giocatore,
non poteva più giocare per il resto della stagione. Lo stesso Direttorio
assegnò la sconfitta a tavolino alla Juventus nelle tre partite vinte sul campo
contro Modena, Genoa e Padova, graziando però i bianconeri per le altre quattro
partite (nelle quali aveva ottenuto tre vittorie e un pareggio) in cui fu
schierato Rosetta perché avvenute dopo la messa in lista di trasferimento del
giocatore e tenendo conto della buona fede dei bianconeri.
La FIGC decise di convocare comunque Rosetta in nazionale: il calciatore,
sdegnato per il trattamento ricevuto dalla stessa federazione, rifiutò la
convocazione per protesta, perché se non poteva giocare una partita di
campionato non intendeva nemmeno giocare in nazionale. La FIGC, allora, non
volendo rinunciare a Rosetta, invitò la Juventus a convincere Rosetta ad accettare
la convocazione e alla fine questa tattica ebbe successo. Nelle sei partite
successive - tre amichevoli e tre partite delle Olimpiadi 1924 - Rosetta vestì
la maglia della Nazionale, anche se formalmente ancora come giocatore della Pro
Vercelli, pur avendo lasciato la squadra vercellese da un anno.
Il risultato dell'affare Rosetta, una delle tante vicissitudini che
tormentarono gli albori del calcio italiano [2], fu che la Juventus si ritrovò
tagliata fuori dalla corsa al titolo a tutto vantaggio del Genoa, che si
qualificò così alla finale. Senza le tre sconfitte a tavolino della Juventus,
sarebbero stati i Bianconeri a sfidare il Bologna nella finale della lega nord.
Questa sarebbe stata infatti la classifica finale "sul campo" :
Pos.
|
Squadra
|
Pt
|
1.
|
Juventus
|
32
|
2.
|
Genoa
|
31
|
3.
|
Inter
|
27
|
3.
|
Livorno
|
27
|
3.
|
Padova
|
27
|
6.
|
Alessandria
|
26
|
7.
|
Casale
|
22
|
8.
|
Modena
|
21
|
9.
|
Sampierdarenese
|
18
|
10.
|
Brescia
|
13
|
11.
|
Novara
|
12
|
12.
|
Virtus
Bologna
|
8
|
Alla fine, comunque, la Juventus riuscì a fine campionato ad ottenere il
trasferimento di Rosetta in bianconero. Al congresso delle società calcistiche
italiane del 28 e 29 giugno 1924, fu abolita la norma che obbligava il
calciatore a risiedere nella città sede del club dove intendeva trasferirsi,
aprendo ulteriormente le porte al professionismo, mentre la Juventus, dopo aver
minacciato di ritirarsi dal campionato per protesta, cercò di negoziare con la
Pro Vercelli per il trasferimento di Rosetta: la Pro Vercelli, rimasta fedele
ai valori del dilettantismo, non intendeva mettere nelle liste di trasferimento
il giocatore tanto desiderato dai bianconeri, ma la Juventus riuscì a
persuaderla accettando di sborsare alla società vercellese un assegno di 50.000
lire in cambio della messa in lista di trasferimento di Rosetta. Fu
così che, per 50.000 lire, Rosetta entrò a far parte della Juventus, causando
la reazione sarcastica del Guerin Sportivo che scrisse: «Da
oggi, mercé gli sforzi combinati juventino-vercellesi, è possibile determinare
il valore di una squadra: quella vercellese vale 550.000 lire» (50.000 per 11).
Rosetta, passato in bianconero, ricevette comunque il suo stipendio, mascherato
come rimborso spese. L'altro raggruppamento visse invece un testa a testa fra
il Bologna e i granata del Torino: la spuntarono gli emiliani,
che raggiunsero così la loro prima, storica finale. Poco dietro la coppia di
testa si piazzò la Pro Vercelli. In zona retrocessione, oltre ai bolognesi della Virtus,
finì la Novese: i biancoazzurri conclusero così la brevissima parabola che
li aveva portati, due anni prima, alla vittoria del titolo, sebbene nel
contesto della tribolata scissione di quella stagione. Complice il blocco delle
promozioni nella precedente annata, le società di Seconda Divisione erano
inoltre riuscite a strappare, insieme all'ordinaria ascesa delle due migliori
classificate fra di esse, la possibilità di giocare una sorta di spareggio tra
altre due società della cadetterìa e le penultime classificate dei due gironi
del massimo campionato. Novara e Spezia non ebbero comunque
alcuna difficoltà a gestire avversari nettamente inferiori; l'unico dato
statistico curioso da ricordare è che gli spezzini riuscirono, per il
terzo anno consecutivo, a salvarsi dalla retrocessione ricorrendo a uno
spareggio, dimostrando indubbiamente di possedere una grande saldezza di nervi,
oltre che un discreto pizzico di buona sorte.Genoa e Bologna si ritrovarono di
fronte per la finale a Marassi. La partita fu assai tesa e si risolse a
favore dei padroni di casa solamente nel finale, grazie ad un gol di Neri.
Il ritorno si svolse in Emilia una settimana dopo, in un clima
infuocato a causa degli strascichi della vicenda di Rosetta, per la quale
da più parti erano piovute accuse di favoritismi addosso ai dirigenti della
società genovese. I Grifoni risposero prontamente sul campo nella prima
frazione di gioco, con un gol in contropiede di Santamaria. Il parziale
inviperì ancora di più il pubblico che, nell'intervallo, diede luogo a
disordini e un tentativo di invasione di campo. La gara riprese e la giovane
formazione emiliana riuscì a pareggiare con un più che dubbio rigore
trasformato da Pozzi. Gli animi si accesero e all'arbitro Panzeri di Milano sfuggì
totalmente la situazione di mano, tanto che scoppiò una rissa colossale che lo
coinvolse personalmente. La gara fu sospesa per le inarrestabili intemperanze e
la FIGC diede vittoria a tavolino ai liguri i quali, dopo una lunga
attesa di più di un mese per il protrarsi del campionato meridionale, a
settembre affrontarono nella finalissima i campani del Savoia.
All'andata, a Genova, il Genoa si portò subito in vantaggio di due gol
nel primo quarto d'ora della partita ma il Savoia non si arrese e accorciò le
distanze al 49' con Bobbio. Al 55' il Genoa segnò con Santamaria il gol del
3-1, risultato con cui si concluse la partita. La gara di ritorno fu abbastanza
equilibrata, il primo tempo finì 0-0. Nella ripresa il Genoa passò in vantaggio
(rete di Moruzzi al 71°) ma due minuti dopo il Savoia riacciuffò il pareggio
con Mombelli. La partita finì 1-1 e grazie alla vittoria per 3-1 all'andata il
Genoa vinse il proprio nono e a tutt'oggi ultimo Campionato della sua storia.
[1] : <<Vi sono grato per aver accolto come un onore la mia
presidenza, ma spero di non deludervi se vi confesso che non ho alcuna
intenzione di considerarla soltanto onorifica [...]. Dobbiamo impegnarci a far
bene, ma ricordandoci che una cosa fatta bene può essere sempre fatta
meglio.>>
(Frammenti del discorso dell'imprenditore Edoardo Agnelli al
momento di essere eletto presidente del Foot-Ball Club Juventus. Torino, 24
luglio 1923).
[2] :IL CASO LEVRATTO
Meno noto ma del tutto identico al "Caso Rosetta". Nel 1925
Felice Levratto firmo' due cartellini, uno per la Juventus, l'altro per il
Genoa. Anche lui aveva "dimenticato" che l'unico cartellino valido
per la Federazione era quello gia' firmato per l'Hellas Verona, squadra per la
quale giocava e alla quale dovette rimanere dopo aver scontato una lunga
squalifica. Passo' poi al Genoa.
[1] : “Era il 24 luglio 1923 quando la Famiglia «sposò» la Signora” .
Senatore, mi aiuti lei. Alla Juventus abbiamo un giocatore che non può mai
allenarsi con la squadra perchè lavora in fabbrica. Si chiama Antonio Bruna:
sia gentile, gli dia il permesso per uscire dalla Fiat al pomeriggio.
Raccontano che le strade degli Agnelli e della Juve si siano incrociate la
sera in cui un dirigente bianconero, Sandro Zambelli, andò nella villa del
senatore Giovanni Agnelli per chiedergli un favore e, inaspettatamente, lo
ottenne.
Erano i primi mesi del 1923. Il 24 luglio di quello stesso anno, un
martedì, il figlio del fondatore della Fiat, l’avvocato Edoardo, fu acclamato
presidente della Juventus e cominciò un legame che sarà sempre senza crepe,
senza crisi. Una squadra e una dinastia. Chi, come il presidente della Roma,
Sensi, sostenne che con la scomparsa dell’Avvocato la Juve si sarebbe
allontanata progressivamente dalla famiglia Agnelli non ha capito che ci sono
storie indissolubili, non per convenienza ma perchè sono così. Nessuno ha mai
spiegato le ragioni profonde di quel matrimonio,tanti anni fa. Probabilmente ne
era venuto il tempo. La Juventus viveva un lungo periodo di crisi e cercava un
aiuto, gli Agnelli «sentivano» la loro città e intuivano che il fenomeno del
calcio, cresciuto con la fine della Grande Guerra, sarebbe entrato con
prepotenza nella vita dei torinesi, molti dei quali già lavoravano per la Fiat.
L’esordio presidenziale di Edoardo Agnelli fu l’ingaggio per 45 mila lire, più
700 lire al mese di Virginio Rosetta, giovane terzino della Pro Vercelli. Fu il
primo caso di professionismo conclamato: ne nacque uno scandalo ma fu anche il
segnale che il calcio dei pionieri si trasformava, anzi la presa di coscienza
che si era già trasformato. L’anziano Senatore non amava il football. Era il
gioco delle generazioni nuove, la sua aveva le radici nell’Ottocento. Gli si
accostò nel tempo, per curiosità.
La prima volta che vide una partita fu perchè gliela organizzò il figlio
sotto casa: 13 settembre 1931, per le celebrazioni dei 25 anni delle officine
di Villar Perosa, la Juve giocò in Val Chisone un’amichevole contro la Pro
Vercelli e il fondatore della Fiat accettò persino di farsi fotografare in
mezzo al campo tra le squadre.
Qualche mese dopo, il 1° maggio, lo videro arrivare allo stadio di corso
Marsiglia per il 3-2 che decise la vittoria dello scudetto sul Bologna: quel
giorno, in tribuna, c’era anche il principe Umberto di Savoia e nacque la
leggenda della Juve monarchica. Quando l’ultimo re Savoia morì, l’Avvocato
volle che i bianconeri portassero il lutto al braccio. «Non siamo monarchici -
spiegò - è un gesto di rispetto per un nostro tifoso».
Edoardo Agnelli capiva lo spettacolo del calcio, costruì la squadra che
dominò 5 campionati di seguito, come avrebbe fatto soltanto il Grande Torino.
La Juve di Combi, Rosetta, Caligaris, Ferrari, Monti, Bertolini e di Cesarini,
Felice Borel, Mumo Orsi. Gente che dipingeva football. «La prima volta che
andai a vedere la Juventus, nel settembre del 1925, fu perchè mio padre voleva
che ammirassi Hirzer», raccontava l’Avvocato. Hirzer, la gazzella ungherese.
Quella passione cominciata a 4 anni è durata tutta la vita. Giovanni Agnelli
diventò presidente della Juve dopo la guerra che aveva consumato l’unico
divorzio (apparente) dalla famiglia, con la presidenza di Dusio, il padrone
della Cisitalia. L’Avvocato trovò Boniperti, Parola e sull’altra sponda il
Grande Torino. Si era innamorato del calcio inglese ma i primissimi stranieri
che comprò erano modesti boemi o ungheresi, un certo Arpas che secondo
Boniperti doveva essere una «spia» inviata dai russi a scoprire i segreti della
Fiat. Non vinse moltissimo in quegli anni, anche se fu della Juve il primo
scudetto del dopo-Superga. Tuttavia si consolidò il rapporto tra la famiglia,
la Juventus, il calcio.
C’era sempre un Agnelli dietro la scrivania da presidente: era la scuola da
cui partire per diventare i manager di un impero molto più grande e complicato.
Naturalmente lo fu anche per Umberto Agnelli, nel 1957. Portò Omar Sivori e
John Charles, costruì la squadra simbolo del boom economico, come le lavatrici
e le prime tv: chi emigrava a Torino trovava nella Juve un riferimento, almeno
un nome che aveva conosciuto, forse amato, nelle radiocronache di Carosio.
Mentre crescevano le loro responsabilità come industriali, Giovanni e Umberto
Agnelli si staccarono dalla gestione diretta del club. Catella e Boniperti
furono i presidenti di gestioni importanti, vincenti. I francesi de L’Equipe
quando citavano Boniperti, lo chiamavano «monsieur Scudetto» ma dietro alla
gestione c’erano l’interesse, la curiosità, il nome, anche la potenza economica
degli Agnelli. Da cronisti vedevamo spesso l’Avvocato agli allenamenti negli
anni di Platini: una volta venne soltanto per chiedergli se sarebbe stato
capace di segnare da metà campo, come aveva fatto Monelli, due giorni prima.
C’era sempre una scusa buona. E Umberto Agnelli è stato l’artefice dell’ultima
sterzata, nel ‘94, quando capì che c’erano altre potenzialità da sfruttare nel
calcio che usciva dalla dimensione dello sport e diventava un fenomeno più
globale, più ricco. Questo è il secondo scudetto che l’Avvocato non ha visto
vincere, il primo fu nel 1905 e soltanto perchè non era ancora nato. Ed è il
secondo scudetto della Juventus come società per azioni e non più patrimonio
esclusivo della famiglia.
Ma tutto è rimasto come prima.
Marco Ansaldo. «Un amore cominciato ottanta anni fa».
La Stampa, 11 5 2003, p. 31
DA “ UN FENOMENO IN BIANCO E NERO” : Luigi Maccagno : Torniamo
da Tortona, il treno proveniva da Bologna, arriviamo ad Alessandria e cambiamo
prendendo il treno che proveniva da Roma. Passando nel corridoio l’amico Bruna
scorge in un compartimento di prima classe il senatore Agnelli che allora non
era ancora senatore ovviamente. E siccome era uno dei suoi capi operai lo
conosceva quindi aprì lo sportello, si addentrò, parlò con lui che volle
informarsi tra le altre cose di dove provenisse e lo invitò ad
assistere ad una partita, cosa che avvenne di li a poco. Quello fu il primo
passo ( del legame tra gli Agnelli e le Juventus – nda).
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1 Sconfitta a tavolino. Risultato sul campo 1-0 rete di Pastore
2 Sconfitta a tavolino. Risultato sul campo 2-1 reti Grabbi G. (J) 15’,
Rosetta (J)55’, De Vecchi (G) 85’
3 Sconfitta a tavolino. Risultato sul campo 1-2 reti Munerati (J) 35’,
Zaninovich (P) 43’, Pastore (J) 1’st
4 Alle 17 terminò la partita con la Virtus, alle 18 la Juventus partì per una
tournée in Germania accompagnati da Rosetta. Furono aggregati Sbrana,
pisano, Levratto, ligure, e forse Violak dello Spezia.
5 Il 6/1/1924 la gara era stata rinviata per impraticabilità del campo. La
Juve schierò la formazione riserve perché i titolari erano impegnati nella su
citata tournèe. Al 65’ l’interista Aliatis abbandona il campo per essere venuto
alle mani con il proprio compagno di squadra Cevenini III (cose da pazzi! Roba
da Inter)il quale a sua volta lascia il terreno di gioco per protestare contro
i propri compagni colpevoli, secondo lui, di non saperlo servire a dovere.
Finale Lega Nord
15/6/1924 Genoa-Bologna 1-0
22/6/1924 Bologna-Genoa 0-2 (a tavolino)
Finalissima
31/8/1924 Genoa - Savoia 3-1
7/9/1924 Savoia - Genoa 1-1
1°”scudetto” della storia
Classifica sul campo (ricalcolata da me):
Squadra
|
Pt
|
G
|
V
|
Pari
|
S
|
Reti
F
|
Reti S
|
Juventus
|
32
|
22
|
14
|
4
|
4
|
42
|
23
|
Genoa
|
31
|
22
|
13
|
5
|
4
|
49
|
15
|
Inter
|
27
|
22
|
11
|
5
|
6
|
31
|
25
|
Livorno
|
27
|
22
|
12
|
3
|
7
|
33
|
30
|
Padova
|
27
|
22
|
11
|
5
|
6
|
34
|
20
|
Alessandria
|
26
|
22
|
10
|
6
|
6
|
38
|
23
|
Casale
|
22
|
22
|
10
|
2
|
10
|
25
|
34
|
Modena
|
21
|
22
|
7
|
7
|
8
|
33
|
31
|
Sampierdarenese
|
18
|
22
|
9
|
0
|
13
|
21
|
32
|
Brescia
|
13
|
22
|
5
|
3
|
14
|
17
|
39
|
Novara
|
12
|
22
|
4
|
4
|
14
|
22
|
41
|
Virtus Bologna
|
8
|
22
|
3
|
2
|
17
|
13
|
46
|
JUVENTUS – PADOVA 3-0 (1-0)
Torino, Campo Sportivo di Corso Marsiglia, 30.03.1924 – Girone Eliminatorio – 20ª Giornata
RETI: 21’ Monticone (J); 60’ Gianfardoni rig. (J); 75’ Grabbi G. (J)
JUVENTUS: Combi, Gianfardoni, Bruna; Albera, Monticone, Barale II; Grabbi, Munerati, Audisio; Ferrero, Gallo – All. Karoly.
PADOVA: Lodolo, Barzan, Danieli; Fayenz, Fagioli, Girani; Busini I, Veronesi, Monti G.; Busini III, Monti F.
Espulsioni Lodolo (P) gioco falloso
Rigori Falliti Fayenz (P) - Parato, Monti III (P) - Parato
Note Barzan (P) nel corso del secondo tempo gioca come portiere a seguito dell'espulsione di Lodolo.
Torino, Campo Sportivo di Corso Marsiglia, 30.03.1924 – Girone Eliminatorio – 20ª Giornata
RETI: 21’ Monticone (J); 60’ Gianfardoni rig. (J); 75’ Grabbi G. (J)
JUVENTUS: Combi, Gianfardoni, Bruna; Albera, Monticone, Barale II; Grabbi, Munerati, Audisio; Ferrero, Gallo – All. Karoly.
PADOVA: Lodolo, Barzan, Danieli; Fayenz, Fagioli, Girani; Busini I, Veronesi, Monti G.; Busini III, Monti F.
Espulsioni Lodolo (P) gioco falloso
Rigori Falliti Fayenz (P) - Parato, Monti III (P) - Parato
Note Barzan (P) nel corso del secondo tempo gioca come portiere a seguito dell'espulsione di Lodolo.
Combi ha parato 2 rigori
Totale minuti giocati :
Combi1890 Grabbi G.1890 Monticone1890 Gianfardoni1800 Munerati1800 Audisio1710 Bruna1710
Barale II1440 Pastore1350 Bigatto C.1260 Ferrero L.1170 Albera1080 Rosetta630 Gallo450 Giriodi450
Gambino G.180 Novo180 Accusani 90 Bigatto G. 90 Ferrara
A. 90 Gilli 90 Mazza II 90 Mazza III 90
Perotti 90 Sartoris90 Steffanoni 90 Venditti 90
Stagione 1923-1924
Presidente Gino Olivetti, dal 24 luglio 1923 Edoardo Agnelli
Allenatore Karoly
Giocatori in rosa : 27 (tutti Italiani)
23.09.1923
|
Amichevole
|
Pro
Vercelli-Juventus
|
0-1
|
30.09.1923
|
Amichevole
|
Juventus-Pro
Vercelli
|
2-0
|
01.11.1923
|
Coppa
città di Asti
|
Casale-Juventus
|
3-0
|
26.12.1923
|
Amichevole
|
Mista Juventus e
Torino-Torekves
|
1-1
|
01.01.1924
|
Amichevole
|
Juventus-Makkabi
Brno
|
1-2
|
20.01.1924
|
Amichevole
|
Bologna-Juventus
|
2-1
|
09.03.1924
|
Amichevole
|
Juventus-Derthona
|
?-?
|
15.04.1924
|
Tournée in
Germania
|
Brandenburg-Juventus
|
3-3
|
17.04.1924
|
Tournée in
Germania
|
Union
Altona-Juventus
|
2-1
|
19.04.1924
|
Tournée in
Germania
|
Hannover-Juventus
|
0-6
|
21.04.1924
|
Tournée in
Germania
|
Bremen-Juventus
|
0-3
|
25.04.1924
|
Tournée in
Germania
|
Leipziger-Juventus
|
1-2
|
27.04.1924
|
Tournée in
Germania
|
Dresden-Juventus
|
0-1
|
11.05.1924
|
Amichevole
|
Mista Juventus e
Torino-Italia Olimpica 2
|
2-1
|
18.05.1924
|
Amichevole
|
Fiat-Juventus
|
2-1
|
15.06.1924
|
Pro
Gaetano Gallo
|
Mista Juventus e
Nazionali torinesi-Novara
|
3-0
|
Juventus Organizzazione Sportiva Anonima
La Juventus – Organizzazione Sportiva S.A., anche
denominata Juventus Organizzazione Sportiva Anonima, fu
una società polisportiva italiana di capitali con sede
a Torino, attiva dal 1923al 1949. Nacque in seno
al Foot-Ball Club Juventus, di cui quest'ultimo divenne la sua sezione
calcistica. Venne fondata dall'avvocato Edoardo Agnelli con
l'obiettivo dare impulso al Foot-Ball Club Juventus in altre discipline
riguardanti lo sport come lebocce, l'hockey su ghiaccio, il nuoto e
il tennis. Costituita come una società anonima a capitale
interamente privato, inizialmente la Juventus O.S.A. operava all'interno
del Campo Juventus sito in Corso Marsiglia, amministrando
la società calcistica e il Circolo Sportivo Juventus, un club sociale
che gestì direttamente il resto di sezioni sportive facenti parte
dell'organizzazione. A sequito della fusione che diede origine
alla Manifatture Bosco - Compagnia Industriale Sportiva Italia (CISITALIA), si
trasferì nel 1943 il Corso IV Novembre – l'attuale Corso Giovanni
Agnelli –. In tale sede, l'imprenditore scurzolenghese Piero Dusio,
allora presidente dell'associazione, oltre ad aver migliorato la gestione
interna della società – avviando la costruzione dei campi appropriati per lo
sviluppo delle attività sportive della O.S.A. (tra i quali, un nuovo campo
d'allenamento per la squadra di calcio e il primo scenario tennistico
nel Paeseall'interno del – per l'epoca – maggior complesso sportivo
della città), ed organizzando eventi a livello nazionale ed internazionale
– promosse anche il sviluppo di nuove attività sportive quali la pallacanestro,
la pallanuoto e il pattinaggio su ghiaccio. Dopo la seconda
guerra mondiale ebbe luogo il declino della polisportiva a causa degli
impegni dell'allora presidente Dusio con la sua fabbrica
automobilistica, aggravata a causa della crisi economica della Cisitalia a
partire del 1947, essendo finalmente liquidata nel
febbraio 1949. Ulteriormente, le due sezioni sopravviventi allo
scioglimento della società di capitali, nonché quelle di maggior
successo, vennero separate: mentre che la sezione calcistica fu riadattata
dalla dinastia industriale degli Agnelli già
dal 1947 – con l'avvento alla presidenza del club dell'Avvocato Giovanni –,
la sezione tennistica fu ricostituita come organizzazione sportiva indipendente
attraverso l'intervento della Società Iniziative Sportive (S.I.S.) – proprietà
all'epoca del presidente dell'Associazione Calcio Torino, Ferruccio
Novo – fino al 1957, anno in cui essa venne rifondata con il nome
di Circolo della Stampa - Sporting.
Juventus –
Organizzazione Sportiva S.A.
|
|
Stato
|
Italia
|
Tipo
|
Società di
capitali
|
Fondazione
|
1923 a Torino
|
Fondata da
|
Edoardo
Agnelli
|
Chiusura
|
1949
|
Sede
principale
|
Corso
Tirreno 139 Torino
|
Settore
|
attività
polisportiva
|
Presidenti
1923-1935: Edoardo Agnelli
1935-1936: Enrico Craveri e Giovanni Mazzonis
1936-1941: Emilio de la Forest de Divonne
1941-1947: Piero Dusio
Sezioni sportive
Sport
|
Sezione
|
Calcio
|
Foot-Ball
Club Juventus (1923-1947)
|
Tennis
|
Tennis
Club Juventus (1923-1949)
|
Hockey su ghiaccio
|
Juventus
Torino
|
ll Tennis Club Juventus, anche noto come Tennis
Juventus, fu una società tennistica italiana con sede
a Torino. Faceva parte del Circolo Sportivo Juventus, organizzazione
all'interno della Juventus Organizzazione Sportiva S. A. che gestì l'attività
polisportiva sviluppata dalla Juventus (società calcistica) durante
un ventennio tra gli anni 1920 e 1940. Costituita
nel 1923 per volontà dell'allora presidente della Juventus Edoardo
Agnelli, la sua sede si trovò allo Stadio di Corso Marsiglia, dove fu
costruito il primo scenario tennistico in Italia. Si aggiudicò il
campionato maschile della Serie A1, all'epoca la principale manifestazione per
club nel Paese organizzata dalla Federazione Italiana Tennis (FIT),
negli anni 1927; 1947 e 1948. Dopo la liquidazione della Juventus
O.S.A. nel 1949, la sezione tennistica – l'unica sezione ancora attiva del
Circolo Sportivo Juventus – finì sotto l'egida della Società Iniziative
Sportive (S.I.S.), azienda proprietà dell'allora presidente dell'Associazione
Calcio Torino Ferruccio Novo e ricostituita come organizzazione
indipendente attraverso l'intervento della Società Iniziative Sportive (S.I.S.)
– proprietà all'epoca del presidente dell'Associazione Calcio Torino,Ferruccio
Novo – fino al 1957, anno in cui essa venne rifondata con il nome
di Circolo della Stampa - Sporting.
Colori sociali Bianco e nero
Simboli zebra
Città Torino
Confederazione ITF
Federazione FIT
Fondazione 1923
Scioglimento 1949
Presidente Edoardo Agnelli (1923-1935)
Enrico Craveri e Giovanni Mazzonis (1935-1936)
Emilio de la Forest de Divonne(1936-1941)
Piero Dusio (1941-1947)
Titoli nazionali 3 Campionati maschili di Serie A1 FIT
Impianto sportivo Campo Juventus (1923-1939) Corso IV Novembre (1939-1949) 15 000
posti
Edoardo Agnelli
Figlio di Giovanni Agnelli, il fondatore della FIAT, e di Clara
Boselli e fratello di Aniceta Caterina, nasce aVerona dove è di
guarnigione il padre, in quel periodo ufficiale di cavalleria. Si laurea
in giurisprudenza e partecipa alla prima guerra mondiale come
ufficiale di cavalleria. Dopo la laurea viaggia in tutto il mondo per
arricchire la propria cultura in campo industriale, dato che il destino gli
riserva compiti di grande importanza nell'ambito delle aziende di famiglia: è,
infatti, vicepresidente della FIAT, vicepresidente delle Officine di
Villar Perosa, vicepresidente del Consiglio Provinciale dell'Economia,
presidente del consiglio d'amministrazionedel quotidiano La
Stampa, presidente del consiglio d'amministrazione del Giornale del
Pinerolese. Oscurato dall'ingombrante ombra del padre, uomo autoritario e
deciso, non avrà molto peso nell'azienda di famiglia, governata con pugno di
ferro dal padre stesso e da un outsider, un giovane che diverrà in
breve tempo l'uomo di fiducia del padre: Vittorio Valletta. Edoardo si
appassiona al calcio e fa del Foot-Ball Club Juventus, grazie al suo
lavoro nella presidenza della società dal 1923 al 1935 (il
più anticosodalizio di imprenditori nel calcio), la stella del calcio
italiano con la vittoria di 6 scudetti in 10 anni, di cui 5
consecutivi.
« Dotato di fervida
intelligenza, di grande affabilità e di quella molta esperienza, di mondo, di
vita, di lavoro chi ha potuto acquistare collaborando attivamente nella
direzione di grandi aziende con l'illustre suo padre, il senatore Giovanni
Agnelli; cultore appassionato d'ogni genere di sport, espertissimo
automobilista, direttore della Società Torinese per le Corse dei
Cavalli, presidente onorario del Gruppo Sportivo FIAT, egli porta nella
nostra società, insieme alla preziosa opera sua, un nome che si illumina di
una delle più alte glorie sportive italiane, di una delle più meravigliose
creazioni dell'intelligenza e del lavoro umano, gloria di sport, gloria di
lavoro. »
|
(Da Hurrà
Juventus, rivista istituzionale della Juventus, luglio 1923.)
|
Fonda anche una stazione invernale che diverrà presto prestigiosa e famosa:
il Sestrière, dal nome dell'omonimo colle, a cui si giunge dal paese di
origine della famiglia Agnelli,Villar Perosa, sita poco più oltre Pinerolo sulla
omonima statale (la 23), che a partire da Pinerolo sale lungo la sinistra
orografica del Chisone. Creò la legge del mancato guadagno per tutelare i
calciatori una volta cessata la loro attività e volle fortissimamente la
Triestina in serie A per motivi patriottici.Un grave incidente stroncò la vita
all'età di 43 anni dell'erede di Giovanni Agnelli: il 14 luglio 1935, una
calda domenica estiva, Edoardo rientrò da Forte dei Marmi con l'idrovolante del
padre, un Savoia-Marchetti S.80 pilotato dall'asso
dell'aviazione Arturo Ferrarin. Diretto a Genova per poi raggiungere
Torino in treno, durante l'ammaraggio all'idroscalo i galleggianti del velivolo
urtarono un tronco vagante sullo specchio d'acqua, l'aereo si ribaltò ed
Edoardo sbalzato oltre il finestrino morì decapitato dall'elica rimasta in
movimento, mentre il pilota rimase indenne.
Tra il 1900 e il 1924:
II Genoa ha vinto tre titoli giocando una sola partita contro squadre che invece avevano affrontato numerose gare eliminatorie (la Juve nel 1903 era esausta e il Genoa riposato) per campionato e altri due giocandone appena due;
Il Milan ha vinto un titolo regalato da noi (e dall’
anti sportività genoana) avendo deciso il nostro presidente Dick di non
presentare in campo la squadra;
L’Internazionale ha vinto il titolo del 1910
(1°titolo) affrontando una squadra di undicenni.
Il Genoa ha vinto il titolo del 1915, assegnato
mesi dopo dalla FIGC, quando poteva ancora essere raggiunto in classifica da 2
squadre, e doveva ancora affrontare inoltre la vincente dell’Italia
Meridionale.
Nel 1920 la FIGC assegnò il titolo all’Inter (2°titolo)
difatti a tavolino, prima ancora che si disputasse la finalissima con il
Livorno.
Nel 1922, la FIGC ha riconosciuto come scudetto valido
a tutti gli effetti, quello vinto dalla Pro Vercelli in un campionato
organizzato da una Federazione (la CCI) nata in aperto contrasto e opposizione
alla stessa FIGC.
Nel 1922 furono cambiati i regolamenti a Campionato
terminato per evitare la retrocessione all’Inter arrivata ultimissima tra le 12
squadre del suo girone due stagioni dopo aver raggiunto il titolo di Campione
d’Italia, ultimissima in un vero Campionato, non in un gironcino a 6 come la
Juve priva di risorse nel 1913.
Nel 1924 il Genoa in contrasto con la FIGC e in
collaborazione con la Lega Nord fece perdere tre gare a tavolino alla Juve che
le aveva vinte tutte consecutivamente sul campo, tra le quali lo scontro
diretto, falsando così la classifica e rubandole il primo posto che garantiva
l’accesso alla finale nord contro il Bologna. Poi lo stesso Genoa si aggiudicò
il titolo battendo il Savoia, campione dell’Italia meridionale.
I due successi bianconeri del 1908 e del 1909 non sono
riconosciuti dalla FIGC nonostante fossero legittimi e ben più importanti di
quelli ottenuti dalla Pro Vercelli negli stessi 2 anni, perché il Campionato
che valeva di più in entrambe le occasioni se lo aggiudicò la Juventus.
Rendetevi conto, voi che avete preso in mano la società nel momento
peggiore della sua storia, che la Juve non è stata odiata per più di un secolo
a causa dell'antipatia dei suoi dirigenti o giocatori; che non è mai stata una
questione personale; che la Juve è stata semplicemente un incubo infinito per
qualunque avversario, perché vinceva, o lottava fino all'ultimo per vincere,
ogni anno, e questo deve tornare a essere. (Sandro Veronesi)
Sono orgoglioso di essere juventino, di essere una «bandiera», come mi
definite spesso, ma in realtà io sono solo una piccola parte di una grande
bandiera bianconera, che cresce col passare degli anni e se ognuno di voi
guarda con attenzione ci trova scritto anche il proprio nome... (Alessandro
Del Piero)
Quando sei della Juve lo sei per sempre. (Zinedine Zidane)
[Sul presunto trasferimento al Valencia in una lettera ai dirigenti del
club spagnolo] :
I soldi non valgono l'amore per una maglia e io ne ho due, una bianconera e
una azzurra. (Umberto Caligaris)
La maglia della mia vita ha avuto due soli colori, il bianco ed il nero ed
era a strisce. (Mario Varglien )
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