Stagione 1976-1977: Lo scudetto dei record
ed il trionfo in Coppa UEFA
Al primo anno di Trapattoni alla Juventus
è legato uno degli scudetti probabilmente più combattuti e spettacolari del
calcio italiano, quello della stagione 1976-1977, conteso ai campioni uscenti del Torino fino all’ultima
giornata: le due squadre, appaiate in cima alla classifica alla fine del girone
d’andata con una media punti insostenibile per le altre contendenti,
continuarono il «testa a testa» per tutto il girone di ritorno. La Juventus
prevalse alla fine con 51 punti, frutto di 23 vittorie, 5 pareggi e 2 sole
sconfitte (record per la Serie A a 16
squadre), contro i 50 del Torino, «un'annata
entusiasmante, indimenticabile»[83]. Per avere
un’idea del ritmo impresso dalle due compagini torinesi a quell’edizione del
campionato, basti notare che la terza classificata, la Fiorentina, si fermò a 35 punti. Quattro giorni prima di vincere il
suo 17º scudetto la Juventus si aggiudicò anche la sua prima competizione
internazionale, la Coppa UEFA, al termine di una durissima doppia finale disputata
contro gli spagnoli dell’Athletic di Bilbao. All’andata la Juventus vinse 1-0 con un goal di Marco Tardelli, al ritorno passò subito in vantaggio con un goal di Roberto Bettega e,
pur perdendo alla fine per 1-2, riuscì a vincere il doppio confronto contro i
baschi e a portare a casa la Coppa. Prima le Zebre avevano eliminato Manchester
City (sconfitta 0-1 in Inghilterra all'andata e 2-0 al ritorno), Manchester
United (0-1 all'Old Trafford e
3-0 a Torino), Shakhtar Donetsk
(3-0 in Italia e 0-1 in U.R.S.S.), Magdeburgo (3-1 in Germania Est e 1-0) e AEK
Atene (4-1 in casa e 1-0 in trasferta). Fu, quella, l’unica affermazione
internazionale che la Juventus, e più in generale, qualsiasi società calcistica
italiana, conseguì con un organico composto esclusivamente da giocatori nati
nella Nazione: di
essi, quelli schierati in campo nella circostanza furono Zoff, Cuccureddu, Gentile; Furino, F. Morini, Scirea; Causio, Tardelli, Boninsegna (sostituito
al 59’ dell’incontro da Spinosi), Benetti e Bettega.
1976-1977
Il Campionato di Serie A 1976-77
fu il settantacinquesimo campionato di calcio italiano,
il quarantacinquesimo giocato a girone unico. Fu una piccola sorpresa il
campionato che prese il via il 3 ottobre 1976, perché la Juventus del
neo-allenatore Giovanni Trapattoni trionfò
quando tutti si aspettavano il bis d'un Torino rinvigorito
dalla vittoria dell'anno precedente, favorito ai nastri di partenza nonostante
la clamorosa sconfitta subita a settembre dal poco quotato Lecce nel
girone di Coppa Italia. La Juventus,
ritenuta indebolita dagli addetti ai lavori a causa delle cessioni di Capello e Anastasi in
cambio dei più maturi Boninsegna e Benetti, firmò invece una mossa vincente: le squadre torinesi diedero
il via ad un campionato ancor più emozionante del precedente, chiuso a punteggi
record.Già dopo due giornate, granata e bianconeri si ritrovarono soli in
testa, dando il via al duello. La Juve, dopo sette vittorie consecutive, arrivò
al derby dell'ottava giornata (5 dicembre) con un punto di vantaggio: i "gemelli del gol" Graziani e Pulici colpirono
e affondarono, decretando il sorpasso. Il Toro condusse per qualche giornata,
per poi venire agganciato dopo un rocambolesco 3-3 contro la Lazio. Proprio la Lazio fu protagonista in quell'anno di due
momenti drammatici: prima perse il 2 dicembre l'allenatore
dello scudetto, Tommaso Maestrelli, spentosi
dopo una lunga malattia. Poi, un mese e mezzo dopo, il 18 gennaio 1977, venne colpita dall'assurda tragedia del centrocampista Luciano Re
Cecconi, che organizzò uno scherzo a un gioielliere,
fingendosi ladro e venendo ucciso da un colpo di pistola. Torino e Juventus,
dopo continui sorpassi, conclusero a pari punti il girone d'andata il 6 febbraio 1977.
Il ritorno iniziò sulla falsariga delle prime quindici partite. La Juve passò
in vantaggio approfittando della sconfitta del Toro a Roma, il 3 aprile, limitò i danni nel secondo derby e condusse con un punto
di vantaggio fino alla ventiseiesima giornata, quando a causa di un pareggio a Perugia fu
raggiunta dai "cugini". La settimana dopo, sabato 30 aprile, un gol di Furino permise
ai bianconeri di battere in extremis il Napoli e
di approfittare del pareggio torinista in casa della Lazio il giorno
successivo. Fu lo scatto decisivo, visto che la Vecchia Signora vinse le ultime
tre partite e concluse il campionato alla quota record di 51 punti, seguita dal
Toro a 50, mentre la Fiorentina, terza, si fermò a 35 e fu protagonista unicamente della
lotta per l'Europa a
cui si aggiunsero Inter e Lazio infruttuosamente
tallonati da un sorprendente Perugia. I bianconeri condirono il tutto con la prima storica
vittoria in Coppa UEFA a
spese dell'Athletic Bilbao, ai granata rimase il titolo di capocannoniere per
Graziani.Crollò improvvisamente il Cesena, retrocesso in Serie B dopo
i successi dell'anno precedente. Sudò freddo il Milan, che si salvò solo grazie alla rimonta che, nelle ultime
due giornate, sancì la seconda retrocessione del Catanzaro e
quella della Sampdoria.
1976/77: IL DERBY INFINITO
Siamo nella seconda metà degli anni
settanta e Torino è la capitale del calcio italiano; era dalla tragedia di
Superga che la squadra granata non vinceva il campionato battendo, in un
esaltante e clamoroso finale di campionato, proprio i bianconeri.Furiosa, la
Juventus si avventa sulla stagione a venire con una sete di rivincita quale
soltanto i grandi leader possono avere; quella sete di un Boniperti che, in
cinque anni di timone, ha vinto tre scudetti ed ha ottenuto due secondi posti.
Proprio da quel non accontentarsi mai trae la forza per andare sempre più in
alto. Così, la Juventus da vita, in quell’estate del 1976, insieme al Torino,
al più straordinario campionato mai disputato in Italia; una volata continua
fin sul traguardo, che vede trionfare la squadra bianconera sui pur fortissimi
rivali.Boniperti azzecca una scelta epocale, individuando in Giovanni
Trapattoni il tecnico giovane che può aprire un ciclo. Ha fatto soltanto una
breve esperienza al timone del Milan, come secondo del Paròn Rocco ed in quel
momento sembra un azzardo, ma Boniperti è sicuro delle qualità del giovane
tecnico di Cusano Milanino. Il Trap si era già promesso all’Atalanta, ma è
bastata una telefonata di Boniperti al presidente orobico per trasferire
Trapattoni sulle rive del Po.I due allestiscono una squadra più da
combattimento che da accademia; rinunciano, a sorpresa, al regista Capello,
caposaldo di tanti successi, ceduto al Milan in cambio del rude Benetti, ex
centravanti trasformatosi in centrocampista tutto sostanza. Risolvono, poi, la
lunga polemica con Anastasi, che si sentiva troppo spesso sacrificato,
cedendolo all’Inter in cambio di Boninsegna, più vecchio di cinque anni e
considerato oramai alla frutta. Torna inoltre all’ovile il giovane Alberto
Marchetti, centrocampista di quantità e qualità ed arriva un giovane che farà
parlare di sé: Antonio Cabrini, diciannovenne terzino sinistro che si è reso
protagonista in serie B, nell’Atalanta.Dai blocchi di partenza si alza una
Juventus di debordante forza fisica e carica agonistica; ermetica in difesa,
con la coppia Cuccureddu Gentile sui lati, due mastini d’eccezionale
rendimento, il pilone centrale Morini ed il libero Scirea, in costante ascesa.
A centrocampo, Trapattoni rivela le proprie doti intuendo le potenzialità del terzino
Tardelli nel cuore della manovra; apparentemente esile, il giovane ex comasco
non teme i contrasti ed è micidiale nelle incursioni offensive.L’ideale per
questa Juventus guerriera, con Furino e Benetti a completare il reparto
Maginot. Ad inventare ci pensa Causio, tornante sulla destra, dove può sfogare
il suo genio tutto dribbling e cross perfetti per le punte Boninsegna, che ha
ancora tanta birra in corpo, e Bettega. Uno squadrone fisicamente strepitoso,
considerato che alle riserve restano poche briciole e che, nel frattempo, è
realizzata l’impresa europea, col primo grande successo internazionale: la
vittoria in Coppa Uefa.Così, se il Torino di Radice parte con cinque vittorie
su cinque alla partenza del campionato, la Juventus di Trapattoni non si
scompone e risponde per le rime: cinque su cinque anche i bianconeri! E quando
alla sesta giornata il Torino pareggia, mentre il rullo compressore bianconero
mette insieme un altro successo eppoi un altro ancora, c’è davvero la
sensazione che si stia verificando un evento storico.Le due squadre sono
completamente differenti: i granata sono aggressivi e spumeggianti, i
bianconeri più compassati, più solidi e sicuri. Mentre il Torino è condizionato
dall’estro di Claudio Sala, punto di partenza e d’incontro delle migliori
iniziative, e dall’alterna vena di Graziani e Pulici, la Juventus è in grado di
distribuire meglio gli sforzi ed allargare, quanto più possibile, il raggio
d’azione e d’influenza di ciascun giocatore. Nessuno nella Juventus vuole
essere protagonista di ruolo, ma lo diventano tutti, adattandosi perfettamente
all’avversario ed alle circostanze.Le avvisaglie dello scudetto bianconero,
come già nel dicembre 1971 in occasione del primo trionfo della Juventus
“bonipertiana”, si manifestano a San Siro contro il Milan. Allora fu un 4-1
perentorio, con Nereo Rocco costretto a dichiarare negli spogliatoi che la
Juventus aveva dato un’autentica lezione di calcio ai rossoneri. Stavolta un
più sofferto 3-2 che, però, diventa eloquente se si pensa che, dopo soli sedici
minuti, i rossoneri vincevano per 2-0. Solamente una grande squadra avrebbe
potuto rimontare uno svantaggio così severo in campo esterno. Quel giorno, 7
novembre 1976, il pubblico presente a San Siro può ammirare il miglior Causio
della stagione; Bettega firma il primo goal bianconero con un colpo di testa.
Nella ripresa Benetti pareggia con una sonora fucilata e Bettega realizza la
rete del successo concludendo, con un tocco magistrale, un irresistibile spunto
di Tardelli.Ma, all’ottava giornata, il derby rimette in sella i granata che
effettuano il sorpasso; la Juventus dimostra di soffrire ancora della sindrome
da derby e si consegna agli avversari quasi rassegnata, incapace di reagire.Un
commento della partita, sui giornali dell’epoca:«Loro hanno giocato nella
maniera in cui avremmo dovuto giocare noi». Con queste parole Giovanni
Trapattoni, allenatore bianconero, ha definito sinteticamente la partita del
Torino. È accaduto nello spogliatoio ed il Trap lo ha detto, con tutta
sincerità e tanta cavalleria, al suo amico rivale Gigi Radice, con il quale
aveva appena scambiato una sportivissima stretta di mano.Il riconoscimento
della superiorità tecnica e tattica del Torino nel 186° Derby della Mole, però,
va inquadrato anche sotto altri aspetti. Il Torino ha vinto, perché ha
sviluppato un tipo di partita centrata, soprattutto, sul piano psicologico. Era
consapevole di aver davanti l’avversario più pericoloso del momento, vale a
dire una squadra alla quale non fa certo difetto il bagaglio tecnico collettivo
di una grand’esperienza, di una valida maturità sul piano pratico, capace di
restare sull’attesa per un’intera partita, per poi mettere a segno la zampata
negli ultimi minuti. Quindi, occorreva studiare bene ogni uomo in campo e
piazzare subito la marcatura giusta; e qui è emersa la perfetta preparazione di
Radice. Di fronte ad un Causio, estro e velocità, uomo che ti sa scappar via se
trova spazio, per andarsene in avanti a suggerire temi pericolosi, ci voleva un
uomo altrettanto veloce, pieno di grinta e senza complessi, che non lasciasse
spazio all’inventiva e che sapesse ricuperare nei duelli in corsa.L’asso nella
manica si chiama Danova ed il duello fra i due è stata una delle cose più
efficaci dell’incontro intero. Causio ha cercato in tutte le maniere di far il
suo gioco, ma Danova non lo ha mollato di un centimetro. Per cui, alla
Juventus, è venuto a mancare un punto di spinta notevole. C’era poi Bettega,
del quale non occorre dire in fatto di classe, bravura e rendimento; ma con
l’attaccante bianconero c’era già stata una serie di precedenti esperienze
sostenute da Mozzini e Bobby-goal, pur rendendosi pericoloso più di una volta,
è stato tenuto a freno. Infine Nello Santin ha curato a dovere Boninsegna e le
tre punte più pericolose dei padroni di casa hanno avuto la strada sbarrata dai
difensori granata.Sul fronte opposto Gentile ha preso, ma c’è voluto un bel po’
di tempo, in consegna Claudio Sala e ne sono nati dei duetti esaltanti, perché
condotti con estrema cavalleria, ma dai quali il granata è uscito quasi sempre
vincitore. A questo punto c’era ben poco da fare; occorreva solamente che la
Juventus giocasse sul piano dell’aggressività, della pressione continua, della
manovra avvolgente, con sfruttamento delle fasce per poi cercare, con i cross,
le teste di Bettega e di Boninsegna.
Ed ecco come le parole di Trapattoni suonano giuste, perché quel tipo di gioco, pressione continua, controllo costante del pallone sfruttando l’anticipo e sempre pronti a marcare senza respiro, con lanci in profondità, l’ha applicato il Torino. Che, e questo lo si era visto già nelle fasi d’avvio, aveva un centrocampo nettamente meglio impostato, i cui uomini hanno lavorato non tanto nell’interdizione, che non è stata mai affannosa, quanto nell’impostazione.Patrizio Sala, Zaccarelli e Salvadori hanno fatto cerniera elastica a rimbalzo in avanti ed in ogni occasione sono stati pronti a smarcarsi oltre che a smarcare i compagni. Per cui, le redini del gioco sono state costantemente in mano ai granata, che hanno rispettato ed eseguito perfettamente i doveri che la situazione di classifica imponeva; erano indietro di un punto, quindi la partita li obbligava ad attaccare. L’hanno fatto con più determinazione, con volontà più sicura, con convinzione diversa, giocando con quella tecnica che in gergo pugilistico si definisce aggressività. Logico che con i “Gemelli” davanti, avrebbero finito con il passare ed, infatti, i “Gemelli” sono passati con un goal ciascuno.La domenica successiva, il Torino dilaga a Catanzaro, 4-0 con doppietta di Graziani, mentre l’astuta Fiorentina blocca i bianconeri a Torino sullo 0-0: Torino punti 18, Juventus 16, la situazione si è capovolta. Nemmeno il tempo di temere una fuga decisiva degli scatenati granata, che la Juventus riprende il passo. Quei due punti saranno il vantaggio massimo del Torino, che alla dodicesima giornata è raggiunto e la domenica successiva staccato di un punto.Nello spazio di sette giorni, infatti, la Juventus coglie due successi, con analogo punteggio di 2-0, che diventano autentiche pietre miliari sulla strada dello scudetto. I bianconeri domano al San Paolo le velleità del Napoli, costretto a giocarsi, in una sola partita, tutte le residue possibilità di un difficile rilancio; il segreto tattico di quella partita è legato all’arretramento di Bettega, centrocampista in più con licenza di verticalizzare per Boninsegna. Nel finale segna persino Scirea, a dimostrazione della grandissima duttilità della squadra bianconera.Al Comunale di Torino la recita si ripete contro l’Inter, tornata baldanzosa da Bologna, dove ha umiliato i rossoblu, già in piena crisi, con un perentorio 5-1; la nuova stella nerazzurra è Muraro, autore di tre goals al Bologna. Ma Morini mette il bavaglio al giovane attaccante interista e, soprattutto, Boninsegna, con due magnifici goal su cross dalle ali, coglie una clamorosa vendetta su chi, il presidente Fraizzoli e l’allenatore Chiappella in primis, lo aveva ceduto, ritenendolo oramai superato. In tribuna d’onore, con straordinaria lucidità, l’avvocato Agnelli sintetizza la partita in una frase: «Fra la Juventus e l’Inter corre la stessa differenza che c’è fra Boninsegna ed Anastasi».La lotta tra le due rivali concittadine propone colpi di scena ad ogni momento, prima con una sconfitta juventina a Roma, contro i giallorossi, per 1-3, che rigetta la squadra allenata da Trapattoni al secondo posto ed, infine, con un equilibrio sostanziale alla fine del girone d’andata, con le due formazioni appaiate a 25 punti. L’Inter, alle loro spalle, è staccata di ben sei punti. Tutto, dunque, deve risolversi nel girone di ritorno ed il Torino sembra risoluto a compiere un altro volo; la domenica successiva, però, perde inaspettatamente per 1-0 sul terreno romanista, dando via libera ai bianconeri vittoriosi sul Foggia. La Roma, quell’anno, sarà l’unica squadra che si potrà vantare di aver battuto sia la Juventus sia il Torino.Le due squadre sono di nuovo pari alla ventunesima giornata, con 35 punti, mentre Inter e Fiorentina sono terze a dieci lunghezze; avanti di nuovo la Juventus sette giorni dopo, un punticino che resiste anche nel derby, ma che viene però colmato alla quintultima, quando i bianconeri non vanno oltre il pari sul sempre ostico campo di Perugia, dove l’anno precedente persero lo scudetto .La Juventus, quindi, riesce a non perdere il derby; anzi, a conti fatti, avrebbe potuto anche vincerlo, considerata la clamorosa traversa colpita da Boninsegna nei minuti finali dell’incontro. La partita si risolve in un minuto, con i goal di Causio e Pulici.Ecco il commento:Le contendenti non hanno deluso; due stili diversi e contrapposti, due valori positivi espressi con metodi differenti ed un goal per parte, nel giro di un minuto, che hanno siglato la parità fra Torino e Juventus.Analizzare la partita al microscopio porta sempre l’identica composizione dei novanta minuti; le due squadre sono partite alla grande, come si conveniva alle prime della classe, ed è stato subito un gran correre sui due fronti. Poi, la Juventus ha avuto il contropiede buono ed il volpone Causio lo ha sfruttato. Dall’altra parte hanno reagito immediatamente nel modo più logico ed il contropiede buono è venuto per il Torino. Pulici, altrettanto volpone, ha rimesso in piatto la bilancia .Poi, ciascuno ha macinato il gioco secondo il proprio stile, applicando gli schemi studiati prima. Il Torino, aggressivo come sempre. Pieno d’estro (Sala, Graziani, Zaccarelli, Pecci), di generosità nel collettivo, ha stretto d’assedio la metà campo juventina. È stato il momento del Torino; azioni a ripetizione, palloni indirizzati verso la rete di Zoff, come sempre all’altezza della situazione ed il risultato non cambia. Il secondo tempo è cominciato con un guizzo ancora granata, poi le cose si sono messe su un binario d’ordinaria amministrazione. Tutte e due davano l’impressione di accontentarsi del goal per parte del primo tempo.Qualche elemento del Torino ha accusato il dispendio d’energie e, per un po’, il tono generale è calato. Non per molto, però, perché la Juventus, sorniona, ha cercato di metter lo zampino fuori nel finale. E proprio gli ultimi venti minuti hanno visto quasi rovesciarsi le posizioni del primo tempo; gli avanti juventini hanno preso a darsi da fare ed un paio di volte la difesa del Torino ha tremato. Castellini è stato degno di Zoff e l’incontro si è chiuso con il risultato acquisito dopo sette minuti di gioco. Contenta la Juventus, anche se qualche tifoso rimugina sui tiri da brivido. Contento il Torino, anche se qualche tifoso rimugina su qualche azione terminata con un pizzico di ritardo da chi avrebbe potuto scattare prima. Ed il derby va agli atti; un punto ciascuno. Sette partite ancora da giocare. Un’altalena che durerà due mesi con nuovi agganci, sorpassi e corse a braccetto; come si addice alle due squadre che esprimono meglio di un calcio che, prendetelo da qualsiasi parte volete, è il migliore della scuola italiana degli ultimi anni. Così come il pubblico, che ha fatto da cornice ad uno spettacolo che ha richiamato l’attenzione di un mondo sportivo. Pubblico maturo, civile, consapevole e preparato. Dentro lo stadio ha saputo vivere le sue emozioni con compostezza e self control degni d’elogio. Sugli spalti di Torino - Juventus c’erano veri tifosi. Il Comunale ha di nuovo vinto.La domenica successiva tocca al Torino fermarsi sul pari, mentre i bianconeri, il giorno precedente, perché la partita è anticipata di sabato per permettere alla Juventus di preparare meglio l’incontro di Coppa Uefa, avevano battuto il Napoli a pochi minuti dalla fine con un goal di Furino che, con la sua incredibile combattività è l’emblema di questa squadra, grintosa come nessun’altra. Sarà il punto decisivo. L’appuntamento con l’Inter a San Siro, l’8 di maggio, è troppo importante per non essere affrontato con la massima serietà. Spinosi prende il posto di Morini, infortunato. Gori sostituisce l’indispensabile Boninsegna e sigla un goal nel primo tempo. Tardelli, nella ripresa, raddoppia chiudendo definitivamente la partita. Quella squadra, tutta italiana, esce dal terribile campo di Bilbao con la Coppa Uefa, primo trofeo internazionale della sua storia e, quattro giorni dopo, dal difficile campo della Sampdoria con lo scudetto numero diciassette.
Ed ecco come le parole di Trapattoni suonano giuste, perché quel tipo di gioco, pressione continua, controllo costante del pallone sfruttando l’anticipo e sempre pronti a marcare senza respiro, con lanci in profondità, l’ha applicato il Torino. Che, e questo lo si era visto già nelle fasi d’avvio, aveva un centrocampo nettamente meglio impostato, i cui uomini hanno lavorato non tanto nell’interdizione, che non è stata mai affannosa, quanto nell’impostazione.Patrizio Sala, Zaccarelli e Salvadori hanno fatto cerniera elastica a rimbalzo in avanti ed in ogni occasione sono stati pronti a smarcarsi oltre che a smarcare i compagni. Per cui, le redini del gioco sono state costantemente in mano ai granata, che hanno rispettato ed eseguito perfettamente i doveri che la situazione di classifica imponeva; erano indietro di un punto, quindi la partita li obbligava ad attaccare. L’hanno fatto con più determinazione, con volontà più sicura, con convinzione diversa, giocando con quella tecnica che in gergo pugilistico si definisce aggressività. Logico che con i “Gemelli” davanti, avrebbero finito con il passare ed, infatti, i “Gemelli” sono passati con un goal ciascuno.La domenica successiva, il Torino dilaga a Catanzaro, 4-0 con doppietta di Graziani, mentre l’astuta Fiorentina blocca i bianconeri a Torino sullo 0-0: Torino punti 18, Juventus 16, la situazione si è capovolta. Nemmeno il tempo di temere una fuga decisiva degli scatenati granata, che la Juventus riprende il passo. Quei due punti saranno il vantaggio massimo del Torino, che alla dodicesima giornata è raggiunto e la domenica successiva staccato di un punto.Nello spazio di sette giorni, infatti, la Juventus coglie due successi, con analogo punteggio di 2-0, che diventano autentiche pietre miliari sulla strada dello scudetto. I bianconeri domano al San Paolo le velleità del Napoli, costretto a giocarsi, in una sola partita, tutte le residue possibilità di un difficile rilancio; il segreto tattico di quella partita è legato all’arretramento di Bettega, centrocampista in più con licenza di verticalizzare per Boninsegna. Nel finale segna persino Scirea, a dimostrazione della grandissima duttilità della squadra bianconera.Al Comunale di Torino la recita si ripete contro l’Inter, tornata baldanzosa da Bologna, dove ha umiliato i rossoblu, già in piena crisi, con un perentorio 5-1; la nuova stella nerazzurra è Muraro, autore di tre goals al Bologna. Ma Morini mette il bavaglio al giovane attaccante interista e, soprattutto, Boninsegna, con due magnifici goal su cross dalle ali, coglie una clamorosa vendetta su chi, il presidente Fraizzoli e l’allenatore Chiappella in primis, lo aveva ceduto, ritenendolo oramai superato. In tribuna d’onore, con straordinaria lucidità, l’avvocato Agnelli sintetizza la partita in una frase: «Fra la Juventus e l’Inter corre la stessa differenza che c’è fra Boninsegna ed Anastasi».La lotta tra le due rivali concittadine propone colpi di scena ad ogni momento, prima con una sconfitta juventina a Roma, contro i giallorossi, per 1-3, che rigetta la squadra allenata da Trapattoni al secondo posto ed, infine, con un equilibrio sostanziale alla fine del girone d’andata, con le due formazioni appaiate a 25 punti. L’Inter, alle loro spalle, è staccata di ben sei punti. Tutto, dunque, deve risolversi nel girone di ritorno ed il Torino sembra risoluto a compiere un altro volo; la domenica successiva, però, perde inaspettatamente per 1-0 sul terreno romanista, dando via libera ai bianconeri vittoriosi sul Foggia. La Roma, quell’anno, sarà l’unica squadra che si potrà vantare di aver battuto sia la Juventus sia il Torino.Le due squadre sono di nuovo pari alla ventunesima giornata, con 35 punti, mentre Inter e Fiorentina sono terze a dieci lunghezze; avanti di nuovo la Juventus sette giorni dopo, un punticino che resiste anche nel derby, ma che viene però colmato alla quintultima, quando i bianconeri non vanno oltre il pari sul sempre ostico campo di Perugia, dove l’anno precedente persero lo scudetto .La Juventus, quindi, riesce a non perdere il derby; anzi, a conti fatti, avrebbe potuto anche vincerlo, considerata la clamorosa traversa colpita da Boninsegna nei minuti finali dell’incontro. La partita si risolve in un minuto, con i goal di Causio e Pulici.Ecco il commento:Le contendenti non hanno deluso; due stili diversi e contrapposti, due valori positivi espressi con metodi differenti ed un goal per parte, nel giro di un minuto, che hanno siglato la parità fra Torino e Juventus.Analizzare la partita al microscopio porta sempre l’identica composizione dei novanta minuti; le due squadre sono partite alla grande, come si conveniva alle prime della classe, ed è stato subito un gran correre sui due fronti. Poi, la Juventus ha avuto il contropiede buono ed il volpone Causio lo ha sfruttato. Dall’altra parte hanno reagito immediatamente nel modo più logico ed il contropiede buono è venuto per il Torino. Pulici, altrettanto volpone, ha rimesso in piatto la bilancia .Poi, ciascuno ha macinato il gioco secondo il proprio stile, applicando gli schemi studiati prima. Il Torino, aggressivo come sempre. Pieno d’estro (Sala, Graziani, Zaccarelli, Pecci), di generosità nel collettivo, ha stretto d’assedio la metà campo juventina. È stato il momento del Torino; azioni a ripetizione, palloni indirizzati verso la rete di Zoff, come sempre all’altezza della situazione ed il risultato non cambia. Il secondo tempo è cominciato con un guizzo ancora granata, poi le cose si sono messe su un binario d’ordinaria amministrazione. Tutte e due davano l’impressione di accontentarsi del goal per parte del primo tempo.Qualche elemento del Torino ha accusato il dispendio d’energie e, per un po’, il tono generale è calato. Non per molto, però, perché la Juventus, sorniona, ha cercato di metter lo zampino fuori nel finale. E proprio gli ultimi venti minuti hanno visto quasi rovesciarsi le posizioni del primo tempo; gli avanti juventini hanno preso a darsi da fare ed un paio di volte la difesa del Torino ha tremato. Castellini è stato degno di Zoff e l’incontro si è chiuso con il risultato acquisito dopo sette minuti di gioco. Contenta la Juventus, anche se qualche tifoso rimugina sui tiri da brivido. Contento il Torino, anche se qualche tifoso rimugina su qualche azione terminata con un pizzico di ritardo da chi avrebbe potuto scattare prima. Ed il derby va agli atti; un punto ciascuno. Sette partite ancora da giocare. Un’altalena che durerà due mesi con nuovi agganci, sorpassi e corse a braccetto; come si addice alle due squadre che esprimono meglio di un calcio che, prendetelo da qualsiasi parte volete, è il migliore della scuola italiana degli ultimi anni. Così come il pubblico, che ha fatto da cornice ad uno spettacolo che ha richiamato l’attenzione di un mondo sportivo. Pubblico maturo, civile, consapevole e preparato. Dentro lo stadio ha saputo vivere le sue emozioni con compostezza e self control degni d’elogio. Sugli spalti di Torino - Juventus c’erano veri tifosi. Il Comunale ha di nuovo vinto.La domenica successiva tocca al Torino fermarsi sul pari, mentre i bianconeri, il giorno precedente, perché la partita è anticipata di sabato per permettere alla Juventus di preparare meglio l’incontro di Coppa Uefa, avevano battuto il Napoli a pochi minuti dalla fine con un goal di Furino che, con la sua incredibile combattività è l’emblema di questa squadra, grintosa come nessun’altra. Sarà il punto decisivo. L’appuntamento con l’Inter a San Siro, l’8 di maggio, è troppo importante per non essere affrontato con la massima serietà. Spinosi prende il posto di Morini, infortunato. Gori sostituisce l’indispensabile Boninsegna e sigla un goal nel primo tempo. Tardelli, nella ripresa, raddoppia chiudendo definitivamente la partita. Quella squadra, tutta italiana, esce dal terribile campo di Bilbao con la Coppa Uefa, primo trofeo internazionale della sua storia e, quattro giorni dopo, dal difficile campo della Sampdoria con lo scudetto numero diciassette.
DA “LA GAZZETTA DELLO SPORT”:
«Una stagione irripetibile». Così, per la
media record, per lo stress sopportato, la giudica Giampiero Boniperti,
presidente della grande accoppiata. «Ho tremato una volta sola a Bilbao,
nell’ultima parte della tremenda finale. La Coppa era legata ad un filo e si
rischiava di perderla. Ma la squadra ha resistito, sono stati tutti meravigliosi
per dedizione agonistica, spirito di sacrificio, temperamento.In campionato,
invece, era diverso. La Coppa era corta, centottanta minuti ogni tanto, il
campionato lungo, un impegno a fondo ogni domenica, ogni risultato un anello
della catena. Poiché le fatiche si assommavano, bisognava sopportarle senza
vacillare. La concentrazione psicologica è stata più importante di quella
fisica. Erano continue verifiche. Nervi saldi, gioco, tenuta e carattere. Non è
mancato proprio niente. La svolta di Milano con l’Inter è stata quella
decisiva, allora ho capito che lo scudetto non poteva sfuggirci».Trapattoni
iscrive il suo nome a lettere d’oro nella storia della Juventus. Il giovane
allenatore, venuto da Milano, può vantarsi di avere dato alla società
bianconera il primo trionfo internazionale, la Coppa Uefa, che la Juventus
inseguiva da venti anni. Come non bastasse, ha voluto dilatare il trionfo
personale e della società con la conquista dello scudetto numero diciassette;
un successo tutto suo che non deve condividere con altri, come quando il Milan
vinse la Coppa delle Coppe.«L’allenatore, infatti, era Rocco», sottolinea il
Trap, «evidente che questo doppio successo mi riempia di soddisfazione. E di
motivi di gioire ne ho altri, molti. Siamo andati avanti fino all’ultimo
traguardo su due fronti, siamo stati gli unici a dovere sopportare una
molteplicità d’impegni, fra i quali metto anche, in prima linea, il notevole
contributo fornito dalla rosa bianconera alla Nazionale. L’en plein, l’aver
dimostralo una supremazia sia in campo nazionale sia in quello internazionale,
appare ancora più prestigioso considerando che in questa Juventus, quando si è
cominciata la preparazione lo scorso agosto a Villar Perosa, non credeva
nessuno. Attorno alla squadra bianconera c’era molto scetticismo. La Juventus
adeguandosi a quel che si sta facendo nel resto d’Europa ha creato un
centrocampo privo del tradizionale regista. A turno ogni giocatore è stato
capace di sobbarcarsi questo non facile compito. I ragazzi hanno assimilato
così bene la nuova tematica di gioco che non abbiamo dovuto pagare pedaggi in
fatto di rodaggio. È partita subito forte la Juventus, mentre altre erano alle
prese con problemi d’inquadratura. Subito si è delineato il duello col Torino,
che ha movimentato, esaltato il campionato. La squadra ha avuto una continuità
di rendimento lungo l’arco di una stagione, veramente notevole. Ho sempre avuto
fiducia in questo complesso che si è rivelato davvero di dimensione europea.
Non ho mai avuto grossi timori».
Classifica
|
Pt
|
G
|
V
|
N
|
P
|
GF
|
GS
|
|
1.
|
Juventus
|
51
|
30
|
23
|
5
|
2
|
50
|
20
|
2.
|
Torino
|
50
|
30
|
21
|
8
|
1
|
51
|
14
|
3.
|
Fiorentina
|
35
|
30
|
12
|
11
|
7
|
38
|
31
|
4.
|
Inter
|
33
|
30
|
10
|
13
|
7
|
34
|
27
|
5.
|
Lazio
|
31
|
30
|
10
|
11
|
9
|
34
|
28
|
6.
|
Perugia
|
29
|
30
|
9
|
11
|
10
|
32
|
28
|
7.
|
Napoli[1]
|
28
|
30
|
9
|
11
|
10
|
37
|
38
|
8.
|
Roma
|
28
|
30
|
9
|
10
|
11
|
27
|
33
|
9.
|
Verona
|
28
|
30
|
7
|
14
|
9
|
26
|
32
|
10.
|
Milan
|
27
|
30
|
5
|
17
|
8
|
30
|
33
|
11.
|
Genoa
|
27
|
30
|
8
|
11
|
11
|
40
|
45
|
12.
|
Bologna
|
27
|
30
|
8
|
11
|
11
|
24
|
31
|
13.
|
Foggia
|
26
|
30
|
10
|
6
|
14
|
33
|
39
|
14.
|
Sampdoria
|
24
|
30
|
6
|
12
|
12
|
28
|
42
|
15.
|
Catanzaro
|
21
|
30
|
7
|
7
|
16
|
26
|
43
|
16.
|
Cesena
|
14
|
30
|
3
|
8
|
19
|
22
|
48
|
[1] : Un
punto di penalizzazione per eccessivo ripetersi di intemperanze del pubblico
del San Paolo.
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1977-1978
La Juventus continuò
a percorrere la strada della ricerca di giovani calciatori italiani e,
pur fallendo per un soffio l'accesso in finale di Coppa dei
Campioni, mieté successi in Italia: fu il quinto
scudetto in otto anni per i torinesi che,
con il 18º titolo assoluto, compirono un ulteriore passo avanti verso la
seconda stella dorata.Il campionato iniziò l'11 settembre e i sei gol che i bianconeri rifilarono al Foggia suonarono
come un avvertimento, anche se i primi a tentare la fuga, dopo la sconfitta
contro la Lazio, furono i rossoblu del Genoa. Bene anche il Milan, in testa dopo sei giornate. I rossoneri condussero fino
al 31 dicembre 1977, quando pareggiarono a Bergamo e
la Juventus li
raggiunse per poi prendere velocità. Il 22 gennaio i
bianconeri furono campioni d'inverno. Ancora una tragedia, durante il girone
d'andata, aveva sconvolto il campionato: il 30 ottobre, al 50' di Perugia-Juventus, il giovane
centrocampista biancorosso Renato Curi piombò
a terra esanime e tutti i tentativi di salvargli la vita si rivelarono inutili.
A ucciderlo fu un male al cuore mai diagnosticato prima dai dottori della
squadra e della FIGC; gli umbri in
seguito gli dedicarono lo stadio.Con l'inizio del girone di ritorno la Juventus si
ritrovò alle spalle un'inedita coppia d'inseguitrici: il solito Torino e
lo spettacolare Lanerossi, vivace
neopromossa che, per il suo gioco spumeggiante votato all'attacco (l'appena
ventunenne Paolo Rossi si
laureò capocannoniere con
ben 24 gol al termine del campionato), si guadagnò l'appellativo di Real Vicenza. La Juventus amministrò
comunque il ritorno, anche se due pareggi contro Inter e Bologna non
le fecero vivere un finale di campionato troppo tranquillo, visto che il Torino
ambì all'aggancio. Pareggiando a Roma contro
i giallorossi, il 30 aprile, i bianconeri furono Campioni d'Italia per il secondo anno
consecutivo; Vicenza e Torino, seconde, chiusero a cinque punti di distacco. Il
Lanerossi grazie al secondo posto si qualificò per la prima volta nella sua
storia alla Coppa UEFA. Sudarono freddo
il Bologna, per la prima volta nei guai e costretto alla rimonta nel girone di
ritorno, e la Fiorentina, terza l'anno prima e salva solamente grazie a una
migliore differenza reti nei confronti di Foggia e Genoa, che scivolarono in Serie B. Esordio in Serie A da dimenticare per il Pescara, prima abruzzese a
vedere la massima categoria. A giugno la qualificazione del Napoli per
la finale di Coppa Italia contro
l'Inter garantì
ai partenopei un posto in zona Uefa.
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