mercoledì 18 giugno 2014

Dal 1963 al 1967

1963-1964
Il Campionato 1963-1964 rimase nella storia come un torneo avvincente; non solo perché si concluse (unico in Serie A) allo spareggio, ma anche per la vittoria del Bologna di Fulvio Bernardini dopo 23 anni, con lo scudetto ottenuto superando la Grande Inter. Il campionato cominciò il 15 settembre 1963 : all'inizio fu l'Inter campione uscente a guidare la testa della classifica, ma ben presto i nerazzurri vennero sorpassati dal Bologna. Lo scontro diretto del 17 novembre finì in pareggio (0-0), e il 12 gennaio gli emiliani si laurearono campioni d'inverno alla pari con il Milan. Il 9 febbraio, i felsinei superarono i rossoneri ma poche settimane dopo (esattamente il 4 marzo) la FIGC scoprì uno scandalo. Dai controlli della FIGC risultò che dopo la gara Bologna-Torino 4-1 del 2 febbraio, cinque giocatori rossoblu avevano sostenuto dei test antidoping che erano risultati positivi. Le provette contenenti l'urina dei giocatori furono sequestrate dalla magistratura per le indagini ; nel frattempo, la Federazione diede la vittoria a tavolino ai granata ed assegnò un punto di penalizzazione agli emiliani. Al termine del processo tuttavia, risultò che le dosi delle provette erano così eccessive che non solo un uomo, ma nemmeno un cavallo avrebbe potuto sopportare. Di conseguenza la FIGC restituì il punto al Bologna ; in questi due mesi però, la squadra di Bernardini aveva subito il ritorno dell'Inter. Il 17 maggio, l’inter raggiunse in vetta i rivali e le due squadre chiusero il campionato appaiate a 54 punti. Si rese quindi necessario lo spareggio, per la prima volta nella storia del campionato. La Federazione stabilì che si sarebbe giocato a Roma domenica 7 giugno. Mercoledì 3 giugno, il presidente felsineo Dall'Ara morì per un infarto, ma ai suoi funerali (tenutisi venerdì 5) non poterono partecipare i giocatori poiché la gara non fu rinviata. Lo spareggio si risolse con la vittoria del Bologna per 2-0, con un gol di Nielsen e un'autorete di Facchetti. Nello stesso giorno del trionfo dei rossoblu, al "Ferraris" di Genova la Sampdoria batté per 2-0 il Modena nello spareggio per la salvezza. I canarini retrocedettero in Serie B, insieme al Bari e alla S.P.A.L. già retrocesse alla fine del campionato. Si salvarono la Lazio, il Genoa e il Messina.

Bologna 1964 (da Il pallone racconta)
Paradiso e Inferno, Andata-Ritorno
Era un Bologna da paradiso. Quello di Bernardini, quel­lo di Bulgarelli, quello di Haller. La squadra che si avvia­va a vincere, dopo un memorabi­le spareggio con l'Inter di Herrera, il suo settimo - e ultimo -scudetto. Era stato il Dottor Fuffo, artista incredulo davanti al suo capolavoro, a inventare lo slogan che sarebbe diventato ce­lebre: «Così si gioca solo in pa­radiso». Paradiso artificiale, però, stando al comunicato che la Federcalcio diramò il 4 marzo 1964: cinque giocatori del Bolo­gna erano risultati positivi alle analisi antidoping effettuate il 2 febbraio dopo la gara col Torino. Quel match col Torino, vinto dai ros­soblu per 4-1, era stato l'ultima perla di una "collana" da record: dieci vittorie di fila. Gli uomini di Bernardini avevano comincia­to la striscia di successi il 24 no­vembre (3-0 al Vicenza) e aveva­no proseguito stendendo nell'or­dine Bari, Catania, Mantova, Ju­ventus, Messina, Lazio, Roma, Genoa e, appunto, Torino.Si può immaginare l'effetto che fece quel comunicato su una città che già pregustava un trionfo atteso da 23 anni. Sconforto? Macché: la parola giusta è furore. Sotto i portici è un fiorire di manifesti che gri­dano al complotto, le strade so­no percorse dai cortei di prote­sta, i giornali cittadini, appog­giati da quelli romani, scatena­no la guerra santa contro i pote­ri forti che agevolerebbero i mi­lanesi ricchi e ingordi. E il po­vero Dall'Ara, il glorioso presi­dente? Il povero Dall'Ara deve andarci piano, perché ha un cuore malandato e ogni piccola emozione potrebbe essergli fa­tale. Per il momento si consulta coi suoi legali e fa l'unica cosa che può fare: chiedere le cosid­dette controanalisi, ovvero far esaminare anche il secondo campione delle urine. Il regola­mento infatti prevede che al momento del prelievo, il cam­pione venga diviso in due flaco­ni, proprio per riservarsi la pos­sibilità di una eventuale verifica. Ma, tempo tre giorni, arriva il primo colpo di scena: il 7 marzo tre avvocati bolognesi (Cagli, Gabellini e Magri) hanno la bel­la pensata di adire la giustizia or­dinaria. Ventiquattr'ore dopo il procuratore di Bologna Bonfiglio ordina il sequestro dei cam­pioni incriminati, che così non saranno più a disposizione della giustizia sportiva per le controa­nalisi. L'incarico è affidato al maresciallo dei carabinieri Carpinacci, che però non può prelevare il campione depositato a Coverciano, perché - dicono i medici - non può essere asportato: il rischio è che il "prodotto" durante il trasporto possa deperi­re, rendendo impossibile ogni ul­teriore analisi.  Resta l'altro cam­pione, quello conservato al Cen­tro di medicina legale delle Ca­scine: e qui, effettivamente, vie­ne riscontrata la presenza di amfetamine. Peccato però che le provette non siano sigillate e vengano conservate in un frigori­fero privo si serratura e conte­nente oltre ai flaconi in questione alcuni tubetti di amfetamina.  Ri­sultato: il riscontro è considerato inattendibile, dal momento che chiunque avrebbe potuto adulte­rare i campioni. Non solo: la quantità dello stimolante rinve­nuta è tale da stroncare un uomo di normale costituzione. Insom­ma, bisogna rifarsi alle provette di Coverciano.  Sorpresa: i cara­binieri stavolta trovano i flaconi perfettamente sigillati, in un fri­gorifero con doppia serratura, ma nessuna traccia di amfetami­na. Il mistero è sempre più fitto... Intanto però il Bologna, che ha debitamente preso le distanze dall'azione legale dei tre avvoca­ti (la clausola compromissoria impone alle società di fidarsi del­la giustizia sportiva senza travali­carla) deve sottomettersi al ver­detto della Commissione giudicante. Che arriva il 27 marzo ed è pesantissimo: Bernardini viene squalificato per un anno e mezzo e alla squadra vengono tolti tre punti (i due ottenuti contro il To­rino, più un punto di penalizza­zione). Assolti invece i giocatori, perché la somministrazione dei farmaci sarebbe avvenuta a loro insaputa. Il campionato prosegue, ma è chiaro che senza quei tre punti il Bologna non può tenere testa al­l'Inter nello sprint per lo scudet­to. Il 4 maggio, quando mancano tre giornate alla fine del torneo, arriva anche la sentenza della ma­gistratura ordinaria. Che appunto comunica di aver accertato «L'as­soluta mancanza di sostanze do­panti nelle urine conservate pres­so il Centro di Coverciano».  E il caos: da una parte il verdetto dei giudici sportivi, dall'altra quello - di segno diametralmente oppo­sto - della magistratura ordinaria. E in mezzo il surreale testa a testa tra Bologna e Inter, giunto ormai agli ultimi palpiti. Fortuna che c'è la sosta del 10 maggio: la CAF ha così il tempo di dirimere la questione prima della ripresa del campionato. E il 16 maggio arriva la tanto sospirata (dai bolo­gnesi) assoluzione. Motivo: «l'accertata mancanza di prove circa l'assunzione, da parte dei giocatori, di sostanze proibite». Risultato pratico: al Bologna vengono restituiti i tre punti tol­ti e così i rossoblu si ritrovano ap­paiati all'Inter. L'equilibrio re­sterà intatto fino alla fine e solo lo spareggio, dopo la tragica scomparsa di Dall'Ara, asse­gnerà lo scudetto ai rossoblu.Certo, i misteri in questa storia ingarbugliata restano e nemme­no la sentenza definitiva del Tri­bunale di Firenze (13 marzo 1966) contribuirà a chiarirli. Se le provette sono state manomes­se, chi è stato l'autore dell'im­broglio? «All'epoca in cui i cin­que flaconi non sigillati», si leg­ge nella sentenza, «si trovavano nel frigorifero (senza chiave) delle Cascine, nell'immobile erano in corso dei lavori di rifa­cimento, il luogo non era custo­dito e vi si poteva accedere con relativa facilità, perché sia i can­celli che le porte erano aperte». Da quelle porte passò l'uomo che tentò di riportare in terra quel Bologna da paradiso.  Un uomo al quale il Resto del Carlino ha assegnato un volto due an­ni fa: quello di Gipo Viani, allo­ra tecnico del Milan. Rivelazione del dottor Dalmastri, medico sociale del Bologna dal '64 al '90: «Qualche anno prima della sua morte, Viani mi confidò che fu lui a far manomettere le pro­vette»È difficile stabilire, a di­stanza di tanti anni, quali motiva­zioni potessero spingere Viani a tramare contro il Bologna. Il Carlino però nell'occasione ripe­scò una frase sibillina del nipote di Dall'Ara, Augusto: «Nel gennaio '64 tre uomini offrirono al presidente del Bologna di combinare un inghippo ai danni dell'Inter dietro un compenso di trenta milioni. Dall'Ara rifiutò e un mese dopo i rossoblu furono travolti dal ciclone del doping»Mah: sembra che col passare del tempo, la nebbia che circonda il caso invece di diradarsi si infitti­sca sempre di più. Perché nel mazzo delle rivelazioni a scoppio ritardato va inserita anche quella di Giacomo Bulgarelli, che nel '98 ha dichiarato alla Gazzetta dello Sport: «A me davano sem­pre il Micoren. Dicevano che serviva per la respirazione e io lo prendevo. Ma non soltanto io, tutti i miei compagni ne facevano uso. Poi, quando i controlli sono diventati più severi, si è smesso». E allora dobbiamo proprio rasse­gnarci: la vicenda del doping è un bel giallo al quale hanno strappato l'ultima pagina.

Tentativo di rubare uno scudetto alterando le provette di urina del Bologna (nel 1964).
Erano gli anni in cui, secondo quanto riferiscono tutti gli addetti ai lavori dell’epoca, Angelo Moratti regalava orologi d’oro agli arbitri; Da un’intervista a Bulgarelli.
Bulgarelli, sono passati più di quarant’anni ma sembra che nel mondo del calcio non sia cambiato niente. Che cosa ricorda di quei giorni del 1964? “Alla vigilia dell’incontro di San Siro contro il Milan Fulvio Bernardini, il nostro allenatore, ci disse che se avessimo vinto sarebbe successo qualcosa di grave. Noi non capimmo a che cosa si riferisse e scoppiammo a ridere. Vincemmo 2-1, ma pochi giorni dopo Pavinato, Fogli, Tumburus, Perani e Pascutti furono trovati positivi al controllo antidoping relativo alla partita contro il Torino, che battemmo per 4-1. Una cosa ridicola, eravamo puliti, e le controanalisi lo dimostrarono. In tutti i campi d’Italia, però, ci chiamavano drogati. Se avessimo davvero assunto sostanze proibite, avremmo rischiato pesanti conseguenze dal punto di vista fisico”. Poi le manifestazioni di piazza in vostro favore, la riabilitazione e lo spareggio contro l’Inter. Quanto contribuì la reazione della città in vostro favore? “L’affetto della gente fu straordinario e ci diede una grande forza d’animo per andare avanti. L’atmosfera del giorno dello spareggio fu unica: non c’era la diretta televisiva, molti bolognesi si ritrovarono sui colli e la città era avvolta da uno strano silenzio. La paura era destinata a passare: vincemmo, e portammo a casa un meritatissimo scudetto. Fu molto importante anche l’appoggio della stampa (Il Resto del Carlino e Stadio, all’epoca stampato proprio a Bologna, si mobilitarono per una campagna in favore dei giocatori rossoblù, ndr): senza l’apporto di tanti bravi giornalisti forse il nostro caso non avrebbe avuto la stessa risonanza”.

Di fronte alle due squadre milanesi e al Bologna che sembrano voler dominare il nuovo decennio del calcio italiano, la Juventus continua la sua opera di ricostruzione, mantenendo ugualmente una certa vicinanza ai vertici della classifica. Il campionato che si apre è ancora nel segno di una squadra poco equilibrata, che alterna ottime prestazioni a cadute impreviste come quella a Modena che costa il posto in panchina ad Amaral, sostituito da Eraldo Monzeglio, terzino campione del mondo del 1934. Le difficoltà della squadra però non cessano e il girone di andata si chiude al quarto posto con 22 punti, alle spalle di Milan e Bologna a 27 e Internazionale a 25. La posizione non muterà nel girone di ritorno, con un periodo nero ancora una volta in primavera in cui i bianconeri fanno registrare 3 punti in 6 partite, con appena 2 reti all’attivo. Come punte sono andati via Miranda e Siciliano, sostituiti da Nenè, Da Costa e Menichelli che però faticano a mantenere le promesse.

JUVENTUS – INTERNAZIONALE 4-1 (3-1)
Torino, Stadio Comunale, 22.12.1963 - 14° Giornata
RETI: 4’ Milani (I); 20’ Burgnich aut. (J); 39’ Del Sol (J); 41’ Del Sol (J); 90’ Menichelli (J)
JUVENTUS: Mattrel, Gori, Sarti; Castano, Salvadore, Leoncini; Stacchini, Del Sol, Nenè; Sivori, Menichelli – All. Monzeglio
INTERNAZIONALE: Sarti, Burgnich, Facchetti; Tagnin, Guarneri, Masiero; Jair, Corso, Milani; Suarez, Cappellini – All. Herrera
CRONACA:  La Juventus non si è limitata a farsi prendere per la mano dal pronostico, ma lo ha forzato al punto di andare oltre ogni ragionevole previsione, sfruttando tutte le possibili carte a disposizione: dal coraggio alla saggezza, dal temperamento superiore sino alla fortuna.  Tutte qualità che ha strappato all’Inter proprio quando i milanesi, in vantaggio per una rete di Milani dopo soli quattro minuti di gioco, pareva avessero vinto la mano più delicata della partita, quella della carica psicologica. Ma a quella botta a freddo ha corrisposto la replica forse fortunata della Juventus dopo un quarto d’ora, quando un tiro di Del Sol ha urtato contro una gamba di Burgnich e si è trasformato in una parabola che ha scavalcato Sarti già proiettato in tuffo. Fra le due reti, per dimensionare le modalità favorevoli che hanno portato al pareggio, occorre precisare che la Juventus (dopo un’occasione fallita da Milani) aveva mostrato doti di recupero prodigiose, apprestandosi al gioco offensivo senza alcun handicap morale per la segnatura iniziale di Milani. Non lo si può affermare con certezza, ma c’è da credere che anche senza l’autogol il pareggio sarebbe venuto ugualmente. Comunque la Juventus a quel momento lo aveva ampiamente meritato. Non che i bianconeri compissero cose prodigiose, ma tenevano il campo con autorità, chiudevano ogni varco verso Mattrel con rapidi ripiegamenti difensivi e subitanei rovesciamenti in avanti, approfittando della superiore vivacità di Del Sole e Leoncini rispetto a Suarez e Corso. In sede di presentazione, era stato facile affermare che la partita l’avrebbero decisa questi quattro giocatori, e così è stato puntualmente. Del Sol soprattutto era in una di quelle giornate in cui il correre pare gli alleggerisca la carica nervosa, quasi che la fatica gli sia necessaria per rendere ancora di più. Quindi non si poneva in luce per lanci folgoranti in profondità, o rapide aperture sulle ali, bensì andava sempre di persona a portare la palla dove più gli faceva comodo. Per venti minuti Suarez ha cercato di contrastarlo come ha potuto (cioè maluccio), poi Suarez, colpito in maniera troppo dura da Salvadore (ingiustificabili certi falli in un difensore di quella classe), ha rinunciato ad ogni pedinamento, pur rimanendo nella zona del connazionale juventino. Del Sol allora pareva scatenato e, palla al piede, affrontava la difesa nerazzurra ad alta velocità, perché la partenza sicura gli era stata assicurata dall’immobilità di Suarez, e si sa che è difficile bloccare correttamente un attaccante già lanciato. Dopo una ventina di minuti di questo imperversare, veniva la seconda rete, che rappresenta sinteticamente tutto quanto detto fin qui: Del Sol scatta da metà campo, ignora tutti i suoi compagni, evita (non si pouò dire scarta…) Suarez, piomba a piena velocità su Guarneri, tocca lateralmente ed infine fa partire in tiro preciso che va all’incrocio dei pali. In precedenza avevamo contato altri cinque tentativi del genere (due terminati sul fondo, uno fra le braccia di Sarti e due contro un avversario). Due minuti dopo la conferma: Stacchini batte un calcio d’angolo, ogni interista controlla uno juventino. La palla spiove su Del Sol, Suarez lo guarda mentre di testa corregge in rete. A questo punto non riusciamo a spiegarci come mai in seno all’Inter non si sia capito che il differente rendimento odierno fra Del Sol e Suarez, cagionava la rottura di ogni possibile equilibrio. […] La Juventus traeva la sua grande sicurezza di manovra dalla solidità della difesa, dove aveva cominciato Sarti a contenere quasi tutte le velleità di Jair, dopo l’ingenuità commessa al sorgere dell’azione che aveva portato alla segnatura di Milani. Poi Castano o Salvadore annullavano completamente lo stesso Milani, il quale li aveva bruciati impensatamente al quarto minuto. Da quel momento scompariva il centravanti interista. Dall’altra parte, il giovane Cappellini si trovava assoolutamente solo, privo di ogni collegamento con i compagni. Sistemate in tal modo le punte avversarie, la difesa della Juventus poteva dedicarsi quasi esclusivamente al rifornimento dei centrocampisti: Leoncini stava più guardingo perché Corso appariva ancora l’unico in grado di recare fastidi, ma Del Sol era in grado di assumere la direzione del gioco, enormemente esaltato dalla libertà di cui impensatamente poteva godere. Rimangono gli altri quattro attaccanti juventini. Sivori aveva contro il miglior interista, Tagnin, un difensore che lo ha assillato in ogni maniera senza mai compiere un fallo e forse i loro successivi scontri hanno rappresentato uno degli squarci più avvincenti dell’incontro. Ma Sivori ha troppa classe e sapiente visione della manovra per non sapersi rendere utile anche quando non ha la palla. E lo si vedeva allora arretrare, o svariare sulle ali, per dare spazio all’accorrente Del Sol, o a Menichelli, o a Stacchini più di lui portati alla realizzazione di lunghe volate. Magari si limitava ad offrirsi per creare lo scambio di disimpegno, a fare il “muro”, con il grande vantaggio di non sbagliare mai un tocco. Con questa massa d’urto che avanzava alle spalle, le tre punte juventine non potevano certo brillare, in quanto tutto lo spazio di vantaggio era già stato consumato dagli altri. Poco si vedeva Nenè, Stacchini vinceva quasi tutti i duelli con Facchetti, ma non era pronto a sfruttare quei successi momentanei con passaggi opportuni. Sbagliava ancor di più la misura nella ripresa quando Facchetti, spericolato e disinvolto nell’avanzare per andare a segnare (colpiva un palo…), gli lasciava molta libertà. Menichelli non è mai stato lanciato a tempo; solo all’ultimo minuto ha avuto la palla buona per far valere il suo scatto ed ha segnato. […] Il grande merito della Juventus è consistito nella rinuncia di quella che si crede l’unica arma per superare il catenaccio, cioè il gioco sulle ali, per un provvidenziale accerchiamento. Avendo intuitivamente capito che il varco buono era nella zona di Suarez, non è andata a cercarne altri, limitandosi a far girare al largo tutti per non ostacolare l’azione di Del Sol , o di Sivori quando i due interni decidevano di avanzare a ruoli invertiti. […] – da La Gazzetta dello Sport del 23.12.1963 CLASSIFICA: Milan p. 24; Bologna p. 21; Internazionale, Juventus p. 19; Atalanta, L.R. Vicenza p. 16; Fiorentina, Lazio p. 14; Genoa p. 13; Mantova, Modena, Roma, Torino p. 12; Catania, Spal p. 11; Sampdoria p. 10; Bari p. 8; Messina p. 6



Data
Incontro
Ris
15/09/1963
Juventus - Spal
3 - 1
22/09/1963
Modena - Juventus
1 - 0
25/09/1963
Juventus - Bari
4 - 0
29/09/1963
Sampdoria - Juventus
0 - 2
06/10/1963
Juventus - Fiorentina
1 - 1
20/10/1963
Juventus - Roma
3 - 1
23/10/1963
Atalanta - Juventus
3 - 0
27/10/1963
Juventus - Torino
3 - 1
17/11/1963
Juventus - Mantova
2 - 2
24/11/1963
Milan - Juventus
2 - 2
01/12/1963
Juventus - Messina
2 - 1
08/12/1963
LR Vicenza - Juventus
0 - 1
22/12/1963
Juventus - Inter
4 - 1
29/12/1963
Bologna - Juventus
2 - 1
05/01/1964
Catania - Juventus
2 - 0
12/01/1964
Juventus - Genoa
0 - 0
19/01/1964
Lazio - Juventus
0 - 2
26/01/1964
Spal - Juventus
1 - 3
02/02/1964
Juventus - Modena
0 - 0
09/02/1964
Bari - Juventus
1 - 1
16/02/1964
Juventus - Sampdoria
1 - 0
23/02/1964
Fiorentina - Juventus
2 - 1
01/03/1964
Roma - Juventus
1 - 2
08/03/1964
Juventus - Atalanta
0 - 0
15/03/1964
Torino - Juventus
0 - 0
22/03/1964
Juventus - Lazio
0 - 3
29/03/1964
Mantova - Juventus
1 - 1
05/04/1964
Juventus - Milan
1 - 2
19/04/1964
Messina - Juventus
1 - 0
26/04/1964
Juventus - LR Vicenza
4 - 1
03/05/1964
Inter - Juventus
1 - 0
17/05/1964
Juventus - Bologna
0 - 0
24/05/1964
Juventus - Catania
4 - 2
31/05/1964
Genoa - Juventus
3 - 1


Coppa Italia 1963/64

Quarti di Finale

10/06/1964
Juventus - Bologna
4 - 1


Semifinali

14/06/1964
Torino - Juventus
2 - 0


Coppa Città delle Fiere 1963/64

Sedicesimi di Finale

02/10/1963
Juventus - OFK Belgrado (SER)
2 - 1
16/10/1963
OFK Belgrado (SER) - Juventus
2 - 1
13/11/1963
Juventus - OFK Belgrado (SER)
1 - 0

Ottavi di Finale

04/12/1963
Juventus - Atlético Madrid (SPA)
1 - 0

01/01/1964
Atlético Madrid (SPA) - Juventus
1 - 2


Quarti di Finale

29/01/1964
Real Saragozza (SPA) - Juventus
3 - 2

12/02/1964
Juventus - Real Saragozza (SPA)
0 - 0



1964-1965
Nel campionato 1964-65 si circoscrisse a Milano la lotta per lo scudetto: alla fine vinse l'Inter, sconfitta allo spareggio l'anno prima. I nerazzurri ebbero il merito di non accontentarsi delle vittorie in Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale e di recuperare il Milan che, nel corso del campionato, aveva raggiunto cospicui vantaggi. Durante la prima giornata (il 13 settembre 1964) le "grandi" si ritrovarono in difficoltà: Milan e Juve furono bloccate sull'1-1 dalle siciliane Catania e Messina, il Bologna campione perse a Bergamo e l'Inter non andò oltre il pareggio nel derby contro l'outsider Varese, una delle tre esordienti del campionato. Alla fine dalla fase iniziale si ritrovò in testa il Milan, che il 15 novembre vinse il derby per 3-0; il girone d'andata venne terminato al primo posto con ben 5 punti di vantaggio sui "cugini". Il 31 gennaio 1965, dopo la vittoria contro un Mantova ultimo, i punti diventarono ben sette. Dalla settimana successiva iniziò la serie positiva dell'Inter: otto vittorie consecutive (tra cui un 5-2 nel derby di ritorno) che le permisero l'aggancio in vetta. Il Milan inizialmente reagì ritornando in testa, dopo il pareggio dei nerazzurri a Vicenza, ma il 16 maggio la sconfitta interna contro la Roma costò ai rossoneri lo scudetto, che l'Inter si aggiudicò aritmeticamente all'ultima giornata. La società nerazzurra, confermandosi anche a livello internazionale, concluse così la migliore stagione della sua storia, ottenendo sia il titolo nazionale, sia quello europeo, sia quello mondiale. La lotta per il titolo di capocannoniere si chiuse anch'essa con il trentaquattresimo turno: a Genova, Alberto Orlando segnò nel finale il gol della bandiera per la Fiorentina, che perse 4-1. Sandro Mazzola rispose segnando un rigore al 90'. I due risultarono essere entrambi primi con 17 reti. Le tre matricole del campionato si salvarono: il Cagliari del promettente Gigi Riva, in particolare, fu un'autentica rivelazione, ma fecero bene anche il Foggia, che guidato da Oronzo Pugliese riuscì nell'impresa di battere 3-2 in casa l'Inter di Herrera, e il Varese. Retrocedettero Mantova e Messina, mentre la Sampdoria ottenne ancora una volta la salvezza, questa volta avendo la meglio sui "cugini" del Genoa, benché questi ultimi si fossero aggiudicati entrambi i derby.

La coppa Italia 1964-1965 fu vinta dalla Juventus (che subì una sola rete in 6 turni) sconfiggendo l’Inter in finale il 29agosto1965 a Roma per 1-0.
La Juventus raggiunse anche la finale di Coppa delle Fiere, ma fu sconfitta 1-0 dal Ferencvarosi TC.

ALESSANDRIA - JUVENTUS 1-2 (1-1)
Alessandria, 06.09.1964 - Coppa Italia – 1° Turno
JUVENTUS – BRESCIA 1-0 (1-0)
Torino, Stadio Comunale, 06.01.1965 - Coppa Italia – Seconda Turno
LECCO - JUVENTUS 0-2 dts (0-0)
Lecco, Stadio Mario Rigamonti, 07.04.1965 - Coppa Italia – Ottavi di Finale
BOLOGNA - JUVENTUS 3-4 dcr (0-0)
Bologna, Stadio Comunale, 05.05.1965 - Coppa Italia – Quarti di Finale
JUVENTUS – TORINO 1-0 (0-0)
Torino, Stadio Comunale, 09.06.1965 - Coppa Italia - Semifinale
INTERNAZIONALE - JUVENTUS 0-1 (0-1)
Roma (Campo Neutro), Stadio Olimpico, 29.08.1965 - Coppa Italia - Finale


Data
Incontro
Ris
13/09/1964
Messina - Juventus
1 - 1
20/09/1964
Juventus - Cagliari
0 - 0
27/09/1964
Catania - Juventus
3 - 1
04/10/1964
Juventus - Mantova
1 - 0
11/10/1964
Atalanta - Juventus
0 - 0
18/10/1964
Juventus - Bologna
1 - 0
25/10/1964
Genoa - Juventus
0 - 1
08/11/1964
Fiorentina - Juventus
1 - 0
15/11/1964
Juventus - Sampdoria
2 - 0
22/11/1964
Torino - Juventus
0 - 3
29/11/1964
Juventus - Lazio
0 - 0
13/12/1964
Juventus - Milan
2 - 2
20/12/1964
Roma - Juventus
1 - 1
27/12/1964
Inter - Juventus
1 - 1
03/01/1965
Juventus - Foggia
1 - 0
10/01/1965
Juventus - Varese
3 - 2
17/01/1965
LR Vicenza - Juventus
1 - 3
24/01/1965
Juventus - Messina
1 - 0
31/01/1965
Cagliari - Juventus
1 - 0
07/02/1965
Juventus - Catania
4 - 1
14/02/1965
Mantova - Juventus
1 - 0
21/02/1965
Juventus - Atalanta
0 - 0
28/02/1965
Bologna - Juventus
1 - 1
07/03/1965
Juventus - Genoa
7 - 0
21/03/1965
Juventus - Fiorentina
1 - 0
28/03/1965
Sampdoria - Juventus
1 - 0
04/04/1965
Juventus - Torino
1 - 1
11/04/1965
Lazio - Juventus
0 - 2
25/04/1965
Milan - Juventus
1 - 0
09/05/1965
Juventus - Roma
1 - 0
16/05/1965
Juventus - Inter
0 - 2
23/05/1965
Foggia - Juventus
1 - 0
30/05/1965
Varese - Juventus
1 - 1
06/06/1965
Juventus - LR Vicenza
3 - 1

Con l’inizio di una nuova stagione, la Juventus cambia nuovamente allenatore: questa volta sulla panchina bianconera viene chiamato Heriberto Herrera, un sergente di ferro che comincerà a modellare la Juventus a sua immagine e somiglianza, trovando però non pochi problemi con un Sivori a volte un po’ troppo prima donna. L’argentino gioca e non gioca, ma la Juventus sembrò comunque trovare un certo equilibro subendo pochi gol ma realizzando altrettanto pochi, forse proprio a causa dell’assenza di Sivori che per coronare un anno difficile, si infortuna alla quarta giornata di ritorno, in uno scontro col giovane portiere del Mantova Dino Zoff che gli causa la frattura di due costole. Il girone di andata si chiude a quota 23, al quarto posto, dietro un lanciatissimo Milan (30 punti) che ha già staccato di 5 punti la rivale Internazionale che nel girone di ritorno compirà l’impresa di rimontare i cugini e sorpassarli vincendo lo scudetto e bissando con la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale. Unico trofeo che sfugge ai nerazzurri, la Coppa Italia che andrà alla Juventus vincente per 1-0 nella finale di Roma grazie a un gol di Menichelli. Destino diverso, invece, per la Coppa delle Fiere che i bianconeri perdono in finale contro gli ungheresi del Ferencvaros per 0-1.

Coppa Italia 1964/65

I Turno Eliminatorio

06/09/1964
Alessandria - Juventus
1 - 2


II Turno Eliminatorio

06/01/1965
Juventus - Brescia
1 - 0


Ottavi di Finale

07/04/1965
Lecco - Juventus
0 - 2

Quarti di Finale

05/05/1965
Bologna - Juventus
0 - 0

Semifinali

09/06/1965
Juventus - Torino
1 - 0


Finale

29/08/1965
Juventus - Inter
1 - 0




Coppa Città delle Fiere 1964/65

Trentaduesimi di Finale

23/09/1964
Union Saint-Gilloise (BEL) - Juventus
0 - 1

07/10/1964
Juventus - Union Saint-Gilloise (BEL)
1 - 0


Sedicesimi di Finale

28/10/1964
Stade Française (FRA) - Juventus
0 - 0

02/12/1964
Juventus - Stade Française (FRA)
1 - 0


Ottavi di Finale

17/02/1965
Juventus - Lokomotiv Plovdiv (BUL)
1 - 1

10/03/1965
Lokomotiv Plovdiv (BUL) - Juventus
1 - 1

14/04/1965
Juventus - Lokomotiv Plovdiv (BUL)
2 - 1

Semifinali

19/05/1965
Atlético Madrid (SPA) - Juventus
3 - 1

26/05/1965
Juventus - Atlético Madrid (SPA)
3 - 1

03/06/1965
Juventus - Atlético Madrid (SPA)
3 - 1


Finale

23/06/1965
Juventus - Ferencváros (UNG)
0 - 1




TORINO - JUVENTUS 0-3 (0-1)
Torino, Stadio Comunale, 22.11.1964 - 10° Giornata
RETI: 16’ Stacchini (J); 51’ Da Costa (J); 75’ Menichelli (J)
TORINO: Vieri, Poletti, Buzzacchera; Puia, Rosato, Ferretti; Crippa, Ferrini, Brighenti; Meroni, Moschino – All. Rocco
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Sarti; Bercellino, Castano, Leoncini; Stacchini, Da Costa, Combin; Del Sol, Menichelli – All. Herrera
CRONACA: Il derby di Torino ha ripetuto quello di Milano nel punteggio ed ancora più ha esaltato la squadra che ha vinto sotto l’aspetto della nettezza del verdetto. Come a Milano, così a Torino, per rispettare l’analogia, ha vinto la squadra localmente meno popolare, ossia la Juventus, come il Milan. La Juventus non ha soltanto vinto, non ha soltanto stravinto, la Juventus ha convinto,  arciconvinto in virtù di un gioco così vigoroso in difesa, così calibrato a centrocampo, così razionale in attacco da chiedersi se si fosse desti o si sognasse. Da un capo all’altro della gara, l’undici bianconero ha dominato in campo, l’ha fatta da padrone concedendo alla rivale cittadina appena scarsi spunti di reazione tra un gol e l’altro. Alla fine, i bandieroni bianconeri, che salutavano i trionfatori, avevano ben ragione di sventolare in tripudio. Da tempo, giornata juventina non era stata come questa radiosa: a buon diritto, dunque, è lecito parlare di una Juventus rinnovata e ritrovata. Diciamo, intanto, fuor da qualsiasi equivoco, che la partita è stata di un’esemplare correttezza (salvo un fallo cattivo di Ferrini su Menichelli), che nessun incidente o infortunio è subentrato a rompere l’equilibrio tecnico della gara, e che il gioco delle marcature è rientrato nelle previsioni logiche dello sviluppo tattico della gara stessa. La Juventus ha dunque trionfato per i seguenti fattori: superiore dinamismo, migliore impostazione a centrocampo, spiccata intelligenza di Da Costa, più chiara disposizione al gioco di movimento in attacco. Schiettamente, a questo punto, va dato merito al signor Heriberto Herrera per il lavoro compiuto: in virtù di esso, la Juventus di Catania è uno sbiadito ricordo. Né si dimentichi che la Juventus d’oggi è squadra nel senso lato del termine, priva com’è di assi in difesa ed in attacco del calibro di Salvadore e di Sivori. Heriberto Herrera ha battuto Nereo Rocco con le armi che il tecnino triestino predilige: grinta, anticipo, slancio, volontà, caparbietà su ogni pallone. La Juventus, infatti, si è affermata nel derby togliendo al Torino le sue medesime prerogative e facendole proprie. Ma, tali prerogative, che potrebbero essere valutate alla stregua di un gioco un tantino provinciale, la Juventus ha saputo, invece, elevare di tono e di contenuto tramite la prestazione di un ultratrentenne sbalorditivo: Dino Da Costa.  Per rifarci ad un’immagine frusta ma calzante, Da Costa è stato la mente, gli altri il braccio di questa Juventus. Onnipresente nella zona di campo dove intuitivamente sapeva di captare la chiave del gioco, Da Costa ha diretto, con la collaborazione di un Del Sol più sbrigativo e sollecito nell’azione corale, le operazioni di gioco in qualsiasi direzione. Ha spadroneggiato al punto di realizzare la rete della sicurezza con un colpo fortunato ma non per questo motivo privo di merito. Impostata la gara sul ritmo, enorme vanto per la Juventus è risultato quello della continuità nello sforzo, la sollecitazione infaticabile del proprio motore. E ciò significa una pienezza di condizione quale da tempo nella compagine bianconera non si riscontrava. Da tale constatazione discendono gli apprezzamenti positivi in ordine alle prestazioni di Anzolin – sicurissimo – di Gori e di Sarti – mai visti così in palla –, dello stesso Leoncini ed infine della coppia affiatatissima Bercellino-Castano. Un blocco di retroguardia che si avvia a ricalcare le orme di un passato di… imperforabilità bianconera. Tra questo blocco e le punte operano, in saldatura, Da Costa e Del Sol, due tipi dissimili per impostazione tecnica e per propensioni tattiche ma singolarmente armonizzati e soprattutto spontaneamente aderenti alle differenti efficienze del gioco nella fascia centrale del campo. Con questa coppia in pieno risalto, anche le punte hanno tratto giovamento e si sono espresse, due su tre al meglio. Alludiamo a Stacchini ed a Menichelli che hanno sovente disposto agevolmente dei rispettivi avversari non soltanto conludendo a rete, ma altresì servendo i compagni al centro. Combin, invece, sembra risentire ancora del “complesso” del gioco al’italiana: vero è che la sua azione nella circostanza non è parsa ad alto livello quantunque non del tutto mediocre. Come “terza forza” del campionato, la Juventus presenta valide credenziali. Si dià che all’esaltazione juventina ha contribuito un Torino privo del suo ariete centrale, il tanto discusso ma anche tanto provvido Hitchens; ed un Torino, inoltre, apparso troppo presto alla mercè del superiore ritmo avversario. […] – da La Gazzetta dello Sport del 23.11 1964
CLASSIFICA: Milan p. 18; Internazionale p. 14; Juventus p. 13; Fiorentina, Torino p. 12;

JUVENTUS – FERENCVAROS 0-1 (0-0)
Torino, Stadio Comunale, 23.06.1965 - Coppa delle Fiere - Finale
RETI: 74’ Fenyvesi (F)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Sarti; Bercellino, Castano, Leoncini; Stacchini, Del Sol, Combin; Mazzia, Menichelli – All. Herrera
FERENCVAROS: Geczi, Novak, Horwat; Juhasz, Matrai, Orosz; Karaba, Varga, Albert; Rakosi, Fenyvesi – All. Meszaros
ARBITRO: Dienst (Svizzera)
CRONACA: Con una rete dell’ala sinistra Fenyvesi il Ferencvaros si è aggiudicata la Coppa delle Fiere nella finale con la Juventus. Nonostante la serata afosa, lo stadio Comunale di Torino presenta un ottimo colpo d’occhio: non la folla del derby ultimo di Coppa Italia tra Torino e Juventus, ma tuttavia un pubblico più che discreto. Nessuna cerimonia preliminare all’ingresso delle squadre in campo. E il via alle 21.37. Angolo al 1’ per il Ferencvaros e un minuto dopo triangolazione Leonconi-Combin-Leoncini e tiro debole del mediano, bloccato facile. Su contropiede di Albert, la Juve subisce un altro angolo (3’). La Juventus reagisce, imposta il gioco in profondità e al 7’, su cross di Combin, Horvat precede il portiere rinviando alla disperata: riprende ancora Leoncini e spara sul portiere. Un angolo per la Juve al 9’. Una palla sbucciata da Castano obbliga Anzolin a gettarsi sui piedi di Fenyvesi appostato (17’). Un tiro di Rakosi al 18’ sorvola la sbarra. Un minuto dopo, un tiro di Gori viene neutralizzato in presa. Parata in due tempi di Anzolin su tiro di Novak (25’): Rakosi non approfitta. Fuga di Stacchini al 30’: contrasto di palla con Novak e cprner per la Juve. Bella triangolazione degli ungheresi, ma Fenyvesi manda sul fondo in diagonale. Angolo per la Juve al 40’: riprende Leoncini ma la palla finisce sul fondo. Ancora Rakosi finta e tira al 42’; palla sopra la sbarra. Occasione clamorosa per il Ferencvaros al 43’: su crosso di Karaba, la palla viene deviata da un difensore bianconero e capita giusto sui piedi di Albert, in posizione eccellente: gran sventola e palla sibilante sul fondo.  Ripresa: bolide di Novak su punizione (2’) bloccato da Anzolin. Al 3’ Combin sciupa da distanza ravvicinata un servizio di Del Sol. Splendida azione personale di Rakosi: salva Castano in extremis. Fuga di Menichelli (5’) ma tiro debole neutralizzato facilmente. Poi è la volta di Leoncini, su cross di Menichelli, a tirare addosso al portiere (6’). Va via ancora Menichelli ed indirizza in zona centrale, ma Matrai rimedia in angolo: sulla battuta dell’ala, testa di Combin e presa del portiere (10’). Replica il Ferencvaros e Anzolin para a terra su tiro di Albert. Altro angolo per i bianconeri su azione di Menichelli. Tentativo di Stacchini (15’) ma la sfera va alta. Magnifica esibizione di Fenyvesi, fuga, cross; testa di Albert, prodigioso intervento di Anzolin (16’). Angolo per il Ferencvaros (19’) ripetuto al 21’: i magiari sono in forcing e insistendo al 22’ Rakosi fa sibilare la sfera in diagonale davanti alla porta bianconera. Passa al 29’ l’undici ungherese con una aziona stupenda: palleggio a trequarti di campo, poi Novak da destra crossa: si avventano i due sulla traiettoria, Varga e Fenyvesi: quest’ultimo di testa tocca a rete. La Juventus ha una reazione effettiva, ma non approda a nulla: Combin segna, ma l’arbitro aveva già fischiato il fuorigioco. Sono ancora gli ungheresi a rendersi pericolosi con Albert e Varga. La partita non ha più storia. – da La Gazzetta dello Sport del 24.06.1965

INTERNAZIONALE - JUVENTUS 0-1 (0-1)
Roma (Campo Neutro), Stadio Olimpico, 29.08.1965 - Coppa Italia - Finale
RETI: 14’ Menichelli (J)
INTERNAZIONALE: Sarti, Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Jair, Mazzola, Peirò; Suarez, Corso – All. Helenio Herrera
JUVENTUS: Anzoli, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Dell’Omodarme, Del Sol, Traspedini; Cinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
ARBITRO: D’Agostini di Roma
CRONACA: Ormai è chiaro che all’Inter l’Olimpico non porta fortuna: dopo lo spareggio, la Coppa Italia perduta negli ultimo 90 minuti. La vittoria della Juve è stata di stretta misura, di un solo gol, ma sintetizza la differenza di rendimento accusata questa sera della due squadre e che nessun accorgimento avrebbe potuto correggere, visto come si erano disposte le due avversarie all’inizio.
Quando si gioca in Coppa, l’Inter può utilizzare Peirò, quindi l’attacco si schiera con il doppio centravanti, con il solito Corso alle spalle, mentre Suarez, per l’incontro di stasera, stava nella zona di Cinesinho, essendo Del Sol affidato a Bedin. Ma una tattica offensiva avversaria basata sul doppio centravanti è ciò che più gradisce in materia la Juventus, squadra fprse unica, che dispone di due stopper di grande valore – Bercellino e Salvadore – con dietro un Castano i9n efficiente condizione. Stasera la Juve ha ripetuto sapientemente questa tattica difensiva, molto agevolata dalla stessa Inter che sulla sinistra, dopo l’arretramento di Corso, non inviava mai nessuno, specialmente nel primo tempo. Potendo la Juve restringere di molto la zona dalla quale poteva provenire il pericolo per Anzolin (questa zona in pratica andava da Jair fino a Mazzola) la sua difesa è apparsa a tutti addirittura insormontabile, aiutata com’era per giunta anche da Del Sol, a tratti da Cinesinho e, come non bastasse, saltuariamente da un’ala allorquando Burgnich o Facchetti osavano avanzare. A siffatto atteggiamento difensivo, sorretto da una condfizione atletica generale ormai completa, la Juve ha saputo aggiungere un’intelligente meccanica si scambi tra gli uomini della retroguardia ed i centrocampisti il che consentiva sempre al giocatore in possesso della palla di “vedere” a tempo un compagno libero sul quale appoggiare l’azione per la continuazione. In pratica, pare che il tanto decantanto “movimento” di Heriberto e nel quale certamente Sivori costituiva la nota stonata, si stia sviluppando con buona logica attraverso un continuo giocare di chi non ha la palla in favore del compagno che in quel momento governa il gioco. Nella situazione contraria, almeno stasera all’Olimpico, i centrocampisti bianconeri sapevano ben chiudere la propria difesa allorquando era l’Inter ad avanzare: facendo massa davanti ad Anzolin, con il versante destro completamente sguarnito di nerazzurri, Castano e compagni finivano per ricevere sempre sulla schiena tutti i tiri degli avversari. Il primo pallone veramente insidioso Anzolin lo toccava soltanto al 19’ della ripresa ed era un cross di Jair. E’ capitato, però, che il nome dell’avversario ed il desiderio di raccogliere un successo di tanto prestigio, abbiano indotto la Juve, soprattutto dopo aver segnato il gol, a trascurare le sue tre punte che spesso si smarcavano a dovere, ma che non venivano servite tempistivamente anche per il timore di diver cedere l’iniziativa agli avversari. Quindi, Traspedini, Dell’Omodarme e Menichelli in ombra, ma in compenso tutti gli altri in grandissima evidenza con le coppie Del Sol-Cinesinho e Bercellino-Salvadore impeccabili. Contro questa difesa che non ha mai sbagliato un’impostazione, quindi un intervento, l’Inter ha attaccato su mezzo fronte soltanto, con pochi uomini e a tratti con una irresolutezza che contrastava vivacemente con la decisione dei Bercellino e dei Salvadore sempre proiettati sulla palla o sull’uomo, a scanso di equivoci.  […] Dobbiamo aggiungere che mai abbiamo avuto l’impressione che l’Inter potesse segnare, nemmeno nel finale, quando i nerazzurri sono andati più vicini al gol, specialmente con Jair. E ciò perché mai la difesa della Juventus ha dato l’impressione di sbandare: è vero che spesso un terzino è intervenuto miracolosamente, ma non si aveva mai la sensazione che l’attaccante nerazzurro potesse andarsene in condizione di sufficiente tranquillità per tirare a rete con speranza di successo. […] – da La Gazzetta dello Sport del 30.08.1965


1965-1966
Il campionato iniziò il 5 settembre 1965. La sorpresa uscì fuori subito, e fu rappresentata dal Napoli: i partenopei dell'armatore Achille Lauro, in estate, avevano acquistato, da Juventus e Milan, Sívori e Altafini, che rilanciarono la squadra azzurra e per tutto il girone d'andata lottarono alla pari con l’Inter. I lombardi, dalla nona giornata, mantennero la vetta, ma furono seguiti da Milan e Napoli, rispettivamente seconda e terza forza alla fine del girone d'andata, il 16 gennaio 1966. Nel girone di ritorno l'Inter mancò più volte il colpo decisivo, e spesso rischiò di lasciarsi recuperare. La sconfitta di Catania fece vacillare i nerazzurri, che videro avvicinarsi il Napoli. Sistemarono tutto sei vittorie consecutive: al termine di questa serie, il 17 aprile, il Milan aveva ceduto ed era lontano, a 11 punti di distanza; il Napoli e il ritrovato Bologna si ritrovavano seconde a 6 punti di distanza. Il finale mise in dubbio la vittoria dell'Inter, allorché due pareggi e una sconfitta nello scontro diretto contro il Bologna avvicinarono i rossoblu al primo posto. Due vittorie contro Juve e Lazio permisero ai nerazzurri, il 15 maggio, di vincere lo scudetto, il decimo, i milanesi diventarono così la seconda squadra italiana a poter cucire sulla maglia la stella dorata a cinque punte che prima d'allora era stata ottenuta solamente dalla Juventus. A vincere la classifica dei cannonieri fu il trentaquattrenne Luís Vinício, scartato dal Bologna pochi anni prima e ritrovato grazie a una provinciale, il Lanerossi Vicenza.

IL TIMES GETTA FANGO SULL' INTER DEGLI ANNI 60
Questo è quanto sostenuto dal londinese Times che ha ripreso - nella rubrica di Brian Glanville titolata sulla "storia gloriosa ma macchiata" dell' Inter - la confessione dell' arbitro ungherese Gyorgi Vadas su un tentativo di corruzione da parte di Moratti Sr. prima della semifinale di Coppa Campioni col Real Madrid del 20 aprile ' 66: denaro, orologi d' oro ed elettrodomestici in cambio di rigori. il quotidiano scrive dunque che «le vittorie dell' Inter degli anni ' 60 furono frutto di corruzione e imbrogli nei quali Angelo Moratti giocò un ruolo cruciale in un sistema messo in piedi da due uomini ora deceduti: Deszo Holti, faccendiere ungherese, e Italo Allodi», definito "serpentine". l' Inter, si sostiene in maniera molto discutibile, fece offerte per tre anni consecutivi agli arbitri delle semifinali e le prime due volte, nel ' 64 e ' 65, la cosa funzionò, ai danni di Borussia e Liverpool. la terza no, perché Vadas (le cui rivelazioni furono pubblicate nel libro di un giornalista ungherese), rifiutò una somma con cui avrebbe potuto comprarsi 5 mercedes: 10 per un rigore all' ultimo, addirittura 25 per un rigore ai supplementari. il giorno della partita Vadas fu ospite di Moratti nella sua villa e ricevette un orologio d' oro. Moratti promise anche televisori ed elettrodomestici. ma Vadas non aiutò i nerazzurri a rimontare lo 0-1 dell' andata, la gara finì 1-1 e fu la sua ultima apparizione internazionale. L’ articolista del Times si chiede infine il perché di questo strano debole degli italiani per i "condottieri" alla Moratti, citando gli attuali tentativi per ripulire l' immagine di Mussolini. Una bella palata di fango su vivi e morti.

LA GRANDE INTER DI ANGELO MORATTI È STATA SPESSO NELL’OCCHIO DEL CICLONE PER UNA LUNGA SERIE DI FAVORITISMI ARBITRALI CHE HANNO SCATENATO LE INSINUAZIONI DEI TIFOSI PIÙ MALIZIOSI. È DEL 1960 INFATTI L’INGRESSO IN SOCIETÀ DI ITALO ALLODI, IL PROTEIFORME MANAGER DI ASIAGO VICENTINO, PIÙ VOLTE ACCUSATO DI INTRATTENERE FREQUENTAZIONI SOSPETTE CON IL MONDO SOMMERSO DELLE GIACCHETTE NERE. DA ALLORA È PASSATO MOLTO TEMPO E QUASI PIÙ NESSUNO RICORDA CHE QUELLE POLEMICHE POGGIAVANO SU BASI TUTT’ALTRO CHE IMMAGINARIE, ANCHE IN VIRTÙ DI UN RECORD STABILITO DALLA GRANDE INTER PRATICAMENTE IMPOSSIBILE DA BATTERE: PER TRE CAMPIONATI NON HA SUBITO UN SOLO RIGORE CONTRO. FORSE IL LETTORE STA STRABUZZANDO GLI OCCHI, COLTO DALLO STUPORE. COME È’ POSSIBILE CHE UNA SQUADRA DI CALCIO, PER TRE INTERE STAGIONI, NON ABBIA MAI AVUTO LA SVENTURA DI SENTIRSI FISCHIARE UN PENALTY CONTRO? UN EVENTO ALTAMENTE IMPROBABILE CHE SI FA BEFFE DELLA LEGGE DEI GRANDI NUMERI, MA CHE INVECE È ACCADUTO. LA “SERIE D’ORO” SI APRE IL 29 MARZO 1964: L’INTER VINCE 2-1 IN CASA DEL BOLOGNA, ANCHE GRAZIE AD UNA PRODEZZA DEL PORTIERE SARTI (LO STESSO CHE TRE ANNI PIÙ TARDI CONSEGNERÀ LO SCUDETTO ALLA JUVENTUS CON LA PAPERA DI MANTOVA) CHE RESPINGE UN TIRO DAGLI UNDICI METRI DEL BIONDO TEDESCO HELMUT HALLER. I CAMPIONATI 1964/65 E 1965/66 SONO “VERGINI” E L’INTER, SENZA IL FASTIDIO DI DOVER TREMARE PER L’ESECUZIONE DI UN RIGORE AVVERSO, SE LI AGGIUDICA. LA MAGIA SI INTERROMPE IL 19 MARZO 1967 QUANDO, ALLA VENTICINQUESIMA GIORNATA, È IN PROGRAMMA ROMA-INTER. SULLO 0-0 VIENE FINALMENTE FISCHIATO UN RIGORE CONTRO LA BENEAMATA MA IL ROMANISTA DI GERMANIA JURGEN SCHULTZ LO SPEDISCE SOPRA LA TRAVERSA. DUE CALCIATORI TEDESCHI E DUE RIGORI SBAGLIATI: NEL MEZZO SONO PASSATI QUASI TRE ANNI PER UN COMPUTO COMPLESSIVO DI 99 PARTITE. MA IL NUMERO SALE AD UN PERFETTO E TONDEGGIANTE 100 SE SI PRENDE IN CONSIDERAZIONE ANCHE LO SPAREGGIO PER L’ASSEGNAZIONE DELLO SCUDETTO, GIOCATO ALL’OLIMPICO TRA I NERAZZURRI E IL BOLOGNA IL 7 GIUGNO 1964. NIENTE MALE. DELLA PARTITA CHE CHIUSE LA “SERIE D’ORO” SENZA RIGORI È NOTO ANCHE UN CURIOSO ANEDDOTO CHE ILLUSTRA IN MANIERA MOLTO ELOQUENTE QUALE FOSSE IL RAPPORTO DI INTIMITÀ TRA L’F.C.INTERNAZIONALE E LA CLASSE ARBITRALE. A RICORDARCELO È IL POPOLARE GIORNALISTA RINO TOMMASI: «UN EPISODIO CHE MI ERA SFUGGITO DALLA TRIBUNA MA CHE LO STESSO LO BELLO MI HA RACCONTATO IN UNA CENA MOLTI ANNI DOPO. AD UN CERTO PUNTO ARMANDO PICCHI COLPÌ’ CON UN PUGNO SCHULTZ. LO BELLO NON SE NE ACCORSE MA IL SEGNALINEE ATTIRÒ LA SUA ATTENZIONE. LO BELLO CORSE DA LUI E TORNANDO AL CENTRO DELL'AREA DISSE. “ARMANDINO, MI SA CHE TE NE DEVI ANDARE”. “D'ACCORDO”, GLI RISPOSE IL GIOCATORE, “PERÒ S'ESCE IN DUE”. FUORI TUTT'E DUE, PICCHI E L'INCOLPEVOLE TEDESCO. QUESTI ERA CONCETTO LO BELLO». QUESTA, ANCHE QUESTA, ERA LA GRANDE INTER.
Tratto da ju29ro.com

“LA SUDDITANZA PSICOLOGICA
TERMINE MOLTO UTILIZZATO PER INDICARE UNA PRESUNTA INCLINAZIONE DEGLI ARBITRI A FAVORIRE LE GRANDI SQUADRE RISPETTO ALLE PICCOLE ( E SPESSO È STATA ACCUSATA A TORTO LA JUVE DI GIOVARSENE DAI SUOI INFINITI DETRATTORI). MA COME È NATO QUESTO TERMINE? LO SPIEGA FRANCO ARTURI RISPONDENDO AD UNA DOMANDA DI UN LETTORE SU LA GAZZETTA DELLO SPORT DI QUALCHE ANNO FA:È VERO CHE IL TERMINE “SUDDITANZA PSICOLOGICA” È STATO CONIATO NEGLI ANNI 60 A PROPOSITO DEL POTERE DELL’INTER IN FEDERAZIONE, ALL’EPOCA DI MORATTI PADRE?SÌ. CHI SINTETIZZÒ COSÌ LA VERA O PRESUNTA INCLINAZIONE DEGLI ARBITRI PRO GRANDI FU IL DIRIGENTE ARBITRALE GIORGIO BERTOTTO, MEDICO OCULISTA.IL 16 APRILE 1967 LA PARTITA VENEZIA – INTER FU VINTA DAI NERAZZURRI,CONDOTTI DALLA TRIADE ANGELO MORATTI – ALLODI – HERRERA, PER 3 – 2 CON ALCUNE DECISIONI CONTESTATE DELL’ARBITRO ANTONIO SBARDELLA. NEL COMMENTARLE, L’ALLORA CAPO DELLA CAN, BERTOTTO, CHE ERA ANCHE VENEZIANO,CONFIDÒ IN PRIVATO A UN AMICO GIORNALISTA: “PURTROPPO GLI ARBITRI SOFFRONO DI UNA SORTA DI SUDDITANZA PSICOLOGICA NEI CONFRONTI DELLE GRANDI SOCIETA”. LA FRASE FINI’ PARI PARI SUL GIORNALE, SCATENÒ UN PUTIFERIO (ANCHE ALLORA), MA SOPRATTUTTO ENTRÒ NEL LESSICO COMUNE DEL CALCIO. PER LA CRONACA, A STAGIONE CONCLUSA BERTOTTO NON VENNE CONFERMATO COME CAPO DELLA CAN.

F.Mazzola: “L’Inter comprava gli arbitri! Herrera dopava i giocatori!”
<<Da interista mi si stringe il cuore,ma da sportivo non posso non dare peso alle affermazioni di Mazzola date già nel 2004.Comincio per dire che non si tratta del famoso Sandro,ma del fratello Ferruccio Mazzola (che comunque ha giocato anche se poco nell’Inter,85 presenze nella Lazio, 16 nella Fiorentina etc. ) che ha lasciato questa intervista che non tutti conoscono come non tutti sanno che ha vinto in tribunale proprio contro Fachetti e l’Inter che lo avevano querelato per diffamazione. Ecco l’intervista:>>
“ Se avessi voluto davvero fare del male all’Inter, in quel libro avrei scritto anche tante altre cose. Avrei parlato delle partite truccate e degli arbitri comprati, specie nelle coppe. Invece ho lasciato perdere…”.
«Sono stato anch’io in quell’Inter – dice –. Il mister ci dava delle pasticche, credo anfetamine, da mettere sotto la lingua. Fu mio fratello a dirmi: se non vuoi ingoiarla vai in bagno e buttala. Ma Herrera se ne accorse, e iniziò a farcele sciogliere nel caffè». Mazzola, che nell’Inter di Herrera giocò solo una partita in campionato, ricorda le conseguenze di quel caffè bevuto prima di una gara con il Como, nel 1967. «Dopo la partita sono stato tre giorni e tre notti in uno stato di allucinazione totale, come un epilettico».
“Ho visto l’allenatore Helenio Herrera – dice Mazzola – che dava le pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve (io ero spesso tra quelle) e poi le dava anche ai titolari. Un giorno Herrera si accorse che le sputavamo, allora si mise a scioglierle nel caffè.  Da quel giorno il ‘caffe’” di Herrera divenne una prassi all’Inter.” Ma era solo nell’Inter che ci si dopava in quegli anni? ”Certo che no. Io sono stato anche nella Fiorentina e nella Lazio, quindi posso parlare direttamente anche di quelle esperienze. A Firenze, il sabato mattina, passavano o il massaggiatore o il medico sociale e ci facevano fare delle flebo, le stesse di cui parlava Bruno Beatrice a sua moglie. Io ero in camera con Giancarlo De Sisti e le prendevamo insieme. Non che fossero obbligatorie, ma chi non le prendeva poi difficilmente giocava. Di quella squadra, ormai si sa, oltre a Bruno Beatrice sono morti Ugo Ferrante (arresto cardiaco nel 2003) e Nello Saltutti (carcinoma nel 2004). Altri hanno avuto malattie gravissime, come Mimmo Caso, Massimo Mattolini, lo stesso De Sisti...”.
De Sisti ha smentito di essersi mai dopato. “Picchio in televisione dice una cosa, quando siamo fuori insieme a fumare una sigaretta ne dice un’altra…”. E alla Lazio? “Lì ci davano il Villescon, un farmaco che non faceva sentire la fatica. Arrivava direttamente dalla farmacia. Roba che ti faceva andare come un treno”.
Altre squadre? ”Quando Herrera passò alla Roma, portò gli stessi metodi che aveva usato all’Inter. Di che cosa pensa che sia morto il centravanti giallorosso Giuliano Taccola, a 26 anni, durante una trasferta a Cagliari, nel ’69?”. Ma secondo lei perché ancora adesso nessuno parlerebbe? Ormai sono – siete – tutti uomini di sessant’anni… ”Quelli che stanno ancora nel calcio non vogliono esporsi, hanno paura di rimanere tagliati fuori dal giro. Sono tutti legati a un sistema, non vogliono perdere i loro privilegi, andare in tv, e così via. Prenda mio fratello: è stato trattato malissimo dall’Inter, l’hanno cacciato via in una maniera orrenda e gli hanno perfino tolto la tessera onoraria per entrare a San Siro, ma lui ha lo stesso paura di inimicarsi i dirigenti nerazzurri e ne parla sempre benissimo in tv. Mariolino Corso, uno che pure ha avuto gravi problemi cardiaci proprio per quelle pasticchette, va in giro a dire che non mi conosce nemmeno. Anche Angelillo, che è stato malissimo al cuore, non vuole dire niente: sa, lui lavora ancora come osservatore per l’Inter. A parlare di quegli anni sono solo i parenti di chi se n’è andato, come Gabriella Beatrice o Alessio Saltutti, il figlio di Nello. È con loro che, grazie all’avvocato della signora Beatrice, Odo Lombardo, ora sta nascendo un’associazione di vittime del doping nel calcio”. Certo, se un grande campione come suo fratello fosse dalla vostra parte, la vostra battaglia avrebbe un testimonial straordinario.. ”Per dirla chiaramente, Sandro non ha le palle per fare una cosa così”. E oggi secondo lei il doping c’è ancora? ”Sì, soprattutto nei campionati dilettanti, dove non esistono controlli: lì si bombano come bestie. Quello che più mi fa male però sono i ragazzini…”. I ragazzini?  ”Ormai iniziano a dare pillole e beveroni a partire dai 14-15 anni. Io lavoro con la squadra della Borghesiana, a Roma, dove gioca anche mio figlio Michele, e dico sempre ai ragazzi di stare attenti anche al tè caldo, se non sanno cosa c’è dentro. Ho fatto anche una deposizione per il tribunale dei minori di Milano: stanno arrivando decine di denunce di padri e madri i cui figli prendono roba strana, magari corrono come dei matti in campo e poi si addormentano sul banco il giorno dopo, a scuola. Ecco, è per loro che io sto tirando fuori tutto. Poi ecco anche l’elenco dei morti per malattie che secondo Mazzola sono da collegare al “caffè di Herrera”:
Armando Picchi: morto a 36 anni nel 1971 per tumore alla colonna vertebrale
Giuliano Taccola morto a soli 26 anni dopo una trasferta della squadra capitolina a Cagliari durante il primo anno di Herrera sulla panchina giallorossa
Marcello Giusti: morto a 54 anni nel 1999 per tumore cerebrale
Carlo Tagnin: morto a 67 anni nel 2000 per osteosarcoma
Mauro Bicicli: morto a 66 anni nel 2001 per tumore al fegato
Ferdinando Miniussi: morto a 61 anni nel 2001 per epatite C
Giuseppe Longoni: morto a 64 anni nel 2006 per vasculopatia cronica
Enea Masiero: morto a 65 anni nel 2009 per tumore
A cui aggiungiamo Giacinto Facchetti: morto a 64 anni nel 2006 per tumore al pancreas ancora vivo al tempo dell’intervista.
Ora non c’è dato sapere se la storia di F. Mazzola sia falsa e se sia fango,ma effettivamente la lista di giocatori grandi atleti morti quasi tutti per patologie compatibili al doping,sopratutto giocatori che hanno vestito negli anni la stessa  maglia della squadra accusata da Mazzola fa riflettere. Caso?Giocavano sull’amianto invece che sull’erbetta?Mazzola dice la verità?Sopratutto fa riflettere che un tribunale abbia respinto la querela dell’Inter dando ragione a Mazzola e che,dispiace  dirlo,nelle ultime intercettazioni emerse Facchetti non risulta essere lo sportivo super corretto e onesto che tutti credevamo fosse.Ovviamente non facciamo l’errore di pensare che la questione riguardi solo l’Inter,come calciopoli non riguardava solo la Juventus anche in questo caso riguarda il calcio in generale.
PIERCARLO RIZZA (Interista onesto davvero lui, quel che è giusto è giusto)

Un antiJuve ha scritto: La juve lo ha fatto fino a poco tempo fà Cannavaro e company fotografati durante le trasfusioni!! Zeman denunciò tutto!! tutto andò in prescrzione!!!.. Strano che nessuno ricordi!!!..
Una tifosa Bianconera ha risposto : Cannavaro non era ancora alla Juve quando fece quel video! Era al PARMA e quelli nel video sono i suoi compagni del PARMA! Se dovete parlare per forza, almeno dite le cose giuste! Inoltre dopo il Parma militò nell’Inter…è da lì lo prese la Juve ( scambio con il 3°portiere Carini per il futuro pallone d’oro ritenuto finito dai morattiani-NDA).

08.08.1965
Amichevole
Juventus-Juve De Martino
6-2
12.08.1965
Amichevole
Juventus-Juve De Martino
3-0
15.08.1965
Amichevole
Biellese-Juventus
1-9
20.08.1965
Apertura Universiadi
Ungheria-Juventus
1-0
25.08.1965
Amichevole
Juventus-Atvidaberg
1-0
02.11.1965
Amichevole
Borgosesia-Juventus
0-4
07.11.1965
Trofeo Amistad
Real Madrid-Juventus
0-2
14.11.1965
Campionato Serie A
Juventus-Fiorentina
3-0
08.12.1965
Amichevole
Verona-Juventus
2-4
16.03.1966
Amichevole
Novara-Juventus
2-1
20.03.1966
Amichevole
Sel. Lilla/Valenciennes-Juventus
0-1
14.04.1966
Amichevole
Juventus-Werder Brema
2-3
20.04.1966
Amichevole
Pavia-Juventus
0-5
27.04.1966
Amichevole
Lugano-Juventus
2-2
25.05.1966
Amichevole
Juventus-Ungheria
1-2
29.05.1966
Coppa Città di Torino
Juventus-Espanyol Barcellona
0-1
01.06.1966
Coppa Città di Torino
Juventus-Inter
3-1
04.06.1966
Coppa delle Alpi
Young Boys-Juventus
0-2
08.06.1966
Coppa delle Alpi
Servette-Juventus
1-3
11.06.1966
Coppa delle Alpi
Basilea-Juventus
1-2
15.06.1966
Coppa delle Alpi
Selez. Losanna/Zurigo-Juventus
3-0
19.06.1966
Amichevole
Borgomanero-Juventus
0-6
26.06.1966
Amichevole
Juventus-Rijeka
1-1


Campionato Serie A 1965/66

Data
Incontro
Ris
05/09/1965
Juventus - Foggia
1 - 0
12/09/1965
Atalanta - Juventus
0 - 0
19/09/1965
Juventus - Napoli
0 - 0
26/09/1965
Varese - Juventus
0 - 0
03/10/1965
Juventus - LR Vicenza
4 - 1
10/10/1965
Catania - Juventus
1 - 1
17/10/1965
Juventus - Roma
0 - 0
24/10/1965
Spal - Juventus
2 - 2
14/11/1965
Juventus - Fiorentina
3 - 0
21/11/1965
Juventus - Torino
2 - 0
28/11/1965
Lazio - Juventus
0 - 1
12/12/1965
Juventus - Cagliari
0 - 0
19/12/1965
Milan - Juventus
2 - 1
26/12/1965
Brescia - Juventus
4 - 0
02/01/1966
Juventus - Inter
0 - 0
09/01/1966
Bologna - Juventus
0 - 1
16/01/1966
Sampdoria - Juventus
0 - 0
23/01/1966
Foggia - Juventus
0 - 0
30/01/1966
Juventus - Atalanta
1 - 1
06/02/1966
Napoli - Juventus
1 - 0
13/02/1966
Juventus - Varese
3 - 1
20/02/1966
LR Vicenza - Juventus
2 - 2
27/02/1966
Juventus - Catania
1 - 0
06/03/1966
Roma - Juventus
1 - 1
13/03/1966
Juventus - Spal
3 - 0
27/03/1966
Fiorentina - Juventus
0 - 1
03/04/1966
Torino - Juventus
0 - 0
10/04/1966
Juventus - Lazio
0 - 0
17/04/1966
Cagliari - Juventus
2 - 1
24/04/1966
Juventus - Milan
3 - 0
01/05/1966
Juventus - Brescia
3 - 1
08/05/1966
Inter - Juventus
3 - 1
15/05/1966
Juventus - Bologna
0 - 0
22/05/1966
Juventus - Sampdoria
2 - 1


Coppa Italia 1965/66

Quarti di Finale

06/01/1966
Spal - Juventus
1 - 4

Semifinali

09/02/1966
Juventus - Catanzaro
1 - 2




Coppa delle Coppe 1965/66

Sedicesimi di Finale

29/09/1965
Juventus - Liverpool (ING)
1 - 0

13/10/1965
Liverpool (ING) - Juventus
2 - 0


Coppa delle Alpi 1966

Girone Eliminatorio


04/06/1966
Young Boys (SVI) - Juventus
0 - 2


08/06/1966
Servette (SVI) - Juventus
1 - 3


11/06/1966
Basilea (SVI) - Juventus
1 - 2


15/06/1966
Selezione Losanna/Zurigo (SVI) - Juventus
3 - 0
*

Note 15/06/1966 : Risultato assegnato a tavolino dal giudice sportivo per la sospensione dell'incontro al 29' st a seguito delle proteste della Juventus sul punteggio di 2-2 con reti di Hertig (S) al 3', Sturmer (S) al 20', Cinesinho al 27' pt; Traspedini al 8' st


Coppa delle Alpi 1966

Girone Eliminatorio: Classifica

Squadra
Pt
Gt
V
N
S
Rf
Rs
Napoli
8
4
4
0
0
15
5
Juventus
6
4
3
0
1
7
5
Selezione Losanna/Zurigo
6
4
3
0
1
7
6
Spal
5
4
2
1
1
9
8
Young Boys
3
4
1
1
2
6
8
Catania
3
4
1
1
2
1
3
Servette
1
4
0
1
3
3
8
Basilea
0
4
0
0
4
5
10


La nuova Juventus di Heriberto Herrera prende forma, ma è molto diversa da quella a cui tutti i tifosi d’Italia sono abituati: adesso i bianconeri si sono trasformati in una compagine di “operai” in cui la solidità della difesa diventa perno centrale di una squadra che fa della regolarità il suo pregio principale. Ceduto Omar Sivori al Napoli (con l’appoggio del presidente Agnelli), Herrera costruisce una squadra solida che però fatica a compiere quel salto di qualità che le avrebbero permesso i campioni attorno cui invece Internazionale e Milan hanno costruito i loro successi. Al posto di Sivori viene ingaggiato il brasiliano Sidney Cunha detto Cinesinho; parte anche Nestor Combin, dopo un solo anno e sette gol all’attivo, sostituito da Vincenzo Traspedini, mentre in difesa sono confermati Anzolin in porta, Salvadore e Gori terzini e Bercellino I e Castano rispettivamente stopper e libero; a centrocampo Leoncini e Del Sol sono affiancati da Cinesinho in cabina di regia, con Menichelli, Dell’Omodarme e Stacchini ad alternarsi sulle fasce; in attacco punta unica con Traspedini, Bercellino II e Da Costa a giocarsi la maglia numero 9. Il girone d’andata è una marcia regolare, scandita dallo scontro diretto col nuovo Napoli di Sivori che termina 0-0: l’argentino, a fine gara si toglie qualche sassolino dalla scarpa insultando il suo ex tecnino che reagisce con un aplombe inglese. Alla fine del girone d’andata la Juventus è quarta in classifica, dietro Internazionale, Milan e Napoli, per poi concludere la stagione con un quinto posto interlocutorio.

Correva l'anno 2004, data in cui la casa editrice Bradipolibri pubblicò un libro a cura di Fabrizio Calzia dal titolo "Il terzo incomodo. Le pesanti verità di Ferruccio Mazzola". In tale scritto sono contenute pesantissime accuse lanciate senza peli sulla lingua da parte del Mazzola meno famoso; accuse verso la sua società (Inter) e il suo tecnico (Helenio Herrera) all'epoca dei fatti. Nel libro viene documentato che in quell'Inter ci fu un "uso disinvolto del doping per potenziare al massimo le prestazioni della squadra e per conseguire i gloriosi risultati poi effettivamente raggiunti". L'Inter, ovviamente, non la prese bene, e l'anno dopo, tramite Giacinto Facchetti, citò per diffamazione sia la Bradipolibri (e Calzia) che Ferruccio Mazzola, richiedendo un risarcimento di un milione e mezzo di euro per danni patrimonialie morali. Forse non tutti sanno che questa richiesta danni è stata respinta da parte del Tribunale chiamato ad esprimersi in merito, e l'Inter non ha presentato appello. Le parole di Ferruccio Mazzola sono state quindi certificate da un Tribunale!
Questa una parte della sentenza del giudice unico Rosaria Ricciardi su questo caso: "(...) il libro è costituito prevalentemente da una serie di racconti che hanno visto come protagonista il Mazzola nel corso della sua carriera, nonché da una serie di testimonianze di molti ex calciatori. Attraverso un racconto chiaro e completo, scevro da espressioni malevole o offensive, gli autori delineano un quadro generale e storico del calcio dell’epoca". "TUTTI PAZZI PER LA JUVE", popolarissimo programma radiofonico in onda su RADIO ERRE2, ha intervistato in esclusiva il legale della BRADIPOLIBRI, l'Avv.ALBERTO FOGGIA.
Salve avvocato, e benvenuto ai microfoni di "Tutti pazzi per la Juve". Vogliamo farle qualche domanda sulla vicenda BRADIPOLIBRI - FERRUCCIO MAZZOLA - INTER. Come commenta questa sentenza?
“La commento positivamente anche perchè abbiamo sempre creduto che non ci fosse stata alcuna diffamazione nel libro “Il terzo incomodo” perchè si trattava di fatti veri, raccontati da Mazzola che li ha vissuti in prima persona. Quindi percepiti direttamente e poi confermati da altri giocatori dell’Inter di quegli anni. Non c’era nulla sul libro di diffamatorio, ed è stato dimostrato”.
Il giudice quindi vi ha dato ragione e l’Inter ha dovuta pagare anche le spese processuali. È vero che però lei ha dovuto attendere un anno per la liquidazione della sua parcella minacciando il pignoramento dell’incasso di una partita casalinga dell’Inter?
“Purtroppo è vero. Ho dovuto attendere più di un anno, perchè nessuno da via Durini si è fatto vivo per pagare i 7.000 euro necessari a coprire le spese processuali. Sono stato costretto a fare un atto di precetto col quale ho intimato all’Inter di pagare entro dieci giorni la somma, altrimenti avrei proceduto al pignoramento (dell’incasso). Solo allora l’Inter ha pagato, evitando un pignoramento che sarebbe stato davvero disonorevole per la storia del club”
Quali accuse ha concretamente prodotto l’Inter per giustificare il reato di diffamazione a mezzo stampa imputato al suo cliente?
“Direi nessuna, perchè l’Inter avrebbe dovuto dimostrare che i fatti narrati nel libro non erano veri. Ma non ha dimostrato nulla, ne si è avvalsa di documentazioni o ha chiesto di assumere testimonianze. Si è limitata a discorsi piuttosto vaghi, senza niente di concreto.”
La veridicità dei fatti narrata da Ferruccio Mazzola non è stata contestata?
“E’ stata contestata ma senza prove. Noi invece ci siamo spinti anche oltre confermando con più forza le nostre ragioni e la veridicità di ciò che c’è nel libro. E lo abbiamo fatto anche con copiosa documentazione giornalistica dell’epoca.”
L’Inter ha tentato di confutarli per far vedere che erano falsi?
“Solo a parole, contestando in maniera generica, senza portare nessuna prova a proprio favore. E’ stata una difesa monca, che ci ha facilitato il compito.”
Per quanto riguarda i numerosi morti che ci sono stati nell’organico della grande Inter, la società come si è espressa in merito? Non ha messo in relazione il discorso degli ex giocatori scomparsi, con quello che c’è scritto nel libro?
“Hanno contestato anche questo, ma sempre senza prove. Comunque anche noi non abbiamo la certezza di una relazione tra il doping che c’è stato ed ormai è provato di quell'Inter e le tante morti successive dei giocatori che ne facevano parte. Certo è che una coincidenza troppo strana ma è un discorso comunque troppo importante per essere generalizzato. La medicina ci aiuterà ad aver risposte più concrete.”
Su queste morti sa se c’è qualche indagine giudiziaria in corso?
“Ci sono delle indagini da molti anni, che sta conducendo con grande determinazione il pubblico ministero Guariniello della procura di Torino, e che non riguardano solo il calcio ma anche altri sport come il ciclismo, o addirittura le bocce. Il discorso doping è una piaga gigantesca del nostro sport che spesso si rischia di nascondere. Non c’è stato solo in passato. Nulla è cambiato.”
Amichevolmente o non, ha discusso con Moratti della vicenda, anche in via non ufficiale?
“No, non ho avuto il piacere. Comunque non avrei potuto farlo, perchè parlare direttamente con Moratti avrebbe voluto dire scavalcare il legale che tutela il suo cliente.”
Se ci fosse stata la Juventus al a posto dell’Inter, se ne sarebbe parlato molto di più?
“Credo di si, perchè la Juventus fa più notizia dell’Inter per l’importanza del blasone del club. Per la storia del calcio italiano è la squadra più rappresentativa, e lo dico senza essere tifoso di nessuna delle due squadre.”
Vuole aggiungere qualcosa a riguardo della vicenda?
“Spero se ne parli di più, non certo per pubblicizzare la casa editrice o la mia persona, ma lo dico per le generazioni future. Se ne deve parlare per aumentare i controlli perchè il doping uccide!!”

1966-1967
L'estate successiva alla débâcle della Nazionale italiana ai Mondiali d'Inghilterra, terminati con l'inattesa eliminazione per mano della Corea del Nord, non si distinse per un mercato particolarmente vivace. Le squadre si limitarono a ritoccare le rose del campionato precedente: il Milan, che si affidò per la panchina all'artefice della scalata ai vertici del Cagliari, Silvestri, ingaggiò per la difesa Rosato, l'ambizioso Napoli integrò il centrocampo con Bianchi, la Juventus (Zigoni, Favalli, De Paoli) mantenne un basso profilo, l'Inter scelse per l'attacco il trentaquattrenne Vinício, il Torino di Rocco puntò sull'esperto Maldini. Furono più rilevanti gli acquisti mancati, con Cagliari e Bologna a proteggere Riva e Pascutti dalle mire, rispettivamente, di Milan ed Inter. A causa della riforma del campionato prevista per il 1967-1968, il numero di retrocessioni per questa stagione fu aumentato a quattro. Per la prima volta non si presentava al via nessuna squadra di Genova. L'Inter partì bene, vinse le prime sette gare (subendo un'unica rete) e, nel giro di poche settimane, staccò Napoli e Juventus, mentre faceva le sue prime, sporadiche apparizioni nelle zone alte il Cagliari. Col tempo, però, la squadra di Helenio Herrera sembrò dare varie occasioni alla Juventus per raggiungerla; il 18 dicembre i nerazzurri caddero a Roma, contro una Lazio in cerca di punti-salvezza, e vennero agganciati dai bianconeri, i quali si lasciarono poi sfuggire la rivale dopo appena una settimana, a causa di un pareggio arrivato nel finale con l'incostante Milan. Superato indenne lo scontro diretto, l'Inter si laureò campione d'inverno il 22 gennaio, con un punto di vantaggio sui rivali penalizzati, nella gara contro la Lazio, dall'arbitro De Marchi di Pordenone, che negò a De Paoli una rete regolare. I tre pareggi consecutivi in cui incappò la Juventus nelle prime giornate del girone di ritorno spinsero l'Inter a più quattro. Nelle settimane a venire il vantaggio oscillò sempre tra i due e i quattro punti; alla trentesima, la Juve cadde a San Siro contro il Milan, e l'Inter sembrò ormai vicina al titolo. Ma il logorio di alcuni giocatori e la stanchezza pesarono sui lombardi, che persero lo scontro diretto e impattarono contro Napoli e Fiorentina: la Juve, a un turno dal termine, si ritrovò a meno uno. Il 25 maggio, a Lisbona, i nerazzurri persero la Coppa dei Campioni contro il Celtic di Glasgow e la settimana dopo, a Mantova, vennero sconfitti 0-1 per un'uscita avventata del portiere Sarti su un tiro-cross dell'ex Di Giacomo, ed assistettero al sorpasso della Juventus che batté la Lazio. Fu la vittoria di una Juventus costruita pazientemente dal paraguaiano Heriberto Herrera mediante una rigida disciplina e un gioco corale votato alla difesa e tenace nell'inseguire l'ex capolista per tutte le prime 33 giornate. Il 1° giugno 1967 fu un giorno che venne citato molti anni dopo, alla fine del campionato 2001-2002, per le analogie tra le diverse storie e le squadre protagoniste della vicenda. Positivi furono i campionati di Bologna, Fiorentina e Cagliari (Riva conquistò per la prima volta il titolo di capocannoniere), anonimo quello del Torino, che a fine stagione non rinnovò con Rocco. Piccolo record per una delle protagoniste del finale di campionato, il neopromosso Mantova, che pareggiò 22 partite su 34: la rocciosa difesa disegnata dal tecnico Cadè, guidata in campo dall'emergente Zoff, garantì ai virgiliani il primato tra le provinciali. Retrocessero le altre due squadre provenienti dalla B, il Lecco, che pure vantava in rosa nomi noti (Malatrasi, Angelillo, Clerici), ed il Venezia. Nel finale aveva mollato la presa anche il Foggia, autore di una inutile rincorsa nel girone di ritorno; l'ultima sconfitta della Lazio garantì la salvezza alla SPAL (che già nel 1966 aveva trovato nella Juventus un'alleata nella lotta per non retrocedere) e premiò la pur tardiva rimonta della Lanerossi Vicenza.


Pos
Squadra
Pt
G
V
N
P
GF
GS
DR
1.
Juventus
49
34
18
13
3
44
19
+25
2.
Inter
48
34
19
10
5
59
22
+37
3.
Bologna
45
34
18
9
7
48
27
+21
4.
Napoli
44
34
17
10
7
46
23
+23
5.
Fiorentina
43
34
15
13
6
53
29
+24
6.
Cagliari
40
34
13
14
7
35
17
+18
7.
Torino
38
34
10
18
6
33
26
+7
8.
Milan
37
34
11
15
8
36
32
+4
9.
Mantova
34
34
6
22
6
22
23
-1
10.
Roma
33
34
11
11
12
35
39
-4
11.
Atalanta
31
34
9
13
12
28
43
-15
12.
SPAL
29
34
8
13
13
28
36
-8
13.
L.R. Vicenza
28
34
7
14
13
26
39
-13
14.
Brescia
28
34
7
14
13
22
40
-18
15.
Lazio
27
34
6
15
13
20
35
-15
16.
Foggia
24
34
7
10
17
28
49
-21
17.
Venezia
17
34
4
9
21
29
57
-28
18.
Lecco
17
34
3
11
20
21
57
-36

La seconda stagione del tecnico paraguaiano, detto il Ginnasiarca, che predicando il “movimiento” ha preteso il sacrificio di Sivori, poco incline ad assoggettarsi alla sua ferrea disciplina e il cui stile di gioco verra’ ripreso e perfezionato dalla nazionale olandese pochi anni piu’ tardi, non ha portato che un quinto posto in campionato, una sollecita esclusione dalla Coppa delle Coppe ed un’incredibile eliminazione in semifinale dalla Coppa Italia (sconfitta per 1-2 contro il Catanzaro, a Torino!). Fiducia piena a Heriberto, quindi, insistendo nella ricerca degli uomini che possono trasformarne gli schemi in successi. E se la difesa è sempre stata impeccabile, il punto debole della squadra è l’attacco, come oramai tradizione dai tempi dell’addio di Charles, di cui prima Nené e poi Traspedini non sono stati capaci di raccoglierne la pesante eredità. Per tappare quel buco al centro dell’attacco, che appare segnato da un maleficio, viene ingaggiato Virginio Depaoli, ventottenne goleador del Brescia, che nella stagione d’esordio in A, ha realizzato 13 goal. Il giovane Favalli, prelevato dal Foggia ed il fantasioso Zigoni. rientrato dal prestito al Genoa, sono, invece, le due nuove ali per un reparto offensivo il cui punto fermo resta Menichelli. Confermata la difesa, con Anzolin in porta, Gori ed il fluidificante Leoncini ai lati, lo stopper Bercellino ed il libero Castano al centro, con l’altro difensore Salvadore nei panni di mediano, a sostegno del mantice Del Sol, uomo ovunque del centrocampo, e del raffinato regista brasiliano Cinesinho, successore di Sivori. L’Inter comincia subito di gran carriera, ma la squadra juventina non si fa impressionare e segue passo passo. Tre successi consecutivi, poi i nerazzurri guadagnano terreno, ma sono raggiunti alla nona giornata. Alla decima, a Roma contro i giallorossi, prima sconfitta bianconera della stagione per 1-0, causata da un’autorete di Bercellino; alla dodicesima gli uomini di Heriberto sono di nuovo a pari punti con quelli di Helenio, ma una serie di tre pareggi (contro Milan, Inter e Mantova) consente ai nerazzurri di allungare ancora, in maniera definitiva si direbbe, soppesando la classe delle due squadre, che, però alla fine dell’andata sono separate da solo punto, 26 a 25, con il Napoli di Sivori (che quest’anno non raccoglierà nemmeno un punto contro l’odiato Heriberto) a quota 23. L’ultima giornata del girone d’andata da adito a molte polemiche; l’Inter pareggia a San Siro col Mantova, la Juventus impegnata allo stadio Olimpico contro la Lazio potrebbe approfittarne, ma l’arbitro De Marchi non vede la palla calciata da Depaoli entrare in porta e subito uscirne ribattuta dal ferro di sostegno della rete. Fotografie, cinegiornali, dimostrano che il pallone è entrato in rete, ma il rapporto dell’arbitro è inappellabile. La partita termina 0-0, l’imperturbabile Heriberto non fa una piega e prosegue per la sua strada. Girone di ritorno; la Juventus gioca bene, ma ha sempre grosse difficoltà a trovare il goal. A metà marzo, ad undici giornate al termine, l’Inter ha raggiunto un vantaggio di 4 punti, la squadra juventina non sembra in grado di mantenere la scia. Ci pensa il Torino, con il suo gioiello Meroni, a dare una mano ai cugini, violando l’imbattibilità nerazzurra di San Siro dopo cinque anni e riaprendo il discorso scudetto. La Juventus riprende quel coraggio che Heriberto Herrera non ha mai perso, continua a seguire la scia con ostinazione, fino ad arrivare allo scontro diretto con uno svantaggio di quattro punti. Helenio Herrera ritiene logico, classifica alla mano, impostare una partita prudente, ma i suoi calcoli si rivelano sbagliati ed una rete di Favalli, che lascia interdetta la retroguardia nerazzurra, consente alla Juventus di vincere lo scontro diretto. Sono le prime avvisaglie di un cedimento nerazzurro, ma il Mago ostenta la consueta sicurezza. Il vantaggio dell’Inter è di soli due punti, con solo tre partite alla fine del torneo; è necessario, per nerazzurri e bianconeri, raccogliere le energie superstiti, ma le due gare successive, disputate a San Siro mettono a nudo la stanchezza fisica e mentale del collettivo nerazzurro. Non è più l’Inter dallo smalto brillante che ha dettato legge sui campi del mondo (grazie al doping, loro si realmente dopati e mai processati e ai soldi del petroliere moratti senior che come farà decenni dopo il suo degno figlio comprerà gli arbitri accusando la Juve di essere lei a farlo), la fatica si fa sentire soprattutto tra quei giocatori che hanno sempre offerto il meglio dal punto di vista atletico; i due pareggi, entrambi per 1-1, contro Napoli e Fiorentina, confermano queste sensazioni. La Juventus, intanto, pareggia 1-1 a Mantova, vince a Vicenza per 1-0, con una rete di Menichelli e riduce lo svantaggio ad un solo punto. Il 25 maggio 1967, l’Inter vola a Lisbona per disputare la finale di Coppa dei Campioni contro gli scozzesi del Celtic, senza il cervello Luisito Suarez, infortunatosi contro la Fiorentina. Segna per primo Mazzola, su calcio di rigore, ma poi la squadra nerazzurra non regge alla reazione furiosa degli scozzesi, i quali prima pareggiano con Gemmell ed, a cinque minuti dal termine, si aggiudicarono il trofeo per merito di Chalmers. Il risultato non inganni, la sconfitta è stata netta, frutto di una condizione fisica interista ridotta al lumicino. La Federazione consente di posticipare a giovedì 1° giugno 1967, gli incontri decisivi dell’ultimo turno di campionato per permettere ai nerazzurri di recuperare un poco di energie, dopo la partita di Lisbona. Anche la Juventus ottiene la possibilità di giocare la sua partita quel giorno, in modo da non concedere alcun vantaggio all’avversario. La classifica dice: Inter 48 punti, Juventus 47. I nerazzurri sono impegnati a Mantova, contro una squadra tranquilla, oramai salva da ogni pericolo di retrocessione; i bianconeri di Heriberto Herrera, aspettano a Torino la Lazio, che invece è costretta a giocare con il coltello tra i denti per evitare una sconfitta che li porterebbe in serie B. Nel ritiro nerazzurro l’atmosfera è pesante, i giocatori sono incupiti, i musi lunghi, nessuno lo dice, ma aleggia la paura. Soltanto il portiere Giuliano Sarti appare tranquillo; a Lisbona è stato il migliore in campo e soltanto la sua classe ha impedito che la sconfitta diventasse una batosta. Ma l’Inter a Mantova non può accontentarsi di non prendere goal, deve anche segnare, perché uno 0-0 vorrebbe dire terminare il campionato a pari punti con la Juventus e lo spareggio, gli interisti non lo vogliono fare, perché sanno di essere attualmente inferiori alla squadra bianconera e perché hanno la nausea del pallone. Il campionato, comunque vada, deve finire a Mantova. Ai giocatori virgiliani viene offerto un sostanzioso premio in caso di vittoria, tanto per incentivare il loro impegno. Accettano tutti: da Zoff, portierone all’inizio della sua leggendaria carriera a Giagnoni che, invece, è quasi al capolinea; da Spelta, Tomeazzi e Corsini a tutti gli altri. Soltanto un giocatore rifiuta: è Beniamino Di Giacomo, detto Gegè, come il batterista del complesso di Carosone, il quale ha giocato per qualche anno come centravanti nell’Inter e non se la sente di accettare soldi in più in cambio di un maggiore impegno sul campo. Arriva il giorno fatidico. L’Inter incomincia fortissimo: Suarez si piazza a centro campo e, come al solito, comanda il gioco a bacchetta: «Ci fosse stato lui contro il Celtic!» Sospirano i tifosi. Anche Corso sembra ispirato e così la difesa: attenta, precisa, implacabile. Il centrocampo, con l’aggiunta di Domenghini e Bedin, funziona bene, soltanto Mazzola è un po’ giù di corda, per via di una condizione fisica inadeguata. Ma proprio lui, poco prima della mezzora, colpisce una traversa clamorosa, con Zoff inesorabilmente battuto. Il primo tempo finisce 0-0. Stesso risultato a Torino tra Juventus e Lazio. Il traguardo, per l’Inter, sembra sempre più vicino: ancora quarantacinque minuti ed è fatta. 0-0 il primo tempo a Torino ed anche a Mantova, ci segnala il collega della cabina radio. Ripresa: Bercellino al 3’ porta in vantaggio i torinesi con un goal che è il simbolo della loro tenacia. Bercellino si è infortunato, poco prima, scontrandosi con Carosi ed è stato costretto a lasciare il posto abituale di difensore per passare all’attacco. Ha una caviglia gonfia, ma non ha nessuna intenzione di rallentare il ritmo. Con slancio si butta in ogni mischia, con volontà caparbia a contrastare ogni pallone che transita dalle sue parti. Zoppica leggermente, Berceroccia, ma nessuno se ne accorge tanto è l’impeto suo e dei suoi compagni. Su un calcio d’angolo battuto da Cinesinho, deviato da Favalli e respinto debolmente da Carosi, Bercellino balza alto per colpire il pallone di testa: la palla termina nella rete difesa da Cei. Dopo pochi minuti dalla cabina radio un collega in contatto con il centro si sporge agitando le braccia, l’Inter perde a Mantova 1-0, i nerazzurri sono superati in classifica. La notizia vola lungo le gradinate per le misteriose vie dell’intuito e della passione: l’Inter perde, la Juventus è Campione d’Italia! Saranno ancora lunghi, i minuti di passione. Sullo slancio Zigoni segna il 2-0, a 4’ dalla fine c’è un rigore per la Lazio, realizzato da Di Pucchio, che quasi passa inosservato, con l’attenzione tutta rivolta alla ricerca di notizie da Mantova, perché non ci sono collegamenti radio diretti. La tensione finisce a partita oramai conclusa; l’altoparlante annuncia la sconfitta dell’Inter, i tifosi esultano, abbracciandosi entusiasti, prima di invadere il campo e di portare i giocatori in trionfo.

DA “HURRÀ JUVENTUS”:
Nonostante la giornata feriale, lo stadio era abbastanza affollato (forse più di 25 mila persone) e c’era nel pubblico, di cui faceva parte anche un folto gruppo di tifosi laziali, scesi addirittura da Roma per sostenere la loro squadra nell’ultimo drammatico cimento, una singolare animazione. L’incontro che, in altre circostanze, sarebbe stato di debole richiamo, acquistava per l’occasione una portata eccezionale. Non era solo l’ultima partita di campionato, in cui si trattava per i tifosi juventini di dare l’addio alla squadra del loro cuore, ma c’era in ballo perché no, addirittura lo scudetto e per la Lazio c’era in gioco la retrocessione. Dominava quindi un’atmosfera tesa ed aleggiava nell’aria l’aspettativa di grossi eventi: forse uno strano telepatico prato? Se pochi osavano confessarlo, molti juventini di fede incrollabile, erano indotti, magari anche per naturale fenomeno di suggestione collettiva, ad accarezzare con il pensiero una certa eventualità clamorosa contro la logica delle previsioni. In quel momento, sta di fatto, che tra Torino e Mantova il tifo calcistico avesse creato un singolare gemellaggio (che, anzi, i laziali avranno esteso a Vicenza, a Ferrara e a Brescia). Quest’ultima “codina” del campionato era davvero impregnata di giallo: il giallo della suspense. Diciamo subito che il primo tempo della partita fu tale da acuire il giallo per i tifosi juventini, ma in senso negativo e cioè smorzando quel certo ottimismo. La squadra bianconera invano tentava per 45 minuti di sfondare la munitissima barriera dei laziali che, evidentemente puntavano disperatamente allo 0-0, che difatti fino al riposo riuscirono a conservare. Partita scorbutica, dunque, per la Juventus come si doveva prevedere: un monologo sì, sotto la porta di Cei, ma un monologo con scarso costrutto, fatto di passaggi sbagliati e senza nemmeno un tiro in porta pericoloso. Nell’intervallo il telefono (il grande protagonista della giornata) portava da Mantova una notizia che aveva il merito di lasciar tutto impregiudicato: anche a, Mantova il primo tempo si era chiuso 0-0. Ma la ripresa era subito tale da accendere i mal sopiti entusiasmi: sin dalle prime battute si è capito che la Juventus, nell’ora cruciale, aveva ritrovato sé stessa: era la Juventus che i suoi tifosi volevano, anzi esigevano: lucida, aggressiva, travolgente. Al 2° minuto Bercellino, portato all’attacco molto opportunamente (anche perché si era infortunato nel primo tempo) segnava di testa a conclusione di un corner tirato magistralmente da Cinesinho. Quasi nulla la reazione dei laziali ed intanto il telefono portava da Mantova la notizia prodigiosa: l’Inter perdeva per 1-0. Nel campo gli applausi cominciarono ad esplodere, i bianconeri si galvanizzarono: ormai non potevano più fare a meno di vincere. E difatti al 18’ Zigoni, su azione analoga alla precedente, raddoppiava il punteggio. Mentre sul campo oramai la Juventus teneva saldamente in pugno la preziosa vittoria, mentre la Lazio, ormai rassegnata andava alla deriva esprimendo il suo comprensibile dispetto con un nutrito susseguirsi di falli plateali, gli occhi juventini erano soprattutto puntati sulle lancette degli orologi e gli orecchi erano protesi al famoso telefono. Un solo episodio arrivò a distrarci, un episodio che in altrepiù calorose reazioni di sdegno: l’arbitro Monti, limitiamoci a dire per esibizionismo, a due minuti dalla fine inventò un rigore a favore della Lazio per un casualissimo fallo di mano di Castano. Il conseguente goal di Di Pucchio indispettì soprattutto Anzolin, fino a quel momento rimasto assolutamente inoperoso, ma non mutava nulla. Quel che invece mutava tutto era la notizia giunta nel frattempo da Mantova: l’Inter aveva perso e la Juve aveva vinto il suo 13° scudetto! Al fischio finale il pubblico irruppe in campo in una dimostrazione di entusiasmo irrefrenabile e commovente come non mai, dedicata ai suoi beniamini, a Heriberto Herrera ed al presidente Catella. Sensazionale: mentre ancora si stentava a credere vera la grande notizia, di cui i più cauti attendevano conferma ufficiale dall’altoparlante, abbiamo visto gli striscioni bianconeri con su scritto: “W il tredicesimo scudetto”. Vox populi, vox dei? Ciò che intensamente ha voluto il vasto popolo juventino ha voluto il Dio del calcio? C’è da pensarlo.

Dopo tanta fatica e forse nel momento in cui soltanto Heriberto Herrera riusciva a credere ancora a un ritorno al vertice della Juventus, la stagione 1966-67 regalo un successo inaspettato quanto atteso dalla tifoseria, il tredicesimo scudetto. La squadra rimane praticamente la stessa dell’anno precedente, con il solo inserimento in attacco del centravanti De Paoli proveniente dal Brescia e il ritorno di Zigoni dal Genoa. La Juventus che si presenta ai nastri di partenza è una compagine arcigna e camaleontica, devota a un quasi “feroce” calcio all’italiana fatta di marcature asfissianti e pressing al limite del possibile. Il campionato comincia subito con tre  vittorie consecutive, ma il girone d’andata si chiude ancora una volta nel segno dell’Internazionale che chiude con un punto di vantaggio. I nerazzurri mantengono quattro punti di distacco fino allo scontro diretto a Torino a tre giornate dalla fine in cui la Juventus vince per 1-0 con gol di Favalli. I punti rimangono due che diventa uno all’ultima giornata: è il primo giugno quando l’Inter, reduce dalla inaspettata e ancora scottante sconfitta in finale di Coppa dei Campioni col Celtic, va a Mantova certa di chiudere la pratica scudetto contro una formazione che non ha altro da chiedere al campionato, ma sul campo succede l’imprevedibile. I due primi tempi delle partite di Juventus e Internazionale si chiudono sullo 0-0, ma in apertura di ripresa i bianconeri passano grazie a Bercellino, a questo punto sarebbe spareggio, anche perché a Mantova entrambe le squadre sembrano accontentarsi del pareggio; ma il “fattaccio” è vicino: un innocuo tiro del mantovano Di Giacomo si avvicina innocuo verso la porta del portiere nerazzurro Sarti che si fa scivolare la palla che rotola in rete. A Torino la papera di Sarti scatena l’entusiasmo degli juventini che raddoppiano grazie a Zigoni, rendendo inutile il gol su calcio di rigore della Lazio. E’ scudetto, il tredicesimo, forse il meno previsto della storia bianconera. Uno dei giocatori simbolo della squadra campione, è lo spagnolo Luis Del Sol: Nella squadra torinese che, per tutto il campionato, è costretta ad inseguire l’Inter, è lui, con la sua tenacia, il giocatore simbolo. E’ il miglior interprete del “movimiento” voluto dal tecnico juventino Heriberto Herrera; moto perpetuo in ogni settore del campo, è il motore inesauribile del centrocampo di una squadra di instancabili e mai domi cursori. Con la palla al piede percorre il campo da una parte all’altra, a capo chino, faticatore del centrocampo. Quando, all’ultima giornata, la Juve sorpassa l’Inter beffata a Mantova, sembra proprio lui il regista del finale-thrilling, concluso con la vittoria degli umili. Nel vittorioso campionato bianconero gioca 28 partite su 34.


Pos
Squadra
Pt
G
V
N
P
GF
GS
DR
1.
Juventus
49
34
18
13
3
44
19
+25
2.
Inter
48
34
19
10
5
59
22
+37
3.
Bologna
45
34
18
9
7
48
27
+21
4.
Napoli
44
34
17
10
7
46
23
+23
5.
Fiorentina
43
34
15
13
6
53
29
+24
6.
Cagliari
40
34
13
14
7
35
17
+18
7.
Torino
38
34
10
18
6
33
26
+7
8.
Milan
37
34
11
15
8
36
32
+4
9.
Mantova
34
34
6
22
6
22
23
-1
10.
Roma
33
34
11
11
12
35
39
-4
11.
Atalanta
31
34
9
13
12
28
43
-15
12.
SPAL
29
34
8
13
13
28
36
-8
13.
Vicenza
28
34
7
14
13
26
39
-13
14.
Brescia
28
34
7
14
13
22
40
-18
15.
Lazio
27
34
6
15
13
20
35
-15
16.
Foggia
24
34
7
10
17
28
49
-21
17.
Venezia
17
34
4
9
21
29
57
-28
18.
Lecco
17
34
3
11
20
21
57
-36


                                                                           Coppa Italia 1966/67


I Turno Eliminatorio

04/09/1966
Savona - Juventus
0 - 1

II Turno Eliminatorio

02/11/1966
Juventus - Arezzo
3 - 0


III Turno Eliminatorio

01/03/1967
LR Vicenza - Juventus
2 - 5

Quarti di Finale

04/06/1967
Bologna - Juventus
1 - 1

Semifinali

07/06/1967
Juventus - Milan
1 - 2



Coppa Città delle Fiere 1966/67

Trentaduesimi di Finale

11/09/1966
Aris Salonicco (GRE) - Juventus
0 - 2

21/09/1966
Juventus - Aris Salonicco (GRE)
5 - 0


Sedicesimi di Finale

09/11/1966
Juventus - Vitoria Setúbal (POR)
3 - 1

30/11/1966
Vitoria Setúbal (POR) - Juventus
0 - 2


Ottavi di Finale

08/02/1967
Juventus - Dundee United (SCO)
3 - 0

08/03/1967
Dundee United (SCO) - Juventus
1 - 0


Quarti di Finale

29/03/1967
Juventus - Dinamo Zagabria (CRO)
2 - 2
19/04/1967
Dinamo Zagabria (CRO) - Juventus
3 - 0



JUVENTUS - BOLOGNA 2-1 (1-1)
Torino, Stadio Comunale, 11.12.1966 - 11ª Giornata
RETI: 3’ Menichelli (J); 40’ Pascutti (B); 72’ Salvadore (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Zigoni, Sacco, De Paoli; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
BOLOGNA: Vavassori, Furlanis, Turra; Muccini, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Nielsen; Haller, Pascutti – All. Carniglia
CLASSIFICA: Internazionale p. 19; Juventus p. 17; Cagliari p. 16; Fiorentina p. 15; Bologna, Napoli, Roma p. 14;

VENEZIA - JUVENTUS 0-2 (0-2)
Venezia, Stadio Pierluigi Penzo, 18.12.1966 - 12ª Giornata
RETI: 35’ Salvadore (J); 39’ De Paoli rig. (J)
VENEZIA: Bubacco, Tarantino, Mancin; Grossi, Capelli, Spagni; Bertogna, Beretta, Benitez; Mazzola II, Dori – All. Segato
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Sarti, Castano, Salvadore; Sigoni, Sacco, De Paoli; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
CLASSIFICA: Internazionale, Juventus p. 19; Bologna, Cagliari, Fiorentina, Napoli p. 16; Roma p. 15;

JUVENTUS - MANTOVA 1-1 (1-0)
Torino, Stadio Comunale, 08.01.1967 - 15ª Giornata
RETI: 3’ Zigoni (J); 80’ Trombini (M)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Sarti, Bercellino, Salvadore; Zigoni, Del Sol, De Paoli; Sacco, Menichelli – All. Heriberto Herrera
MANTOVA: Zoff, Scesa, Pavinato; Volpi, Spanio, Giagnoni; Spelta, Jonsson, Corelli; Salvemini, Trombini – All. Cadè
CLASSIFICA: Internazionale p. 23; Juventus p. 22; Cagliari, Fiorentina, Napoli p. 20; Bologna, Roma p. 17; Brescia p. 16; Mantova, Milan p. 15; Torino p. 14; Atalanta, Spal p. 13; L.R. Vicenza, Lazio p. 12; Venezia p. 8; Lecco p. 7; Foggia p. 6

JUVENTUS - FIORENTINA 4-1 (2-0)
Torino, Stadio Comunale, 12.02.1967 - 20ª Giornata
RETI: 7’ Del Sol (J); 34’ Menichelli (J); 54’ De Paoli (J); 80’ Bertini (F); 90’ Menichelli (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Sarti; Zigoni, Del Sol, De Paoli; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
FIORENTINA: Boranga (53’ Albertosi), Diomedi, Vitali; Bertini, Ferrante, Pirovano; Hamrin, Merlo, Brugnera; De Sisiti, Chiarugi – All.  Chiappella
CLASSIFICA: Internazionale p. 32; Juventus p. 30; Napoli p. 27; Cagliari p. 26; Bologna, Fiorentina p. 24; Roma p. 22; Mantova, Milan p. 21; Torino p. 20; Atalanta p. 19; Brescia p. 18; Lazio p. 17; Spal p. 16; L.R. Vicenza p. 15; Venezia p. 11; Foggia p. 9; Lecco p. 8

FOGGIA - JUVENTUS 0-0 (0-0)
Foggia, Stadio Pino Zaccheria, 05.03.1967 - 23ª Giornata
FOGGIA: Moschioni, Capra, Valadè; Bettoni, Rinaldi, Faleo; Gambino, Micheli, Traspedini; Nocera, Maioli – All. Bonizzoni
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Zigoni, Del Sol, De Paoli; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
CLASSIFICA: Internazionale p. 37; Juventus p. 33; Napoli p. 31; Bologna, Cagliari, Fiorentina p. 29; Milan p. 26; Roma, Torino p. 24; Mantova p. 23; Atalanta p. 21; Brescia p. 20; Lazio p. 19; Spal p. 18; L.R. Vicenza p. 17; Venezia p. 13; Foggia p. 11; Lecco p. 10

JUVENTUS - NAPOLI 2-0 (0-0)
Torino, Stadio Comunale, 02.04.1967 - 26ª Giornata
RETI: 53’ Zigoni (J); 55’ Salvadore (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Stacchini, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
NAPOLI: Bandoni, Nardin, Micelli; Ronzon, Panzanato, Bianchi; Canè, Juliano, Orlando; Altafini, Sivori – All. Pesaola
CLASSIFICA: Internazionale p. 40; Juventus p. 38; Napoli p. 34; Bologna, Cagliari p. 32; Fiorentina p. 30; Torino p. 29; Milan p. 28; Mantova p. 27; Roma p. 26; Atalanta p. 25; Brescia p. 24; Lazio, Spal p. 21; L.R. Vicenza p. 20; Venezia p. 15; Foggia p. 14; Lecco p. 12

JUVENTUS - ROMA 2-0 (2-0)
Torino, Stadio Comunale, 09.04.1967 - 27ª Giornata
RETI: 8’ Menichelli (J); 43’ Zigoni (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Stacchini, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
ROMA: Pizzaballa, Sirena, Carpenetti; Carpanesi, Olivieri, Ossola; Colausig, Peirò, Enzo; Tamborini, Barison – All. Pugliese
CLASSIFICA: Internazionale p. 42; Juventus p. 40; Napoli p. 36; Cagliari p. 34;  Bologna, Fiorentina p. 32; Torino p. 30;

MILAN - JUVENTUS 3-1 (2-1)
Milano, Stadio San Siro, 30.04.1967 - 30ª Giornata
RETI: 25’ Menichelli (J); 30’ Sormani (M); 34’ Rosato (M); 63’ Lodetti (M)
MILAN: Belli, Anquilletti, Schnellinger; Rosato, Santin, Baveni; Lodetti, Rivera, Sormani; Maddè, Fortunato – All. Silvestri
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Stacchini, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
CLASSIFICA: Internazionale p. 46; Juventus p. 42; Napoli p. 39; Bologna p. 38; Fiorentina p. 37; Cagliari p. 36; Torino p. 34; Milan p. 33; 

JUVENTUS - INTERNAZIONALE 1-0 (0-0)
Torino, Stadio Comunale, 07.05.1967 - 31ª Giornata
RETI: 71’ Favalli (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Favalli, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
INTERNAZIONALE: Sarti, Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Domenghini, Mazzola, Cappellini; Suarez, Corso – All. Helenio Herrera
CLASSIFICA: Internazionale p. 46; Juventus p. 44; Bologna p. 40; Fiorentina, Napoli p. 39; Cagliari p. 36; Milan, Torino p. 35; Mantova p. 30; Atalanta, Roma p. 29; Brescia p. 27; L.R. Vicenza, Spal p. 26; Lazio p. 25; Foggia p. 21; Venezia p. 17; Lecco p. 14

L.R. VICENZA - JUVENTUS 0-1 (0-0)
Vicenza, Stadio Romeo Menti, 21.05.1967 - 33ª Giornata
RETI: 65’ Menichelli (J)
L.R. VICENZA: Luison, Volpato, Rossetti; Poli, Carantini, Campana; Menti, Demarco, Gori; Gregori, Maraschi – All. Menti
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Sarti; Bercellino, Castano, Salvadore; Favalli, Del Sol, De Paoli; Sacco, Menichelli – All. Heriberto Herrera
CLASSIFICA: Internazionale p. 48; Juventus p. 47; Bologna p. 44; Napoli p. 42; Fiorentina p. 41; Cagliari, Torino p. 38; Milan p. 36; Roma p. 33; Mantova p, 32; Atalanta p. 31; Brescia p. 28; L.R. Vicenza, Lazio, Spal p. 27; Foggia p. 22, Venezia p. 17; Lecco p. 16

JUVENTUS - LAZIO 2-1 (0-0)
Torino, Stadio Comunale, 01.06.1967 - 34ª Giornata
RETI: 47’ Bercellino I (J); 62’ Zigoni (J); 87’ Di Pucchio rig. (L)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Favalli, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
LAZIO: Cei, Zanetti, Masiello; Carosi, Pagni, Castelletti; Di Pucchio, Burlando, Morrone; Marchesi, Sassaroli – All. Neri
CRONACA: Juventus è Campione d’Italia! Lo è, diciamo così, per direttissima, senza spareggio. Lo è tutt’a un tratto, per un colpo di fulmine, non imprevedibile, ma sicuramente dai più imprevisto, perché troppo audace. Era già tanto che si arrivasse all’ipotesi di un’Inter costretta al pareggio sul campo di Mantova e di una Juve vittoriosa sulla Lazio, così da appaiare, al vertice, le due grandi e da imporre lo spareggio. Invece la bomba è scoppiata, e realmente il campionato, alla sua ultima giornata, ne viene scosso come da una deflagrazione senza precedenti. L’Inter sempre in testa, l’Inter fino a poche settimane fa padrona del campionato e sicura di vincere anche la Coppa dei Campioni; e, nel giro di una settimana, il pauroso crollo in borsa: tutto perso, tutto scialato, scudetto e Coppa. E la Juve, che aveva inseguito con ammirevole tenacia, eccola improvvisamente svettare!
Un commento che non sia come il nostro, frettoloso e legato alla sola occasione della cronaca, sarà da approfondire sui due fronti, e da spiegare più col risultato di Mantova che non con quello di Torino. Sarà da illustrare meglio la Juventus nella sua fermissima progressione di tutto il campionato, nella sua rigida ed encomiabile economia di sforzi. Insomma, le mille frange di un campionato vulcanico che ora è sintetizzato in due sole cifre: Juventus punti 49, Inter punti 48…
Ora si deve stare alla partita vista qui. E riferire com’è andata, ben sapendo che al lettore il risultato dirà tutto da solo. E’ andata com’era abbastanza logico prevedere. La Lazio, per quanto poteva, ha cercato col minimo rischio di strappare lo 0-0, nella speranza di poter spareggiare, con un’altra retrocedenda. A centrocampo, che aveva massicciamente rinforzato, la Lazio è riuscita per i primi quarantacinque minuti, a irretire la molta e monotona manovra bianconera. Burlando, Marchesi e Di Pucchio si sono aggiunti a Carosi nell’ergere di fronte agli squilibrati e nervosi attaccanti juventini una larga ed efficiente zona di intercettazione e di disimpegno. La difesa teneva ottimamente con il valoroso Masiello e con il lucido Zanetti, sicchè né Favalli né Menichelli riuscivano a conquistare prima e poi a tenere decentemente la palla. La Juventus assumeva subito l’iniziativa, ma la sviluppava senza assoluta connessione. In verità, a giudicare dal brutto primo tempo, la Juventus non aveva scelto bene la giornata per onorare l’imprevedibile scudetto… Ma stiamo ai dati di fatto. La partita, poi, ha cambiato letteralmente volto. Comunque, fino all’intervallo, la Juventus è riuscita a far consistere dopo una decina di minuti le marcature difensive così: Salvadore su Sassaroli, Bercellino su Morrone e Castano, libero. A sua volta, la Lazio poneva Zanetti su Menichelli, Masiello su Favalli, Spagni a contatto con Zigoni lasciando libero Castelletti. Questo l’inquadramento tattico decifrabile sul momento. Per il resto, marcature a ruota libera, in quanto tutta la squadra laziale era retrocessa con otto uomini, lasciando di punta i soli Sassaroli e Morrone. Accadeva così che Cinesinho, Leoncini e Del Sol, a centrocampo, potessero partire da posizione di libertà. Nervosi tuttavia com’erano, riuscivano difficilmente a raggiungere le punte in area. Nella prima parte il solo Zigoni era abbastanza attivo, ma tuttavia anche lui veniva chiuso nella doppia morsa di Pagni e Castelletti. Il risultato di questo continuo e snervante lavoro di tamponamento e di controllo da parte laziale, è parso quasi fatale a mano a mano che il tempo passava e la fatica si faceva sentire nelle gambe degli juventini, i quali naturalmente erano provocati a spremersi di più. La Lazio ha anche tentato qualche timido alleggerimento in avanti, spedendovi rare volte un terzino, a turno in aiuto a Sassaroli e Morrone. Se l’ala sinistra era pressochè bloccata da Salvadore, Morrone, con la sua azione intelligente di arretramento, era il più efficace: sapeva tenere la palla con calma olimpica e al tempo sufficiente per dare respiro agli uomini di centrocampo. Lo stesso Morrone più volte è andato a dar loro una mano, sfoggiando la malizia del mestiere e la lucidità che è il riflesso della classe.
La Juve, dunque, per tutti i primi quarantacinque minuti è caduta nel tranello laziale. Non ha trovato barricate alle quali avventarsi, ma un dispositivo di scaglionamento orizzontale e profonfo dalla trequarti campo in avanti. La Juventus, in sostanza, ne è rimasta oltrechè irretita, ubriacata. Per tutto il primo tempo si è vista una squadra sbrindellona, senza indirizzo, senza misura, incapace di accennare un solo triangolo, ma al più in grado di far partire ora Del Sol, ora Cinesinho, ora Leoncini con iniziative personali. Il centrocampista più spesso portava la palla e poiché nessun compagno si smarcava, finiva per mettere il pallone sui piedi di un difensore. Al gol, così stando le cose, la Juventus non sarebbe potuta arrivare altro che su calcio piazzato. Va tuttavia detto che, all’inizio della ripresa, Heriberto ha sfoggiato una mossa tattica che si è rivelata ben presto azzeccata. Ha avanzato Bercellino da stopper, praticamente a centravanti, spostando Zigoni all’ala sinistra.  Nel giro di pochi minuti la situazione si è letteralmente trasformata. Due volte la Juve è passata su calcio d’angolo, rompendo perentoriamente il sortilegio che l’opprimeva. Quanto la partita era stata sinceramente brutta nella prima metà, legata, convulsa, vuota di contenuto tecnico e persino cronistico (salvo che per il contenimento giudizioso ed efficace che la Lazio sapeva produrre) altrettanto la partita, per motivi anche esterni (l’annuncio dell’Inter soccombente) è stata sciolta ed elettrizzante nella ripresa. La Lazio ha subito due volte il K.O. e si è vista irrimediabilmente alle corde. L’infortunio occorso per giunta al valoroso Marchesi, ne ha aggravata la situazione. Per la Lazio, partita con una impostazione precisa e irreversibile, era pressochè impossibile ripristinare una tattica diversa. L’innesto del mediano-interno Di Pucchio in rinforzo ai centrocampisti, al posto dell’indisponibile D’Amato, era del resto significativo. Tuttavia la Lazio ci ha provato, ma contro una squadra che per due volte la sovrastava: per il risultato  già acquisito e per la formidabile galvanizzazione che le veniva dal brivido di uno scudetto a portata di mano. A estrema necessità, estremo rimedio: così la Lazio, per difendersi; e così la Juve, nel suo forcing disordinato. Il gioco alla Lazio è riuscito soltanto a metà e per la Juve è stata un’avventura noiosa e sin disperante…
Era una Juventus al buio. Poi, improvvisamente, Bercellino ha fatto luce sul campo ed è stata un’altra giornata. […] – da La Gazzetta dello Sport del 02.06. 1967
CLASSIFICA: Juventus p. 49; Internazionale p. 48; Bologna p. 45; Napoli p. 44; Fiorentina p. 43; Cagliari p. 40; Torino p. 38; Milan p. 37; Mantova p. 34; Roma p. 33; Atalanta p. 31; Spal p. 29; Brescia, L.R. Vicenza p. 28; Lazio p. 27; Foggia p. 24; Lecco, Venezia p. 17

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