Data
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Incontro
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Ris
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13/09/1964
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Messina - Juventus
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1 - 1
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20/09/1964
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Juventus -
Cagliari
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0 - 0
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27/09/1964
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Catania - Juventus
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3 - 1
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04/10/1964
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Juventus -
Mantova
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1 - 0
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11/10/1964
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Atalanta - Juventus
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0 - 0
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18/10/1964
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Juventus -
Bologna
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1 - 0
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25/10/1964
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Genoa - Juventus
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0 - 1
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08/11/1964
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Fiorentina - Juventus
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1 - 0
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15/11/1964
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Juventus -
Sampdoria
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2 - 0
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22/11/1964
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Torino - Juventus
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0 - 3
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29/11/1964
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Juventus -
Lazio
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0 - 0
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13/12/1964
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Juventus -
Milan
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2 - 2
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20/12/1964
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Roma - Juventus
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1 - 1
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27/12/1964
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Inter - Juventus
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1 - 1
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03/01/1965
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Juventus -
Foggia
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1 - 0
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10/01/1965
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Juventus -
Varese
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3 - 2
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17/01/1965
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LR Vicenza - Juventus
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1 - 3
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24/01/1965
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Juventus -
Messina
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1 - 0
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31/01/1965
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Cagliari - Juventus
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1 - 0
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07/02/1965
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Juventus -
Catania
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4 - 1
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14/02/1965
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Mantova - Juventus
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1 - 0
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21/02/1965
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Juventus -
Atalanta
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0 - 0
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28/02/1965
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Bologna - Juventus
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1 - 1
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07/03/1965
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Juventus -
Genoa
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7 - 0
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21/03/1965
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Juventus -
Fiorentina
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1 - 0
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28/03/1965
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Sampdoria - Juventus
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1 - 0
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04/04/1965
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Juventus -
Torino
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1 - 1
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11/04/1965
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Lazio - Juventus
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0 - 2
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25/04/1965
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Milan - Juventus
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1 - 0
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09/05/1965
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Juventus -
Roma
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1 - 0
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16/05/1965
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Juventus -
Inter
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0 - 2
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23/05/1965
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Foggia - Juventus
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1 - 0
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30/05/1965
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Varese - Juventus
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1 - 1
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06/06/1965
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Juventus -
LR Vicenza
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3 - 1
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Con l’inizio di una nuova
stagione, la Juventus cambia nuovamente allenatore: questa volta sulla
panchina bianconera viene chiamato Heriberto Herrera, un sergente di ferro
che comincerà a modellare la Juventus a sua immagine e somiglianza,
trovando però non pochi problemi con un Sivori a volte un po’ troppo prima
donna. L’argentino gioca e non gioca, ma la Juventus sembrò comunque
trovare un certo equilibro subendo pochi gol ma realizzando altrettanto
pochi, forse proprio a causa dell’assenza di Sivori che per coronare un
anno difficile, si infortuna alla quarta giornata di ritorno, in uno
scontro col giovane portiere del Mantova Dino Zoff che gli causa la
frattura di due costole. Il girone di andata si chiude a quota 23, al
quarto posto, dietro un lanciatissimo Milan (30 punti) che ha già staccato
di 5 punti la rivale Internazionale che nel girone di ritorno compirà
l’impresa di rimontare i cugini e sorpassarli vincendo lo scudetto e
bissando con la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale. Unico
trofeo che sfugge ai nerazzurri, la Coppa Italia che andrà alla Juventus
vincente per 1-0 nella finale di Roma grazie a un gol di Menichelli. Destino
diverso, invece, per la Coppa delle Fiere che i bianconeri perdono in
finale contro gli ungheresi del Ferencvaros per 0-1.
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06/09/1964
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Alessandria - Juventus
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1 - 2
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06/01/1965
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Juventus -
Brescia
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1 - 0
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07/04/1965
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Lecco - Juventus
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0 - 2
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05/05/1965
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Bologna - Juventus
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0 - 0
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09/06/1965
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Juventus -
Torino
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1 - 0
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29/08/1965
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Juventus -
Inter
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1 - 0
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Coppa Città delle Fiere
1964/65
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23/09/1964
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Union Saint-Gilloise (BEL) - Juventus
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0 - 1
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07/10/1964
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Juventus - Union Saint-Gilloise (BEL)
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1 - 0
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28/10/1964
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Stade Française (FRA) - Juventus
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0 - 0
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02/12/1964
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Juventus - Stade Française (FRA)
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1 - 0
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17/02/1965
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Juventus - Lokomotiv Plovdiv (BUL)
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1 - 1
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10/03/1965
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Lokomotiv Plovdiv (BUL) - Juventus
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1 - 1
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14/04/1965
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Juventus - Lokomotiv Plovdiv (BUL)
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2 - 1
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19/05/1965
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Atlético Madrid (SPA) - Juventus
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3 - 1
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26/05/1965
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Juventus - Atlético Madrid (SPA)
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3 - 1
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03/06/1965
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Juventus - Atlético Madrid (SPA)
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3 - 1
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23/06/1965
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Juventus - Ferencváros (UNG)
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0 - 1
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TORINO - JUVENTUS 0-3 (0-1)
Torino, Stadio Comunale,
22.11.1964 - 10° Giornata
RETI: 16’
Stacchini (J); 51’ Da Costa (J); 75’ Menichelli (J)
TORINO: Vieri,
Poletti, Buzzacchera; Puia, Rosato, Ferretti; Crippa, Ferrini, Brighenti;
Meroni, Moschino – All. Rocco
JUVENTUS: Anzolin,
Gori, Sarti; Bercellino, Castano, Leoncini; Stacchini, Da Costa, Combin;
Del Sol, Menichelli – All. Herrera
CRONACA: Il derby
di Torino ha ripetuto quello di Milano nel punteggio ed ancora più ha
esaltato la squadra che ha vinto sotto l’aspetto della nettezza del
verdetto. Come a Milano, così a Torino, per rispettare l’analogia, ha vinto
la squadra localmente meno popolare, ossia la Juventus, come il Milan. La Juventus
non ha soltanto vinto, non ha soltanto stravinto, la Juventus ha
convinto, arciconvinto in virtù di un gioco così vigoroso in difesa,
così calibrato a centrocampo, così razionale in attacco da chiedersi se si
fosse desti o si sognasse. Da un capo all’altro della gara, l’undici
bianconero ha dominato in campo, l’ha fatta da padrone concedendo alla
rivale cittadina appena scarsi spunti di reazione tra un gol e l’altro.
Alla fine, i bandieroni bianconeri, che salutavano i trionfatori, avevano
ben ragione di sventolare in tripudio. Da tempo, giornata juventina non era
stata come questa radiosa: a buon diritto, dunque, è lecito parlare di una
Juventus rinnovata e ritrovata. Diciamo, intanto, fuor da qualsiasi
equivoco, che la partita è stata di un’esemplare correttezza (salvo un
fallo cattivo di Ferrini su Menichelli), che nessun incidente o infortunio
è subentrato a rompere l’equilibrio tecnico della gara, e che il gioco
delle marcature è rientrato nelle previsioni logiche dello sviluppo tattico
della gara stessa. La Juventus ha dunque trionfato per i seguenti fattori:
superiore dinamismo, migliore impostazione a centrocampo, spiccata
intelligenza di Da Costa, più chiara disposizione al gioco di movimento in
attacco. Schiettamente, a questo punto, va dato merito al signor Heriberto
Herrera per il lavoro compiuto: in virtù di esso, la Juventus di Catania è
uno sbiadito ricordo. Né si dimentichi che la Juventus d’oggi è squadra nel
senso lato del termine, priva com’è di assi in difesa ed in attacco del calibro
di Salvadore e di Sivori. Heriberto Herrera ha battuto Nereo Rocco con le
armi che il tecnino triestino predilige: grinta, anticipo, slancio,
volontà, caparbietà su ogni pallone. La Juventus, infatti, si è affermata
nel derby togliendo al Torino le sue medesime prerogative e facendole
proprie. Ma, tali prerogative, che potrebbero essere valutate alla stregua
di un gioco un tantino provinciale, la Juventus ha saputo, invece, elevare
di tono e di contenuto tramite la prestazione di un ultratrentenne sbalorditivo:
Dino Da Costa. Per rifarci ad un’immagine frusta ma calzante, Da
Costa è stato la mente, gli altri il braccio di questa Juventus.
Onnipresente nella zona di campo dove intuitivamente sapeva di captare la
chiave del gioco, Da Costa ha diretto, con la collaborazione di un Del Sol
più sbrigativo e sollecito nell’azione corale, le operazioni di gioco in
qualsiasi direzione. Ha spadroneggiato al punto di realizzare la rete della
sicurezza con un colpo fortunato ma non per questo motivo privo di merito. Impostata
la gara sul ritmo, enorme vanto per la Juventus è risultato quello della
continuità nello sforzo, la sollecitazione infaticabile del proprio motore.
E ciò significa una pienezza di condizione quale da tempo nella compagine
bianconera non si riscontrava. Da tale constatazione discendono gli
apprezzamenti positivi in ordine alle prestazioni di Anzolin – sicurissimo
– di Gori e di Sarti – mai visti così in palla –, dello stesso Leoncini ed
infine della coppia affiatatissima Bercellino-Castano. Un blocco di
retroguardia che si avvia a ricalcare le orme di un passato di…
imperforabilità bianconera. Tra questo blocco e le punte operano, in
saldatura, Da Costa e Del Sol, due tipi dissimili per impostazione tecnica
e per propensioni tattiche ma singolarmente armonizzati e soprattutto
spontaneamente aderenti alle differenti efficienze del gioco nella fascia
centrale del campo. Con questa coppia in pieno risalto, anche le punte
hanno tratto giovamento e si sono espresse, due su tre al meglio. Alludiamo
a Stacchini ed a Menichelli che hanno sovente disposto agevolmente dei
rispettivi avversari non soltanto conludendo a rete, ma altresì servendo i
compagni al centro. Combin, invece, sembra risentire ancora del “complesso”
del gioco al’italiana: vero è che la sua azione nella circostanza non è
parsa ad alto livello quantunque non del tutto mediocre. Come “terza forza”
del campionato, la Juventus presenta valide credenziali. Si dià che
all’esaltazione juventina ha contribuito un Torino privo del suo ariete
centrale, il tanto discusso ma anche tanto provvido Hitchens; ed un Torino,
inoltre, apparso troppo presto alla mercè del superiore ritmo avversario.
[…] – da La Gazzetta dello Sport del 23.11 1964
CLASSIFICA: Milan p.
18; Internazionale p. 14; Juventus p. 13; Fiorentina, Torino p. 12;
JUVENTUS – FERENCVAROS 0-1 (0-0)
Torino, Stadio Comunale,
23.06.1965 - Coppa delle Fiere - Finale
RETI: 74’
Fenyvesi (F)
JUVENTUS: Anzolin,
Gori, Sarti; Bercellino, Castano, Leoncini; Stacchini, Del Sol, Combin;
Mazzia, Menichelli – All. Herrera
FERENCVAROS: Geczi,
Novak, Horwat; Juhasz, Matrai, Orosz; Karaba, Varga, Albert; Rakosi,
Fenyvesi – All. Meszaros
ARBITRO: Dienst
(Svizzera)
CRONACA: Con una
rete dell’ala sinistra Fenyvesi il Ferencvaros si è aggiudicata la Coppa
delle Fiere nella finale con la Juventus. Nonostante la serata afosa, lo
stadio Comunale di Torino presenta un ottimo colpo d’occhio: non la folla
del derby ultimo di Coppa Italia tra Torino e Juventus, ma tuttavia un
pubblico più che discreto. Nessuna cerimonia preliminare all’ingresso delle
squadre in campo. E il via alle 21.37. Angolo al 1’ per il Ferencvaros e un
minuto dopo triangolazione Leonconi-Combin-Leoncini e tiro debole del
mediano, bloccato facile. Su contropiede di Albert, la Juve subisce un
altro angolo (3’). La Juventus reagisce, imposta il gioco in profondità e
al 7’, su cross di Combin, Horvat precede il portiere rinviando alla
disperata: riprende ancora Leoncini e spara sul portiere. Un angolo per la
Juve al 9’. Una palla sbucciata da Castano obbliga Anzolin a gettarsi sui
piedi di Fenyvesi appostato (17’). Un tiro di Rakosi al 18’ sorvola la
sbarra. Un minuto dopo, un tiro di Gori viene neutralizzato in presa.
Parata in due tempi di Anzolin su tiro di Novak (25’): Rakosi non
approfitta. Fuga di Stacchini al 30’: contrasto di palla con Novak e cprner
per la Juve. Bella triangolazione degli ungheresi, ma Fenyvesi manda sul
fondo in diagonale. Angolo per la Juve al 40’: riprende Leoncini ma la
palla finisce sul fondo. Ancora Rakosi finta e tira al 42’; palla sopra la
sbarra. Occasione clamorosa per il Ferencvaros al 43’: su crosso di Karaba,
la palla viene deviata da un difensore bianconero e capita giusto sui piedi
di Albert, in posizione eccellente: gran sventola e palla sibilante sul
fondo. Ripresa: bolide di Novak su punizione (2’) bloccato da
Anzolin. Al 3’ Combin sciupa da distanza ravvicinata un servizio di Del
Sol. Splendida azione personale di Rakosi: salva Castano in extremis. Fuga
di Menichelli (5’) ma tiro debole neutralizzato facilmente. Poi è la volta
di Leoncini, su cross di Menichelli, a tirare addosso al portiere (6’). Va
via ancora Menichelli ed indirizza in zona centrale, ma Matrai rimedia in
angolo: sulla battuta dell’ala, testa di Combin e presa del portiere (10’).
Replica il Ferencvaros e Anzolin para a terra su tiro di Albert. Altro
angolo per i bianconeri su azione di Menichelli. Tentativo di Stacchini
(15’) ma la sfera va alta. Magnifica esibizione di Fenyvesi, fuga, cross;
testa di Albert, prodigioso intervento di Anzolin (16’). Angolo per il
Ferencvaros (19’) ripetuto al 21’: i magiari sono in forcing e insistendo
al 22’ Rakosi fa sibilare la sfera in diagonale davanti alla porta
bianconera. Passa al 29’ l’undici ungherese con una aziona stupenda:
palleggio a trequarti di campo, poi Novak da destra crossa: si avventano i
due sulla traiettoria, Varga e Fenyvesi: quest’ultimo di testa tocca a
rete. La Juventus ha una reazione effettiva, ma non approda a nulla: Combin
segna, ma l’arbitro aveva già fischiato il fuorigioco. Sono ancora gli
ungheresi a rendersi pericolosi con Albert e Varga. La partita non ha più
storia. – da La Gazzetta dello Sport del 24.06.1965
INTERNAZIONALE - JUVENTUS 0-1
(0-1)
Roma (Campo Neutro), Stadio
Olimpico, 29.08.1965 - Coppa Italia - Finale
RETI: 14’
Menichelli (J)
INTERNAZIONALE: Sarti,
Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Jair, Mazzola, Peirò; Suarez,
Corso – All. Helenio Herrera
JUVENTUS: Anzoli,
Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore; Dell’Omodarme, Del Sol,
Traspedini; Cinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
ARBITRO: D’Agostini
di Roma
CRONACA: Ormai è
chiaro che all’Inter l’Olimpico non porta fortuna: dopo lo spareggio, la
Coppa Italia perduta negli ultimo 90 minuti. La vittoria della Juve è stata
di stretta misura, di un solo gol, ma sintetizza la differenza di
rendimento accusata questa sera della due squadre e che nessun accorgimento
avrebbe potuto correggere, visto come si erano disposte le due avversarie
all’inizio.
Quando si gioca in Coppa,
l’Inter può utilizzare Peirò, quindi l’attacco si schiera con il doppio
centravanti, con il solito Corso alle spalle, mentre Suarez, per l’incontro
di stasera, stava nella zona di Cinesinho, essendo Del Sol affidato a
Bedin. Ma una tattica offensiva avversaria basata sul doppio centravanti è
ciò che più gradisce in materia la Juventus, squadra fprse unica, che
dispone di due stopper di grande valore – Bercellino e Salvadore – con
dietro un Castano i9n efficiente condizione. Stasera la Juve ha ripetuto sapientemente
questa tattica difensiva, molto agevolata dalla stessa Inter che sulla
sinistra, dopo l’arretramento di Corso, non inviava mai nessuno,
specialmente nel primo tempo. Potendo la Juve restringere di molto la zona
dalla quale poteva provenire il pericolo per Anzolin (questa zona in
pratica andava da Jair fino a Mazzola) la sua difesa è apparsa a tutti
addirittura insormontabile, aiutata com’era per giunta anche da Del Sol, a
tratti da Cinesinho e, come non bastasse, saltuariamente da un’ala allorquando
Burgnich o Facchetti osavano avanzare. A siffatto atteggiamento difensivo,
sorretto da una condfizione atletica generale ormai completa, la Juve ha
saputo aggiungere un’intelligente meccanica si scambi tra gli uomini della
retroguardia ed i centrocampisti il che consentiva sempre al giocatore in
possesso della palla di “vedere” a tempo un compagno libero sul quale
appoggiare l’azione per la continuazione. In pratica, pare che il tanto
decantanto “movimento” di Heriberto e nel quale certamente Sivori costituiva
la nota stonata, si stia sviluppando con buona logica attraverso un
continuo giocare di chi non ha la palla in favore del compagno che in quel
momento governa il gioco. Nella situazione contraria, almeno stasera
all’Olimpico, i centrocampisti bianconeri sapevano ben chiudere la propria
difesa allorquando era l’Inter ad avanzare: facendo massa davanti ad
Anzolin, con il versante destro completamente sguarnito di nerazzurri,
Castano e compagni finivano per ricevere sempre sulla schiena tutti i tiri degli
avversari. Il primo pallone veramente insidioso Anzolin lo toccava soltanto
al 19’ della ripresa ed era un cross di Jair. E’ capitato, però, che il
nome dell’avversario ed il desiderio di raccogliere un successo di tanto
prestigio, abbiano indotto la Juve, soprattutto dopo aver segnato il gol, a
trascurare le sue tre punte che spesso si smarcavano a dovere, ma che non
venivano servite tempistivamente anche per il timore di diver cedere
l’iniziativa agli avversari. Quindi, Traspedini, Dell’Omodarme e Menichelli
in ombra, ma in compenso tutti gli altri in grandissima evidenza con le
coppie Del Sol-Cinesinho e Bercellino-Salvadore impeccabili. Contro questa
difesa che non ha mai sbagliato un’impostazione, quindi un intervento,
l’Inter ha attaccato su mezzo fronte soltanto, con pochi uomini e a tratti
con una irresolutezza che contrastava vivacemente con la decisione dei
Bercellino e dei Salvadore sempre proiettati sulla palla o sull’uomo, a
scanso di equivoci. […] Dobbiamo aggiungere che mai abbiamo avuto
l’impressione che l’Inter potesse segnare, nemmeno nel finale, quando i
nerazzurri sono andati più vicini al gol, specialmente con Jair. E ciò
perché mai la difesa della Juventus ha dato l’impressione di sbandare: è
vero che spesso un terzino è intervenuto miracolosamente, ma non si aveva
mai la sensazione che l’attaccante nerazzurro potesse andarsene in
condizione di sufficiente tranquillità per tirare a rete con speranza di
successo. […] – da La Gazzetta dello Sport del 30.08.1965
1965-1966
Il campionato iniziò il 5
settembre 1965. La sorpresa uscì fuori subito, e fu rappresentata
dal Napoli: i partenopei dell'armatore Achille Lauro,
in estate, avevano acquistato, da Juventus
e Milan, Sívori e Altafini, che rilanciarono la squadra
azzurra e per tutto il girone d'andata lottarono alla pari con l’Inter.
I lombardi, dalla nona giornata, mantennero la vetta, ma furono
seguiti da Milan e Napoli, rispettivamente seconda e terza forza alla fine
del girone d'andata, il 16 gennaio 1966. Nel girone di ritorno
l'Inter mancò più volte il colpo decisivo, e spesso rischiò di lasciarsi
recuperare. La sconfitta di Catania fece vacillare i nerazzurri,
che videro avvicinarsi il Napoli. Sistemarono tutto sei vittorie
consecutive: al termine di questa serie, il 17 aprile, il Milan aveva
ceduto ed era lontano, a 11 punti di distanza; il Napoli e il
ritrovato Bologna si ritrovavano seconde a 6 punti di distanza.
Il finale mise in dubbio la vittoria dell'Inter, allorché due pareggi e una
sconfitta nello scontro diretto contro il Bologna avvicinarono i rossoblu
al primo posto. Due vittorie contro Juve e Lazio permisero ai
nerazzurri, il 15 maggio, di vincere lo scudetto, il decimo,
i milanesi diventarono così la seconda squadra italiana a
poter cucire sulla maglia la stella dorata a cinque punte che prima
d'allora era stata ottenuta solamente dalla Juventus. A vincere la
classifica dei cannonieri fu il trentaquattrenne Luís Vinício,
scartato dal Bologna pochi anni prima e ritrovato grazie a una provinciale,
il Lanerossi Vicenza.
IL TIMES GETTA FANGO SULL' INTER
DEGLI ANNI 60
Questo è quanto sostenuto dal
londinese Times che ha ripreso - nella rubrica di Brian Glanville titolata
sulla "storia gloriosa ma macchiata" dell' Inter - la confessione
dell' arbitro ungherese Gyorgi Vadas su un tentativo di corruzione da parte
di Moratti Sr. prima della semifinale di Coppa Campioni col Real Madrid del
20 aprile ' 66: denaro, orologi d' oro ed elettrodomestici in cambio di
rigori. il quotidiano scrive dunque che «le vittorie dell' Inter degli anni
' 60 furono frutto di corruzione e imbrogli nei quali Angelo Moratti giocò
un ruolo cruciale in un sistema messo in piedi da due uomini ora deceduti:
Deszo Holti, faccendiere ungherese, e Italo Allodi», definito
"serpentine". l' Inter, si sostiene in maniera molto discutibile,
fece offerte per tre anni consecutivi agli arbitri delle semifinali e le
prime due volte, nel ' 64 e ' 65, la cosa funzionò, ai danni di Borussia e
Liverpool. la terza no, perché Vadas (le cui rivelazioni furono pubblicate
nel libro di un giornalista ungherese), rifiutò una somma con cui avrebbe
potuto comprarsi 5 mercedes: 10 per un rigore all' ultimo, addirittura 25
per un rigore ai supplementari. il giorno della partita Vadas fu ospite di
Moratti nella sua villa e ricevette un orologio d' oro. Moratti promise
anche televisori ed elettrodomestici. ma Vadas non aiutò i nerazzurri a
rimontare lo 0-1 dell' andata, la gara finì 1-1 e fu la sua ultima
apparizione internazionale. L’ articolista del Times si chiede infine il perché
di questo strano debole degli italiani per i "condottieri" alla
Moratti, citando gli attuali tentativi per ripulire l' immagine di
Mussolini. Una bella palata di fango su vivi e morti.
LA
GRANDE INTER DI ANGELO MORATTI È STATA SPESSO NELL’OCCHIO DEL CICLONE PER
UNA LUNGA SERIE DI FAVORITISMI ARBITRALI CHE HANNO SCATENATO LE
INSINUAZIONI DEI TIFOSI PIÙ MALIZIOSI. È DEL 1960 INFATTI L’INGRESSO IN
SOCIETÀ DI ITALO ALLODI, IL PROTEIFORME MANAGER DI ASIAGO VICENTINO, PIÙ
VOLTE ACCUSATO DI INTRATTENERE FREQUENTAZIONI SOSPETTE CON IL MONDO
SOMMERSO DELLE GIACCHETTE NERE. DA ALLORA È PASSATO MOLTO TEMPO E QUASI
PIÙ NESSUNO RICORDA CHE QUELLE POLEMICHE POGGIAVANO SU BASI TUTT’ALTRO CHE
IMMAGINARIE, ANCHE IN VIRTÙ DI UN RECORD STABILITO DALLA GRANDE INTER PRATICAMENTE
IMPOSSIBILE DA BATTERE: PER TRE CAMPIONATI NON HA SUBITO UN SOLO RIGORE
CONTRO. FORSE IL LETTORE STA STRABUZZANDO GLI OCCHI, COLTO DALLO
STUPORE. COME È’ POSSIBILE CHE UNA SQUADRA DI CALCIO, PER TRE
INTERE STAGIONI, NON ABBIA MAI AVUTO LA SVENTURA DI SENTIRSI FISCHIARE UN
PENALTY CONTRO? UN EVENTO ALTAMENTE IMPROBABILE CHE SI FA BEFFE
DELLA LEGGE DEI GRANDI NUMERI, MA CHE INVECE È ACCADUTO. LA “SERIE D’ORO”
SI APRE IL 29 MARZO 1964: L’INTER VINCE 2-1 IN CASA DEL BOLOGNA, ANCHE
GRAZIE AD UNA PRODEZZA DEL PORTIERE SARTI (LO STESSO CHE TRE ANNI PIÙ TARDI
CONSEGNERÀ LO SCUDETTO ALLA JUVENTUS CON LA PAPERA DI MANTOVA) CHE RESPINGE
UN TIRO DAGLI UNDICI METRI DEL BIONDO TEDESCO HELMUT HALLER. I CAMPIONATI
1964/65 E 1965/66 SONO “VERGINI” E L’INTER, SENZA IL FASTIDIO DI DOVER
TREMARE PER L’ESECUZIONE DI UN RIGORE AVVERSO, SE LI AGGIUDICA. LA MAGIA SI
INTERROMPE IL 19 MARZO 1967 QUANDO, ALLA VENTICINQUESIMA GIORNATA, È IN
PROGRAMMA ROMA-INTER. SULLO 0-0 VIENE FINALMENTE FISCHIATO UN RIGORE CONTRO
LA BENEAMATA MA IL ROMANISTA DI GERMANIA JURGEN SCHULTZ LO SPEDISCE SOPRA
LA TRAVERSA. DUE CALCIATORI TEDESCHI E DUE RIGORI SBAGLIATI: NEL MEZZO SONO
PASSATI QUASI TRE ANNI PER UN COMPUTO COMPLESSIVO DI 99 PARTITE. MA
IL NUMERO SALE AD UN PERFETTO E TONDEGGIANTE 100 SE SI PRENDE IN
CONSIDERAZIONE ANCHE LO SPAREGGIO PER L’ASSEGNAZIONE DELLO SCUDETTO,
GIOCATO ALL’OLIMPICO TRA I NERAZZURRI E IL BOLOGNA IL 7 GIUGNO 1964. NIENTE
MALE. DELLA PARTITA CHE CHIUSE LA “SERIE D’ORO” SENZA RIGORI È NOTO ANCHE
UN CURIOSO ANEDDOTO CHE ILLUSTRA IN MANIERA MOLTO ELOQUENTE QUALE FOSSE IL
RAPPORTO DI INTIMITÀ TRA L’F.C.INTERNAZIONALE E LA CLASSE ARBITRALE. A
RICORDARCELO È IL POPOLARE GIORNALISTA RINO TOMMASI: «UN EPISODIO CHE MI
ERA SFUGGITO DALLA TRIBUNA MA CHE LO STESSO LO BELLO MI HA RACCONTATO IN
UNA CENA MOLTI ANNI DOPO. AD UN CERTO PUNTO ARMANDO PICCHI COLPÌ’ CON UN
PUGNO SCHULTZ. LO BELLO NON SE NE ACCORSE MA IL SEGNALINEE ATTIRÒ LA SUA
ATTENZIONE. LO BELLO CORSE DA LUI E TORNANDO AL CENTRO DELL'AREA DISSE.
“ARMANDINO, MI SA CHE TE NE DEVI ANDARE”. “D'ACCORDO”, GLI RISPOSE IL
GIOCATORE, “PERÒ S'ESCE IN DUE”. FUORI TUTT'E DUE, PICCHI E L'INCOLPEVOLE
TEDESCO. QUESTI ERA CONCETTO LO BELLO». QUESTA, ANCHE QUESTA, ERA LA GRANDE
INTER.
Tratto
da ju29ro.com
“LA SUDDITANZA PSICOLOGICA”
TERMINE MOLTO UTILIZZATO PER
INDICARE UNA PRESUNTA INCLINAZIONE DEGLI ARBITRI A FAVORIRE LE GRANDI
SQUADRE RISPETTO ALLE PICCOLE ( E SPESSO È STATA ACCUSATA A TORTO LA JUVE
DI GIOVARSENE DAI SUOI INFINITI DETRATTORI). MA COME È NATO QUESTO TERMINE?
LO SPIEGA FRANCO ARTURI RISPONDENDO AD UNA DOMANDA DI UN
LETTORE SU LA GAZZETTA DELLO SPORT DI QUALCHE ANNO FA:È VERO CHE IL
TERMINE “SUDDITANZA PSICOLOGICA” È STATO CONIATO NEGLI ANNI 60 A PROPOSITO
DEL POTERE DELL’INTER IN FEDERAZIONE, ALL’EPOCA DI MORATTI PADRE?SÌ. CHI
SINTETIZZÒ COSÌ LA VERA O PRESUNTA INCLINAZIONE DEGLI ARBITRI PRO GRANDI FU
IL DIRIGENTE ARBITRALE GIORGIO BERTOTTO, MEDICO OCULISTA.IL 16 APRILE 1967
LA PARTITA VENEZIA – INTER FU VINTA DAI NERAZZURRI,CONDOTTI DALLA TRIADE
ANGELO MORATTI – ALLODI – HERRERA, PER 3 – 2 CON ALCUNE DECISIONI
CONTESTATE DELL’ARBITRO ANTONIO SBARDELLA. NEL COMMENTARLE, L’ALLORA CAPO
DELLA CAN, BERTOTTO, CHE ERA ANCHE VENEZIANO,CONFIDÒ IN PRIVATO A UN AMICO
GIORNALISTA: “PURTROPPO GLI ARBITRI SOFFRONO DI UNA SORTA DI SUDDITANZA
PSICOLOGICA NEI CONFRONTI DELLE GRANDI SOCIETA”. LA FRASE FINI’ PARI PARI
SUL GIORNALE, SCATENÒ UN PUTIFERIO (ANCHE ALLORA), MA SOPRATTUTTO ENTRÒ NEL
LESSICO COMUNE DEL CALCIO. PER LA CRONACA, A STAGIONE CONCLUSA BERTOTTO NON
VENNE CONFERMATO COME CAPO DELLA CAN.
F.Mazzola: “L’Inter comprava gli
arbitri! Herrera dopava i giocatori!”
<<Da interista mi si
stringe il cuore,ma da sportivo non posso non dare peso alle affermazioni
di Mazzola date già nel 2004.Comincio per dire che non si tratta del famoso Sandro,ma
del fratello Ferruccio Mazzola (che comunque ha giocato anche se poco
nell’Inter,85 presenze nella Lazio, 16 nella Fiorentina etc.
) che ha lasciato questa intervista che non tutti conoscono come non
tutti sanno che ha vinto in tribunale proprio contro Fachetti e l’Inter che
lo avevano querelato per diffamazione. Ecco l’intervista:>>
“ Se avessi voluto davvero
fare del male all’Inter, in quel libro avrei scritto anche tante altre
cose. Avrei parlato delle partite truccate e degli arbitri comprati, specie
nelle coppe. Invece ho lasciato perdere…”.
«Sono stato anch’io in quell’Inter – dice –. Il mister ci dava delle
pasticche, credo anfetamine, da mettere sotto la lingua. Fu mio fratello a
dirmi: se non vuoi ingoiarla vai in bagno e buttala. Ma Herrera se ne
accorse, e iniziò a farcele sciogliere nel caffè». Mazzola, che nell’Inter
di Herrera giocò solo una partita in campionato, ricorda le conseguenze di
quel caffè bevuto prima di una gara con il Como, nel 1967. «Dopo la partita
sono stato tre giorni e tre notti in uno stato di allucinazione totale,
come un epilettico».
“Ho visto l’allenatore Helenio Herrera – dice Mazzola – che dava le
pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve (io ero
spesso tra quelle) e poi le dava anche ai titolari. Un giorno Herrera si
accorse che le sputavamo, allora si mise a scioglierle nel caffè. Da
quel giorno il ‘caffe’” di Herrera divenne una prassi all’Inter.” Ma
era solo nell’Inter che ci si dopava in quegli anni? ”Certo che no. Io
sono stato anche nella Fiorentina e nella Lazio, quindi posso parlare
direttamente anche di quelle esperienze. A Firenze, il sabato mattina,
passavano o il massaggiatore o il medico sociale e ci facevano fare delle
flebo, le stesse di cui parlava Bruno Beatrice a sua moglie. Io ero in
camera con Giancarlo De Sisti e le prendevamo insieme. Non che fossero
obbligatorie, ma chi non le prendeva poi difficilmente giocava. Di quella
squadra, ormai si sa, oltre a Bruno Beatrice sono morti Ugo Ferrante
(arresto cardiaco nel 2003) e Nello Saltutti (carcinoma nel 2004). Altri
hanno avuto malattie gravissime, come Mimmo Caso, Massimo Mattolini, lo
stesso De Sisti...”.
De Sisti ha smentito di essersi
mai dopato. “Picchio in televisione dice una cosa, quando siamo fuori
insieme a fumare una sigaretta ne dice un’altra…”. E alla Lazio? “Lì ci
davano il Villescon, un farmaco che non faceva sentire la fatica. Arrivava
direttamente dalla farmacia. Roba che ti faceva andare come un treno”.
Altre squadre? ”Quando Herrera passò alla Roma, portò gli stessi metodi
che aveva usato all’Inter. Di che cosa pensa che sia morto il centravanti
giallorosso Giuliano Taccola, a 26 anni, durante una trasferta a Cagliari,
nel ’69?”. Ma secondo lei perché ancora adesso nessuno parlerebbe?
Ormai sono – siete – tutti uomini di sessant’anni… ”Quelli che stanno
ancora nel calcio non vogliono esporsi, hanno paura di rimanere tagliati
fuori dal giro. Sono tutti legati a un sistema, non vogliono perdere i loro
privilegi, andare in tv, e così via. Prenda mio fratello: è stato trattato
malissimo dall’Inter, l’hanno cacciato via in una maniera orrenda e gli
hanno perfino tolto la tessera onoraria per entrare a San Siro, ma lui ha
lo stesso paura di inimicarsi i dirigenti nerazzurri e ne parla sempre
benissimo in tv. Mariolino Corso, uno che pure ha avuto gravi problemi
cardiaci proprio per quelle pasticchette, va in giro a dire che non mi
conosce nemmeno. Anche Angelillo, che è stato malissimo al cuore, non vuole
dire niente: sa, lui lavora ancora come osservatore per l’Inter. A parlare
di quegli anni sono solo i parenti di chi se n’è andato, come Gabriella
Beatrice o Alessio Saltutti, il figlio di Nello. È con loro che, grazie
all’avvocato della signora Beatrice, Odo Lombardo, ora sta nascendo
un’associazione di vittime del doping nel calcio”. Certo, se un grande
campione come suo fratello fosse dalla vostra parte, la vostra battaglia
avrebbe un testimonial straordinario.. ”Per dirla chiaramente, Sandro non
ha le palle per fare una cosa così”. E oggi secondo lei il doping c’è
ancora? ”Sì, soprattutto nei campionati dilettanti, dove non esistono
controlli: lì si bombano come bestie. Quello che più mi fa male però sono i
ragazzini…”. I ragazzini? ”Ormai iniziano a dare pillole e beveroni a
partire dai 14-15 anni. Io lavoro con la squadra della Borghesiana, a Roma,
dove gioca anche mio figlio Michele, e dico sempre ai ragazzi di stare
attenti anche al tè caldo, se non sanno cosa c’è dentro. Ho fatto anche una
deposizione per il tribunale dei minori di Milano: stanno arrivando decine
di denunce di padri e madri i cui figli prendono roba strana, magari
corrono come dei matti in campo e poi si addormentano sul banco il giorno
dopo, a scuola. Ecco, è per loro che io sto tirando fuori tutto. Poi ecco
anche l’elenco dei morti per malattie che secondo Mazzola sono da collegare
al “caffè di Herrera”:
Armando Picchi: morto a 36 anni
nel 1971 per tumore alla colonna vertebrale
Giuliano Taccola morto a soli 26
anni dopo una trasferta della squadra capitolina a Cagliari durante il
primo anno di Herrera sulla panchina giallorossa
Marcello Giusti: morto a 54 anni
nel 1999 per tumore cerebrale
Carlo Tagnin: morto a 67 anni
nel 2000 per osteosarcoma
Mauro Bicicli: morto a 66 anni
nel 2001 per tumore al fegato
Ferdinando Miniussi: morto a 61
anni nel 2001 per epatite C
Giuseppe Longoni: morto a 64
anni nel 2006 per vasculopatia cronica
Enea Masiero: morto a 65 anni
nel 2009 per tumore
A cui aggiungiamo Giacinto
Facchetti: morto a 64 anni nel 2006 per tumore al pancreas ancora vivo al
tempo dell’intervista.
Ora non c’è dato sapere se la
storia di F. Mazzola sia falsa e se sia fango,ma effettivamente la lista di
giocatori grandi atleti morti quasi tutti per patologie compatibili al
doping,sopratutto giocatori che hanno vestito negli anni la stessa
maglia della squadra accusata da Mazzola fa riflettere.
Caso?Giocavano sull’amianto invece che sull’erbetta?Mazzola dice la
verità?Sopratutto fa riflettere che un tribunale abbia respinto la
querela dell’Inter dando ragione a Mazzola e che,dispiace dirlo,nelle
ultime intercettazioni emerse Facchetti non risulta essere lo sportivo
super corretto e onesto che tutti credevamo fosse.Ovviamente non facciamo
l’errore di pensare che la questione riguardi solo l’Inter,come calciopoli
non riguardava solo la Juventus anche in questo caso riguarda il calcio in
generale.
PIERCARLO RIZZA (Interista
onesto davvero lui, quel che è giusto è giusto)
Un antiJuve ha scritto: La
juve lo ha fatto fino a poco tempo fà Cannavaro e company fotografati
durante le trasfusioni!! Zeman denunciò tutto!! tutto andò in
prescrzione!!!.. Strano che nessuno ricordi!!!..
Una tifosa Bianconera ha
risposto : Cannavaro non era ancora alla Juve quando fece quel
video! Era al PARMA e quelli nel video sono i suoi compagni del PARMA! Se dovete
parlare per forza, almeno dite le cose giuste! Inoltre dopo il Parma militò
nell’Inter…è da lì lo prese la Juve ( scambio con il 3°portiere
Carini per il futuro pallone d’oro ritenuto finito dai morattiani-NDA).
08.08.1965
|
Amichevole
|
Juventus-Juve De Martino
|
6-2
|
12.08.1965
|
Amichevole
|
Juventus-Juve De Martino
|
3-0
|
15.08.1965
|
Amichevole
|
Biellese-Juventus
|
1-9
|
20.08.1965
|
Apertura Universiadi
|
Ungheria-Juventus
|
1-0
|
25.08.1965
|
Amichevole
|
Juventus-Atvidaberg
|
1-0
|
02.11.1965
|
Amichevole
|
Borgosesia-Juventus
|
0-4
|
07.11.1965
|
Trofeo Amistad
|
Real Madrid-Juventus
|
0-2
|
14.11.1965
|
Campionato Serie A
|
Juventus-Fiorentina
|
3-0
|
08.12.1965
|
Amichevole
|
Verona-Juventus
|
2-4
|
16.03.1966
|
Amichevole
|
Novara-Juventus
|
2-1
|
20.03.1966
|
Amichevole
|
Sel. Lilla/Valenciennes-Juventus
|
0-1
|
14.04.1966
|
Amichevole
|
Juventus-Werder Brema
|
2-3
|
20.04.1966
|
Amichevole
|
Pavia-Juventus
|
0-5
|
27.04.1966
|
Amichevole
|
Lugano-Juventus
|
2-2
|
25.05.1966
|
Amichevole
|
Juventus-Ungheria
|
1-2
|
29.05.1966
|
Coppa Città di Torino
|
Juventus-Espanyol Barcellona
|
0-1
|
01.06.1966
|
Coppa Città di Torino
|
Juventus-Inter
|
3-1
|
04.06.1966
|
Coppa delle Alpi
|
Young Boys-Juventus
|
0-2
|
08.06.1966
|
Coppa delle Alpi
|
Servette-Juventus
|
1-3
|
11.06.1966
|
Coppa delle Alpi
|
Basilea-Juventus
|
1-2
|
15.06.1966
|
Coppa delle Alpi
|
Selez. Losanna/Zurigo-Juventus
|
3-0
|
19.06.1966
|
Amichevole
|
Borgomanero-Juventus
|
0-6
|
26.06.1966
|
Amichevole
|
Juventus-Rijeka
|
1-1
|
Campionato Serie A 1965/66
|
|
|
Data
|
Incontro
|
Ris
|
05/09/1965
|
Juventus -
Foggia
|
1 - 0
|
12/09/1965
|
Atalanta - Juventus
|
0 - 0
|
19/09/1965
|
Juventus -
Napoli
|
0 - 0
|
26/09/1965
|
Varese - Juventus
|
0 - 0
|
03/10/1965
|
Juventus -
LR Vicenza
|
4 - 1
|
10/10/1965
|
Catania - Juventus
|
1 - 1
|
17/10/1965
|
Juventus -
Roma
|
0 - 0
|
24/10/1965
|
Spal - Juventus
|
2 - 2
|
14/11/1965
|
Juventus -
Fiorentina
|
3 - 0
|
21/11/1965
|
Juventus -
Torino
|
2 - 0
|
28/11/1965
|
Lazio - Juventus
|
0 - 1
|
12/12/1965
|
Juventus -
Cagliari
|
0 - 0
|
19/12/1965
|
Milan - Juventus
|
2 - 1
|
26/12/1965
|
Brescia - Juventus
|
4 - 0
|
02/01/1966
|
Juventus -
Inter
|
0 - 0
|
09/01/1966
|
Bologna - Juventus
|
0 - 1
|
16/01/1966
|
Sampdoria - Juventus
|
0 - 0
|
23/01/1966
|
Foggia - Juventus
|
0 - 0
|
30/01/1966
|
Juventus -
Atalanta
|
1 - 1
|
06/02/1966
|
Napoli - Juventus
|
1 - 0
|
13/02/1966
|
Juventus -
Varese
|
3 - 1
|
20/02/1966
|
LR Vicenza - Juventus
|
2 - 2
|
27/02/1966
|
Juventus -
Catania
|
1 - 0
|
06/03/1966
|
Roma - Juventus
|
1 - 1
|
13/03/1966
|
Juventus -
Spal
|
3 - 0
|
27/03/1966
|
Fiorentina - Juventus
|
0 - 1
|
03/04/1966
|
Torino - Juventus
|
0 - 0
|
10/04/1966
|
Juventus -
Lazio
|
0 - 0
|
17/04/1966
|
Cagliari - Juventus
|
2 - 1
|
24/04/1966
|
Juventus -
Milan
|
3 - 0
|
01/05/1966
|
Juventus -
Brescia
|
3 - 1
|
08/05/1966
|
Inter - Juventus
|
3 - 1
|
15/05/1966
|
Juventus -
Bologna
|
0 - 0
|
22/05/1966
|
Juventus -
Sampdoria
|
2 - 1
|
|
|
|
|
|
|
|
06/01/1966
|
Spal - Juventus
|
1 - 4
|
|
|
|
|
|
09/02/1966
|
Juventus -
Catanzaro
|
1 - 2
|
|
|
|
|
Coppa delle Coppe 1965/66
|
|
|
|
|
29/09/1965
|
Juventus -
Liverpool (ING)
|
1 - 0
|
|
13/10/1965
|
Liverpool (ING) - Juventus
|
2 - 0
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
04/06/1966
|
Young Boys (SVI) - Juventus
|
0 - 2
|
|
|
08/06/1966
|
Servette (SVI) - Juventus
|
1 - 3
|
|
|
11/06/1966
|
Basilea (SVI) - Juventus
|
1 - 2
|
|
|
15/06/1966
|
Selezione
Losanna/Zurigo (SVI) - Juventus
|
3 - 0
|
*
|
|
|
|
Note 15/06/1966
: Risultato assegnato a tavolino dal giudice sportivo per la
sospensione dell'incontro al 29' st a seguito delle proteste della Juventus
sul punteggio di 2-2 con reti di Hertig (S) al 3', Sturmer (S) al 20',
Cinesinho al 27' pt; Traspedini al 8' st
|
|
Girone Eliminatorio:
Classifica
|
|
|
Squadra
|
Pt
|
Gt
|
V
|
N
|
S
|
Rf
|
Rs
|
Napoli
|
8
|
4
|
4
|
0
|
0
|
15
|
5
|
Juventus
|
6
|
4
|
3
|
0
|
1
|
7
|
5
|
Selezione Losanna/Zurigo
|
6
|
4
|
3
|
0
|
1
|
7
|
6
|
Spal
|
5
|
4
|
2
|
1
|
1
|
9
|
8
|
Young Boys
|
3
|
4
|
1
|
1
|
2
|
6
|
8
|
Catania
|
3
|
4
|
1
|
1
|
2
|
1
|
3
|
Servette
|
1
|
4
|
0
|
1
|
3
|
3
|
8
|
Basilea
|
0
|
4
|
0
|
0
|
4
|
5
|
10
|
|
|
La nuova Juventus di Heriberto
Herrera prende forma, ma è molto diversa da quella a cui tutti i tifosi
d’Italia sono abituati: adesso i bianconeri si sono trasformati in una
compagine di “operai” in cui la solidità della difesa diventa perno
centrale di una squadra che fa della regolarità il suo pregio principale.
Ceduto Omar Sivori al Napoli (con l’appoggio del presidente Agnelli),
Herrera costruisce una squadra solida che però fatica a compiere quel salto
di qualità che le avrebbero permesso i campioni attorno cui invece
Internazionale e Milan hanno costruito i loro successi. Al posto di Sivori
viene ingaggiato il brasiliano Sidney Cunha detto Cinesinho; parte anche
Nestor Combin, dopo un solo anno e sette gol all’attivo, sostituito da
Vincenzo Traspedini, mentre in difesa sono confermati Anzolin in porta,
Salvadore e Gori terzini e Bercellino I e Castano rispettivamente stopper e
libero; a centrocampo Leoncini e Del Sol sono affiancati da Cinesinho in
cabina di regia, con Menichelli, Dell’Omodarme e Stacchini ad alternarsi
sulle fasce; in attacco punta unica con Traspedini, Bercellino II e Da
Costa a giocarsi la maglia numero 9. Il girone d’andata è una marcia
regolare, scandita dallo scontro diretto col nuovo Napoli di Sivori che
termina 0-0: l’argentino, a fine gara si toglie qualche sassolino dalla
scarpa insultando il suo ex tecnino che reagisce con un aplombe inglese.
Alla fine del girone d’andata la Juventus è quarta in classifica, dietro
Internazionale, Milan e Napoli, per poi concludere la stagione con un
quinto posto interlocutorio.
Correva l'anno 2004, data in cui
la casa editrice Bradipolibri pubblicò un libro a cura di Fabrizio Calzia
dal titolo "Il terzo incomodo. Le pesanti verità di Ferruccio
Mazzola". In tale scritto sono contenute pesantissime accuse
lanciate senza peli sulla lingua da parte del Mazzola meno famoso; accuse
verso la sua società (Inter) e il suo tecnico (Helenio Herrera) all'epoca
dei fatti. Nel libro viene documentato che in quell'Inter ci fu un
"uso disinvolto del doping per potenziare al massimo le prestazioni
della squadra e per conseguire i gloriosi risultati poi effettivamente
raggiunti". L'Inter, ovviamente, non la prese bene, e
l'anno dopo, tramite Giacinto Facchetti, citò per diffamazione sia
la Bradipolibri (e Calzia) che Ferruccio Mazzola, richiedendo un
risarcimento di un milione e mezzo di euro per danni patrimonialie morali.
Forse non tutti sanno che questa richiesta danni è stata respinta
da parte del Tribunale chiamato ad esprimersi in merito, e l'Inter
non ha presentato appello. Le parole di Ferruccio Mazzola sono state quindi
certificate da un Tribunale!
Questa una parte della sentenza del giudice unico Rosaria Ricciardi su
questo caso: "(...) il libro è costituito prevalentemente da una serie
di racconti che hanno visto come protagonista il Mazzola nel corso della
sua carriera, nonché da una serie di testimonianze di molti ex calciatori.
Attraverso un racconto chiaro e completo, scevro da espressioni malevole o
offensive, gli autori delineano un quadro generale e storico del calcio
dell’epoca". "TUTTI PAZZI PER LA JUVE", popolarissimo
programma radiofonico in onda su RADIO ERRE2, ha intervistato in esclusiva
il legale della BRADIPOLIBRI, l'Avv.ALBERTO FOGGIA.
Salve avvocato, e benvenuto ai
microfoni di "Tutti pazzi per la Juve". Vogliamo farle qualche
domanda sulla vicenda BRADIPOLIBRI - FERRUCCIO MAZZOLA - INTER. Come
commenta questa sentenza?
“La commento positivamente anche perchè abbiamo sempre creduto che non ci
fosse stata alcuna diffamazione nel libro “Il terzo incomodo” perchè si trattava
di fatti veri, raccontati da Mazzola che li ha vissuti in prima persona.
Quindi percepiti direttamente e poi confermati da altri giocatori
dell’Inter di quegli anni. Non c’era nulla sul libro di diffamatorio, ed è
stato dimostrato”.
Il giudice quindi vi ha dato
ragione e l’Inter ha dovuta pagare anche le spese processuali. È vero che
però lei ha dovuto attendere un anno per la liquidazione della sua parcella
minacciando il pignoramento dell’incasso di una partita casalinga
dell’Inter?
“Purtroppo è vero. Ho dovuto
attendere più di un anno, perchè nessuno da via Durini si è fatto vivo per
pagare i 7.000 euro necessari a coprire le spese processuali. Sono stato
costretto a fare un atto di precetto col quale ho intimato all’Inter di
pagare entro dieci giorni la somma, altrimenti avrei proceduto al
pignoramento (dell’incasso). Solo allora l’Inter ha pagato, evitando un
pignoramento che sarebbe stato davvero disonorevole per la storia del club”
Quali accuse ha concretamente
prodotto l’Inter per giustificare il reato di diffamazione a mezzo stampa
imputato al suo cliente?
“Direi nessuna, perchè l’Inter
avrebbe dovuto dimostrare che i fatti narrati nel libro non erano veri. Ma
non ha dimostrato nulla, ne si è avvalsa di documentazioni o ha chiesto di
assumere testimonianze. Si è limitata a discorsi piuttosto vaghi, senza
niente di concreto.”
La veridicità dei fatti narrata
da Ferruccio Mazzola non è stata contestata?
“E’ stata contestata ma senza
prove. Noi invece ci siamo spinti anche oltre confermando con più forza le
nostre ragioni e la veridicità di ciò che c’è nel libro. E lo abbiamo fatto
anche con copiosa documentazione giornalistica dell’epoca.”
L’Inter ha tentato di confutarli
per far vedere che erano falsi?
“Solo a parole, contestando in
maniera generica, senza portare nessuna prova a proprio favore. E’ stata
una difesa monca, che ci ha facilitato il compito.”
Per quanto riguarda i numerosi
morti che ci sono stati nell’organico della grande Inter, la società come
si è espressa in merito? Non ha messo in relazione il discorso degli ex
giocatori scomparsi, con quello che c’è scritto nel libro?
“Hanno contestato anche questo,
ma sempre senza prove. Comunque anche noi non abbiamo la certezza di una
relazione tra il doping che c’è stato ed ormai è provato di quell'Inter e
le tante morti successive dei giocatori che ne facevano parte. Certo è che
una coincidenza troppo strana ma è un discorso comunque troppo importante
per essere generalizzato. La medicina ci aiuterà ad aver risposte più
concrete.”
Su queste morti sa se c’è
qualche indagine giudiziaria in corso?
“Ci sono delle indagini da molti
anni, che sta conducendo con grande determinazione il pubblico ministero
Guariniello della procura di Torino, e che non riguardano solo il calcio ma
anche altri sport come il ciclismo, o addirittura le bocce. Il discorso
doping è una piaga gigantesca del nostro sport che spesso si rischia di
nascondere. Non c’è stato solo in passato. Nulla è cambiato.”
Amichevolmente o non, ha
discusso con Moratti della vicenda, anche in via non ufficiale?
“No, non ho avuto il piacere. Comunque non avrei potuto farlo, perchè
parlare direttamente con Moratti avrebbe voluto dire scavalcare il legale
che tutela il suo cliente.”
Se ci fosse stata la Juventus al
a posto dell’Inter, se ne sarebbe parlato molto di più?
“Credo di si, perchè la Juventus fa più notizia dell’Inter per l’importanza
del blasone del club. Per la storia del calcio italiano è la squadra più
rappresentativa, e lo dico senza essere tifoso di nessuna delle due
squadre.”
Vuole aggiungere qualcosa a riguardo della vicenda?
“Spero se ne parli di più, non
certo per pubblicizzare la casa editrice o la mia persona, ma lo dico per
le generazioni future. Se ne deve parlare per aumentare i controlli perchè
il doping uccide!!”
1966-1967
L'estate successiva alla débâcle
della Nazionale italiana ai Mondiali d'Inghilterra,
terminati con l'inattesa eliminazione per mano della Corea del Nord,
non si distinse per un mercato particolarmente vivace. Le squadre si limitarono
a ritoccare le rose del campionato precedente: il Milan, che si affidò
per la panchina all'artefice della scalata ai vertici
del Cagliari, Silvestri, ingaggiò per la difesa Rosato,
l'ambizioso Napoli integrò il centrocampo con Bianchi, la Juventus (Zigoni, Favalli, De
Paoli) mantenne un basso profilo, l'Inter scelse per l'attacco il
trentaquattrenne Vinício, il Torino di Rocco puntò
sull'esperto Maldini. Furono più rilevanti gli acquisti mancati, con
Cagliari e Bologna a proteggere Riva e Pascutti dalle
mire, rispettivamente, di Milan ed Inter. A causa della riforma del
campionato prevista per il 1967-1968, il numero di retrocessioni per
questa stagione fu aumentato a quattro. Per la prima volta non si
presentava al via nessuna squadra di Genova. L'Inter partì bene, vinse
le prime sette gare (subendo un'unica rete) e, nel giro di poche settimane,
staccò Napoli e Juventus, mentre faceva le sue prime, sporadiche
apparizioni nelle zone alte il Cagliari. Col tempo, però, la squadra
di Helenio Herrera sembrò dare varie occasioni alla Juventus per
raggiungerla; il 18 dicembre i nerazzurri caddero a Roma,
contro una Lazio in cerca di punti-salvezza, e vennero agganciati
dai bianconeri, i quali si lasciarono poi sfuggire la rivale dopo appena
una settimana, a causa di un pareggio arrivato nel finale con
l'incostante Milan. Superato indenne lo scontro diretto, l'Inter si
laureò campione d'inverno il 22 gennaio, con un punto di vantaggio sui
rivali penalizzati, nella gara contro la Lazio, dall'arbitro De
Marchi di Pordenone, che negò a De Paoli una rete regolare. I tre
pareggi consecutivi in cui incappò la Juventus nelle prime giornate del
girone di ritorno spinsero l'Inter a più quattro. Nelle settimane a venire
il vantaggio oscillò sempre tra i due e i quattro punti; alla trentesima,
la Juve cadde a San Siro contro il Milan, e l'Inter sembrò ormai
vicina al titolo. Ma il logorio di alcuni giocatori e la stanchezza
pesarono sui lombardi, che persero lo scontro diretto e impattarono
contro Napoli e Fiorentina: la Juve, a un turno dal termine, si
ritrovò a meno uno. Il 25 maggio, a Lisbona, i nerazzurri persero
la Coppa dei Campioni contro
il Celtic di Glasgow e la settimana dopo,
a Mantova, vennero sconfitti 0-1 per un'uscita avventata del portiere Sarti su
un tiro-cross dell'ex Di Giacomo, ed assistettero al sorpasso della
Juventus che batté la Lazio. Fu la vittoria di una Juventus costruita
pazientemente dal paraguaiano Heriberto Herrera mediante una
rigida disciplina e un gioco corale votato alla difesa e tenace nell'inseguire
l'ex capolista per tutte le prime 33 giornate. Il 1° giugno 1967 fu un giorno che venne citato molti anni dopo, alla
fine del campionato 2001-2002, per le analogie tra le diverse storie e
le squadre protagoniste della vicenda. Positivi furono i campionati di
Bologna, Fiorentina e Cagliari (Riva conquistò per la prima volta il titolo
di capocannoniere), anonimo quello del Torino, che a fine stagione non
rinnovò con Rocco. Piccolo record per una delle protagoniste del finale di
campionato, il neopromosso Mantova, che pareggiò 22 partite su 34: la
rocciosa difesa disegnata dal tecnico Cadè, guidata in campo
dall'emergente Zoff, garantì ai virgiliani il primato tra le
provinciali. Retrocessero le altre due squadre provenienti dalla B,
il Lecco, che pure vantava in rosa nomi noti
(Malatrasi, Angelillo, Clerici), ed il Venezia. Nel finale
aveva mollato la presa anche il Foggia, autore di una inutile rincorsa
nel girone di ritorno; l'ultima sconfitta della Lazio garantì la salvezza
alla SPAL (che già nel 1966 aveva trovato nella Juventus
un'alleata nella lotta per non retrocedere) e premiò la pur tardiva rimonta
della Lanerossi Vicenza.
Pos
|
Squadra
|
Pt
|
G
|
V
|
N
|
P
|
GF
|
GS
|
DR
|
1.
|
Juventus
|
49
|
34
|
18
|
13
|
3
|
44
|
19
|
+25
|
2.
|
Inter
|
48
|
34
|
19
|
10
|
5
|
59
|
22
|
+37
|
3.
|
Bologna
|
45
|
34
|
18
|
9
|
7
|
48
|
27
|
+21
|
4.
|
Napoli
|
44
|
34
|
17
|
10
|
7
|
46
|
23
|
+23
|
5.
|
Fiorentina
|
43
|
34
|
15
|
13
|
6
|
53
|
29
|
+24
|
6.
|
Cagliari
|
40
|
34
|
13
|
14
|
7
|
35
|
17
|
+18
|
7.
|
Torino
|
38
|
34
|
10
|
18
|
6
|
33
|
26
|
+7
|
8.
|
Milan
|
37
|
34
|
11
|
15
|
8
|
36
|
32
|
+4
|
9.
|
Mantova
|
34
|
34
|
6
|
22
|
6
|
22
|
23
|
-1
|
10.
|
Roma
|
33
|
34
|
11
|
11
|
12
|
35
|
39
|
-4
|
11.
|
Atalanta
|
31
|
34
|
9
|
13
|
12
|
28
|
43
|
-15
|
12.
|
SPAL
|
29
|
34
|
8
|
13
|
13
|
28
|
36
|
-8
|
13.
|
L.R.
Vicenza
|
28
|
34
|
7
|
14
|
13
|
26
|
39
|
-13
|
14.
|
Brescia
|
28
|
34
|
7
|
14
|
13
|
22
|
40
|
-18
|
15.
|
Lazio
|
27
|
34
|
6
|
15
|
13
|
20
|
35
|
-15
|
16.
|
Foggia
|
24
|
34
|
7
|
10
|
17
|
28
|
49
|
-21
|
17.
|
Venezia
|
17
|
34
|
4
|
9
|
21
|
29
|
57
|
-28
|
18.
|
Lecco
|
17
|
34
|
3
|
11
|
20
|
21
|
57
|
-36
|
La seconda stagione del tecnico
paraguaiano, detto il Ginnasiarca, che predicando il “movimiento” ha
preteso il sacrificio di Sivori, poco incline ad assoggettarsi alla sua
ferrea disciplina e il cui stile di gioco verra’ ripreso e perfezionato
dalla nazionale olandese pochi anni piu’ tardi, non ha portato che un
quinto posto in campionato, una sollecita esclusione dalla Coppa delle
Coppe ed un’incredibile eliminazione in semifinale dalla Coppa Italia
(sconfitta per 1-2 contro il Catanzaro, a Torino!). Fiducia piena a
Heriberto, quindi, insistendo nella ricerca degli uomini che possono
trasformarne gli schemi in successi. E se la difesa è sempre stata
impeccabile, il punto debole della squadra è l’attacco, come oramai tradizione
dai tempi dell’addio di Charles, di cui prima Nené e poi Traspedini non
sono stati capaci di raccoglierne la pesante eredità. Per tappare quel buco
al centro dell’attacco, che appare segnato da un maleficio, viene
ingaggiato Virginio Depaoli, ventottenne goleador del Brescia, che nella
stagione d’esordio in A, ha realizzato 13 goal. Il giovane Favalli,
prelevato dal Foggia ed il fantasioso Zigoni. rientrato dal prestito al
Genoa, sono, invece, le due nuove ali per un reparto offensivo il cui punto
fermo resta Menichelli. Confermata la difesa, con Anzolin in porta, Gori ed
il fluidificante Leoncini ai lati, lo stopper Bercellino ed il libero
Castano al centro, con l’altro difensore Salvadore nei panni di mediano, a
sostegno del mantice Del Sol, uomo ovunque del centrocampo, e del raffinato
regista brasiliano Cinesinho, successore di Sivori. L’Inter comincia subito
di gran carriera, ma la squadra juventina non si fa impressionare e segue
passo passo. Tre successi consecutivi, poi i nerazzurri guadagnano terreno,
ma sono raggiunti alla nona giornata. Alla decima, a Roma contro i
giallorossi, prima sconfitta bianconera della stagione per 1-0, causata da
un’autorete di Bercellino; alla dodicesima gli uomini di Heriberto sono di
nuovo a pari punti con quelli di Helenio, ma una serie di tre pareggi
(contro Milan, Inter e Mantova) consente ai nerazzurri di allungare ancora,
in maniera definitiva si direbbe, soppesando la classe delle due squadre,
che, però alla fine dell’andata sono separate da solo punto, 26 a 25, con
il Napoli di Sivori (che quest’anno non raccoglierà nemmeno un punto contro
l’odiato Heriberto) a quota 23. L’ultima
giornata del girone d’andata da adito a molte polemiche; l’Inter pareggia a
San Siro col Mantova, la Juventus impegnata allo stadio Olimpico contro la
Lazio potrebbe approfittarne, ma l’arbitro De Marchi non vede la palla
calciata da Depaoli entrare in porta e subito uscirne ribattuta dal ferro
di sostegno della rete. Fotografie, cinegiornali, dimostrano che il pallone
è entrato in rete, ma il rapporto dell’arbitro è inappellabile. La partita
termina 0-0, l’imperturbabile Heriberto non fa una piega e prosegue per la
sua strada. Girone di ritorno; la Juventus gioca bene, ma ha sempre
grosse difficoltà a trovare il goal. A metà marzo, ad undici giornate al
termine, l’Inter ha raggiunto un vantaggio di 4 punti, la squadra juventina
non sembra in grado di mantenere la scia. Ci pensa il Torino, con il suo
gioiello Meroni, a dare una mano ai cugini, violando l’imbattibilità
nerazzurra di San Siro dopo cinque anni e riaprendo il discorso scudetto.
La Juventus riprende quel coraggio che Heriberto Herrera non ha mai perso,
continua a seguire la scia con ostinazione, fino ad arrivare allo scontro
diretto con uno svantaggio di quattro punti. Helenio Herrera ritiene
logico, classifica alla mano, impostare una partita prudente, ma i suoi
calcoli si rivelano sbagliati ed una rete di Favalli, che lascia interdetta
la retroguardia nerazzurra, consente alla Juventus di vincere lo scontro
diretto. Sono le prime avvisaglie di un cedimento nerazzurro, ma il Mago
ostenta la consueta sicurezza. Il vantaggio dell’Inter è di soli due punti,
con solo tre partite alla fine del torneo; è necessario, per nerazzurri e
bianconeri, raccogliere le energie superstiti, ma le due gare successive,
disputate a San Siro mettono a nudo la stanchezza fisica e mentale del
collettivo nerazzurro. Non è più l’Inter dallo smalto brillante che ha
dettato legge sui campi del mondo (grazie al doping, loro si realmente
dopati e mai processati e ai soldi del petroliere moratti senior che come
farà decenni dopo il suo degno figlio comprerà gli arbitri accusando la
Juve di essere lei a farlo), la fatica si fa sentire soprattutto tra quei
giocatori che hanno sempre offerto il meglio dal punto di vista atletico; i
due pareggi, entrambi per 1-1, contro Napoli e Fiorentina, confermano
queste sensazioni. La Juventus, intanto, pareggia 1-1 a Mantova, vince a
Vicenza per 1-0, con una rete di Menichelli e riduce lo svantaggio ad un
solo punto. Il 25 maggio 1967, l’Inter vola a Lisbona per disputare la
finale di Coppa dei Campioni contro gli scozzesi del Celtic, senza il
cervello Luisito Suarez, infortunatosi contro la Fiorentina. Segna per
primo Mazzola, su calcio di rigore, ma poi la squadra nerazzurra non regge
alla reazione furiosa degli scozzesi, i quali prima pareggiano con Gemmell
ed, a cinque minuti dal termine, si aggiudicarono il trofeo per merito di
Chalmers. Il risultato non inganni, la sconfitta è stata netta, frutto di
una condizione fisica interista ridotta al lumicino. La Federazione
consente di posticipare a giovedì 1° giugno 1967, gli incontri decisivi
dell’ultimo turno di campionato per permettere ai nerazzurri di recuperare
un poco di energie, dopo la partita di Lisbona. Anche la Juventus ottiene
la possibilità di giocare la sua partita quel giorno, in modo da non
concedere alcun vantaggio all’avversario. La classifica dice: Inter 48
punti, Juventus 47. I nerazzurri sono impegnati a Mantova, contro una
squadra tranquilla, oramai salva da ogni pericolo di retrocessione; i
bianconeri di Heriberto Herrera, aspettano a Torino la Lazio, che invece è
costretta a giocare con il coltello tra i denti per evitare una sconfitta
che li porterebbe in serie B. Nel ritiro nerazzurro l’atmosfera è pesante,
i giocatori sono incupiti, i musi lunghi, nessuno lo dice, ma aleggia la
paura. Soltanto il portiere Giuliano Sarti appare tranquillo; a Lisbona è
stato il migliore in campo e soltanto la sua classe ha impedito che la
sconfitta diventasse una batosta. Ma l’Inter a Mantova non può
accontentarsi di non prendere goal, deve anche segnare, perché uno 0-0
vorrebbe dire terminare il campionato a pari punti con la Juventus e lo
spareggio, gli interisti non lo vogliono fare, perché sanno di essere
attualmente inferiori alla squadra bianconera e perché hanno la nausea del
pallone. Il campionato, comunque vada, deve finire a Mantova. Ai giocatori
virgiliani viene offerto un sostanzioso premio in caso di vittoria, tanto
per incentivare il loro impegno. Accettano tutti: da Zoff, portierone
all’inizio della sua leggendaria carriera a Giagnoni che, invece, è quasi
al capolinea; da Spelta, Tomeazzi e Corsini a tutti gli altri. Soltanto un
giocatore rifiuta: è Beniamino Di Giacomo, detto Gegè, come il batterista
del complesso di Carosone, il quale ha giocato per qualche anno come
centravanti nell’Inter e non se la sente di accettare soldi in più in
cambio di un maggiore impegno sul campo. Arriva il giorno fatidico. L’Inter
incomincia fortissimo: Suarez si piazza a centro campo e, come al solito,
comanda il gioco a bacchetta: «Ci fosse stato lui contro il
Celtic!» Sospirano i tifosi. Anche Corso sembra ispirato e così la
difesa: attenta, precisa, implacabile. Il centrocampo, con l’aggiunta di
Domenghini e Bedin, funziona bene, soltanto Mazzola è un po’ giù di corda,
per via di una condizione fisica inadeguata. Ma proprio lui, poco prima
della mezzora, colpisce una traversa clamorosa, con Zoff inesorabilmente
battuto. Il primo tempo finisce 0-0. Stesso risultato a Torino tra Juventus
e Lazio. Il traguardo, per l’Inter, sembra sempre più vicino: ancora
quarantacinque minuti ed è fatta. 0-0 il primo tempo a Torino ed anche a
Mantova, ci segnala il collega della cabina radio. Ripresa: Bercellino al
3’ porta in vantaggio i torinesi con un goal che è il simbolo della loro
tenacia. Bercellino si è infortunato, poco prima, scontrandosi con Carosi
ed è stato costretto a lasciare il posto abituale di difensore per passare
all’attacco. Ha una caviglia gonfia, ma non ha nessuna intenzione di
rallentare il ritmo. Con slancio si butta in ogni mischia, con volontà
caparbia a contrastare ogni pallone che transita dalle sue parti. Zoppica
leggermente, Berceroccia, ma nessuno se ne accorge tanto è l’impeto suo e
dei suoi compagni. Su un calcio d’angolo battuto da Cinesinho, deviato da
Favalli e respinto debolmente da Carosi, Bercellino balza alto per colpire
il pallone di testa: la palla termina nella rete difesa da Cei. Dopo pochi
minuti dalla cabina radio un collega in contatto con il centro si sporge
agitando le braccia, l’Inter perde a Mantova 1-0, i nerazzurri sono
superati in classifica. La notizia vola lungo le gradinate per le
misteriose vie dell’intuito e della passione: l’Inter perde, la Juventus è
Campione d’Italia! Saranno ancora lunghi, i minuti di passione. Sullo
slancio Zigoni segna il 2-0, a 4’ dalla fine c’è un rigore per la Lazio,
realizzato da Di Pucchio, che quasi passa inosservato, con l’attenzione
tutta rivolta alla ricerca di notizie da Mantova, perché non ci sono
collegamenti radio diretti. La tensione finisce a partita oramai conclusa;
l’altoparlante annuncia la sconfitta dell’Inter, i tifosi esultano,
abbracciandosi entusiasti, prima di invadere il campo e di portare i
giocatori in trionfo.
DA “HURRÀ JUVENTUS”:
Nonostante la giornata feriale,
lo stadio era abbastanza affollato (forse più di 25 mila persone) e c’era
nel pubblico, di cui faceva parte anche un folto gruppo di tifosi laziali,
scesi addirittura da Roma per sostenere la loro squadra nell’ultimo drammatico
cimento, una singolare animazione. L’incontro che, in altre circostanze,
sarebbe stato di debole richiamo, acquistava per l’occasione una portata
eccezionale. Non era solo l’ultima partita di campionato, in cui si
trattava per i tifosi juventini di dare l’addio alla squadra del loro
cuore, ma c’era in ballo perché no, addirittura lo scudetto e per la Lazio
c’era in gioco la retrocessione. Dominava quindi un’atmosfera tesa ed
aleggiava nell’aria l’aspettativa di grossi eventi: forse uno strano
telepatico prato? Se pochi osavano confessarlo, molti juventini di fede
incrollabile, erano indotti, magari anche per naturale fenomeno di
suggestione collettiva, ad accarezzare con il pensiero una certa
eventualità clamorosa contro la logica delle previsioni. In quel momento,
sta di fatto, che tra Torino e Mantova il tifo calcistico avesse creato un
singolare gemellaggio (che, anzi, i laziali avranno esteso a Vicenza, a
Ferrara e a Brescia). Quest’ultima “codina” del campionato era davvero
impregnata di giallo: il giallo della suspense. Diciamo subito che il primo
tempo della partita fu tale da acuire il giallo per i tifosi juventini, ma
in senso negativo e cioè smorzando quel certo ottimismo. La squadra
bianconera invano tentava per 45 minuti di sfondare la munitissima barriera
dei laziali che, evidentemente puntavano disperatamente allo 0-0, che
difatti fino al riposo riuscirono a conservare. Partita scorbutica, dunque,
per la Juventus come si doveva prevedere: un monologo sì, sotto la porta di
Cei, ma un monologo con scarso costrutto, fatto di passaggi sbagliati e
senza nemmeno un tiro in porta pericoloso. Nell’intervallo il telefono (il
grande protagonista della giornata) portava da Mantova una notizia che
aveva il merito di lasciar tutto impregiudicato: anche a, Mantova il primo
tempo si era chiuso 0-0. Ma la ripresa era subito tale da accendere i mal
sopiti entusiasmi: sin dalle prime battute si è capito che la Juventus,
nell’ora cruciale, aveva ritrovato sé stessa: era la Juventus che i suoi
tifosi volevano, anzi esigevano: lucida, aggressiva, travolgente. Al 2°
minuto Bercellino, portato all’attacco molto opportunamente (anche perché
si era infortunato nel primo tempo) segnava di testa a conclusione di un
corner tirato magistralmente da Cinesinho. Quasi nulla la reazione dei
laziali ed intanto il telefono portava da Mantova la notizia prodigiosa:
l’Inter perdeva per 1-0. Nel campo gli applausi cominciarono ad esplodere,
i bianconeri si galvanizzarono: ormai non potevano più fare a meno di
vincere. E difatti al 18’ Zigoni, su azione analoga alla precedente,
raddoppiava il punteggio. Mentre sul campo oramai la Juventus teneva
saldamente in pugno la preziosa vittoria, mentre la Lazio, ormai rassegnata
andava alla deriva esprimendo il suo comprensibile dispetto con un nutrito
susseguirsi di falli plateali, gli occhi juventini erano soprattutto
puntati sulle lancette degli orologi e gli orecchi erano protesi al famoso
telefono. Un solo episodio arrivò a distrarci, un episodio che in altrepiù
calorose reazioni di sdegno: l’arbitro Monti, limitiamoci a dire per
esibizionismo, a due minuti dalla fine inventò un rigore a favore della
Lazio per un casualissimo fallo di mano di Castano. Il conseguente goal di
Di Pucchio indispettì soprattutto Anzolin, fino a quel momento rimasto
assolutamente inoperoso, ma non mutava nulla. Quel che invece mutava tutto
era la notizia giunta nel frattempo da Mantova: l’Inter aveva perso e la
Juve aveva vinto il suo 13° scudetto! Al fischio finale il pubblico irruppe
in campo in una dimostrazione di entusiasmo irrefrenabile e commovente come
non mai, dedicata ai suoi beniamini, a Heriberto Herrera ed al presidente
Catella. Sensazionale: mentre ancora si stentava a credere vera la grande
notizia, di cui i più cauti attendevano conferma ufficiale dall’altoparlante,
abbiamo visto gli striscioni bianconeri con su scritto: “W il tredicesimo
scudetto”. Vox populi, vox dei? Ciò che intensamente ha voluto il vasto
popolo juventino ha voluto il Dio del calcio? C’è da pensarlo.
Dopo
tanta fatica e forse nel momento in cui soltanto Heriberto Herrera riusciva
a credere ancora a un ritorno al vertice della Juventus, la stagione
1966-67 regalo un successo inaspettato quanto atteso dalla tifoseria, il
tredicesimo scudetto. La squadra rimane praticamente la stessa dell’anno
precedente, con il solo inserimento in attacco del centravanti De Paoli
proveniente dal Brescia e il ritorno di Zigoni dal Genoa. La Juventus che
si presenta ai nastri di partenza è una compagine arcigna e camaleontica,
devota a un quasi “feroce” calcio all’italiana fatta di marcature
asfissianti e pressing al limite del possibile. Il campionato comincia
subito con tre vittorie consecutive, ma il girone d’andata si chiude
ancora una volta nel segno dell’Internazionale che chiude con un punto di vantaggio.
I nerazzurri mantengono quattro punti di distacco fino allo scontro diretto
a Torino a tre giornate dalla fine in cui la Juventus vince per 1-0 con gol
di Favalli. I punti rimangono due che diventa uno all’ultima giornata: è il
primo giugno quando l’Inter, reduce dalla inaspettata e ancora scottante
sconfitta in finale di Coppa dei Campioni col Celtic, va a Mantova certa di
chiudere la pratica scudetto contro una formazione che non ha altro da
chiedere al campionato, ma sul campo succede l’imprevedibile. I due primi
tempi delle partite di Juventus e Internazionale si chiudono sullo 0-0, ma
in apertura di ripresa i bianconeri passano grazie a Bercellino, a questo
punto sarebbe spareggio, anche perché a Mantova entrambe le squadre
sembrano accontentarsi del pareggio; ma il “fattaccio” è vicino: un innocuo
tiro del mantovano Di Giacomo si avvicina innocuo verso la porta del
portiere nerazzurro Sarti che si fa scivolare la palla che rotola in rete.
A Torino la papera di Sarti scatena l’entusiasmo degli juventini che
raddoppiano grazie a Zigoni, rendendo inutile il gol su calcio di rigore
della Lazio. E’ scudetto, il tredicesimo, forse il meno previsto della
storia bianconera. Uno dei giocatori simbolo della squadra campione, è lo
spagnolo Luis Del Sol: Nella squadra torinese che, per tutto il
campionato, è costretta ad inseguire l’Inter, è lui, con la sua tenacia, il
giocatore simbolo. E’ il miglior interprete del “movimiento” voluto dal
tecnico juventino Heriberto Herrera; moto perpetuo in ogni settore del
campo, è il motore inesauribile del centrocampo di una squadra di
instancabili e mai domi cursori. Con la palla al piede percorre il campo da
una parte all’altra, a capo chino, faticatore del centrocampo. Quando,
all’ultima giornata, la Juve sorpassa l’Inter beffata a Mantova, sembra
proprio lui il regista del finale-thrilling, concluso con la vittoria degli
umili. Nel vittorioso campionato bianconero gioca 28 partite su 34.
Pos
|
Squadra
|
Pt
|
G
|
V
|
N
|
P
|
GF
|
GS
|
DR
|
1.
|
Juventus
|
49
|
34
|
18
|
13
|
3
|
44
|
19
|
+25
|
2.
|
Inter
|
48
|
34
|
19
|
10
|
5
|
59
|
22
|
+37
|
3.
|
Bologna
|
45
|
34
|
18
|
9
|
7
|
48
|
27
|
+21
|
4.
|
Napoli
|
44
|
34
|
17
|
10
|
7
|
46
|
23
|
+23
|
5.
|
Fiorentina
|
43
|
34
|
15
|
13
|
6
|
53
|
29
|
+24
|
6.
|
Cagliari
|
40
|
34
|
13
|
14
|
7
|
35
|
17
|
+18
|
7.
|
Torino
|
38
|
34
|
10
|
18
|
6
|
33
|
26
|
+7
|
8.
|
Milan
|
37
|
34
|
11
|
15
|
8
|
36
|
32
|
+4
|
9.
|
Mantova
|
34
|
34
|
6
|
22
|
6
|
22
|
23
|
-1
|
10.
|
Roma
|
33
|
34
|
11
|
11
|
12
|
35
|
39
|
-4
|
11.
|
Atalanta
|
31
|
34
|
9
|
13
|
12
|
28
|
43
|
-15
|
12.
|
SPAL
|
29
|
34
|
8
|
13
|
13
|
28
|
36
|
-8
|
13.
|
Vicenza
|
28
|
34
|
7
|
14
|
13
|
26
|
39
|
-13
|
14.
|
Brescia
|
28
|
34
|
7
|
14
|
13
|
22
|
40
|
-18
|
15.
|
Lazio
|
27
|
34
|
6
|
15
|
13
|
20
|
35
|
-15
|
16.
|
Foggia
|
24
|
34
|
7
|
10
|
17
|
28
|
49
|
-21
|
17.
|
Venezia
|
17
|
34
|
4
|
9
|
21
|
29
|
57
|
-28
|
18.
|
Lecco
|
17
|
34
|
3
|
11
|
20
|
21
|
57
|
-36
|
Coppa
Italia 1966/67
|
|
04/09/1966
|
Savona - Juventus
|
0 - 1
|
|
|
|
|
|
02/11/1966
|
Juventus -
Arezzo
|
3 - 0
|
|
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|
|
|
01/03/1967
|
LR Vicenza - Juventus
|
2 - 5
|
|
|
|
|
|
04/06/1967
|
Bologna - Juventus
|
1 - 1
|
|
|
|
|
|
07/06/1967
|
Juventus -
Milan
|
1 - 2
|
|
|
Coppa Città delle Fiere
1966/67
|
|
|
|
|
11/09/1966
|
Aris Salonicco (GRE) - Juventus
|
0 - 2
|
|
21/09/1966
|
Juventus -
Aris Salonicco (GRE)
|
5 - 0
|
|
|
|
|
|
09/11/1966
|
Juventus -
Vitoria Setúbal (POR)
|
3 - 1
|
|
30/11/1966
|
Vitoria Setúbal (POR) - Juventus
|
0 - 2
|
|
|
|
|
|
08/02/1967
|
Juventus -
Dundee United (SCO)
|
3 - 0
|
|
08/03/1967
|
Dundee United (SCO) - Juventus
|
1 - 0
|
|
|
|
|
|
29/03/1967
|
Juventus -
Dinamo Zagabria (CRO)
|
2 - 2
|
|
19/04/1967
|
Dinamo Zagabria (CRO) - Juventus
|
3 - 0
|
|
|
|
|
JUVENTUS - BOLOGNA 2-1 (1-1)
Torino, Stadio Comunale,
11.12.1966 - 11ª Giornata
RETI: 3’
Menichelli (J); 40’ Pascutti (B); 72’ Salvadore (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano,
Salvadore; Zigoni, Sacco, De Paoli; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto
Herrera
BOLOGNA: Vavassori,
Furlanis, Turra; Muccini, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Nielsen;
Haller, Pascutti – All. Carniglia
CLASSIFICA: Internazionale p. 19; Juventus p. 17; Cagliari p.
16; Fiorentina p. 15; Bologna, Napoli, Roma p. 14;
VENEZIA - JUVENTUS 0-2 (0-2)
Venezia, Stadio Pierluigi Penzo,
18.12.1966 - 12ª Giornata
RETI: 35’
Salvadore (J); 39’ De Paoli rig. (J)
VENEZIA: Bubacco,
Tarantino, Mancin; Grossi, Capelli, Spagni; Bertogna, Beretta, Benitez;
Mazzola II, Dori – All. Segato
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Sarti, Castano,
Salvadore; Sigoni, Sacco, De Paoli; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto
Herrera
CLASSIFICA: Internazionale, Juventus p. 19; Bologna, Cagliari,
Fiorentina, Napoli p. 16; Roma p. 15;
JUVENTUS - MANTOVA 1-1 (1-0)
Torino, Stadio Comunale,
08.01.1967 - 15ª Giornata
RETI: 3’
Zigoni (J); 80’ Trombini (M)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Sarti, Bercellino,
Salvadore; Zigoni, Del Sol, De Paoli; Sacco, Menichelli – All. Heriberto
Herrera
MANTOVA: Zoff,
Scesa, Pavinato; Volpi, Spanio, Giagnoni; Spelta, Jonsson, Corelli; Salvemini,
Trombini – All. Cadè
CLASSIFICA: Internazionale p. 23; Juventus p. 22; Cagliari,
Fiorentina, Napoli p. 20; Bologna, Roma p. 17; Brescia p. 16; Mantova,
Milan p. 15; Torino p. 14; Atalanta, Spal p. 13; L.R. Vicenza, Lazio p. 12;
Venezia p. 8; Lecco p. 7; Foggia p. 6
JUVENTUS - FIORENTINA 4-1 (2-0)
Torino, Stadio Comunale,
12.02.1967 - 20ª Giornata
RETI: 7’ Del
Sol (J); 34’ Menichelli (J); 54’ De Paoli (J); 80’ Bertini (F); 90’
Menichelli (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano,
Sarti; Zigoni, Del Sol, De Paoli; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto
Herrera
FIORENTINA: Boranga
(53’ Albertosi), Diomedi, Vitali; Bertini, Ferrante, Pirovano; Hamrin,
Merlo, Brugnera; De Sisiti, Chiarugi – All. Chiappella
CLASSIFICA: Internazionale p. 32; Juventus p. 30; Napoli p.
27; Cagliari p. 26; Bologna, Fiorentina p. 24; Roma p. 22; Mantova, Milan
p. 21; Torino p. 20; Atalanta p. 19; Brescia p. 18; Lazio p. 17; Spal p.
16; L.R. Vicenza p. 15; Venezia p. 11; Foggia p. 9; Lecco p. 8
FOGGIA - JUVENTUS 0-0 (0-0)
Foggia, Stadio Pino Zaccheria,
05.03.1967 - 23ª Giornata
FOGGIA: Moschioni, Capra, Valadè; Bettoni, Rinaldi,
Faleo; Gambino, Micheli, Traspedini; Nocera, Maioli – All. Bonizzoni
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino,
Castano, Salvadore; Zigoni, Del Sol, De Paoli; Chinesinho, Menichelli –
All. Heriberto Herrera
CLASSIFICA: Internazionale p. 37; Juventus p. 33; Napoli p.
31; Bologna, Cagliari, Fiorentina p. 29; Milan p. 26; Roma, Torino p. 24;
Mantova p. 23; Atalanta p. 21; Brescia p. 20; Lazio p. 19; Spal p. 18; L.R.
Vicenza p. 17; Venezia p. 13; Foggia p. 11; Lecco p. 10
JUVENTUS - NAPOLI 2-0 (0-0)
Torino, Stadio Comunale,
02.04.1967 - 26ª Giornata
RETI: 53’ Zigoni (J); 55’ Salvadore (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino,
Castano, Salvadore; Stacchini, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli –
All. Heriberto Herrera
NAPOLI: Bandoni,
Nardin, Micelli; Ronzon, Panzanato, Bianchi; Canè, Juliano, Orlando;
Altafini, Sivori – All. Pesaola
CLASSIFICA: Internazionale p. 40; Juventus p. 38; Napoli p.
34; Bologna, Cagliari p. 32; Fiorentina p. 30; Torino p. 29; Milan p. 28;
Mantova p. 27; Roma p. 26; Atalanta p. 25; Brescia p. 24; Lazio, Spal p.
21; L.R. Vicenza p. 20; Venezia p. 15; Foggia p. 14; Lecco p. 12
JUVENTUS - ROMA 2-0 (2-0)
Torino, Stadio Comunale,
09.04.1967 - 27ª Giornata
RETI: 8’
Menichelli (J); 43’ Zigoni (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano,
Salvadore; Stacchini, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All.
Heriberto Herrera
ROMA: Pizzaballa,
Sirena, Carpenetti; Carpanesi, Olivieri, Ossola; Colausig, Peirò, Enzo;
Tamborini, Barison – All. Pugliese
CLASSIFICA: Internazionale p. 42; Juventus p. 40; Napoli p.
36; Cagliari p. 34; Bologna, Fiorentina p. 32; Torino p. 30;
MILAN - JUVENTUS 3-1 (2-1)
Milano, Stadio San Siro,
30.04.1967 - 30ª Giornata
RETI: 25’
Menichelli (J); 30’ Sormani (M); 34’ Rosato (M); 63’ Lodetti (M)
MILAN: Belli,
Anquilletti, Schnellinger; Rosato, Santin, Baveni; Lodetti, Rivera,
Sormani; Maddè, Fortunato – All. Silvestri
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano,
Salvadore; Stacchini, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All.
Heriberto Herrera
CLASSIFICA: Internazionale p. 46; Juventus p. 42; Napoli p.
39; Bologna p. 38; Fiorentina p. 37; Cagliari p. 36; Torino p. 34; Milan p.
33;
JUVENTUS - INTERNAZIONALE 1-0
(0-0)
Torino, Stadio Comunale,
07.05.1967 - 31ª Giornata
RETI: 71’
Favalli (J)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano,
Salvadore; Favalli, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All.
Heriberto Herrera
INTERNAZIONALE: Sarti,
Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Domenghini, Mazzola,
Cappellini; Suarez, Corso – All. Helenio Herrera
CLASSIFICA: Internazionale p. 46; Juventus p. 44; Bologna p.
40; Fiorentina, Napoli p. 39; Cagliari p. 36; Milan, Torino p. 35; Mantova
p. 30; Atalanta, Roma p. 29; Brescia p. 27; L.R. Vicenza, Spal p. 26; Lazio
p. 25; Foggia p. 21; Venezia p. 17; Lecco p. 14
L.R. VICENZA - JUVENTUS 0-1
(0-0)
Vicenza, Stadio Romeo Menti,
21.05.1967 - 33ª Giornata
RETI: 65’
Menichelli (J)
L.R. VICENZA: Luison,
Volpato, Rossetti; Poli, Carantini, Campana; Menti, Demarco, Gori; Gregori,
Maraschi – All. Menti
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Sarti; Bercellino, Castano,
Salvadore; Favalli, Del Sol, De Paoli; Sacco, Menichelli – All. Heriberto
Herrera
CLASSIFICA: Internazionale p. 48; Juventus p. 47; Bologna p.
44; Napoli p. 42; Fiorentina p. 41; Cagliari, Torino p. 38; Milan p. 36;
Roma p. 33; Mantova p, 32; Atalanta p. 31; Brescia p. 28; L.R. Vicenza,
Lazio, Spal p. 27; Foggia p. 22, Venezia p. 17; Lecco p. 16
JUVENTUS - LAZIO 2-1 (0-0)
Torino, Stadio Comunale,
01.06.1967 - 34ª Giornata
RETI: 47’
Bercellino I (J); 62’ Zigoni (J); 87’ Di Pucchio rig. (L)
JUVENTUS: Anzolin, Gori, Leoncini; Bercellino, Castano, Salvadore;
Favalli, Del Sol, Zigoni; Chinesinho, Menichelli – All. Heriberto Herrera
LAZIO: Cei,
Zanetti, Masiello; Carosi, Pagni, Castelletti; Di Pucchio, Burlando,
Morrone; Marchesi, Sassaroli – All. Neri
CRONACA: Juventus
è Campione d’Italia! Lo è, diciamo così, per direttissima, senza spareggio.
Lo è tutt’a un tratto, per un colpo di fulmine, non imprevedibile, ma
sicuramente dai più imprevisto, perché troppo audace. Era già tanto che si
arrivasse all’ipotesi di un’Inter costretta al pareggio sul campo di
Mantova e di una Juve vittoriosa sulla Lazio, così da appaiare, al vertice,
le due grandi e da imporre lo spareggio. Invece la bomba è scoppiata, e
realmente il campionato, alla sua ultima giornata, ne viene scosso come da
una deflagrazione senza precedenti. L’Inter sempre in testa, l’Inter fino a
poche settimane fa padrona del campionato e sicura di vincere anche la
Coppa dei Campioni; e, nel giro di una settimana, il pauroso crollo in
borsa: tutto perso, tutto scialato, scudetto e Coppa. E la Juve, che aveva
inseguito con ammirevole tenacia, eccola improvvisamente svettare!
Un commento che non sia come il
nostro, frettoloso e legato alla sola occasione della cronaca, sarà da
approfondire sui due fronti, e da spiegare più col risultato di Mantova che
non con quello di Torino. Sarà da illustrare meglio la Juventus nella sua
fermissima progressione di tutto il campionato, nella sua rigida ed
encomiabile economia di sforzi. Insomma, le mille frange di un campionato
vulcanico che ora è sintetizzato in due sole cifre: Juventus punti 49,
Inter punti 48…
Ora si deve stare alla partita
vista qui. E riferire com’è andata, ben sapendo che al lettore il risultato
dirà tutto da solo. E’ andata com’era abbastanza logico prevedere. La
Lazio, per quanto poteva, ha cercato col minimo rischio di strappare lo
0-0, nella speranza di poter spareggiare, con un’altra retrocedenda. A
centrocampo, che aveva massicciamente rinforzato, la Lazio è riuscita per i
primi quarantacinque minuti, a irretire la molta e monotona manovra bianconera.
Burlando, Marchesi e Di Pucchio si sono aggiunti a Carosi nell’ergere di
fronte agli squilibrati e nervosi attaccanti juventini una larga ed
efficiente zona di intercettazione e di disimpegno. La difesa teneva
ottimamente con il valoroso Masiello e con il lucido Zanetti, sicchè né
Favalli né Menichelli riuscivano a conquistare prima e poi a tenere
decentemente la palla. La Juventus assumeva subito l’iniziativa, ma la
sviluppava senza assoluta connessione. In verità, a giudicare dal brutto
primo tempo, la Juventus non aveva scelto bene la giornata per onorare
l’imprevedibile scudetto… Ma stiamo ai dati di fatto. La partita, poi, ha
cambiato letteralmente volto. Comunque, fino all’intervallo, la Juventus è
riuscita a far consistere dopo una decina di minuti le marcature difensive
così: Salvadore su Sassaroli, Bercellino su Morrone e Castano, libero. A
sua volta, la Lazio poneva Zanetti su Menichelli, Masiello su Favalli,
Spagni a contatto con Zigoni lasciando libero Castelletti. Questo
l’inquadramento tattico decifrabile sul momento. Per il resto, marcature a
ruota libera, in quanto tutta la squadra laziale era retrocessa con otto
uomini, lasciando di punta i soli Sassaroli e Morrone. Accadeva così che
Cinesinho, Leoncini e Del Sol, a centrocampo, potessero partire da
posizione di libertà. Nervosi tuttavia com’erano, riuscivano difficilmente
a raggiungere le punte in area. Nella prima parte il solo Zigoni era
abbastanza attivo, ma tuttavia anche lui veniva chiuso nella doppia morsa
di Pagni e Castelletti. Il risultato di questo continuo e snervante lavoro
di tamponamento e di controllo da parte laziale, è parso quasi fatale a
mano a mano che il tempo passava e la fatica si faceva sentire nelle gambe
degli juventini, i quali naturalmente erano provocati a spremersi di più.
La Lazio ha anche tentato qualche timido alleggerimento in avanti,
spedendovi rare volte un terzino, a turno in aiuto a Sassaroli e Morrone.
Se l’ala sinistra era pressochè bloccata da Salvadore, Morrone, con la sua
azione intelligente di arretramento, era il più efficace: sapeva tenere la
palla con calma olimpica e al tempo sufficiente per dare respiro agli
uomini di centrocampo. Lo stesso Morrone più volte è andato a dar loro una
mano, sfoggiando la malizia del mestiere e la lucidità che è il riflesso
della classe.
La Juve, dunque, per tutti i
primi quarantacinque minuti è caduta nel tranello laziale. Non ha trovato
barricate alle quali avventarsi, ma un dispositivo di scaglionamento
orizzontale e profonfo dalla trequarti campo in avanti. La Juventus, in
sostanza, ne è rimasta oltrechè irretita, ubriacata. Per tutto il primo
tempo si è vista una squadra sbrindellona, senza indirizzo, senza misura,
incapace di accennare un solo triangolo, ma al più in grado di far partire
ora Del Sol, ora Cinesinho, ora Leoncini con iniziative personali. Il
centrocampista più spesso portava la palla e poiché nessun compagno si
smarcava, finiva per mettere il pallone sui piedi di un difensore. Al gol,
così stando le cose, la Juventus non sarebbe potuta arrivare altro che su
calcio piazzato. Va tuttavia detto che, all’inizio della ripresa, Heriberto
ha sfoggiato una mossa tattica che si è rivelata ben presto azzeccata. Ha
avanzato Bercellino da stopper, praticamente a centravanti, spostando
Zigoni all’ala sinistra. Nel giro di pochi minuti la situazione si è
letteralmente trasformata. Due volte la Juve è passata su calcio d’angolo,
rompendo perentoriamente il sortilegio che l’opprimeva. Quanto la partita
era stata sinceramente brutta nella prima metà, legata, convulsa, vuota di
contenuto tecnico e persino cronistico (salvo che per il contenimento
giudizioso ed efficace che la Lazio sapeva produrre) altrettanto la
partita, per motivi anche esterni (l’annuncio dell’Inter soccombente) è
stata sciolta ed elettrizzante nella ripresa. La Lazio ha subito due volte
il K.O. e si è vista irrimediabilmente alle corde. L’infortunio occorso per
giunta al valoroso Marchesi, ne ha aggravata la situazione. Per la Lazio,
partita con una impostazione precisa e irreversibile, era pressochè
impossibile ripristinare una tattica diversa. L’innesto del mediano-interno
Di Pucchio in rinforzo ai centrocampisti, al posto dell’indisponibile
D’Amato, era del resto significativo. Tuttavia la Lazio ci ha provato, ma
contro una squadra che per due volte la sovrastava: per il risultato
già acquisito e per la formidabile galvanizzazione che le veniva dal
brivido di uno scudetto a portata di mano. A estrema necessità, estremo
rimedio: così la Lazio, per difendersi; e così la Juve, nel suo forcing disordinato.
Il gioco alla Lazio è riuscito soltanto a metà e per la Juve è stata
un’avventura noiosa e sin disperante…
Era una Juventus al buio. Poi,
improvvisamente, Bercellino ha fatto luce sul campo ed è stata un’altra
giornata. […] – da La Gazzetta dello Sport del 02.06. 1967
CLASSIFICA: Juventus p. 49; Internazionale p. 48; Bologna p.
45; Napoli p. 44; Fiorentina p. 43; Cagliari p. 40; Torino p. 38; Milan p.
37; Mantova p. 34; Roma p. 33; Atalanta p. 31; Spal p. 29; Brescia, L.R.
Vicenza p. 28; Lazio p. 27; Foggia p. 24; Lecco, Venezia p. 17
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