1971-1972
Grazie al progetto di Giampiero Boniperti, che imbottì
nel 1970 la rosa della Juventus di promettenti giovani (per
citarne alcuni, Bettega, Causio, Cuccureddu e Spinosi),
la Signora ritornò dopo cinque anni allo scudetto, un anno dopo la tragedia che
l'aveva colpita con la morte dell'allenatore Armando Picchi: alla guida
della squadra salì il boemo Cestmir Vycpalek, ex-allenatore della
Primavera bianconera. Fu uno scudetto sudato e conquistato in volata. Il
campionato partì il 3 ottobre 1971, quando la Juve batté
l'esordiente Catanzaro (prima squadra calabrese a
raggiungere la Serie A). Il via fu una rincorsa tra le due squadre di Milano e
le due di Torino, con la Roma ad assistere. Alla fine la spuntò
la Juventus che, il 5 dicembre, raggiunse la vetta. Da questo momento alla
fine del girone d'andata la capolista perse solo in extremis a Cagliari,
il 9 gennaio, quando una papera del portiere Carmignani (che
dopo l'errore si mise a piangere) premiò gli isolani a tempo scaduto.
Al Milan, diretta inseguitrice, non riuscì l'aggancio e i bianconeri
furono campioni d'inverno, due settimane dopo, con due punti di vantaggio sui
rossoneri. Il girone di ritorno iniziò male per i torinesi che persero Bettega,
colpito dalla tubercolosi, e caddero subito a Catanzaro nella
partita che segnò la prima vittoria in Serie A per la squadra calabrese; i
bianconeri vennero raggiunti dal Milan e agganciati dal Cagliari di
un Riva che sembrava aver ritrovato la forma migliore (i suoi gol
alla fine del campionato furono 21, uno in meno di quelli
del capocannoniere Boninsegna); la settimana dopo fu però il Milan a
cedere alla Fiorentina, e la corsa bianconera poté ricominciare. Ma si
fece avanti un nuovo, inatteso avversario, la sorpresa Torino che
il 9 aprile agganciò i bianconeri e la settimana dopo volò
addirittura in testa, a quattro giornate dal termine, mentre la Juve venne
raggiunta in classifica anche dal Cagliari. Decisiva fu la ventisettesima
giornata, quando i granata persero a Milano e il Cagliari frenò contro il già
retrocesso Varese: una doppietta di Causio e una rete di Tiberio stese i
campioni uscenti dell'Inter e, anche se rischiò di compromettere tutto la
penultima giornata, la Juventus il 28 maggio batté
il Lanerossi laureandosi, per un punto, Campione d'Italia. In zona
Uefa la Fiorentina fu protagonista in negativo di una brusca frenata
che le fruttò solo quattro punti nelle ultime sei giornate, con il conseguente
sorpasso subito ad opera dell'Inter. Per la fortuna dei toscani, comunque,
il Milan si aggiudicò in estate la finale di Coppa
Italia liberando un posto in Europa per i viola. Al Catanzaro
non riuscì il miracolo: all'ultimo turno non seppe approfittare delle sconfitte
di Verona e Vicenza, e ritornò in B dopo appena un anno. La
retrocessione colpì anche due lombarde: il Varese, schiacciato sul fondo,
e il neopromosso Mantova, che vide per l'ultima volta la Serie A. Bene
l'Atalanta, neopromossa da decimo posto.
Pos.
|
Squadra
|
Pt
|
G
|
V
|
N
|
P
|
GF
|
GS
|
1.
|
Juventus
|
43
|
30
|
17
|
9
|
4
|
48
|
24
|
2.
|
Milan
|
42
|
30
|
16
|
10
|
4
|
36
|
17
|
3.
|
Torino
|
42
|
30
|
17
|
8
|
5
|
39
|
25
|
4.
|
Cagliari
|
39
|
30
|
15
|
9
|
6
|
39
|
23
|
5.
|
Inter
|
36
|
30
|
13
|
10
|
7
|
49
|
28
|
6.
|
Fiorentina
|
36
|
30
|
12
|
12
|
6
|
28
|
20
|
7.
|
Roma
|
35
|
30
|
13
|
9
|
8
|
37
|
31
|
8.
|
Napoli
|
28
|
30
|
6
|
16
|
8
|
27
|
31
|
9.
|
Sampdoria
|
28
|
30
|
8
|
12
|
10
|
23
|
28
|
10.
|
Atalanta
|
26
|
30
|
9
|
8
|
13
|
21
|
26
|
11.
|
Bologna
|
25
|
30
|
7
|
11
|
12
|
28
|
36
|
12.
|
L.R.
Vicenza
|
23
|
30
|
8
|
7
|
15
|
30
|
43
|
13.
|
Verona
|
22
|
30
|
4
|
14
|
12
|
21
|
36
|
14.
|
Mantova
|
21
|
30
|
6
|
9
|
15
|
23
|
39
|
15.
|
Catanzaro
|
21
|
30
|
3
|
15
|
12
|
17
|
34
|
16.
|
Varese
|
13
|
30
|
1
|
11
|
18
|
17
|
42
|
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
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|
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|
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|
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1972-1973
Alle volate la Juventus sembrava aver preso gusto: gli
ultimi due scudetti erano arrivati proprio in quel modo
(nel 1966-67 e nel 1971-72), e anche nel 1972-73 i bianconeri
non fecero eccezione, piazzando un sorpasso che fece tanto clamore quanto quello
sull'Inter del 1967, se non addirittura di più. Tra gli artefici del
successo, il portiere Dino Zoff e il trentatreenne José
Altafini, ingaggiati in estate dal Napoli. Il secondo, in particolare,
smentì i suoi detrattori che lo volevano ormai sulla strada del tramonto. Il
campionato iniziò il 24 settembre 1972; già una settimana dopo
nessuna squadra poteva vantare più punteggio pieno. La prima a uscire dal
gruppo di testa, dopo una parentesi della Roma, fu la
sorprendente Lazio dell'ex-allenatore del Foggia Tommaso
Maestrelli; la squadra, proveniente dalla B, non era molto quotata, eppure
seppe resistere e, superata dalle milanesi, le inseguì tenacemente, anche
grazie ai gol dell'attaccante Giorgio Chinaglia. Il titolo di campione
d'inverno lo vinsero Milan e Juve con 22 punti, uno in più di Lazio e
Inter. Il 4 marzo la Juve perse il derby e il Milan, vittorioso
a Vicenza, si staccò: un mese dopo, il 7 aprile, perse anche
l'anticipo a Firenze e il giorno dopo il Milan volò a più 5, la Lazio
a più 2. I bianconeri sembrarono spacciati, ma non mollarono: due settimane
dopo, la Lazio batté il Milan e tuttavia su quella partita vi fu un giallo: i
rossoneri stavano perdendo 2-1 quando Luciano Chiarugi, a pochi minuti dal
termine, realizzò il gol del pareggio. L'arbitro Concetto Lo Bello annullò
la rete per fuorigioco, poi giudicato inesistente dalla moviola. Grazie a
questa vittoria, la Lazio raggiunse in testa i rossoneri, mentre la Juve,
piegando il Lanerossi Vicenza, si portò a meno due. Nelle ultime giornate
la situazione fu confusa: la Lazio mostrò segni di cedimento, il Milan non
seppe approfittarne appieno e la Juventus provò con successo ad inserirsi. Ad
un turno dalla fine, la classifica recitava: Milan 44 punti, Lazio e Juventus
43. I rossoneri in settimana vinsero a Salonicco la Coppa delle
Coppe e avevano di fronte la trasferta di Verona, che chiesero
inutilmente di posticipare. Il 20 maggio, al Bentegodi, gli uomini
di Nereo Rocco crollarono clamorosamente e andarono sotto di quattro
gol: il risultato finale fu di 5-3. Clamoroso anche che la Juve, alla fine del
primo tempo, perdesse a Roma; lo 0-0 della Lazio
a Napoli avrebbe portato allo spareggio
tra lombardi e laziali. Il finale fu movimentato: Altafini segnò
l'1-1 (e, con tutte le squadre a quota 44, si sarebbe disputato lo spareggio
tra Milan, Juve e Lazio) e, quando Cuccureddu ribaltò la situazione
segnando il 2-1 a tre minuti dalla fine, la Lazio si lasciò superare dal
Napoli. Ma il clamore fu per la caduta dei rossoneri nella "fatal
Verona": la Juve vinse il suo quindicesimo scudetto, mentre il Milan si
vide sfuggire la tanto sospirata Stella d'oro. La classifica
dei capocannonieri fu vinta da tre giocatori, tutti nomi inediti,
alla pari con 17
gol: Savoldi del Bologna, Pulici del Torino e Rivera del
Milan, al rientro dopo una lunga squalifica inflittagli per aver lanciato
pesanti accuse alla categoria arbitrale nel corso della stagione
precedente: fu il secondo centrocampista (dopo Valentino Mazzola) a
vincere la classifica dei marcatori. Tranquilli i piazzamenti europei di Fiorentina e Inter,
quello del Torino arrivò in pratica a novanta minuti dalla
conclusione dopo la sconfitta del Bologna a San Siro. Caddero in
B schiacciate sul fondo della classifica l'esordiente Ternana, prima umbra in
A, e il neopromosso Palermo, mentre lasciò la massima categoria dopo due
stagioni l'Atalanta, sopraffatta dalla differenza reti: il 9-3 subito dagli
orobici contro il Milan il 15 ottobre è a tutt'oggi la partita con
più gol nella storia del girone unico.
Classifica finale
|
Pt
|
G
|
V
|
N
|
P
|
GF
|
GS
|
|
1.
|
Juventus
|
45
|
30
|
18
|
9
|
3
|
45
|
22
|
2.
|
Milan
|
44
|
30
|
18
|
8
|
4
|
65
|
33
|
3.
|
Lazio
|
43
|
30
|
16
|
11
|
3
|
33
|
16
|
4.
|
Fiorentina
|
37
|
30
|
16
|
5
|
9
|
39
|
26
|
5.
|
Inter
|
37
|
30
|
15
|
7
|
8
|
32
|
23
|
6.
|
Torino
|
31
|
30
|
11
|
9
|
10
|
33
|
21
|
7.
|
Bologna
|
31
|
30
|
11
|
9
|
10
|
33
|
31
|
8.
|
Cagliari
|
29
|
30
|
9
|
11
|
10
|
26
|
28
|
9.
|
Napoli
|
28
|
30
|
7
|
14
|
9
|
18
|
20
|
10.
|
Verona
|
26
|
30
|
5
|
16
|
9
|
28
|
34
|
11.
|
Roma
|
24
|
30
|
6
|
12
|
12
|
23
|
28
|
12.
|
Sampdoria
|
24
|
30
|
5
|
14
|
11
|
16
|
25
|
13.
|
L.R.
Vicenza
|
24
|
30
|
7
|
10
|
13
|
15
|
31
|
14.
|
Atalanta
|
24
|
30
|
5
|
14
|
11
|
16
|
33
|
15.
|
Palermo
|
17
|
30
|
3
|
11
|
16
|
13
|
41
|
16.
|
Ternana
|
16
|
30
|
3
|
10
|
17
|
14
|
37
|
Coppa Italia 1°turno gruppo 1
Squadra
|
Pt
|
G
|
V
|
N
|
P
|
RF
|
RS
|
DR
|
1. Juventus
|
6
|
4
|
2
|
2
|
0
|
5
|
1
|
+4
|
2. Varese
|
5
|
4
|
1
|
3
|
0
|
4
|
3
|
+1
|
3. Verona
|
4
|
4
|
0
|
4
|
0
|
1
|
1
|
0
|
4. Novara
|
3
|
4
|
1
|
1
|
2
|
3
|
3
|
-0
|
5. Foggia
|
2
|
4
|
0
|
2
|
2
|
2
|
7
|
-5
|
Secondo turno
Le sette squadre vincitrici di ogni gruppo e il Milan, in qualità di
detentore del trofeo, accedono alla seconda fase.
Gruppo A
Squadra
|
Pt
|
G
|
V
|
N
|
P
|
RF
|
RS
|
DR
|
1. Juventus
|
9
|
6
|
3
|
3
|
0
|
12
|
8
|
+4
|
2. Inter
|
7
|
6
|
3
|
1
|
2
|
9
|
6
|
+3
|
3. Bologna
|
6
|
6
|
2
|
2
|
2
|
7
|
9
|
-2
|
4. Reggiana
|
2
|
6
|
0
|
2
|
4
|
4
|
9
|
-5
|
Finale Milan-Juventus 1-1 (5-2 dcr)
Milan : Vecchi - Anquilletti (93' Casone)
- Zignoli - Dolci - Schnellinger - Rosato (76' Magherini)
- Sabadini - Benetti - Bigon - Biasiolo - Chiarugi. Allenatore Rocco
Juventus : Zoff - Spinosi - Marchetti - Cuccureddu - Longobucco (64' Furino) - Salvadore - Causio - Haller (98' Savoldi)
- Anastasi - Capello - Bettega. Allenatore Vycpaleck
Arbitro: Angonese
reti: 15' Bettega - 50' Benetti (rig.)
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
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|
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|
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Il primo anno di presidenza di Giampiero Boniperti coincise con il ritorno
alla vittoria nel campionato italiano della Juventus. Una squadra giovanissima,
portata al successo da Cestmir Vycpalek e rafforzata per l'obiettivo europeo da
uomini d'esperienza come Zoff e Altafini, prelevati entrambi dal Napoli.Coppa
dei Campioni 72-73: L'Olympique Marsiglia al primo turno non crea problemi, più
coriacei negli ottavi i tedeschi orientali del Magdeburgo, comunque superati.
Nei quarti l'abbinamento con gli ungheresi dell'Ujpest Dosza sembra molto
favorevole ai bianconeri che però a Torino non riescono a sbloccare il
risultato. In Ungheria dopo un quarto d'ora la Juve è già sotto 2-0, sull'orlo
del baratro, quando entra in azione uno straordinario Altafini che segna il gol
della speranza e regala a Anastasi quello della qualificazione. In semifinale
gli avversari di Zoff e soci sono i temibili inglesi del Derby County. La
Juventus vince la gara di Torino 3-1 con una ripresa molto convincente. Al
"Baseball Ground" di Derby i bianconeri si difendono senza affanno,
rischiando solo in occasione del rigore calciato fuori da Alan Hinton, e
ottengono il visto per la loro prima finale di Coppa dei Campioni. Un anno
dopo, sul "Sunday Times", Keith Borsford e Brian Glanville
riveleranno un tentativo di corruzione nei confronti dell'arbitro portoghese
della partita di Derby, Francisco Marques Lobo. Si saprà però che l'Uefa ha
condotto le indagini del caso con la collaborazione della società bianconera,
che infatti uscirà "pulita" dalla faccenda. In effetti l'Uefa ha
interrogato segretamente Marques Lobo prima della partita di Derby
rinnovandogli la fiducia e informando del fatto anche il club inglese. Il 5
luglio 1973 l'Uefa pone fine all'indagine ringraziando la Juve per la
collaborazione.
L'Ajax di Stefan Kovacs è la prima squadra dopo il grande Real Madrid di Di
Stefano e Puskas a vincere tre Coppe dei Campioni consecutive. L'unica novità
rispetto all'anno precedente è rappresentata dal giovane centravanti Johnny
Rep, 22 anni, che Kovacs aveva fatto debuttare nella finale di Coppa
Inter-continentale contro l'Inde-pendiente, venendone ampiamente ripagato con
una doppietta. Ormai il modello Ajax è diventato un fenomeno
planetario , il calcio totale è la nuova moda del momento e, oltre ad
essere un modulo tattico, si impone anche come rivoluzionario stile di vita. I
giocatori olandesi sembrano una rock-band, hanno i capelli lunghi, vestono
casual e viaggiano con mogli e fidanzate al seguito. Cruijff e soci entrano in gara
negli ottavi di finale contro il CSKA Sofia, facilmente eliminato. Nei quarti è
supersfida con il Bayern di Franz Beckenbauer e Gerd Müller: il discorso
qualificazione si chiude di fatto all'andata quando, ad Amsterdam, i campioni
uscenti trionfano 4-0. Nelle semifinali c'è il Real Madrid. Gli spagnoli escono
da Amsterdam con il positivo risultato di 1-2, ribaltabile al Chamartin: il
regno dell'Ajax è in pericolo, ma a Madrid i campioni giocano con grande
personalità, impongono il loro gioco e la loro superiore classe passando con
Muhren: è finale. A Belgrado l'Ajax trova la Juventus, sospinta dal tifo
di oltre ventimila italiani giunti in Jugoslavia; la vigilia degli olandesi è
tormentata dalle voci della riapertura delle frontiere in Spagna e dall'intenzione
dei club iberici di saccheggiare la squadra olandese. La Juventus si presenta a
Belgrado in netto anticipo per preparare l’incontro, dopo aver vinto in modo
rocambolesco il secondo scudetto consecutivo. L'Ajax invece arriva a Belgrado
all'ultimo istante con mogli e fidanzate al seguito, secondo abitudine.
Vycpaleck schiera una squadra votata all'attacco con tre punte, Altafini,
Anastasi e Bettega. sostenute da un interno spiccatamente offensivo come
Causio. Rep infila Zoff anticipando di testa Longobucco dopo quattro giri
di lancetta e l'Ajax domina i primi venti minuti con il suo gioco armonico. Gli
olandesi addormentano il gioco, la Juventus prende in mano le operazioni. I
bianconeri meriterebbero forse il pareggio, ma l'Ajax offre una grande prova di
maturità. È il canto del cigno dello squadrone olandese, che perderà subito
Cruijff (chiamato a Barcellona da Michels) e Neeskens un anno più tardi.
Il libero Blankenburg è un rebus insolubile per la Juve: quando la sua squadra
è in possesso di palla diventa un attaccante aggiunto, all'ala sinistra.
Anche la posizione di Cruijff mette in difficoltà i bianconeri, in quanto
sovente il campione olandese abbandona il centro dell'attacco portandosi sulla
linea dei terzini per impostare le azioni. Non serve così uno stopper di ruolo
in marcatura su di lui, che viene preso da Causio quando agisce a centrocampo e
da Morini quando fa la punta. Da metà primo tempo la Juve comincia a giocare,
mettendo in difficoltà l'Ajax soprattutto sulle fasce. Con il passare dei
minuti la pressione della Juve cresce, i bianconeri cominciano a rischiare in
difesa, ma l'Ajax regge con grande personalità e maturità.
1972-73
Quella domenica incredibile che incoronò la Juve è forse la volata-scudetto
più rocambolesca, con il Milan che prende 5 gol da un tranquillo Verona e i
bianconeri che battono la Roma all'Olimpico in rimonta. Arrivo in volata,
arrivo da brivido puro quello che conclude il torneo 1972-73. E ancora oggi lo
si ricorda per le circostanze probabilmente irripetibili (forse solo nel
2001-02 successe qualcosa di simile) soprattutto per quanto concerne il
thrilling degli ultimi minuti, almeno dal secondo dopo guerra in poi. La
classifica aveva premiato il Milan, sia pure di poco, sino al 26° turno quando
la Lazio, che lo tallonava, riusciva ad agganciarlo ai 39 punti proprio al
termine della sfida diretta all' Olimpico dove i rossoneri cedevano per 1-2 e
vedevano Rivera litigare con l'arbitro Concetto Lo Bello. La Juventus, che
aveva viaggiato a fari spenti e che dopo la sconfitta a Firenze al 24o turno
distava dal Milan capolista cinque punti, infila una serie di vittorie in
continuità di slancio, battendo via via Palermo, Vicenza, Ternana, Atalanta,
Inter, raggiungendo a una giornata dalla fine la Lazio a 43 punti con un
distacco di un punto appena dal Milan. Alla vigilia della conclusione di questo
affascinante torneo sono in pochi, nonostante quell'unico punto di differenza,
a ritenere il Milan in grave rischio. I motivi sono accettabili sotto l'aspetto
della logica di classifica: il Milan è atteso a Verona da una formazione
modesta, ormai tranquilla, la Juventus è ospite della Roma e la Lazio del
Napoli. All'evidenza si tratta di impegni ben diversi. Non si tiene tuttavia
conto della fatica infrasettimanale del Milan, chiamato a Salonicco per la
finale di Coppa delle Coppe contro il Leeds il 16 maggio. I rossoneri vincono
la Coppa con un gol di Chiarugi in avvio, un gol difeso strenuamente fino
all'esaurimento delle energie di una squadra già di per sè vecchiotta. Ben se
ne avvede Nereo Rocco, che invano chiede al presidente Buticchi di ottenere uno
slittamento di data, perlomeno di una settimana, dell'ultimo turno di
campionato. Nulla da fare. Così il Milan, sul terreno veronese, dopo mezz'ora è
sotto di tre gol e alla fine rimedia una clamorosa sconditta per 3-5! Clamoroso
anche che la Juve, alla fine del primo tempo, perda a Roma; lo 0-0 della Lazio
a Napoli avrebbe portato allo spareggio tra lombardi e laziali. Il finale è
pazzesco : Altafini segna l'1-1 (e, con tutte le squadre a quota 44, si sarebbe
disputato lo spareggio tra Milan, Juve e Lazio) e, quando Cuccureddu ribalta la
situazione segnando il 2-1 a tre minuti dalla fine, la Lazio si lascia superare
dal Napoli. La Juve vince il suo quindicesimo scudetto, mentre il Milan si vide
sfuggire la tanto sospirata Stella d'oro appuntandosi addosso l'etichetta della
"Fatal Verona".
Campionato 1971/72: ricordo del clamoroso sfogo (e successiva squalifica
record) di Gianni Rivera in seguito agli arbitraggi (secondo lui) anti-Milan
che favorirono l'ennesimo scudetto della Juventus :
È il 12 marzo 1972, la lotta per lo scudetto è apertissima:
la Juventus, che pure ha perso per una grave malattia il suo alfiere Bettega da
qualche settimana, resiste in testa alla classifica, con due punti di vantaggio
sulla coppia Milan-Torino. La giornata è cruciale: mentre la Juve gioca in casa col Bologna,
sest'ultimo in classifica, i rossoneri sono impegnati sul campo del Cagliari,
una grande dell'epoca, che li segue in classifica a un solo punto. I
locali vanno in vantaggio con Gori in avvio del primo tempo, il Milan pareggia
con Bigon a inizio ripresa. A tre minuti dalla fine, quando la partita sembra
ormai avviata a chiudersi sul pareggio, Riva prende palla in area e cerca di
liberarsi di Anquilletti con una mezza rovesciata, non riuscendovi perché la
sfera colpisce l'avversario al braccio sinistro, stretto vicino al fianco. Il
"mani" appare chiaramente involontario, ma l'arbitro Michelotti, un
principe del fischietto, concede il rigore. Gigi Riva va sul dischetto e
non perdona, il Milan perde e scivola a quattro punti dalla Juve, vittoriosa
sul Bologna. Il guaio è che due giornate prima, nel big match di Torino con la
Juventus, il Milan ha lamentato un colossale rigore a favore, non concesso da
Lo Bello, che poi ha candidamente ammesso alla Domenica Sportiva, di fronte
alla moviola (che muoveva allora i primi passi), il proprio errore.
Cosi nel dopo Cagliari-Milan Gianni Rivera si presenta davanti ai
microfoni e detta, con la sua aria cantilenante e la sua "erre'' moscia,
una serie di anatemi da far rabbrividire : “Fino a quando a capo degli arbitri
ci sarà il signor Campanati, per noi del Milan le cose andranno sempre in
questo modo: saremo costantemente presi in giro. Questo non è più calcio. A
parte la nostra comprensibile e incontenibile amarezza, mi spiace per gli
sportivi... credono che il calcio sia ancora una cosa seria. Quello che abbiamo
subito oggi è una vera vergogna. Credevo che ci avessero fregato già a Torino
contro la Juventus, invece ci presero in giro a metà con l'autocritica di Lo
Bello in televisione. Purtroppo per il Milan avere certi arbitri è diventata
ormai una tradizione. La logica è che dovevamo perdere il campionato.
D'altronde, finche dura Campanati non c'è niente da fare: scudetti non ne
vinciamo. Io sono disposto ad andare davanti alla magistratura ordinaria,
perché ciò che dico è vero: sino alla Corte Costituzionale. Mi hanno rotto le
palle. Ha cominciato anni fa un certo Sbardella; sono cose che tutti sanno: è
dunque ora che si dicano. Per vincere lo scudetto dovremmo avere almeno nove
punti di vantaggio nel girone di andata. In caso contrario davvero non ce lo
lasciano vincere, e se lo avessimo saputo non avremmo giocato. È il terzo
campionato che ci fregano in questo modo. Sta scritto da qualche parte che il
Milan non debba assolutamente raggiungere la Juventus. Fino a questo momento
abbiamo trovato tre arbitri che hanno fatto tutto perché restasse sola in testa
alla classifica. Se ho raccontato delle storie mi dovrebbero squalificare a
vita, ma devono dimostrare che sono state storie. Così non si può più andare
avanti; io ho parlato chiaro, non mi sono inventato nulla, ho detto solo cosa
si verifica in campo... I casi sono due: o io mi sono inventato tutto e allora
mi squalificano a vita, oppure riconoscono di avere sbagliato e bisogna
cambiare, sostituire chi non è all'altezza del compito”.
Il 14 aprile 1972, la Commissione disciplinare presieduta dall'avvocato
Fuhrmann condanna Rivera, in seguito alla denuncia della Lega del 14 marzo
1972, per le dichiarazioni rilasciate a caldo dal giocatore, nonostante nei
giorni seguenti lo stesso Rivera abbia cercato di attenuare le proprie
dichiarazioni, spiegando che non aveva inteso accusare Campanati o altri di
disonestà, ma di aver parlato soltanto di incapacità, di non aver mai avuto
l'idea di assurgere a ruolo di giudice né tanto meno di accusatore e di
aver riferito soltanto alcuni fatti come, secondo lui, veramente
accaduti. Insomma, ha sostenuto di non aver mai mosso accuse agli arbitri
di disonestà, corruzione o malafede, ma soltanto di aver accusato Campanati di
incapacità a designare gli arbitri per le partite del Milan: che se la
disonestà esiste lo deve provare la Federcalcio, non lui, perché non ne ha le
prove. Nelle dichiarazioni rilasciate alla commissione, come si ricava dalla
sentenza, Rivera ha ribadito di avere detto ai giornalisti che il Milan subisce
da tempi errori arbitrali, frutto dell'incapacità degli arbitri stessi oppure
di chi li ha designati, escludendo però di avere parlato di disonestà e
precisando che le dichiarazioni successive sono state rese quando si è accorto
che le prime erano state male interpretate o distorte. La squalifica al termine
del giudizio è di quelle pesanti: Rivera viene appiedato a tutto il 30 giugno
1972. cioè fino al termine della stagione, perdendo così il finale di
campionato e di Coppa Italia, del Milan e pure la Nazionale.
Rivera scoprirà solo 30 anni e oltre più tardi che la Juve non aveva colpe
e che gli arbitri non volevano favorirla, ma che c’era davvero un arbitro che
ce l’aveva con lui perché voleva vendicarsi di alcuni rigori concessi al
rossonero che poi alla moviola erano risultati inesistenti e con i quali il
Milan aveva ottenuto importanti vittorie. Peccato che intanto il
sentimento antijuventino iniziò a radicarsi dopo essersi sopito per
qualche anno, e da allora è stato un crescendo esponenziale.
Vita grama, per Ivanhoe Fraizzoli, generoso presidente
dell'Inter, convinto che dopo lo scudetto bastasse un rincalzo per l'attacco
(il modesto centravanti del Napoli, Ghio) per tentare il bis e
puntare alla Coppa dei Campioni, anziché un generale
rimescolamento di carte. La squadra è logora e Invernizzi non
ha più la carica vincente dell'anno prima. Gli va bene in Europa, anche grazie alla lattina in testa a
Boninsegna a Mönchengladbach e alla conseguente
ripetizione del match col Borussia negli ottavi dove l’inter era stata umiliata
e distrutta 7-1. Così la squadra in campionato si adagia, tra una goleada
clamorosa e una sconfitta inopinata, puntando tutte le fiches sulla Coppa dei
Campioni. In finale, i nerazzurri affrontano il "mostro" Ajax
sentendosi battuti in partenza e paghi del secondo posto, concedendo il 2-0
agli avversari.
STAGIONE 1971-72.
Il 13 Luglio del 1971 è una data che è entrata nella storia della Juventus:
quel giorno, infatti, fu eletto Presidente, all’unanimità, Giampiero Boniperti
che già da un paio d’anni tesseva le fila della società consigliando il suo
predecessore Catella che si lasciò posto aprendo un nuovo ciclo di vittorie. La
beffa dell’anno precedente a Leeds, quando la Juve non vinse la Coppa delle
Fiere senza perdere contro la compagine inglese, convinse la dirifenza
juventina che era arrivato il momento di tornare ai fasti del passato.
Confermato Vycpalek in panchina, i titolari vengono confermati eccezion fatta
per il portiere Tancredi che lasciò il posto a Carmignani; in difesa la coppia
Morini-Spinosi con alle spalle il saggio Salvadore come battitore libero; a
centrocampo la lucidità e il senso geometrico di Fabio Capello supportato
dall’inesauribile Beppe Furino; davanti a loro Helmut Haller è il faro della
squadra con Causio sulla fascia e Anastasi e Bettega come finalizza tori del
gioco. Una squadra perfetta che porta Torino il quattordicesimo scudetto,
cominciando il campionato in modo autoritario vincendo a subito a Milano contro
i rossoneri di Rocco (è passato alla storia il gol di tacco di Bettega…). Il
bomber bianconero è insaziabile e alla quattordicesima giornata ha già messo a
segno 10 gol. Proprio nel momento di maggiore fulgore, ecco però arrivare la
tragedia: subito dopo la partita con la Fiorentina, vinta per 1-0 con un suo
gol, Bettega, che già da qualche tempo accusa qualche linea di febbre, viene
ricoverato per accertamenti in seguito ai quali gli viene diagnosticato un
principio di tubercolosi. Dopo la morte dell’allenatore Picchi dell’anno prima,
la sfortuna sembra di nuovo accanirsi contro la Juventus. Senza la sua punta di
diamante, i bianconeri hanno un leggero calo ma riescono a chiudere il girone
d’andata in testa, con 24 punti. Dietro il Milan con 22 e l’Internazionale con
21. La Juve è in difficoltà e all’assenza di Bettega, si aggiunge l’esclusione
dalla rosa di Haller che durante una trasferta in Inghilterra di fa beccare in
un night. Lo scontro diretto con l’Internazionale si trasforma così in
un’ultima spiaggia, mentre a Milano si giova Milan-Torino: mentre tutti si
aspettavano Anastasi, è Franco Causio, allora detto Brasil, a venire alla
ribalta, siglando la tripletta che permette alla Juve di continuare la lotta
per lo scudetto. Le disgrazie però non sembrano voler lasciare in pace la Juve
che deve ancora una volta affrontare un decesso: questa volta è il figlio
dell’allenatore Vycpalek che muore in un disastro aereo a Palermo. Il mister
lascia così la panchina a Bizzotto che guiderà la Juve alla vittoria di uno
degli scudetto più sudati della sua storia, vinto sul filo di lana, con
soltanto un punto di distacco da Milan e Torino. Uno degli artecifi di quella
vittoria fu l’ex romanista Fabio Capello: Insostituibile (29 presenze in 30
gare) mezzala bianconera nel vittorioso torneo ’72 che vede la squadra torinese
prevalere per un solo punto su Milan e Torino. Anche se non difetta di classe
lo si ricorda soprattutto per la gran mole di lavoro svolto a centrocampo.
Goriziano tenace e volitivo, in grado di recuperare una gran quantità di
palloni, anche in contrasto sull’avversario, a centrocampo, è un infaticabile
atleta, in grado di proteggere la difesa come di sostenere l’attacco e di concludere
a rete. Il suo incedere a piccoli passi, tranquillo ma deciso, invita allo
smarcamento i compagni cui non fa mancare il passaggio o il lancio. Mai domo,
impronta la squadra di questa sua caratteristica.
MARSA - JUVENTUS 0-6 (0-1)
La Valletta (Malta), 15.09.1971 - Coppa U.E.F.A – Trentaduesimi di Finale –
Andata
RETI: 32’ Haller (J); 54’ Causio (J); 60’ Haller (J); 63’ Novellini (J); 69’
Capello (J); 88’ Cuccureddu (J)
MARSA: Collins, Tonna, Victor Cassar; Ferriggi (67’ Landridge), Wella, Joe
Cassar; Faruglia, Brincat, Portelli (82’ Baiada); Faure, Camilleri – All.
Calleja
JUVENTUS: Carmignani, Spinosi, Marchetti; Furino (46’ Cuccureddu),
Roveta, Salvadore; Haller (65’ Viola), Causio, Novellini; Capello,
Bettega – All. Vycpalek
ARBITRO: Paterson (Scozia)
Nel settembre 1971 i Bianconeri, guidati da Vycpalek, affrontarono i
Maltesi del Marsa in un campo senza erbetta né panchine. Si giocò sotto un
clima torrido: 35 gradi di temperatura in un contesto da oratorio, più che da
competizione europea.Sembrava di stare al “Sasà Brancati” di Pachino, nel
profondo sud della provincia di Siracusa: terra mista a pietrischio, assenza di
panchine, il calore del pubblico dietro il collo ed i rincalzi delle due
squadre seduti ai bordi del campo. Si giocò sotto un clima torrido: 35 gradi di
temperatura, con un refrigerante temporale arrivato troppo tardi, quando ormai
mancava una manciata di minuti al termine della partita.Cestmir Vycpalek
schierò Carmignani, Spinosi, Marchetti, Furino, Roveta, Salvadore, Haller,
Causio, Novellini, Capello e Bettega.Encomiabile la volontà agonistica dei
giocatori maltesi, tecnicamente impalpabili come un granellino di sabbia
spazzato dall’uragano. Mister Calleja rispose con Collings, Tonna, Cassar,
Ferrigi, Vella. Cassar II, Farrugia, Brincat, Portelli, Faure e Camilleri.
Cognomi che, in larga parte, sembravano spuntare da centri siciliani, sentiti
magari in qualche torneo estivo disputato tra luglio ed agosto, giocando dopo
aver trascorso la mattinata in spiaggia a quasi 40 gradi sotto il sole,
assaporando le atmosfere tipiche di certi racconti di Soriano.Per la Juventus
fu poco più che un allenamento, un tiro al bersaglio. Il 4-3-3 maltese puntava
a creare una sorta di sbarramento a centrocampo, come sottolineò Bruno
Bernardi, inviato de La Stampa, nel racconto della partita. Il libero maltese
Vella vide i bianconeri sbucare continuamente dalle sue parti sin dalle prime
battute del match. Tanti i tifosi italiani sugli spalti del “Gzira”. L’attesa
del primo gol durò poco più di mezzora. Al 32’, Haller scaricò un rasoterra
imparabile per Collings e la Juventus passò in vantaggio. Nella prima frazione
non vi furono altre marcature.Essere sotto di un solo gol a metà partita fu per
i Maltesi motivo di grande orgoglio. Tra l’altro, i padroni di casa avevano
sfiorato il clamoroso 1-1 con Farrugia che, su assist di Portelli, aveva
chiamato Carmignani alla prodezza. Al ritorno in campo, il Marsa aveva cambiato
le maglie da blu a rosse. Nove minuti più tardi, cominciò il festival del gol bianconero:
raddoppio di Causio, sfruttando un colossale liscio della difesa maltese, tris
di Haller con uno spettacolare tiro al volo al quarto d’ora e poker di
Novellini, appena tre giri di lancette più tardi, in contropiede.La cinquina la
firmò Capello, complice un’uscita a vuoto di Collings. Sul fronte maltese, ad
evitare il “non pervenuto” in zona offensiva ci pensò Portelli che colpì il
palo con un tiro da fuori. Quasi allo scadere, fu Cuccureddu a chiudere il
tabellino, segnando il sesto gol con un tiro deviato in rete da un difensore
avversario. I movimenti dei giocatori bianconeri avevano annichilito la flebile
resistenza maltese. Fu una passeggiata in piena regola per i bianconeri.
L’ostacolo più duro era stato il caldo, Haller e Causio, imprendibili e
imprevedibili, erano risultati i migliori in campo. Il pubblico de La Valletta
tributò applausi frequenti soprattutto all’indirizzo dell’attaccante tedesco.
“E’ raro ricevere così tanti complimenti fuori casa, - commentò Haller - qui mi
attendevano con curiosità”. Negli spogliatoi, il tecnico maltese Calleja esaltò
le qualità della Vecchia Signora. “E’ la migliore squadra vista a Malta,
superiore al Real Madrid e al Manchester United”. Due settimane dopo, a Torino,
la Juventus rifilò cinque reti al Marsa ma in un contesto ambientale ordinario
e normale, senza il fascino che il terreno di gioco maltese in terra e
pietrischio, in uno stadio privo di panchine, aveva saputo conferire alla sfida
d’andata. Il calcio, quando sfocia nella letteratura, si porta dietro emozioni
difficili da spiegare, come il richiamo di Mompracem per Sandokan o l’euforia
provata dal soldato di sentinella quando intravide i tartari, dopo una
lunghissima attesa, sbucare dal deserto e partire all’assalto della
Fortezza Bastiani. (da Il Pallone Racconta)
JUVENTUS – ROMA 2-1 (0-1)
Torino, Stadio Comunale, 07.11.1971 - 5ª Giornata di Campionato
RETI: 27’ Amarildo (R); 71’ Capello (J); 76’ Capello (J)
JUVENTUS: Carmignani, Spinosi, Marchetti; Furino, Morini, Salvadore; Haller,
Causio, Anastasi; Capello, Bettega (86’ Savoldi II) – All. Vycpalek
ROMA: Ginulfi, Scaratti, Petrelli (77’ Liguori); Salvori, Bet, Santarini;
La Rosa, Amarildo, Zigoni; Cordova, Pellegrini – All. Helenio Herrera
ARBITRO: Lo Bello di Siracusa
CRONACA: Al trentaduesimo tiro la Juventus pareggiava, al 42° vinceva. I minuti
erano rispettivamente 71’ e 76’. Diamo rilievo ai dati cronistici per
documentare quanto lunga sia stata la rincorsa del successo e quanto colossale
la valanga dei tiri occorsa per travolgere la Roma che, passata in vantaggio
poco prima della mezz’ora con il suo giocatore di maggior classe, il
cespuglioso Amarildo, stava ormai avviandosi a chiudere col successo pieno. La
gara è stata spremilimone. Alla fine sono rimasti in gioco quelli che avevano
maggior autonomia (e anche maggior classe complessiva). Per novanta minuti la
Juventus ha giocato col piede a tavoletta. Agonisticamente la sua prestazione
merita soltanto elogi. Ha dominato la partita dal primo all’ultimo minuto
riuscendo, per voler strafare e anche per irrazionalità, persino a perdere
tavolta il controllo delle operazioni, pur – ripetiamo – dominando la gara. In
effetti i bianconeri erano scattati come per una breve corsa, con la sicurezza
e l’immodestia di credere che potessero bastare dieci minuti per sistemare il
risultato. L’andamento del gioco sembrava oltretutto aiutarla nel suo
convincimento perché la Roma la favoriva nelle operazioni concedendole di
arrivare indenne sino ai bordi dell’area, senza il minimo velo a centrocampo
poiché Salvori, che doveva controllare Capello, giocava arretratissimo, quasi
sulla linea dei terzini, Amarildo, che era controllato da Furino, giocava
spesso avanzato e Cordova che si trovava sulla strada di Causio aveva due marce
in meno e risultava regolarmente saltato. […] Succedeva dunque che la
facilità con cui più di mezza squadra juventina poteva presentarsi al tiro
inducesse a credere che la gara fosse già decisa e non mancasse che la
formalità del gol. Ma questo tipo di partite sono cosiffatte: che o segni
subito e veramente diventano ordinaria amministrazione, o sbagli le prime biglie e allora passa almeno un’ora, quando va bene; e quando va male passa
anche un’ora e mezza di inutile assedio. Alla Juventus è andata meritatamente
bene, ma più di un suo tifoso aveva ormai lasciato ogni speranza di pareggiare.
Che era la cosa più importante perché il successo poi era molto più facile da
conseguire e anche questo è dimostrato; chi insegue e raggiunge l’inseguitore,
quasi sempre vince la corsa perché il solo fatto di averlo raggiunto gli
moltiplica l’energia mentre le toglie a chi è stato raggiunto. E così è
avvenuto. Pareggiato il conto con Capello, ancora Capello poteva raddoppiare e
toccare la vittoria nel giro di cinque minuti quando ormai mancava meno di un
quarto d’ora alla fine. In quei cinque minuti (dal 71’ al 76’) la Juventus è
stata portata letteralmente in braccio da un pubblico che non avevamo mai
sentito così partecipe. Sul gargarizzo vocale ha sicuramente influito
l’andamento del gioco, che pareva elaborato apposta da un mago della suspence
per eccitare la gente, illuderla, farle assaporare il successo e toglierglielo
quando già sembrava raggiunto, e poi ancora abbandonarla, surriscaldarla con
mille tiri in porta, gelarle con altrettante occasioni perse, e così via per
più di un’ora, con la beffa, che poi non era tale, di un gol segnato dalla
Roma, cosa che allontava la Juventus dal suo obiettivo costringendola a
raddoppiare energie e tiri in porta, col risultato di quadrare il cerchio, cioè
di eccitare sempre più la gente come se il discorso ricominciasse sempre
dov’era appena finito. Il dramma che la Juventus viveva era il dramma del suo
pubblico. In altre occasioni sarebbe stata abbandonata al suo destino, magari
fischiata, o peggio lasciata tra l’indifferenza. Stavolta si portava appresso
il cuore ed il gargarozzo di cinquantamila tifosi, molti dei quali milanesi o
lombardi, convenuti qui per il salone dell’auto. In questa atmosfera bollente,
seppure correttissima, la Juventus si trovava così a giocare due partite
parallele: quella che appagava il pubblico e non lasciava respirare e quella
che non accontentava i critici per talune vistose irrazionalità del suo gioco e
del suo sforzo agonisticamente insindacabile. […] – da La Gazzetta dello Sport
dell’08.11.1971
CLASSIFICA: Internazionale, Juventus, Milan p. 8; Torino p. 7; Fiorentina, Roma p. 6;
Bologna, Cagliari, Napoli p. 5; Atalanta, Sampdoria, Verona p. 4; Catanzaro, Mantova
p. 3; L.R. Vicenza, Varese p. 2
JUVENTUS – VICENZA 2-0
Torino, Stadio Comunale, 28.05.1972 - 30ª Giornata di Campionato
RETI: 26’ Haller (J); 30’ Spinosi (J)
JUVENTUS: Piloni, Spinosi, Longobucco; Marchetti, Morini, Salvadore; Causio,
Cuccureddu, Anastasi; Capello, Haller (83’ Novellini) – All. Vycpalek
L.R. VICENZA: Bardin, Stanzial, Poli; Fontana, Volpato, Calosi; Damiani, Cinesinho,
Maraschi; Faloppa, Ciccolo – All. Menti
ARBITRO: Monti di Ancona
CRONACA: Che barba, ora bisogna cominciare a pensare al quindicesimo perché
il calcio è sempre domani. Quattordici volte ha vinto madama e la gente
fa festa, ha invaso il campo in anticipo, ha percorso – bandiere al vento – la
città ed i dintorni sino a notte tarda. Chi non aveva lo stendardo bianconero
ha tirato fuori un vecchio tricolore, stamattina ce n’era uno in via Po con lo
scudo sabaudo; era un tifoso leggermente demodè. I più giovani, i più caldi
hanno consumato le batterie proprie (e i nervi altrui) girando ore a clacson
spiegati. Torino cambia, anche il tifo cambia, diventa colorato,
aggressivo, caliente. Mezza Italia è in festa, ha vinto la Vecchia Signora, la
squadra più celebre, più amata, più popolare. Con Bettega avrebbe fatto una
passeggiata: senza è come se avesse vinto tre volte ed anche di più perché al
valore degli avversari (Milan e Torino ad un punto solo) si sono aggiunti
pallettoni di fiele, calunnie gratuite, scuse puerili. In effetti la Juventus è
stata molto fortunata: ha saputo ad ogni provocazione raddoppiare compattezza e
decisione. Ha vinto giocando benissimo sin quando è stata completa (quattordici
giornate) ha vinto giocando l’essenziale quando si è trovata senza il suo
numero uno e non si era ancora concluso il girone d’andata. Sottovalutare
questa impresa morale è da gnocco luti o da disonesti. Ha vinto la cara e
vecchia signora con giustizia, come sempre. Le hanno negato almeno sette
rigori, oggi ci stava l’ottavo quando Anastasi, placcato al 17’, ha potuto
soltanto spingere la palla verso il portiere anziché calciare con forza. In
quel momento la partita era ancora 0-0 e la Juventus, scattata come una furia,
aveva già sprecato quattro o cinque palle-gol colpendo la traversa al primo
minuto con Capello, sfiorando la rete con una giravolta di Causio al 3’,
buttando in cielo sempre con Causio una palla volante che poteva essere
stoppata e accompagnata fino in porta; infine, cone due prodezze di Anastasi,
piede e testa, entrambe concluse di poco fuori verso il quarto d’ora. […] La
Juventus andava in avanti con tutti quanti aveva in campo salvo il portiere.
Voleva risolvere la questione il più presto possibile, ma sapete come succede:
sbagliando si aumentano gli sbagli, il nervosismo cresce, lo si vedeva proprio
in quelli che facevano segno agli altri di stare tranquilli. Qualche passaggio
fuori misura, l’attesa del gol liberatore che tardava a venire. Vycpalek ad un
certo punto s’era dovuto alzare dalla panchina, aprire le braccia come il
Signore in croce: calma, ragazzi, calma! […]
Dovevano passare ventisei minuti prima che lo scudetto trovasse
consacrazione. Il gol era splendido: palla a Marchetti in linea coi difensori,
passaggio al centro verso Salvadore avanzato; lungo lancio di Salvadore dritto
verso l’area dove Pietro Anastasi sul dischetto del rigore toccava di testa
lateralmente e indietro verso Haller; il tedesco l’aspetta col mirino alzato e
la batte al volo prima che tocchi terra fulminando Bardin. Ora la Juventus ha
vinto, ora può aspettare la cerimonia di chiusura: quel soffocante abbraccio
che è l’invasione e che avverrà in anticipo perché i tifosi da adesso oltre che
calienti sono anche privi di orologi. Ma prima dei festeggiamenti la
Juventus segna ancora un gol. Lo segna subito esattamente alla mezz’ora, cioè
quattro minuti dopo quello di Haller. Che mette la zampa anche stavolta facendo
da muro ad un passaggio di Spinosi avanzato, forzatamente e costantemente
avanzato per l’arretramento di Ciccolo. La risposta di Haller è perfetta, dosata
al punto giusto. Spinosi continuando nella corsa completa il triangolo e segna
rasoterra. Partita praticamente finita . Sono le 17.30. Finita come sviluppo,
come garanzia di trionfo. La fine vera suonerà soltanto alle 18.48, magico
momento della fuga verso gli spogliatoi per salvare non dico la maglia, ma la
pelle: il momento storico che resterà nell’albo d’oro.
Quattordici volte la Juventus contro undici della Internazionale
Ambrosiana, nove del Genoa e del Milan, sette di Pro Verceli e Bologna, sei del
Torino; due di Fiorentina, uno di Casale, Novese, Roma e Cagliari. Se si parte
dal dopoguerra sono sette contro i sei di Inter e Milan. Superiorità assoluta.
Anche oggi lo stadio ha costretto a restarsene a casa almeno trentamila
spettatori. Dovunque è passata la Juventus ha raccolto consensi o almeno ha
stabilito il record delle presenze. Mai nessuna squadra era stata così
seguita. Per la festa finale stasera c’erano tutti in tribuna o negli
spogliatoi: Giovanni e Umberto Agnelli; Giampiero Boniperti; Italo Allodi, il
Conte Cavalli D’Olivolla, il dott. Voglino, il comm. Giordanetti, e Amapane, e
Ferrero di Ventimiglia, Mazzoni jr., Cavigioli. Tutti pari nell’ora della
goduria e li citiamo accanto al più umile, al meno conosciuto, al massaggiatore
Derio Sarroglia che ha vinto sei scudetti come Giampiero Boniperti.
Alla gran baldoria è mancato soltanto il gol di Pietro Anastasi, il più
atteso, il più invocato. Pietruzzo s’è battuto come sempre con forza e
dinamismo ma è stato lasciato troppo solo nella ripresa e, quando Capello per
gentilonismo gli ha ceduto la palla, non era in buona posizione per batterla.
C’era anche Robi Bettega in tribuna d’onore. La gente l’ha salutato a lungo
perché la Juventus è una famiglia. E l’ha dimostrato. […] – da La Gazzetta
dello Sport del 29.05.1972
CLASSIFICA: Juventus p. 43; Milan, Torino p. 42; Cagliari p. 39; Internazionale,
Fiorentina p. 36; Roma p. 35; Napoli, Sampdoria p. 28; Atalanta p. 26; Bologna
p. 25; L.R. Vicenza p. 23; Verona p. 22; Mantova, Catanzaro p. 21; Varese p. 13
STAGIONE 1972-73.
Se lo scudetto numero 14 conquistato la stagione precedente aveva fatto
soffrire fino all’ultima giornata tutti i tifosi juventini, il quindicesimo,
secondo consecutivo dalla salita al potere di Giampiero Boniperti, arriva ancor
di più sul filo di lana, a tre minuti dalla fine del campionato! Rinforzata la
squadra con gli innesti di Josè Altafini e di Dino Zoff, due vecchie volpi di
trentaquattro e trenta anni, la squadra bianconera affronta la nuova stagione
sempre più convinta dei suoi mezzi, ma con qualche difficoltà che fa pensare a
un nuovo calo: dopo la prima vittoria col Bologna, infatti, il successo manca
per sei partite consecutive, così dopo appena sette giornata la Juvet è già
staccato di cinque punti dalla Lazio capolista. In soccorso dei bianconeri
arriva la pausa della Coppa dei Campioni che permette alla compagine di
Vycpalek di ricaricare le batterie, conquistando 15 punti nelle ultime 16
partite del girone di andata chiuso in testa col Milan a 22 punti, un punto in
più di Internazionale e Lazio. La grande rimonta vede nel nuovo portiere Zoff
uno dei protagonisti, capace di battere il record del genoano Da Pozzo,
arrivando a 903’ di imbattibilità. Nelle stesse settimane rientra anche Bettega
che appare guarito dalla malattia che lo aveva colpito l’anno prima, ma quando
Zoff a San Siro subisce il gol che ferma il suo primato, la squadra sembra
risentirne perdendo sicurezza e tranquillità. E’ tornata anche la Coppa dei
Campioni, Causio perde la testa nel derby facendosi espellere per un applauso
sarcastico all’arbitro e la Juve perde la testa della classifica alla ventesima
giornata. A questo punto le speranze di vittori si assottigliano e quando la
Juve perde ancora a Firenze, il Milan vola a cinque punti di distacco. I
bianconeri sono duri a morire e così la rincorso ricomincia, incoraggiata dalla
conquista della loro prima finale di Coppa dei Campioni. Il traguardo sembra
finalmente sbloccare la squadra: sette gol rifilato a Palermo e Vicenza, una
bella vittoria a Terni e il distacco dal Milan si riduce a due punti. Alla
terz’ultima giornata, la Juve deve ringraziare i cugini granata che bloccano
sul pareggio il Milan; alla penultima giornata Juve, Milan e Lazio vincono in
casa e a 90 minuti dalla fine del campionato il Milan comanda con 44 punti,
davanti a bianconeri e laziali con 43. Nella mente di tutti i tifosi torna il
miracolo della Juve di Heriberto Herrera che nel ’67 aveva vinto lo scudetto al
fotofinish, ma questa volta sembra più difficile visto che il Milan va a
giocare a Verona apparentemente senza troppi problemi e la Juve invece è attesa
a Roma. Il finale di stagione è da cardiopalma: il Milan, forse stanco dopo la
vittoria della Coppa delle Coppe contro il Leeds, prende ben 5 gol a Verona, ma
la Juve sta perdendo a Roma, mentre la Lazio pareggia a Napoli, ma quando
Altafini rimette la Juve in corsa, tutto sembra rinascere fino al gol all’87’
di Cuccureddu che infila Ginulfi con un bolide da fuori area, scatenando la
gioia dei tifosi juventini e la disperazione dei milanisti che ormai sentivano
lo scudetto cucito sulla maglia. La stagione potrebbe concludersi in modo
trionfale, ma prima l’Ajax vince 1-0 la finale di Coppa dei Campioni rinviando
ancora un successo atteso da tanto tempo, e poi il Milan strappa la Coppa
Italia ai rigori vincendo 5-2.
Uno degli uomini più rappresentativi di quell’anno fu il difensore
Francesco Morini: Incarna bene lo spirito della Juve mai arrendevole
che arriva allo scudetto all’ultima giornata (grazie ad un crollo del Milan, a
Verona); come la Juve, non superiore per classe ma per volontà di ferro, così è
lui, stringe i denti, fa ricorso a tutte le sue risorse e al suo mestiere ma
l’avversario non va via. All’apparenza è un cattivo, un duro, uno stopper che
non va troppo per il sottile. In realtà è un grintoso difensore, un leale
lottatore. Dà, ovviamente, il meglio di sé nella marcatura stretta; portato
lontano dall’area o preso in velocità, va in affanno. Nel gioco aereo e nei
rinvii acrobatici è fortissimo. Nel vittorioso campionato dei bianconeri
totalizza 24 presenze in 30 giornate.
JUVENTUS – FIORENTINA 2-1
Torino, Stadio Comunale, 03.12.1972 - 9ª Giornata di Campionato
RETI: 41’ Saltutti (F); 60’ Haller (J); 70’ Altafini (J)
JUVENTUS: Zoff, Cuccureddu (65’ Altafini), Marchetti; Furino, Morini,
Salvadore; Haller, Causio, Anastasi; Capello, Bettega – All. Vycpalek
FIORENTINA: Superchi, Galdiolo, Longoni; Roggi, Brizi, Orlandini; Merlo,
Antognoni, Clerici; De Sisti, Saltutti (60’ Scala) – All. Liedholm
ARBITRO: Michelotti di Parma
CRONACA: Cominciamo dalla Fiorentina. Ha subito la Juventus per una
quarantina di minuti, lasciando in avanti il solo Clerici od al massimo Clerici
e Saltutti. Merlo era controllato da Cuccureddu; Merlo faceva, in
pratica, l’interno destro (senza un compagno d’ala accanto, per metà
gioco e, per l’altra metà, aveva Saltutti a destra e Clerici al centro)
cosicchè Cuccureddu era una specie di mediano-terzino sinistro, con Bettega di
poco più avanti e spesso con Marchetti (che seguiva Saltutti) di poco dietro.
Insomma la Juventus pendava tutta a sinistra segno che i viola avevano imposto
i marcamenti che volevano. […]
Ed ora la Juventus. Per un’ora non ha giocato al calcio, anzi ha fatto
esattamente il contrario di quello che logica comanda, contro una formazione
che ha paura di prenderle. Il centrocampista che disponeva del pallone,
avanzava e non toccava sveltamente mentre ancora le maglie della difesa viola
erano sufficientemente larghe. All’ala non andava nessuno, cosicchè i terzini
fiorentini si stringevano al centro, accanto a Galdiolo ed a Brizi. Tiri da
media e lunga distanza, nemmeno parlarne, i crosso erano per il solo Bettega,
cioè o per le mani di Superchi, oppure per la testa di Galdiolo, che saltava
più di tutti. Prima dell’infortunio, come detto, Cuccureddu in pratica era
interno sinistro, se non ala, perché Merlo stava molto sulla fascia laterale;
ma Cuccureddu, avanzando, non sapeva spedire al centro di sinistro; Marchetti,
sempre a sinistra, non poteva avanzare perché c’era Cuccureddu, se non Bettega,
nei rari rientri nella sua zona naturale. A destra, o nessuno, o Causio e
Furino in lunghe, disperate rincorse, perchè Haller andava ovunque, ma non
nella zona indicata dal numero che portava sulla maglia. Quanto poi al posto di
centravanti, concorrenza spietata: Bettega ci andava più che spesso, Haller
quando poteva, Anastasi quando gli riusciva: quindi entrava Altafini ed a
centravanti ci si metteva perentoriamente, in tal modo costringendo gli altri a
fare qualcosa di più degli aspiranti centravanti. Non diciamo che è stata la
prestazione di Altafini a decidere l’incontro: di sicuro è stata la sua
presenza. Cacciando via gente dal centro, il brasiliano ha costretto tanti
compagni a cercare gloria sui lati ed allora dai lati sono piovuti al centro
cross operati alla svelta, che hanno consentito al bianconero meglio appostato
di deviare a rete con gli avversari non ancora incollati ai suoi fianchi. Come
dovrebbe giocare la Juve, lo si è visto nell’azione del secondo gol: Marchetti
dal centro, a sinistra, per Causio; breve scatto e cross per Altafini, già in
corsa (e non fermo a guardare la serie dei passaggi dei compagni) balzo in
sospensione e rete imparabile, di testa. Insomma, questa Juventus, a nostro
parere, dispone di tutti gli ingredienti (compresa l’umiltà di Anastasi che si
fa scacciare da tutti e fa sempre un briciolo di gioco altrove) per esprimere
un buon calcio ed all’atto pratico è accettabile solo raramente, talchè deve
fisicamente impegnarsi oltre il sopportabile (per certi non giovani e per certi
sistematicamente spremuti) per cancellare il suo non gioco. […] – da La
Gazzetta dello Sport del 04.12.1972
CLASSIFICA: Lazio p. 15; Internazionale, Milan p. 13; Juventus, Roma p. 11;
Fiorentina p. 10; Napoli, Torino p. 9; Bologna p. 8; Atalanta, Palermo,
Ternana, Verona p. 7; Cagliari, L.R. Vicenza p. 6; Sampdoria p. 5
ROMA - JUVENTUS 1-2 (1-0)
Roma, Stadio Olimpico, 20.05.1973 - 30ª Giornata di Campionato
RETI: 29’ Spadoni (R); 61’ Altafini (J); 87’ Cuccureddu (J)
ROMA: Ginulfi, Bertini G., Liguori L.; Salvori, Bet, Santarini; Morini G.,
Franzot, Orazi; Spadoni, Scaratti – All. Trebiciani
JUVENTUS: Zoff, Cuccureddu, Longobucco; Furino, Morini, Marchetti; Haller
(46’ Altafini), Causio, Anastasi; Capello, Bettega – All. Vycpalek
ARBITRO: Lo Bello di Siracusa
CRONACA: L’imbarazzo era: dove andare per seguire le ultime, contemporanee
battute del campionato? Verona (Milan), Roma (Juventus) oppure Napoli (Lazio)? Il
calcio deve molta della sua popolarità e del suo interesse alla contemporaneità
degli avvenimenti, che oggi è lievemente modificata (in meglio) da “Tutto il
calcio minuto per minuto”, ma che resiste pur sempre come insopprimibile argine
ad inevitabili condizionamenti. Ma la tecnica offre un eccezionale
correttivo a questa regola che può logicamente essere ignorata una sola volta
in un torneo e ieri era la volta giusta: approfittare della cortesia dei
colleghi della Rai-TV e piazzarsi discretamente alle spalle di Nando Martellini
che, per dovere d’ufficio, doveva visionare direttamente e simultaneamente le
tre registrazioni delle immagini che gli giungevano nell’istante esatto in cui
si verificavano, da Napoli, all’Olimpico e da Verona. Così abbiamo visto i tre
grandi incontri vivendone con leggere frazioni di ritardo (ed a volte, anche in
anticipo) i riverberi che un gol, un palo, una rete banalmente sbagliata
riversano su di uno, o due, o tre incontri insieme. […] Si comincia come si sa,
in queste condizioni di classifica: Milan p. 44, Juve e Lazio p. 43. Alle 15.59
a Verona, alle 16 a Roma ed alle 16.01 a Napoli.
ORE 16.01: Milan Campione. Si vede subito che a Napoli sarà duro per
l’Angonese; Re Cecconi viene toccato duro, all’inizio, e tutti entrano con
decisione ai confini del regolamento. La prima palla gol l’ha Rivera:
la corregge stupendamente a rete, ma la vecchia teoria che l’attaccante deve
mirare al portiere per poi cogliere l’angolino, per l’asso rossonero è
deleteria perché Rivera coglie in pieno proprio Pizzaballa. E’ quindi la prima
palla decisiva della giornata. E poteva essere la palla scudetto. Non si
scherza nemmeno a Roma, dove Bertini si salva in maniera poco ortodossa su
Bettega. La Juventus gioca male, senza convinzione, attende la rete di
rimessa, senza voler rischiare. La Roma è viva e decisa. Fra i bianconeri
appare pericoloso il solo Longobucco.
ORE 16.15: Verona, Juve e Lazio sono in difficoltà nello stesso momento: le
prime due si salvano in corner, i romani godono di un tiro sbagliato di
Juliano; 16.17: corner contro la Juve, segna il Verona, con Sirena solo sul
teleschermo a girare a rete, completamente smarcato, sul crosso dalla destra.
Dov’è la difesa del Milan? Va male per le prime tre in classifica. Mentre
Sirena segna, Salvori di testa grazia Zoff.
Si riprese così: alle 17 a Verona; 17.01 a Roma e 17.03 a Napoli. Gioco
rallentato sui tre campi; il solo Chiarugi si fa notare cogliendo in pieno
Mascalaito alle 17.03. Poi, alle 17.10 si ha netta la sensazione di un rigore
negato per atterramento di Manservisi (vedremo cosa riferirà la moviola). Due
minuto dopo, Lo Bello annulla un gol di Altafini, per sicuro fuorigioco.
Contemporaneamente Benetti si vede respingere un tiro-gol da Mascalaito, a
portiere battuto. La Roma, all’Olimpico, attacca ancora, cosiccome il Napoli su
di una Lazio che in avanti non si vede mai perentoriamente. Ma è Damiani a
sbagliare una rete ormai inevitabile. 17.15: Salvori manca il 2-0. Sulla
ribattuta c’è una punizione che batte Causio ed Altafini, di testa, segna il
suo duecentesimo gol.
ORE 16.16: Spareggio a tre. Si salva il Milan alle 16.21 da un cross di
Bergamaschi, che nessuno raccoglie, mentre a Napoli si va molto sul gioco
pesante, ma Angonese mantiene il controllo del gioco; 16.23: Chinaglia scatta
sulla destra, opera un traversone lungo che Carmignani strappa di un soffio ad
un laziale in corsa. Mentre la Roma riesce a raccogliere frutti dalla sua
superiorità (un tiro di Scaratti esce di poco), il Milan subisce il secondo
gol, da parte di Luppi. E subito a Napoli, per un fallo su Pulici, c’è un gol
annullato. 16,25: Longobucco arriva in buona posizione dinanzi a Ginulfi:
parato il primo tiro, ma non trattenuto, toccato lontano il secondo tentativo.
Un minuto dopo, il Verona segna il terzo gol, sempre con Luppi, che i milanisti
non guardano mai all’istante del tiro (almeno così appare in TV). Ed è Vecchi
ad evitare il 4-0 un minuto dopo, allorchè la Juve va in svantaggio, per la
rete di Spadoni. Quindi nuova situazione…
Ore 16.29: Spareggio Lazio-Milan. Il tempo per spostare gli occhi dal
ripetitore destinato a Roma, che si vede Pulici eseguire un intervento
eccezionale (non vediamo chi ha tirato). Due ottime azioni del Milan: sulla
prima Chiarugi sbaglia la conclusione, sulla seconda sempre Chiarugi, si vede
Pizzaballa chiudergli irrimediabilmente la porta. A Napoli Angonese richiama
frequentemente Chinaglia, scopertamente nervoso. Si cambia teleschermo e si
vede il primo gol del Milan: esatta la correzione di Rosato che prende in
contropiede Pizzaballa. Reagisce il Verona con Zigoni (gran parata di Vecchi)
che dibbla Anquilletti come un birillo. 16.37: Benetti entra in area da solo –
è il momento più delicato del Milan – ma sbaglia puerilmente. Orazi, solo, non
coglie la palla piena: era la palla dell 0-2 per la Juventus! 16.39: scatto di
Re Cecconi sulla destra: cross sul quale Carmignani esce a vuoto, ma Manservisi
non si attendeva questo errore ed interviene in ritardo. 16.42: avanza
Scaratti, urta Morini e viene poi urtato, il tiro va fuori ed i due altercano
visibilmente. 16.44: Sirena sbaglia in 4-1 e Chinaglia subisce un duro
fallo. Finisce a Verona, con dieci secondi di anticipo su Roma. A Napoli un
minuto dopo. O si è giocato 50” in più a Roma, o 50” in meno a Verona.
Nello intervallo, quindi, allorchè le tre squadre stanno per apprendere i
risultati dalla radio, è in atto lo spareggio Lazio-Milan.
La Roma ha premuto molto, la Juve ha faticato; il Milan è esistito solo in
pochi ed al Verona tutto è andato incredibilmente bene; il Napoli meritava
qualcosa di più perché la Lazio non corre come un tempo (il calo deve essersi
aggiunto alla profonda stanchezza della squadra). Nel Milan non si vedono gli
avanzamenti di Sabadini, Sogliano e Zignoli, mentre l’assenza di Schnellinger
pare avere sparpagliato i tre terzini ed i centrocampisti per il campo, tanto
Turone sembra solo, in mezzo all’area. Considerazioni al video, naturalmente,
magari smentibili dai nostri inviati che errano sui vari campi.
ORE 17.18: spareggio a tre. 17.19: Stupendo Spadoni, ma Zoff salva da asso.
Identica prodezza di Pulici, a Napoli, un minuto dopo, su tiro di Bruscolotti,
nell’istante in cui Luppi sbaglia il 4-1 sul Milan.
ORE 17.23: Luppi stavolta non fallisce, anche se abbiamo avuto
l’impressione che poco prima Zignoli abbia subito una scorrettezza, forse da
punire. 17.25: bravo Canè, più bravo Pulici. 17.27: tira Busatta ed è 5-1!
Napoli e Juve intanto premono sempre di più, ma Causio non pare ben centrato
nei passaggi e nei tiri, pur prodigandosi al massimo.
ORE 17.32: La Lazio ha la grande occasione per passare momentaneamente in
testa alla classifica, alloquando La Rosa si presenta solo dinanzi a
Carmignani: tiro fiacco sul fondo. Sul rinvio, tocca a Wilson salvare proprio
sulla linea. La pressione della Juve è fermata alle 17.35 da Ginulfi con un
intervento con i piedi, mentre il Napoli un minuto dopo, offre a Juliano una
strepitosa palla-gol che il giocatore sospinge sbadatamente sul fondo. Non fa
meglio Altafini alle 17.37, allorchè spedisce addosso a Ginulfi, in uscita, un
pallone prezioso; e Sabadini, a Verona, segna il 5-2.
ORE 17.42: Juve Campione! Segna Cuccureddu, con un pallone che sbatte nella
parte inferiore della traversa e finisce in rete ed alle 17.44 Umile, a Napoli,
coglie un palo. La Lazio perderà definitivamente ogni speranza alle 17.45, dopo
la rete di Damiani. Ormai è tutto finito.
Sui tre teleschermi vediamo l’esultanza degli juventini rimasti già a lungo
abbracciati attorno a Cuccureddu, dopo il gol-scudetto; gli scambi delle
maglie; l’amarezza dei milanisti; la dignitosa resa della Lazio (stremata dal
caldo e dal campionato condotto troppo sui nervi per la responsabilità
imprevedibile). Studiato in TV, mentre le tre partite si svolgevano, questo
nuovo sorpasso subito dal Milan ha assunto toni che è poco definire drammatici.
Non finiremo mai più di scoprire l’imprevedibilità del calcio. – da La Gazzetta
dello Sport del 21.05.1973
CLASSIFICA: Juventus p. 45; Milan p. 44; Lazio p. 43; Fiorentina,
Internazionale p. 37; Bologna, Torino p. 31; Cagliari p. 29; Napoli p. 28;
Verona p. 26; Atalanta, L.R. Vicenza, Roma, Sampdoria p. 24; Palermo p. 17;
Ternana p. 16
JUVENTUS – AJAX 0-1
Belgrado (Campo Neutro), Stadio Crvena Zvezda, 30.05.1973 - Coppa dei
Campioni – Finale
RETI: 3’ Rep (A)
JUVENTUS: Zoff, Marchetti, Lomgobucco; Furino, Morini, Salvadore; Altafini,
Causio (78’ Cuccureddu), Anastasi; Capello, Bettega (63’ Haller) – All. Vycpalek
AJAX: Stuy, Suurbier, Krol; Neeskens, Hulshoff,
Blankenburg; Rep, Haan, Cruijff; Muhren, Keizer – All. Kovacs
ARBITRO: Gugulovic (Jugoslavia)
CRONACA: La Juventus non ha vinto nemmeno questa volta la Coppa dei
Campioni. Il primato europeo è rimasto, come previsto, all’Ajax di Amsterdam;
una squadra fortissima più degli uomini che nel gioco, da alcuni anni
trionfatrice incontrastata della competizione e, questa sera, a Belgrado,
dimostratasi ancora inattaccabile.
La Juventus non ha nulla di importante da rimproverarsi: la sua incertezza
di rendimento fisico, si conosceva, né – ad esempio – ad Altafini s’è potuto
ancora una volta chiedere dei sussulti miracolistici che ne hanno
caratterizzato l’annata e condizionato nobilmente il rendimento della
formazione bianconera nell’intera stagione. Altafini solo per ragioni di età
non ha potuto ripetersi, mentre Cruijff e qualche altro suo compagno più giovane,
ha potuto confermare la profondità tecnica del suo contributo alla manovra
collettiva della squadra, sia con la palla sia soprattutto senza. Per questa
finale l’Ajax ha confermato la sua raggiunta maturità ed il ricorso alla
elementare logica seconda la quale una formazione mai deve mutare il suo clichè
abituale, quali che siano le suggestioni tattiche proposte dall’avversario:
nulla ha mutato nella sua tradizionale disposizione e nel suo concetto di
condurre l’azione. La squadra si muove compatta da un’area all’altra; occupa
con ali (ed in molti si trovano ad essere alternativamente ali) e terzini le
fasce laterali dal terreno solitamente le meno adoperate da quando è in voga il
criterio delle due sole punte stabili in attacco; ricorre in abbondanza al dialogo
per realizzare improvvisi rovesciamenti di fronte, talchè si giunge a capire
che si tratta forse del complesso che più pretende fatica dai suoi uomini e che
obbligandoli a portare personalmente l’azione in avanti ottiene anche il
duplice scopo d’impedire agli avversari un attento marcamento ad uomo. […] Più
specificatamente nell’incontro di stasera, l’Ajax ha mostrato quello che può
realizzare sul piano tattico solo nei primi venti minuti. In primo luogo, il
suo gioco di impostazione viene affidato ai due elementi più improbabili e
difficili da rintracciarsi sul terreno, il libero Blankenburg ed il centravanti
Cruijff. Il primo va a centrocampo od all’ala sinistra appena la sua squadra
dispone del pallone e diventa in pratica un attaccante puro che andare a
controllare è impossibile a meno che uno degli avversari non decida di
abbandonare il suo diretto controllato. Cruijff ha da tempo abbandonato (o,
meglio, gli hanno fatto abbandonare a suon di calcioni) il vivo dell’area e si
reca ovunque ad impostare il gioco magari partendo dall’altezza dei propri
terzini. Per marcarlo, di conseguenza, uno stopper di ruolo poco serve perché
Crujiff se lo porterebbe a metà campo per poi staccarlo col suo scatto da
centista, per tutti incontenibile. […]
Contro questa formazione la Juventus ha iniziato malissimo, si è fatta
battere da una rete che poteva essere evitata perchè si è trattato forse
dell’unica azione prevedibile degli olandesi, quindi è stata costretta a subire
l’iniziativa degl avversari, limitandosi a timidi contropiedi di
alleggerimento. Nulla potendo contro gli avanzamenti di Blankenburg, ha però
applicato una intelligente marcatura a due su Cruijff che nella seconda parte
del primo tempo è apparsa di grandissima efficacia: Causio di portava sul Cruijff-centrocampista
e Morini attendevain zona il Cruijff-punta senza però mai affrontarlo
decisamente per non correre il sicuro pericolo di essere tranquillamente
“saettato” dal superiore spunto in velocità dell’avversario. Ed è stato proprio
dalla metà del primo tempo (sino ad allora l’Ajax aveva dominato) che gli
olandesi hanno mostrato il loro punto debole costituito dalla sommarietà con la
quale i terzini d’ala presidiano la loro zona: dai lati dell’area olandese sono
piovuti al centro almeno dieci cross stupendi sui quali Altafini, per
fiacchezza di scatto, e Bettega per non ritrovata elevazione nulla hanno potuto
fare. Ma ciò che più sorprendentemente stupito è stata la progressiva sicurezza
con la quale la Juventus ha saputo ritrovarsi a centrocampo dove Altafini si
mostrava saggiamente, sapendo reimpostare benissimo in avanti pur con la nota
sua difficoltà di rientrare nell’azione da lui avviata. Francamente diremo che
un finale di tempo così perentorio da parte della Juve non avremmo creduto
anche se certo errori di tiro da parte degli olandesi ci sono apparsi più
addebitabili alla loro presunzione, che alla loro imperizia. […] E’ accaduto
così che ad un certo punto il grande Ajax e la Juventus si sono trovati a
giostrare ad armi pari, poiché solo quell’inevitabilissimo gol al 4’, ha finito
per giocare un ruolo determinante che al momento nessuno gli avrebbe assegnato,
con ancora 86 minuti da giocare. La prova complessiva della Juventus è
risultata in tal modo oltre ogni rosea previsione: dalla superba tenuta della
sua difesa alla manovra duttile ed elastica del centrocampo alla quale
purtroppo il solo Altafini è stato in grado di conferire un’efficace
prosecuzione, anche se non una soddisfacente conclusione sotto rete. – da La
Gazzetta dello Sport del 31.05.1973
JUVENTUS – INTERNAZIONALE 4-2 (1-2)
Torino, Stadio Comunale, 27.06.1973 - Coppa Italia – Girone Finale - 6ª
Giornata
RETI: 28’ Causio (J); 37’ Mazzola (I); 41’ Boninsegna (I); 69’ Longobucco
(J); 86’ Anastasi (J); 90’ Anastasi (J)
JUVENTUS: Zoff, Spinosi, Marchetti; Cuccureddu, Longobucco, Salvadore;
Causio, Haller, Anastasi; Capello (76’ Sacoldi), Bettega – All. Vycpalek
INTERNAZIONALE: Vieri, Bellugi, Facchetti; Bini, Giubertoni, Burgnich;
Manfrin (76’ Skoglund), Mazzola, Boninsegna; Bertini, Nicoli (53’ Massa) – All.
Masiero
ARBITRO: Barbaresco di Cormons
Note Per presunti insulti rivolti alla panchina nerazzurra
l’allenatore Vycpalek viene squalificato per due mesi dal giudice sportivo.
MILAN - JUVENTUS 1-1 (0-1) (5-2 dcr)
Roma, Stadio Olimpico, 01.07.1973 - Coppa Italia – Finale
RETI: 15’ Bettega (J); 50’ Benetti rig. (M)
MILAN: Vecchi, Anquilletti (93’ Casone), Zilioli; Dolci, Schnellinger,
Rosato (76’ Magherini); Sabadini, Benetti, Bigon; Biasiolo, Chiarugi - All.
Trapattoni
JUVENTUS: Zoff, Spinosi, Marchetti; Cuccureddu, Longobucco (64’ Furino),
Salvadore; Causio, Haller (98’ Savoldi), Anastasi; Capello, Bettega – All.
Vycpalek
ARBITRO: Angonese di Mestre
Rigore concesso al Milan molto dubbio.
1969-70
Nona di ritorno, il Cagliari si presenta a Torino con
due punti di vantaggio sulla Juventus. Al Comunale ci sono settantamila
spettatori, è record d’incasso. Lo stadio è pieno di bandiere rossoblù: gli
emigrati sardi arrivano dal nord Italia, dalla Svizzera, dalla Francia, dalla
Germania. La Juve passa in vantaggio al 28’
del primo tempo: Furino crossa dalla destra e Niccolai anticipa di testa
Albertosi: autorete. Il pari
allo scadere del primo tempo con una prodezza di Riva, che colpisce di testa
tra palo e Anzolin. Al 25’ della
ripresa Lo Bello concede un rigore alla Juve. Protesta il Cagliari, ma non è
finita. Haller va sul dischetto, calcia e Albertosi para. Tutto il Cagliari ad
abbracciarlo, ma Lo Bello è inflessibile: il rigore va ripetuto, il portiere si
è mosso in anticipo. E Albertosi scoppia a piangere. Anastasi segna e la Juve e
il Cagliari sono appaiate in testa alla classifica. Riva è furibondo, insegue
Lo Bello che gli risponde: "Pensi a correre, pensi a giocare". Al 37’
della ripresa, punizione per il Cagliari, spiovente di Nenè per Riva. Lo Bello
fischia: è rigore. I difensori della Juve giurano di non aver toccato Riva, ma
l’arbitro spiega che c’è stata una trattenuta su Martiradonna. Riva va sul
dischetto, il tiro è debole, Anzolin per poco non lo para. Gol, 2-2, è un
pareggio che vale lo scudetto. Ultimi minuti di partita, Cera si avvicina alla
panchina del Cagliari e chiede: "Mister, quanto manca?". E Scopigno
fumando l’ennesima sigaretta: "A che cosa?". Gianni Brera nelle sue
pagelle dà 8 a Lo Bello. "Ora più che mai –scriveva- Lo Bello può
affermare : il campionato sono me". E lo definisce mattatore, sostenendo
che le decisioni dell’arbitro siracusano erano tutte giuste.
La partita decisiva di quel campionato fu il 15 marzo
1970 a Torino: ventiquattresima giornata, Juve-Cagliari 2-2, arbitro Lo Bello.
Molti giocatori e tifosi prima della gara temevano la forza “politica” della
grande squadra, ma la Juventus non è come l’Inter che pretende gli Scudetti a
tavolino e manda gli avversari imbattibili in B con intercettazioni taglia e
cuci e forze dell’ordine corrotte che nascondono quelle reali e gravissime che
condannerebbero i perdazzurri.
Domenghini : “Quando Lo Bello fischiò il rigore
inesistente del 2-1 per una trattenuta di Martiradonna su Leonardi e poi lo
fece ripetere dopo che Albertosi aveva parato quello di Haller, io mi dissi:
‘Ecco, ci siamo’. Anastasi segnò il 2-1 ma poi lo steso Lo Bello rimise le cose
a posto fischiando un rigore per noi. Da come si era messa la partita, capii
che avrebbe rimediato al suo errore. Così, quando ci fu il corner da cui nacque
il rigore, capii che avrebbe fischiato già prima che la palla arrivasse in
area. Così fu. 'Trattenuta su Martiradonna', sentenziò Lo Bello davanti ai
difensori juventini infuriati. E Riva pareggiò”.
Cagliari Campione d’Italia, Juventus alla fine terza
con un crollo nel finale, perché la Juve non ruba mai, vince e perde sul campo
da sempre, onorando gli avversari, la propria tradizione e il calcio italiano,
alla faccia degli ignoranti che si ostinano a non voler vedere le cose per come
sono realmente.
A proposito del 72-73, per chi afferma che la Roma nella giornata conclusiva si sia "scansata" ... : i giallorossi disputarono un grande primo tempo e nel secondo si arresero solo davanti alla maggiore fame dei bianconeri, provando fino alla fine almeno a pareggiare. Aveva giocato male alcuni incontri precedenti, ma in quella partita lottò al meglio delle proprie possibilità. Fu il cambio Haller - Altafini a mutare le cose.
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